La spiaggia più inquinata d’Italia è quella di Rosignano. L’avvelenamento della Solvay a Rosignano non è pari a quello di Spinetta Marengo però è più appariscente. Le brulle sponde del Bormida infatti non abbagliano come la sabbia bianca della spiaggia caraibica del Tirreno. La provincia di Alessandria non attira migliaia di turisti come invece Grosseto. Qui, però, quanti sono i bagnanti e i nuotatori che sono a conoscenza che l’acqua è azzurro cristallino e la sabbia è incredibilmente bianca solo perché i rifiuti chimici rendono tale il paesaggio? Proprio accanto alla spiaggia un enorme complesso di imponenti ciminiere e torri di raffreddamento emette fumo e vapore nell’aria, nelle acque del litorale sono scaricate tonnellate di mercurio ed altri inquinanti. La sodiera più grande d’Europa produce il famoso carbonato di sodio estraendo il sale delle miniere di Volterra e di altre località toscane, prelevando acqua dai corsi d’acqua, lavorando il tutto e scaricando un fiume di residui direttamente in mare, metalli pesanti, arsenico, mercurio, costantemente da quasi 100 anni 250.000 tonnellate stimate.
Categoria: Vivere con i veleni
Come i PFAS favoriscono l’ipertensione e il rischio cardiovascolare.
Destando ampia eco internazionale,il gruppo di ricerca del Prof. Gian Paolo Rossi del Dipartimento di medicina dell’Università di Padova, coordinato da Brasilina Caroccia e con il contributo di Giorgia Pallafacchina per il Cnr-In e di Rosario Rizzuto per il Dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Padova ha dimostrato i meccanismi molecolari attraverso cui la contaminazione da PFAS -sostanze perfluoroalchiliche- provoca un aumento della prevalenza dell’ipertensione arteriosa e, conseguentemente, del rischio cardiovascolare. I ricercatori hanno dimostrato che l’effetto dei PFAS è legato alle loro proprietà ossidanti, le quali determinano un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno nelle cellule di cortico-surrene umano. Attraverso tecniche innovative di analisi subcellulare, gli studiosi sono anche riusciti a capire che l’aumento dei radicali liberi avviene nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, che sono anche gli organelli cellulari responsabili della produzione di aldosterone. La ricerca è pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences.
60mila morti premature per inquinamento ambientale.
Secondo il Network Europeo di Osservazione e Informazione Ambientale (Eoinet) e secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (Eea), l’Italia è al terzo posto, dopo Francia e Germania, per morti premature collegate all’inquinamento ambientale con quasi sessantamila morti. Secondo il rapporto “Sentieri” promosso dall’Istituto Superiore di sanità, che analizza gli indici di mortalità in 46 siti italiani individuati per la loro esposizione all’inquinamento ambientale, le morti collegate all’inquinamento e alla diffusione di malattie per la pessima situazione ambientale riguardano anche le fasce più giovani della popolazione, con più di 1.400 morti per tumore nella fascia pediatrica-adolescenziale e 999 tra i giovani adulti. Le numerose evidenze scientifiche hanno messo in luce la forte correlazione tra fattori ambientali e salute umana e non umana, come quella di animali e piante, che contribuisce ad accrescere l’impatto sulla mortalità e la morbilità.
Al bando il glifosato.
Scienza Medicina Istituzioni Politica Società
L’Unione Europea vorrebbe autorizzare l’uso del glifosato per altri 15 anni, malgrado le pericolose conseguenze per il pianeta e per la nostra salute. Chiedi ai leader europei di vietare subito il glifosato! Firma ora. Il glifosato, il pesticida tossico di Bayer-Monsanto che stermina le api, sta per essere autorizzato in Europa… Leggi tutto L’UE vorrebbe autorizzare l’uso del glifosato per altri 15 anni, malgrado le pericolose conseguenze per il pianeta e per la nostra salute. Chiedi ai leader europei di vietare subito il glifosato! Firma ora
Al bando gli Pfas.
Scienza Medicina Istituzioni Politica Società.
La vera storia di come i Pfas hanno -dolosamente- contaminato l’Italia. J’accuse: enormi responsabilità di Magistratura e Istituzioni. Oggi siamo ad un punto di svolta. La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!”: a cura di Lino Balza.
J’accuse. Morti e ammalati sulla coscienza dei sindaci di Alessandria.
Nello J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica (clicca qui) emergono le enormi responsabilità delle Istituzioni piemontesi. Infine, del sindaco Giorgio Abonante.
“La chiusura dello stabilimento, seguita da un’immediata bonifica dell’area è l’unica via efficace per evitare di assistere a decenni di morti”: è l’ennesimo commento del Comitato Stop Solvay a seguito dell’incontro che un gruppo di cittadini dell’associazione “Ànemos” ha avuto con il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e dirigenti e tecnici del Comune. Anche Ànemos, come riferisce il settimanale Il Piccolo, ha chiesto al sindaco una “ordinanza che imponga alla Solvay di cessare immediatamente la produzione delle sostanze inquinanti”. “Immediatamente: senza aspettare l’ipotetico 2026 della Solvay di auto cessazione di ‘quasi tutti i Pfas’ (dopo averne sostenuto per anni l’innocuità)”. Ciò alla luce -sottolinea l’ex assessore Claudio Lombardi– delle indagini epidemiologiche e delle indagini ambientali aria-acqua-suolo non solo riferite ai vecchi e nuovi PFAS che a iosa svolazzano con cloroformio e fluoroclorocarburi, senza scuotere le coscienze. Infatti, Giorgio Abonante ha eluso completamente questo impegno, sgusciando ancora una volta come una anguilla.
Il sindaco prende in giro la popolazione. Di fatto, ha preso in giro i presenti “Condivido le vostre preoccupazioni” lavandosene le mani come Ponzio Pilato “Solleciterò Regione e Asl a intervenire”, proprio perché sa che non tocca a loro emanare l’ordinanza. Anzi, è in palese malafede quando si inventa su facebook che “Regione, Asl e Arpa hanno sancito in modo netto” per iscritto? “come in questo momento non ci siano gli elementi sufficienti per imporre divieti, chiusure”. Anzi, si nasconde dietro la scusa che manca una legge nazionale sui Pfas. Insomma non fa altro che prendere tempo a prescindere dagli allarmi scientifici nazionali e internazionali. Altro che “vaso di coccio ma in buona fede”.
Come ad Alessandria non bastassero esaustivi già lustri e lustri di sentenze, e la bonifica omessa, e la mole di indagini accumulatesi. Non sarebbero esaurienti per questo sindaco neppure conferme recenti, come il monitoraggio ambientale condotto da Arpa nel periodo marzo 2022 – marzo 2023 con tanto di presenza di cC6O4 nel Comune di Alessandria e addirittura nel Comune di Montecastello, né esaurienti i monitoraggi effettuati su uova e vegetali nel periodo 2021 – 2022 a cura della Regione Piemonte in collaborazione con ASL AL, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta nell’ambito del tavolo regionale Ambiente, Clima e Salute e su specie ittiche a valle del polo industriale di Spinetta Marengo a cura dell’IRSA-CN, e neppure la scoperta di nuove discariche.
Nello J’accuse, la colpevolezza del sindaco è senza attenuanti:
Ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano, fluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l ecc. eccetera) anzi ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche.
Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica (addirittura della presidente Ilham Kadri in persona), da noi regolarmente e ripetutamente demolita. Per ciò: scoperte fantascientifiche col biossido di titanio. Per ciò: la fantasiosa truffa mediatica dei ciclopici filtri che sarebbero in grado a Spinetta di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. Ovviamente non nell’atmosfera. Anzi i filtri dovrebbero poi essere inceneriti. La multinazionale prometterebbe “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi di acqua con tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO) e alle tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Per ciò, altra luna nel pozzo: “Volontariamente, Solvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”. Per ciò: i misteriosi “sostituti dei Pfas a impatto zero”. Il corollario di questa inconsistente propaganda sono “La bonifica è a buon punto”, “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”. Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi è chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti.
Ad oggi, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il principio di precauzione alla massima autorità sanitaria locale: infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c’è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell’ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali.
A maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Dunque il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria locale, non imponendo -come invece avvenuto nel mondo in analoghe condizioni- l’urgenza che sia fermata la fonte d’esposizione alla popolazione, si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio. Infatti Abonante sa, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Dunque fa solo il gioco della Solvay -che persegue di procrastinare le produzioni secondo i propri profitti- il pretestuoso rinvio dell’ordinanza a dopo ulteriori studi epidemiologici per determinare un presunto nesso causa-effetto (Pfas causa di patologie), quando invece il nesso causale è acquisito scientificamente e internazionalmente. Va da sé che sempre maggiori studi saranno utili per individuare cure e per determinare l’entità dei risarcimenti.
Infatti l’associazione PFAS/patologie è dimostrata da una mole spaventosa di ricerche esistenti in letteratura scientifica; l’epidemiologia dimostra le associazioni, sui rapporti di causa indaga la tossicologia; i riferimenti di letteratura costituiscono la legge generale, i casi locali la confermano con significatività statistica: lavoratori e cittadini alessandrini esposti hanno una frequenza di patologie maggiore di coloro che non sono esposti a PFAS. Nella scienza una certezza assoluta non esiste ma è altrettanto vero che esiste una altissima probabilità del rapporto di causa fra l’esposizione e PFAS tale da escludere il falso positivo.
Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Queste storiche omissioni di atti di ufficio appaiono tanto più gravi alla luce del drammatico campionamento Pfas del sangue di lavoratori e cittadini che abbiamo nel 2022 commissionato all’Università di Liegi. L’estensione dello screening ematico fornirebbe dati utili ad individuare strategie efficaci di prevenzione e cura ma anche, in sede processuale, fornirebbe ulteriori dati per valutare in solido le responsabilità e i danni di Solvay nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!” a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta.
Articoli correlati:
J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica.
Pfas antincendi nel sangue dei cittadini di Tokyo.
Si devono sostituire i Pfas nei chip dei computer, sì ma come?
Pfas nei campioni di sangue di 293 su 302 donne incinte e dei cordoni ombelicali dei loro bimbi.
L’azione informativa nelle scuole del Gruppo educativo Zero Pfas.
Alta esposizione ai Pfas dei Vigili del fuoco.
Profuma il mondo, crea il benessere della gente.
Il sindaco di Alessandria “celebra” i morti di Marcinelle e “dimentica” quelli di Solvay.
Solvay paghi i danni del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo.
I Pfas nella catena alimentare.
Gemellaggio Pfas tra Arkema e Solvay, tra Lione e Alessandria.
Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.
Alessandria – Il sindaco distratto non considera Solvay – Il Corriere Nazionale
J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica.
La vera storia di come i Pfas hanno -dolosamente- contaminato l’Italia. J’accuse: enormi responsabilità di Magistratura e Istituzioni. Oggi siamo ad un punto di svolta.
La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!”: a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta. Clicca qui la sintesi cronologica, in particolare comparata tra Solvay/Piemonte e Miteni/Veneto, che così conclude:
“L’assenza di una legge nazionale non giustifica né assolve le gravi responsabilità delle Autorità locali: non è un alibi. Una legge come l’ex DDL Crucioli non pare praticabile a breve nell’attuale quadro politico. Denunciamo il vuoto: la calamità mondiale dei Pfas (Forever Pollution Project denuncia oltre 17mila siti contaminati da Pfas in Europa) ha in Italia le sue punte di iceberg nei disastri ambientali e sanitari (stigmatizzati anche dall’ONU) del Veneto (made in Miteni di Trissino) e del Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), ma ormai non lascia indenne nessuna regione della penisola: Lombardia, Toscana, Lazio, Trentino eccetera, come abbiamo più volte documentato sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it”.
Articoli correlati:
Pfas antincendi nel sangue dei cittadini di Tokyo.
Si devono sostituire i Pfas nei chip dei computer, sì ma come?
Pfas nei campioni di sangue di 293 su 302 donne incinte e dei cordoni ombelicali dei loro bimbi.
L’azione informativa nelle scuole del Gruppo educativo Zero Pfas.
Alta esposizione ai Pfas dei Vigili del fuoco.
Profuma il mondo, crea il benessere della gente.
Il sindaco di Alessandria “celebra” i morti di Marcinelle e “dimentica” quelli di Solvay.
Solvay paghi i danni del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo.
I Pfas nella catena alimentare.
Gemellaggio Pfas tra Arkema e Solvay, tra Lione e Alessandria.
Il ruggito del coniglio del sindaco pro pfas di Alessandria.
Alessandria – Il sindaco distratto non considera Solvay – Il Corriere Nazionale
Pfas antincendi nel sangue dei cittadini di Tokyo.
Coordinato da Koji Harada, professore associato di salute pubblica alla Kyoto University, un gruppo civico di Tokyo ha rilevato livelli pericolosi di Pfas nei campioni di sangue di abitanti dell’area occidentale della capitale giapponese, con il sospetto che la contaminazione delle risorse idriche sia riconducibile alla base aerea statunitense di Yokota, che utilizza liquidi schiumogeni antincendi.
Si devono sostituire i Pfas nei chip dei computer, sì ma come?
Le prospettive della domanda di semiconduttori sono solide: essenziali per la nostra economia moderna, dalle automobili agli smartphone, dai data center ai sistemi di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico, fino ai sistemi di difesa; la corsa all’intelligenza artificiale in corso tra Google e Microsoft è un ulteriore motore di crescita.
Pur in cima alla classifica delle performance industriali però, allo stesso tempo, le prospettive sono accompagnate da diversi rischi legati alla geopolitica e al potenziale aumento dei costi di produzione a causa dei divieti legati all’uso della sostanza chimica cancerogena PFAS, che è fondamentale per realizzare i microchips. Infatti ha messo in fibrillazione l’industria dei chips la decisione della 3M di dismettere i Pfas entro la fine del 2025, poiché i profitti non sono più sufficienti a giustificare i potenziali costi derivanti da controversie legali in futuro.
L’inevitabile futura messa al bando dei Pfas costituirà un grosso problema per i chip dei computer e quindi per la tecnologia in generale. Si troverà un surrogato per i PFAS, ma lo scenario è quello di una sostituzione a fronte di notevoli costi aggiuntivi.
Pfas nei campioni di sangue di 293 su 302 donne incinte e dei cordoni ombelicali dei loro bimbi.
Le analisi del sangue di 302 donne incinte e del cordone ombelicale dei loro bimbi appena nati hanno rilevato che il 97 percento dei campioni era contaminato dai Pfas.
A condurre la ricerca è stato un team statunitense guidato da scienziati del “Programma sulla salute riproduttiva e l’ambiente dell’Università della California di San Francisco”, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del “Laboratorio di Chimica Ambientale – Dipartimento di Controllo delle Sostanze Tossiche della California Environmental Protection Agency e dell’Università della California di Berkeley”, coordinati dalla professoressa Tracey J. Woodruff, docente presso il “Dipartimento di Ostetricia, Ginecologia e Scienze della Riproduzione dell’ateneo di San Francisco”.
Gli autori dello studio hanno sottolineato la preoccupazione che il Pfos è associato a problemi nello sviluppo dei bambini e nel sangue materno a un rischio superiore di diabete gestazionale, ipertensione correlata alla gravidanza e pre-eclampsia, una condizione potenzialmente fatale: “ È urgente fare di più per comprendere il ruolo che i Pfas hanno nelle condizioni materne e nelle disuguaglianze di salute. Siamo esposti a centinaia di sostanze chimiche e questa ricerca contribuisce a comprendere meglio l’impatto che stanno avendo sulla nostra salute. I Pfas sono stati trovati perfino in tutti i rotoli di carta igienica testati in un’altra indagine, probabilmente contaminati durante il processo di lavorazione della carta”. I dettagli del nuovo studio “Extending Nontargeted Discovery of Environmental Chemical Exposures during Pregnancy and Their Association with Pregnancy Complications—A Cross-Sectional Study” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Environmental Health Perspectives (EHP).
Alta esposizione ai Pfas dei Vigili del fuoco.
Dal 2020 un regolamento europeo ha vietato l’utilizzo di Pfoa nelle schiume anti-incendio, ma sarebbe utile verificare se le vecchie siano state sostituite con schiume prive di Pfas tutto il territorio nazionale. Sicuramente, invece, per i pompieri resta irrisolto l’alto rischio dei Pfas nei dispositivi di protezione individuale DPI: divise, tute, pantaloni, giacche, elmo, guanti: tutti completi antifiamma costruiti appunto con l’indispensabile protezione delle famigerate sostanze perfluoralchiliche.
Il prolungato tempo di indossamento delle tute antifiamma, unitamente al calore dovuto alle alte temperature degli incendi, aumenta l’assorbimento dei Pfas nel corpo umano, con relative malattie -come ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica internazionale- cardiovascolari e tiroidee, ipertensione e ipercolesterolemia, a tumori ai testicoli, il mesotelioma, il linfoma non Hodgkin e il cancro alla prostata. (Secondo alcuni studi statunitensi questi sono quattro degli otto principali tumori che colpiscono i vigili del fuoco con una percentuale maggiore rispetto alla popolazione normale).
Ebbene, in Italia non risultano analisi e studi epidemiologici, mentre negli Stati Uniti iniziano processi (sempre con l’avvocato Billot) contro le aziende produttrici dei DPI per i pompieri e l’amministrazione Biden stanzia milioni di dollari per gli screening oncologici dei vigili del fuoco; mentre l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha riclassificato la lotta antincendio dei vigili del fuoco come occupazione ad alto rischio per il cancro, così come una ricerca dell’University of Central Lancashire.
L’acqua radioattiva di Fukushima in mare tramite un tunnel sottomarino.
L’acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare distrutta dal devastante tsunami seguito allo spaventoso terremoto dell’11 marzo 2011 sarà scaricata in mare tra la fine di agosto e settembre attraverso un tunnel sottomarino. L’acqua immagazzinata è stata trattata attraverso un processo denominato Advanced Liquid Processing System (ALPS) per rimuovere quasi tutta la radioattività, a parte il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno difficile da separare dall’acqua. Circa 1,3 milioni di tonnellate di acqua immagazzinate in enormi serbatoi saranno diluite con acqua di mare, per limitare la concentrazione di trizio, e gradualmente rilasciate a 1 km dalla costa attraverso un tunnel sottomarino.
Il governo giapponese negli ultimi anni ha lavorato a lungo in diplomazia su un piano di scarico per avere meno critiche possibili. Con il beneplacito di Usa e Corea del Sud, a luglio 2023 è arrivato l’ok dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il via libera è però criticato da Cina e Hong Kong che hanno minacciato di vietare le importazioni di pesce da 10 prefetture giapponesi.
Nuovi picchi record di benzene a Taranto.
Il benzene è altamente cancerogeno. Il picco odierno elevatissimo è stato preceduto nei giorni scorsi da un intervento dell’Arpa Puglia all’interno dello stabilimento siderurgico ILVA. I controlli hanno potuto riscontrare criticità poi segnalate agli enti competenti. La notte del 31 luglio si è registrato un record assoluto per Taranto: 85 microgrammi a metro cubo come picco (media oraria). Clicca qui.
Il sindaco embedded.
Comunicato stampa
La Procura sequestra tre discariche Solvay, ma neppure questo convincerà il sindaco a emettere ordinanza di chiusura.
I Carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) sono tornati all’interno del polo chimico della Solvay di Spinetta Marengo dopo il blitz del 12 febbraio 2021 quando sequestrarono le cartelle cliniche degli operai con livelli stratosferici di Pfas nel sangue: la cui occultata presenza Lino Balza aveva rivelato nel 2009 con esposto corredato con tanto di copie fotostatiche delle analisi.
Su provvedimento chiesto dalla Procura di Alessandria e disposto dal Gip, il 9 agosto 2023 i Noe hanno eseguito il sequestro preventivo di tre discariche dei gessi. A proposito, clicca qui articolo gennaio 2016 di cui la nostra foto.
Le enormi vasche sequestrate, scoperte e spazzate dal vento, erano state riutilizzate nonostante non dovessero più essere operative. Il provvedimento rientrerà nell’inchiesta che, nel lontano scorso dicembre, la Procura ha chiuso contestando a due dirigenti Solvay, Stefano Bigini, 62 anni (dal 2008 e fino al dicembre 2018 direttore di stabilimento), e Andrea Diotto, 47 anni (dal 1° gennaio 2013 direttore dell’Unità di produzione fluidi e dal 1° settembre 2018 direttore di stabilimento), non un reato di dolo bensì “un’ipotesi di disastro ambientale colposo; imputando, inoltre, all’azienda la responsabilità amministrativa (ex articolo 25 del 18 giugno 2001 con riferimento al reato di disastro ambientale colposo), commessa a vantaggio e nell’interesse per il risparmio dei costi di bonifica e la maggiore efficacia della produzione industriale”.
A parere di chi scrive, tratterebbesi di dolo imputabile al management belga di Solvay, in quanto esso ha omesso, in violazione della sentenza di Cassazione 2019, di “provvedere al più efficace risanamento della pregressa contaminazione del sito sottoposto a bonifica giudiziaria e al più sicuro contenimento del rilascio dei contaminanti sia nella falda sotto lo stabilimento che a valle”. Esso, tramite i due direttori, ha continuato infatti a inquinare -dalle tubature interne e con scarichi in Bormida e atmosfera- soprattutto di Pfas (compreso C6O4) il terreno e le acque di falda anche oltre il Comune di Alessandria, come appurato dai monitoraggi Arpa.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Articoli correlati:
Il sindaco di Alessandria “celebra” i morti di Marcinelle e “dimentica” quelli di Solvay.
Solvay paghi i danni del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo.
Nuovi contatori “intelligenti e artificiali” pericolosi per la salute.
Sentenze dei tribunali americani e francesi in favore di cittadini contrari all’installazione forzata. Denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Allarme o allarmismo? Clicca qui.
I dati epidemiologici devono essere resi pubblici.
Chiunque risieda nei pressi di un impianto di incenerimento di rifiuti ha il diritto ad accedere ai dati relativi alla mortalità e la frequenza di malattie. A stabilirlo una storica sentenza del TAR del Piemonte, passata decisamente in sordina, la quale ha riconosciuto tali dati epidemiologici come “informazioni ambientali” a cui la Pubblica amministrazione deve consentire l’accesso. Clicca qui.
“Non arrendetevi mai, lottate sempre”.
Si sono tenuti i funerali di Celeste Fortunato, attivista ambientale e mamma. Si è battuta per proteggere i bambini da gravi malattie nel quartiere Tamburi di Taranto. E’ morta ieri stroncata dalla leucemia. Queste le sue ultime parole scritte per noi e lette al termine della messa.
—
Non arrendetevi mai, lottate sempre. Battetevi per ciò che è giusto, anche quando tutto sembra perduto. Amatevi. L’amore è la cosa più importante, irrinunciabile, fondamentale, alla base della mia vita. Se avrete amato, avrete vissuto, vissuto davvero. E nulla vi farà paura. Vi voglio bene. Proteggete mio figlio, la cosa più bella che ho fatto nella mia vita. State accanto al mio amore Enzo. Alla mia mamma, al mio caro papà, alla mia straordinaria sorella, il mio mondo. Grazie per tutto ciò che di bello mi avete donato, facendomi felice.
Celeste
—
Giovani all’attacco della Solvay di Spinetta Marengo.
Chi l’ha detto che i giovani non alzano lo sguardo dal telefonino e non si accorgono che l’ambiente circostante colpito da Solvay sta irrimediabilmente compromettendo la loro vita? Sono giovani i cittadini del “Comitato Stop Solvay” che hanno dato vita alle manifestazioni per le vie di Alessandria sotto gli striscioni “Solvay incompatibile con la vita. Chiusura e bonifica subito”, e che hanno organizzato tramite l’Università di Liegi il clamoroso monitoraggio della presenza di Pfas nel sangue della popolazione.
A sua volta, Ànemos è un gruppo di cittadini che si è unito per tutelare la salute contro l’inquinamento di Spinetta Marengo e Alessandria, e al suo interno sono proprio ragazzi e ragazze il nucleo attivo, tramite anemos.salute@gmail.com, pagina Facebook Ànemos salute-inquinamento Alessandria- Fraschetta e Instagram anemos.alessandriafraschetta.
300 residenti si erano illusi, presentando una proposta popolare di delibera del consiglio comunale, per una conclusione dell’indagine epidemiologica che sfociasse nell’eliminazione delle cause delle malattie e delle morti in eccesso, in altre parole nella fermata delle produzioni incriminate.
E’ naturale che si siano sentiti presi in giro nelle promesse dell’inerte sindaco, vieppiù dopo l’ultimo monitoraggio dell’Arpa sui Pfas nei cieli tra i comuni di Alessandria e Montecastello. Nelle prossime assemblee in preparazione, sarà importante un primo censimento delle Vittime: ammalati e famigliari dei deceduti, che intendono partecipare alla causa civile collettiva -class action- di risarcimento dei danni fisici ed esistenziali.
Class action contro Solvay: risarcisca le Vittime dei PFAS.
Solvay paghi i danni del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo Alessandria.
Clicca qui il video CIVG della Conferenza di presentazione della causa civile collettiva dei lavoratori, cittadini, comitati e associazioni.
Vincenzo Cordiano, pres. ISDE Medici per l’ambiente Veneto:
“PFAS. Minaccia eterna alla biodiversità planetaria. Emergenza sanitaria in Italia per questi killer indistruttibili”
Vittorio Spallasso, avvocato Foro di Alessandria; Jacopo Giunta avvocato Foro di Torino:
“La tutela legale delle Vittime del disastro ecosanitario di Spinetta Marengo”
Maurizio Pallante, presidente Sostenibilità Equità Solidarietà:
“L’assurdità di un’economia fondata sulla crescita della produzione di merci: che non crea sviluppo del benessere, anzi la distruzione dell’ecosistema”
Coordina Lino Balza – Movimento di lotta per la salute Maccacaro
Il Dossier del Movimento di lotta per la salute Maccacaro è disponibile a chi ne fa richiesta
In merito ai Pfas, sul Sito www.rete-ambientalista.it alla voce PFOA sono disponibili 704 articoli, di cui i più recenti:
Dal cielo piovono i PFAS della Solvay. I giornali censurano.
“La Regione ha bloccato indagine epidemiologica sui Pfas”.
Ma che cavolo di Pfas ha questo cavolo.
Cinque procure indagano i Pfas nel Trentino.
Chiude in America e Solvay i PFAS li fa in Alessandria.
Le responsabilità della magistratura di Alessandria (a tacere degli amministratori locali).
Pfas, risarcimenti miliardari per gli inquinanti Killer.
Prodotti in Italia i Pfas, vietati negli Stati Uniti.
Non solo gli inquinatori sapevano e nascondevano, ma anche le istituzioni sapevano e…
Dal cielo piovono i PFAS della Solvay. I giornali censurano.
A conferma del periodo di indagine marzo – agosto 2022, i monitoraggi dell’Arpa rilevano la presenza in atmosfera di PFAS (cC6O4 e ADV) da settembre 2022 fino a marzo 2023 non solo attorno alla Solvay nel sobborgo alessandrino di Spinetta Marengo, ma anche nel lontano Comune di Montecastello dove è stato chiuso l’acquedotto. I Pfas, che circolano nelle falde acquifere, piovono dal cielo e vengono dunque respirati e vanno ad accumularsi sul suolo e sui vegetali, infine nel sangue degli animali e degli abitanti. I quali non sono sottoposti ad analisi.
Clicca qui il relativo servizio di Monica Gasparini su il bisettimanale Il Piccolo di Alessandria. Gasparini ha la peculiarità di fare validi articoli e nel contempo di censurare l’incessante attività della nostra Associazione, anzi con la stessa di (tentare di) oscurare i 40 anni di attività ecologista di Lino Balza che fanno gran parte della storia locale e non solo. Gasparini e/o il suo direttore magari nutriranno rancori personali essendo stati stigmatizzati per la loro pesante insinuazione di prima pagina che i tre eroici pompieri vittime del dovere fossero in preda alla droga. Però non si giustifica l’ostinato l’ostracismo che non rispetta una deontologia giornalistica onesta, e soprattutto che è assai utile alla Solvay bensì non ai lettori e, men che meno, non alle Vittime.
Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Poco tempo fa ho incontrato una conoscente: “Temevo fossi morto, non ti leggo più sul Piccolo, prima non saltavi una settimana”. Accennati i soliti gesti scaramantici, le ricordo: “Ti riferisci agli anni del coraggioso direttore Paolo Zoccola. Per il presente: dammi il tuo indirizzo e riceverai almeno una volta alla settimana la nostra mailing list insieme agli altri quasi 40mila utenti (una tiratura superiore al Piccolo, benchè l’ex trisettimanale festeggi 100 anni dalla sua fondazione)”.
Lino Balza
Martedì il video della conferenza per la class action contro Solvay.
L’iniziativa è stata organizzata, in collaborazione con il Movimento di Lotta per la salute Maccacaro, da
Porto Marghera – Inganno letale.
Film documentario del 2002, regia di Paolo Bonaldi, recentemente scomparso. Film importantissimo ed utilissimo perché è servito a far conoscere in Italia e all’estero la realtà dei fatti e le lotte dei lavoratori e degli ambientalisti in difesa della salute e dell’ambiente.
Film d’inchiesta per raccontare la vicenda del maxiprocesso Petrolchimico di Porto Marghera per la strage di lavoratori addetti ai cicli di lavorazione del CVM e PVC e il disastro ambientale causato nei decenni dal Petrolchimico. Il film imperniato principalmente nel racconto della vita e del lavoro di denuncia di Gabriele Bortolozzo ma ricostruisce attraverso filmati d’epoca e testimonianze di lavoratori del petrolchimico, parenti delle vittime, ambientalisti, la storia e come si è arrivati al processo.
Nella Mostra del Cinema di Venezia del 2002, il film è stato presentato fuori concorso nella sezione “Nuovi Territori”. Nessuna televisione italiana ha voluto trasmetterlo grazie alle pressioni delle multinazionali della chimica e dei politici a loro servizio. In compenso è passato in molte altre tv europee (Spagna, Germania, Svizzera). In moltissime città italiane è stato proiettato in dibattiti ed iniziative pubbliche organizzate da associazioni preoccupate dalla presenza di industrie chimiche. E’ stato proiettato anche in diverse rassegne cinematografiche indipendenti e ha ricevuto diverse attestazioni e premi.
Questa attività ha servito moltissimo a preparare i successivi ricorsi e le successive fasi del processo che hanno ribaltato la sentenza di primo grado per arrivare alla condanna di diversi imputati molti anni dopo con le sentenze del 15 dicembre 2004 (Appello), 20 maggio 2006(Cassazione) e la conferma finale con la sentenza della Corte di Appello il 5 maggio 2012.
Su youtube si può vedere il film che è pero diviso in 6 parti caricato 13 anni fa da Lino Balza
Per vedere la prima parte di 9 minuti cliccare sul link https://www.youtube.com/watch?v=dIGG60lq7l4
seconda parte https://www.youtube.com/watch?v=7SNmXx_B-F4
terza parte https://www.youtube.com/watch?v=wI30VraZ2Uw
quarta parte https://www.youtube.com/watch?v=LWdPCkeOyFM
quinta parte https://www.youtube.com/watch?v=NxVMCtCGoJ4
sesta parte https://www.youtube.com/watch?v=8EV1ywNxq8U
Ma che cavolo di Pfas ha questo cavolo.
Un nuovo rapporto di Alliance for Natural Health rileva che contiene alti livelli di Pfas la maggior parte dei campioni (7 su 8) di cavolo americano, convenzionali e biologici, acquistati nei mercati alimentari (Stop & Shop, Whole Foods, Weis e Publix) di tutto il paese. E’ la conferma degli studi precedenti che hanno trovato gli PFAS nelle verdure non solo coltivate vicino ad impianti di produzione o nei campi in cui i fanghi di depurazione sono stati depositati come alternativa ai fertilizzanti.
Secondo Environmental Protection Agency EPA, praticamente nessuna quantità di esposizione di PFAS nell’acqua potabile è sicura.
Le responsabilità della magistratura di Alessandria (a tacere degli amministratori locali).
Tony Fletcher è il supertestimone della Procura al processo di Vicenza contro Miteni. Per noi è una conoscenza vecchia di quindici anni. Lo segnalammo infatti -inutilmente- negli esposti alla Procura di Alessandria, nonché ai giornali. Come segue.
“”Abbiamo segnalato per primi la questione eco sanitaria con alcuni ricorsi (Alessandrini, Berto, Ferrarazzo, lavoratori poi licenziati) alla Procura relativi alla presenza di PFOA tanto nel sangue dei lavoratori quanto nelle acque dei fiumi Bormida, Tanaro e Po, nonché delle falde superficiali e forse non solo. Nella copiosa documentazione del ricorso, si fa proprio riferimento agli studi americani citati da Tony Fletcher, professore alla London School of Hygiene end Tropical Medicine. Lo scienziato, definito uno dei tre maggiori epidemiologi mondiali, pur nella sua veste di consulente di parte (della Dupont, azienda produttrice di PFOA che ha già indennizzato per 101,5 milioni di dollari) ci conferma il drammatico allarme su un prodotto accertato da anni negli animali come cancerogeno, mutageno e teratogeno, ma si dichiara attendista per quanto riguarda analoghi effetti sugli esseri umani: ‘Fra circa 18 mesi concluderemo gli studi’. La nostra Associazione ritiene invece, in base agli studi internazionali, che se il prodotto perfluorurato è cancerogeno per gli animali non può non esserlo per gli umani, come dimostrano le metodologie comunemente utilizzate nella ricerca medica e farmaceutica. Tanto più che il ‘principio di precauzione’ impone di sospendere un prodotto quando sospetto, senza attendere di conteggiare a posteriori i morti e gli ammalati. Perciò abbiamo chiesto che la Solvay di Spinetta Marengo interrompa immediatamente l’utilizzo del PFOA e il suo rilascio in aria e acqua. Siamo invece completamente d’accordo con il professor Fletcher, avendola invano già richiesta a Procura e Asl, sulla necessità di analisi del sangue di massa per il PFOA: come hanno fatto in USA per 70.000 persone.””
Pfas, risarcimenti miliardari per gli inquinanti Killer.
“Chi inquina paghi” è un vecchio slogan che rischia sempre di rimanere tale. Ma non per quanto riguarda i PFAS. A cominciare dagli USA. Tre dei principali gruppi chimici statunitensi, Chemours, Dupont e Corteva, sono stati costretti ad un accordo di 1,2 miliardi di dollari di risarcimenti per aver contaminato con i Pfas fonti d’acqua di tutti gli Stati Uniti. Anche il gigante industriale 3M ha firmato un miliardario accordo di principio per risolvere tutte le richieste di risarcimento relativi ai PFAS nell’acqua potabile. La 3M è stata oggetto di cause legali per i Pfas anche in Europa: nel 2022 ha accettato un accordo di 571 milioni di euro con la Regione belga delle Fiandre per gli scarichi di PFAS intorno allo stabilimento di Zwijndrecht vicino alla città di Anversa. Il governo olandese ha chiesto indennizzi alla 3M per i danni nel fiume Shelda occidentale che sfocia nel Mar del Nord. Così 3M ha dichiarato di cessare i Pfas entro il 2025.
E in Italia? Miteni e Solvay sono sotto processo. Miteni ha dichiarato fallimento prima di essere costretta a risarcire. Solvay anche dal secondo processo penale non rischia reclusioni a spese di chi detiene i cordoni della borsa, però ad Alessandria potrà essere costretta ad aprirli in sede civile a seguito di cause collettive -class action- delle Vittime, lavoratori e cittadini.
Prodotti in Italia i Pfas, vietati negli Stati Uniti.
Prima di Fletcher, Robert Billot, l’avvocato americano che per primo ha sconfitto le multinazionali produttrici dei Pfas ha testimoniato al processo in corso a Vicenza contro Miteni, i cui capi di imputazione non riguardano le conseguenze sanitarie dell’ecocidio, cioè i risarcimenti agli ammalati e ai morti tra la popolazione coinvolta. Pur significativa in sede penale, la testimonianza di Billot sarà determinante in sede civile ad Alessandria per inchiodare le responsabilità di Solvay a Spinetta Marengo. (continua)
Non solo gli inquinatori sapevano e nascondevano, ma anche le istituzioni sapevano e…
Come da testimonianza dell’avvocato Robert Billot, ben prima del 1976 gli studi evidenziano i pericoli sanitari dei Pfas, pur se le multinazionali e i loro medici chiudevano i dati nei cassetti. Non solo le aziende sapevano, anche le Istituzioni sapevano. Sapevano ben prima che scoppiasse nel 2013 il caso Veneto dopo la chiusura della Miteni. Già dagli anni ’80 Lino Balza denunciava ondate di scarichi in Bormida ai quali Asl e magistratura non diedero il nome di Pfas. Già nel 2002 la CGIL con volantino denunciava ai lavoratori dello stabilimento per nome queste sostanze tossiche e cancerogene. Già nel 2009 Balza aveva sfidato Solvay col suo medico Giovanni Costa sui giornali e aveva denunciato e documentato in Procura gli studi scientifici internazionali e, soprattutto, che i Pfas erano stati rilevati nel sangue dei lavoratori della Solvay di Spinetta Marengo e secretati dall’azienda. Però solo nel 2022 la magistratura di Alessandria, dopo otto esposti, ha provveduto al sequestro delle cartelle cliniche! (continua)
Suona la grancassa della propaganda Solvay.
Solvay di Spinetta Marengo ha presentato in anteprima alla stampa il cantiere dell’ impianto a Carboni Attivi per il trattamento delle acque industriali di raffreddamento e meteoriche, nonché dell’impianto ad Osmosi Inversa per il trattamento dei reflui acquosi di processo. Essi garantirebbero “la rimozione pressoché totale dei fluorotensioattivi PFAS”. Riproponiamo pari pari la spiegazione della bufala che pubblicammo sul Sito l’anno scorso (e censurata dai giornali): “La più grossa delle ‘bufale Pfas’ propinate a giornali e istituzioni dalla multinazionale Solvay è (continua)
Anche la propaganda inquina.
Solvay di Spinetta Marengo si affida alla propaganda per arginare la sempre più insistente richiesta di cessazione immediata dei famigerati PFAS. Attualmente, da un lato punta sull’iniziativa “Fabbriche aperte”, col terzo rendez-vous di fumo senza arrosto: “una visita guidata alla barriera idraulica, all’impianto di Trattamento Acque di Falda (TAF) e un successivo laboratorio di ascolto e dialogo”, rinfreschi e applausi dei giornalismi inclusi, “al fine di rafforzare lo spazio di confronto tra l’azienda e la popolazione locale per comprendere come funziona la rete di pozzi che costituisce la barriera idraulica a protezione dello stabilimento e del territorio circostante”.
Dall’altro, l’Arpa pubblicizza sui giornali che “Il Laboratorio Specialistico Piemonte Sud Est si arricchisce di una apparecchiatura d’avanguardia, di importanza fondamentale per poter tracciare le vie di diffusione di queste sostanze non solo nelle matrici liquide, e nell’acqua, ma anche nei suoli. Quel “si arricchisce” è di involontario quanto macabro umorismo. Non a caso applaude il sindaco di Alessandria Giorgio Abonante all’unisono con l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati, entrambi, come noto, da sempre oltremisura “impegnati nella direzione della ricerca per il controllo dei livelli di inquinamento sul nostro territorio”. Come Solvay, peraltro. Una mano lava l’altra.
Mamme, bambini e donne incinte non utilizzate acqua del rubinetto.
«Nel cimitero di Zimella ci sono le tombe di sette bambini maschi morti per aborto tardivo spontaneo negli ultimi anni, mentre fra il 1960 ed il 2000 i casi analoghi erano stati in tutto due. Ma non è tutto, perché i problemi si manifestano in maniera grave dopo dieci anni di esposizione legata all’uso dell’acqua.”
Cinque anni fa aveva fatto rabbrividire questa testimonianza di un medico di base, Elisa Dalla Benetta, che confermava le ricerche del professor Carlo Foresta dell’Università di Padova: i Pfas sono interferenti ormonali e, abbattendo la produzione di testosterone, possono causare infertilità, problemi al sistema riproduttivo e tumori. Dunque bambini che muoiono a causa di aborti tardivi spontanei, ragazzi che vivono situazioni di confusione in merito alla loro identità sessuale, donne che affrontano l’idea della gravidanza con il timore di trasmettere ai propri figli problemi drammatici.
Ora, giugno 2023, «Va raccomandato alle donne in stato di gravidanza residenti nelle zone inquinate dai Pfas di non bere acqua di rubinetto». È possibile che in essa le sostanze perfluoro-alchiliche superino i livelli tollerabili dai neonati.” Ad affermarlo è il Consiglio regionale del Veneto. La mozione fatta propria dal Consiglio cita l’autorità europea per la salute alimentare Efsa, anche quando dice: «I bambini di età inferiore ai sei mesi sono maggiormente esposti alla contaminazione da Pfas attraverso il latte materno», così come l’accademia nazionale americana Nasem, che parla di aumento di rischio di basso peso neonatale ed ipertensione in gravidanza per le donne con concentrazioni derivanti dalla somma dei Pfas nel sangue.
Lo studio compiuto dal Coordinamento malattie rare della Regione ha evidenziato possibilità nettamente più alte della media per le donne in gravidanza che hanno a che fare con l’inquinamento da sostanze perfluorate di contrarre pre-eclampsia (+27%) e diabete gestazionale (+44%) e che c’è una probabilità più elevata del 29% che i bimbi abbiano un basso peso e che ci siano rischi significativi di anomalie al sistema nervoso e difetti congeniti al cuore.
Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.
Ancora una volta rilanciamo l’allarme. Avevamo cominciato ad Alessandria anni fa con esposti a Procura-Prefetto-Arpa. L’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. Sul nostro Sito c’è ampia documentazione.
Questa volta riprendiamo un articolo dalla Toscana (clicca qui) dal titolo: “Allarme contenitori cibi: c’è il bisfenolo A”
100 anni di mercurio, cromo e arsenico.
Questo è ciò che viene immesso in mare a Rosignano dalla Solvay. Non è un paradiso hawaiano anche se per molti la visione di quelle spiagge bianche potrebbe ricordarlo. Bensì è una spiaggia che nasce dagli scarti industriali. Clicca qui.
Inventario Nazionale delle Emissioni in Atmosfera.
Ispra aggiorna annualmente e pubblica i dati relativi all’Inventario Nazionale delle Emissioni in Atmosfera. Ora sono disponibili i dati (solo nazionali) al 2020, il primo anno di pandemia, suddivisi per Macrosettori. Clicca qui.
Pfas. Ex assessore attacca il sindaco che se ne frega dei cittadini.
Giorgio Abonante è il sindaco di Alessandria accusato di non promuovere il monitoraggio Pfas nel sangue della popolazione, e di non concludere la seconda fase dell’indagine epidemiologica avviata dall’ex assessore all’ambiente, Claudio Lombardi, anche egli in una giunta di centrosinistra. Abonante fa lo scaricabarile “Non è compito delle casse del Comune ma della Regione” (che strizza l’occhio e fa orecchi da mercante) e Lombardi lo smentisce pubblicamente di fingere: “Non ricorda neppure le migliaia di euro che ha approvato per l’indagine quando era assessore al bilancio”. Il gatto comunale e la volpe regionale non finanziano né la tranche di indagine epidemiologica né, soprattutto, le analisi di massa del sangue a tutta la popolazione. Vorrebbero farlo passare per Pinocchio ma Lombardi non ci sta.
La prima class action contro Solvay in Italia.
Quella che stiamo aprendo è la prima class action contro Solvay in Italia: vuole, in sede civile, risarcire le Vittime, malati e defunti, non tutelati in termini di risarcimenti nei processi penali: come quello concluso in Cassazione appunto contro Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), peraltro con pene irrisorie e senza risultati di bonifica del territorio. Diversa è la situazione internazionale. Ad esempio, è attuale l’accordo, da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le denunce di inquinamento idrico legate alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che è stato costretto a stipulare il colosso chimico statunitense, 3M. Implicitamente è il riconoscimento di responsabilità. Come sarebbe una sentenza italiana in sede civile. Si annunciano gli altri accordi delle multinazionali Chemours, DuPont e Corteva: più di 1 miliardo di dollari per risolvere le cause legali sui PFAS. Sono circa 4.000 le azioni legali intentate da Stati ed enti locali. In Belgio la 3M ha patteggiato con la regione fiamminga per 571 milioni di euro.
E’ una calamità mondiale che in Europa colpisce in primis tutta l’Italia (punte di iceberg Veneto-Miteni e Piemonte-Solvay) l’inquinamento da PFAS, accumulabili e indistruttibili “forever chemicals” in suolo-acqua-aria, assorbiti dal sangue provocano tumori, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità, di gravidanza, malformazioni fetali eccetera. Una calamità risolvibile con la totale messa al bando (tipo DDT, CFC, Amianto) contro la quale fa muro di gomma l’astronomico business delle imprese produttrici (tutte sapevano da decenni che stavano uccidendo) e utilizzatrici: tessuti, carta, contenitori di alimenti, pellicole fotografiche, schiume antincendio, pentole antiaderenti, detergenti per la casa, biberon moquette, indumenti impermeabili, eccetera. Un futuro dunque di chiusure aziendali da provocare, però, ora, già bisogna fargli pagare i danni del passato: la distruzione ecologica e i risarcimenti alle Vittime.
Comitati e Sindaci contro Italcementi e Provincia di Bergamo.
Parere negativo dei Comitati “La nostra aria” e “Zero Rifiuti” e dei Sindaci dei Comuni di Paderno, Robbiate, Imbersago, Verderio, Solza, Sotto il Monte e Cornate, alla richiesta di Italcementi di modificare l’autorizzazione integrata ambientale AIA per incrementare da 30.000 tonnellate/anno a 110.000 ton/anno il quantitativo di combustibili da rifiuti solidi non pericolosi (CSS – Combustibili Solidi Secondari) da utilizzare per alimentare a Caluso il forno di produzione del clinker (componente base del cemento), in parziale sostituzione dei combustibili fossili convenzionali.
Comitati e sindaci chiedono alla Provincia di Bergamo, considerata vera e propria controparte, uno studio epidemiologico-ambientale di “coorte”, residenziale e “retrospettivo” (ante-operam), considerato che le aree limitrofe al cementificio sono già fortemente inquinate, e l’eccesso di mortalità per cancro alla mammella riscontrato a Calusco con un incremento dell’87%. Italcementi, sfruttando i pareri favorevoli pronunciati da Ats Bergamo e Arpa, ha rispedito la richiesta ai mittenti.
Pfas come amianto: le aziende sapevano da decenni.
I ricercatori dell’Università della California di San Francisco hanno reso noto, sugli Annals of Global Health, un’analisi di documenti rimasti segreti, quasi sempre interni e confidenziali, di due delle principali aziende produttrici di Pfas, i colossi DuPont e 3M, che coprono il periodo dal 1961 al 2006, donati all’università da uno dei protagonisti fondamentali di tutta la vicenda, l’avvocato Robert Bilott, il primo a intentare una causa contro i giganti della chimica e a vincerla. Hanno così analizzato le tattiche utilizzate dalle multinazionali (in Italia Miteni e Solvay) per impedire che la tossicità di queste sostanze diventasse nota a tutti, persino ai propri dipendenti, e di conseguenza, arrivassero normative per disciplinarne l’uso. Le aziende conoscevano sia i dati epidemiologici sui dipendenti sia di risultati sui modelli animali.
Ecco alcuni esempi di ciò che le aziende sapevano:
- (continua)
Leggi anche:
- PFAS: gli inquinanti chimici presenti in tantissimi prodotti per la casa accusati di causare cancro e diabete nei bambini, lo studio
- Isole Svalbard: scoperti livelli allarmanti di Pfas, a rischio la fauna selvatica
- Pfas nei succhi di frutta 100%: questa marca è stata trascinata in tribunale dai clienti “ingannati” negli Usa
- Trovati Pfas nelle uova biologiche: la colpa è dei mangimi dati alle galline, secondo il nuovo studio danese
Solvay cerca in parlamento di bloccare il bando dei PFAS.
Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli presentato nella precedente legislatura detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Il DDL Crucioli giace sepolto in parlamento. A loro volta, in queste ore, alcuni senatori del PD, tra cui Andrea Crisanti, hanno annunciato la presentazione di un Disegno di legge “edulcorato” che non imporrebbe la fermata immediata delle produzioni PFAS di Solvay ma “un graduale percorso di uscita per le aziende che utilizzano i Pfas fino ad uno stop definitivo per quelle non essenziali, comunque in linea con le direttive europee di prossima pubblicazione”.
Queste direttive sono quanto mai aleatorie, sapendo che questo piano europeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto della Commissione europea. Insomma, di fatto, il “DDL Crisanti” sarebbe un altro rinvio della soluzione: in linea con i governi precedenti.
Ovvero è la riprova del peso della Solvay sulla politica visto anche nella recente conferenza alla Camera dei deputati delle Associazioni e dei Comitati che hanno presentato il Manifesto europeo per l’urgente messa al bando dei Pfas e chiesto al Parlamento una ancor più urgente legge per la messa al bando dei Pfas in Italia. Infatti alla conferenza era completamente assente la maggioranza del Parlamento, cioè il governo. Mentre la minoranza presenta il “DDL Crisanti”.
A Lione il sindaco di Alessandria lo caccerebbero.
Pfas nelle acque di Lione: vietato mangiare pesce e uova della zona. E Alessandria? A differenza di quello italiano, il governo francese ha annunciato un piano per la messa al bando dei Pfas. A livello locale ha ordinato ad Arkema di smettere di utilizzarli entro la fine del 2024 e di monitorare l’acqua potabile e i prodotti alimentari. L’area industriale incriminata è quella di Pierre-Bénite: nell’aria, nel suolo, nell’acqua del Rodano vengono scaricati i Pfas. Sul Rodano si “specchiano”, una di fronte all’altra Arkema e Solvay, che non a caso le due sono coinquiline nel polo chimico di Spinetta Marengo. Pensare male si fa peccato però spesso ci si azzecca. Arkema e Solvay scaricano assieme in Bormida.
A differenza che a valle di Spinetta, non si deve mangiare il pesce pescato a valle della Pierre-Bénite e non si devono mangiare le uova provenienti dai pollai privati di 17 comuni. A differenza di Alessandria, l’autorità metropolitana di Lione sta preparando uno studio sulla salute e sull’ambiente, con una campagna di analisi del sangue. “Tutti sapevano fin dal 2011: è un caso di banditismo ambientale e sanitario”. 36 querelanti individuali, oltre a 9 associazioni e sindacati, tra cui l’Ong ambientalista “Notre affaire à tous”, hanno portato il caso davanti al tribunale giudiziario di Lione nell’ambito di una procedura sommaria per reati ambientali che consente ai tribunali di “adottare qualsiasi misura utile, fino alla chiusura di un sito”. Il sindaco potrebbe entro l’estate unirsi nell’azione collettiva di bonifica del suolo (a differenza del sindaco di Alessandria).
Pfas distruttori della tiroide.
In due recenti articoli open access pubblicati dal gruppo di ricerca coordinato da Maurizio Manera, docente della Facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali di Teramo, emergono evidenze circa gli effetti -nefrotossici, immunotossici e distruttori endocrini associati all’esposizione dei Pfas- sulla ultrastruttura della tiroide. Nello studio – pubblicato nella rivista “International Journal of Environmental Research and Public Health” – sono state utilizzate delle carpe esposte a due concentrazioni di acido perfluoroottanoico (PFOA): dopo soli 56 giorni di esposizione a PFOA, anche a una concentrazione di rilevanza ambientale, sulle carpe si sono verificati danni sulla ultrastruttura del rene e, in particolare, della tiroide.
PFAS: ecco come provocano ipertensione arteriosa.
La pesante contaminazione da PFAS, che ha interessato l’Area Rossa della provincia di Vicenza, ha determinato un aumento della prevalenza dell’ipertensione arteriosa e, conseguentemente, del rischio cardiovascolare. Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Gian Paolo Rossi del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova ha fornito la prova del contaminante. La ricerca Aldosterone Biosynthesis Is Potently Stimulated by Perfluoroalkyl Acids: A Link between Common Environmental Pollutants and Arterial Hypertension pubblicata su «International Journal of Molecular Science», ha destato ampia eco internazionale.
Greenpeace: acqua contaminata dai Pfas. Regione Lombardia: è potabile.
La replica dell’associazione ambientalista a gestori e Regione Lombardia: non è vero che le analisi erano state fatte tutte sull’acqua di falda pre trattata. Nuova richiesta di accesso agli atti. Clicca qui.
Greenpeace Italia torna ribadire che, in base alle evidenze scientifiche, i PFAS sono pericolosi per la salute umana anche a concentrazioni molto basse; pertanto, l’unico valore cautelativo è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria. All’estero questo approccio è realtà: negli Stati Uniti l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) indica come limite lo zero tecnico, ovvero il valore più basso che le attuali strumentazioni sono in grado di rilevare, mettendo in pratica il concetto che per i PFAS non esistono soglie di sicurezza. Anche la Danimarca ha adottato da alcuni anni valori estremamente cautelativi per l’acqua potabile pari a 0,002 microgrammi per litro e 2 nanogrammi per litro per la somma di quattro PFAS.
I Pfas finiscono nel fiume Adige.
In Trentino, nella discarica Maza ad Arco i Pfas ci sono, in quantità. Secondo lAppa (Agenzia provinciale protezione dell’ambiente) la falda acquifera non sarebbe compromessa perché la barriera idraulica e il sistema di raccolta del percolato funzionerebbero. Il danno sarebbe stato contenuto, a differenza di quanto accaduto in Valle del Chiese dove una falda è compromessa e ora monitorata (l’altro caso di inquinamento importante da Pfas si ha nell’area ex Gallox a Rovereto.) Invece non è vero: la Maza non è stata oggetto di bonifica e dunque i Pfas ci sono, almeno dall’aprile 2019, quando venne fatto un rilevamento sul percolato in uscita (concentrazione di 7800 nanogrammi/litro di Pfas). Il depuratore di Rovereto non riesce a bloccarli. E dove finiscono? Nello specifico nel fiume Adige.
Meno costi, più profitti, più anidride solforosa.
Tre anni e mezzo di reclusione per 25 dirigenti ed ex dirigenti di Tirreno Power, imputati per disastro ambientale e sanitario colposo causato – secondo l’accusa – dai fumi dell’ex centrale a carbone di Vado Ligure. Sono le miti richieste formulate dalla pm savonese Elisa Milocco al termine del dibattimento iniziato il 31 gennaio 2019, a cinque anni dal sequestro – avvenuto nel 2014 – dei gruppi a carbone VL3 e VL4, smantellati nel 2016.
La pm, ha parlato di eccesso di mortalità elencando numeri: 298 ricoveri di bambini per patologie respiratorie tra gennaio 2005 e dicembre 2010, 2.161 ricoveri di adulti per malattie cardiovascolari e respiratorie tra gennaio 2005 e dicembre 2010, 657 morti per malattie cardiovascolari e respiratorie da gennaio 2000 a dicembre 2007.
Il piano europeo sta fallendo.
Mentre in Italia, teatro del più grande caso di inquinamento da Pfas nel continente europeo, queste sostanze attualmente non sono neppure inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano e la politica non se ne occupa, in Europa hanno chiesto di vietarne uso e produzione Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia. E la Danimarca, partendo dai dati sulla sicurezza alimentare elaborati da Efsa nel 2020, ha già introdotto un limite per la somma di quattro sostanze Pfas (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a 2 nanogrammi per litro.
L’Unione Europea enuncia che sta per fissare nuovi parametri e nuove soglie per le concentrazioni di Pfas nell’acqua, nel cibo, nell’aria, nella terra e nel sangue degli esseri umani e viventi (animali compresi). Prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024 i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento. Ma la direttiva del 2020 non tiene conto dei più recenti parametri Efsa e non centra la soglia zero. Insomma questo piano europeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un loro rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la Commissione europea aveva annunciato di voler sostanzialmente vietare numerose sostanze chimiche nocive presenti nei prodotti di largo consumo, pubblicando una tabella di marcia da cui emergeva che in un tempo relativamente breve migliaia di esse, a cominciare dai PFAS, dovrebbero appunto essere messe al bando. Purtroppo i progressi fatti nel corso di un anno si dimostrano ben poco rassicuranti. Secondo ClientEarth e EEB “la maggior parte dei fascicoli sono ancora in bozza e allo stato attuale centinaia di migliaia di tonnellate di sostanze tossiche all’anno sono destinate a sfuggire ai divieti”.
La colpa? Nelle “pressioni esercitate dall’industria chimica” che condizionano atteggiamento della Commissione europea: di par suo incline a regolamentazioni lente e deboli, vanificando il piano che – se concretizzato – vieterebbe “più sostanze chimiche dannose che in qualsiasi altra parte del mondo”.
Il macigno di Solvay e Confindustria su governo e parlamento.
L’Italia si è ancor più accomodata sul rallentatore (supermotion) europeo, tira e molla. Infatti, il Disegno di Legge “Crucioli” non è stato ripresentato mentre il piano, del decreto legislativo del 23 febbraio scorso sulle acque destinate al consumo umano, prevederebbe l’insediamento a giugno del Censia (centro nazionale per la sicurezza delle acque) che recepirebbe e renderebbe disponibili sul territorio le linee guida tecniche sui metodi analitici per quanto riguarda il monitoraggio dei parametri (Pfas – totale e somma di Pfas) compresi i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento, che la Commissione europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024. Infine, entro il 31 dicembre 2024 il disegno di legge in discussione in parlamento dovrebbe divenire effettivo.
L’influenza della Confindustria (cioè Solvay) in parlamento è stata decisiva sul decreto scorso e intende ancor più esserlo per il disegno di legge. Solvay a Spinetta Marengo è determinata a non fermare nell’immediato le lucrosissime produzioni di PFAS (C6O4) e a non migrare verso sostanze alternative se non in tempi lunghi e fissati da lei. Nel contempo sa, al di là della propaganda, che i metodi di osmosi inversa e carboni attivi per bonificare i Pfas sono inefficaci e addirittura pericolosi (Co2) e comunque hanno costi troppo elevati per le proprie casse. Dunque prende tempo e fa proselitismo istituzionale e mediatico: “Potenziare, con il coinvolgimento del sistema universitario ed industriale, la ricerca scientifica su tutti gli aspetti del fenomeno (diffusione di utilizzo, effetti sulla salute, sostanze alternative, etc.); promuovere, stanziando risorse pubbliche adeguate, la ricerca di molecole in grado di sostituire i Pfas; incentivare, stanziando risorse pubbliche adeguate, la sperimentazione delle tecnologie che consentiranno di abbattere efficacemente e a costi sostenibili i Pfas; promuovere, sulla base dei risultati delle sperimentazioni, l’approvazione delle Bat (migliori tecnologie disponibili) per l’abbattimento dei Pfas e dei limiti di scarico; introdurre limiti allo scarico dei Pfas esclusivamente a seguito dell’individuazione, nell’ambito della sperimentazione, delle tecnologie e delle metodologie adottabili ed approvate a livello europeo dalle opportune Bat”.
Come si vede, Solvay a Spinetta Marengo è determinata a non fermare nell’immediato le lucrosissime produzioni di PFAS (C6O4): “Per i Pfas andiamo verso lo zero tecnico. Il percorso è per la dismissione dei fluoropolimeri entro ottobre 2026”. “La bonifica è a buon punto”. “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”. “Altre vasche a carboni attivi e osmosi inversa grandi come campi di calcio” ecc. Per il resto, la strategia futura è altrettanto volutamente confusa: “Impianto prototipi Aquivion con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive”. “A Bollate nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. L’unica cosa concreta sono i finanziamenti pubblici.
La riprova del peso della Solvay sulla politica si è visto nella conferenza alla Camera dei deputati (clicca qui) delle Associazioni e dei Comitati che hanno presentato il Manifesto europeo per l’urgente messa al bando dei Pfas (clicca qui) e chiesto al Parlamento una ancor più urgente legge per la messa al bando dei Pfas in Italia (alla stregua del Disegno di Legge “Crucioli”). Infatti alla conferenza era completamente assente la maggioranza del Parlamento, cioè il governo.
Da sempre evitati gli esami del sangue della popolazione per evitare l’incriminazione della Solvay. Perciò: via alle cause civili.
Per questa strategia di temporeggiamento, a livello piemontese Solvay sa di poter contare da sempre sulle amministrazioni di tutti i colori politici e sindacali. In Piemonte i monitoraggi del sangue dei Pfas ai cittadini non sono mai stati effettuati, mentre quelli ai lavoratori li ha fatti privatamente l’azienda e ne ha secretato gli enormi valori finchè rivelati da noi alla magistratura. Dopo che noi abbiamo organizzato e gli abbiamo sbattuto in faccia lo studio condotto dall’Università di Liegi (Belgio), che ha evidenziato l’avvelenamento dei Psas nel sangue dei lavoratori della Solvay e dei cittadini di Spinetta Marengo, ebbene l’assessore regionale alla Sanità e il sindaco di Alessandria si erano incontrati per fare il punto sul “caso Solvay” e concordare le iniziative. Come ha ricevuto dal sindaco Giorgio Abonante (centrosinistra) garanzie che non intende emettere -come gli competerebbe- ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dello stabilimento, l’assessore Luigi Icardi (centrodestra) aveva illustrato le seguenti iniziative.
La Regione ha destinato all’Asl di Alessandria un finanziamento di 340 mila euro per effettuare nuovi campionamenti su matrici animali ed alimentari. Ha deliberato un piano di biomonitoraggio sulla popolazione (in programma nei primi mesi del 2023) che prevederà, nei soggetti a rischio, oltre alla ricerca dei Pfas, anche la valutazione di alcuni parametri sanguigni, quali ad esempio il colesterolo. Per tale iniziativa è stato previsto un primo finanziamento di 70 mila euro. E’ evidente, anche per quelle ridicole cifre, che non sono previste analisi del sangue a tappeto su tutta la popolazione di Spinetta e Alessandria. Mancano perfino i medici di base, altro che indagini epidemiologiche.
In questo squallore, un minuscolo spiraglio di luce perviene dal Progetto H2020 – Scenarios, inserito nel programma Horizon 2020 Framework Programme che ha visto un contributo di quasi 12 milioni di euro complessivi e che comprende 19 organizzazioni di 10 Paesi europei, oltre a Israele, Usa e Canada, e vede come partner strategico l’Azienda Ospedaliera di Alessandria. Secondo questo progetto pilota, un campione di 80 abitanti del Montecastello, Comune distante chilometri dalla Solvay e che è stato costretto alla chiusura dell’acquedotto per avvelenamento da PFAS, sarà sottoposto ad analisi del sangue e delle orine. Un progetto pilota lontanissimo da un monitoraggio di massa della popolazione alessandrina.
Il livello di complicità della classe politica si è recentemente ripetuto nel corso di un Consiglio comunale di Alessandria, dove i consiglieri si sono trovati su ciascun banco un fiore con il nome di un cittadino morto di cancro per colpa della Solvay e, commossi, hanno subito provveduto ad un minuto di silenzio dedicato ai morti “un fiore per ogni vita volata via”. Poi hanno votato -all’unanimità- per l’“Osservatorio ambientale della Fraschetta” (di cui neppure hanno letto la nostra elaborazione degli anni ’80) e un emendamento di “indirizzo a tutti gli enti locali e nazionali” ai quali sbolognare la patata bollente, cioè, rispettivamente, alla Regione di sottoporre tutta la popolazione agli esami del sangue per risarcirla dei danni alla salute, e al Parlamento di chiudere le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo. “Occorrono tempo e pazienza” ha raccomandato il sindaco Abonante ai cittadini che intanto si ammalano e muoiono “non sono cose che si possono fare in pochi mesi”. Soprattutto che non vuole fare lui.
Invece non c’è tempo e pazienza. Così facciamo partire in sede civile le cause contro Solvay per risarcire le Vittime: ammalati e morti fra i lavoratori e i cittadini. A questo punto è automatico che partirà il monitoraggio della popolazione. Come avvenne nel 2004 negli Stati Uniti per DuPont: in pochi mesi 70 mila persone effettuarono le analisi del sangue.
Discriminazioni nei controlli sierologici in Veneto.
Se le istituzioni piemontesi hanno sempre evitato di effettuare le analisi del sangue della popolazione, al fine di evitare l’incriminazione della Solvay, in Veneto la Regione ha comunicato l’avvio a maggio dei controlli ai cittadini della “Zona arancione”: per accedere al dosaggio dei PFAS devono contattare la centrale Screening Pfas dell’azienda Ulss di competenza. Il costo della prestazione è di 90 euro a persona.
Si tratta di una discriminazione in quanto il dosaggio è previsto in maniera attiva e gratuita ai soli cittadini dell’“Area Rossa” e non a quelli di altre aree del territorio regionale. L’Area Rossa è stata individuata quale area di massima esposizione sanitaria a partire dai risultati del primo studio di biomonitoraggio condotto dalla Regione del Veneto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, mentre i cittadini dell’Area Arancione erano risultati contaminati con concentrazioni sieriche di Pfas inferiori rispetto ai residenti dei Comuni dell’Area Rossa.
Dunque per molti cittadini della Zona Arancione questi screening a 90 euro sono economicamente improponibili: si dovrebbero sottoporre intere famiglie che, se hanno figli al di sotto dei 9 anni e componenti al di sopra dei 65 anni, devono anche pagare la prestazione per intero.
Per quanto riguarda i cittadini della “Zona Rossa”, l’attività di sorveglianza offerta alla popolazione ha riguardato 106 mila persone che hanno ricevuto un invito per il primo turno (round) di chiamata, 22 mila al secondo round.
Controllati e controllori culo e camicia. Le testimonianze di Billot e Balza.
Lo Spisal di Vicenza era il servizio di prevenzione igiene e sicurezza dell’Ulss dipendente dalla Regione Veneto, competente sul controllo negli ambienti di lavoro. La documentazione inedita che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare ha contenuti dirompenti. Perché dimostra che Spisal era informata dei livelli di Pfas presenti nel sangue dei lavoratori, tuttavia non erano stati effettuati controlli tali da individuare criticità nella gestione dei reparti della Miteni di Trissino. A nascondere la tragicità della salute dei lavoratori, il medico della Miteni, Giovanni Costa, nella sconcertante corrispondenza si dimostra “culo e camicia” con l’azienda: toni tra confidenti, scambi di dati e informazioni, reazioni preoccupate o ironiche, anticipazioni reciproche sugli esiti dei dati dei monitoraggi di dipendenti della Miteni e della popolazione della zona rossa.
Se a Spisal sostituiamo Spresal dell’Asl di Alessandria dipendente dalla Regione Piemonte, e a Miteni di Trissino sostituiamo Solvay di Spinetta Marengo, non fatichiamo a intravvedere la coeva situazione di Alessandria. In comune troviamo il dottor Giovanni Costa.
Lino Balza può testimoniare e documentare in tribunale di aver denunciato pubblicamente le responsabilità del Costa già dal 2009 con l’accusa “di occultare la gravità della condizione sanitaria dei lavoratori e dei cittadini ingannando l’ignavia dell’Arpa. Costa, pur conoscendo tutti gli studi (quarantennali) e i divieti e i risarcimenti internazionali nonchè i livelli ematici di avvelenamento riscontrati fra i lavoratori, invece di chiedere per primo il bando della sostanza inesistente in natura, vende la sua autorità per reiterare rassicurazioni – mentendo anche in scandalose assemblee con i lavoratori- che essa non provoca malattie, tumori/ malformazioni/ alterazioni sessuali… ma sarebbe pressoché innocua o benefica all’uomo. L’abbiamo invano sfidato ad un confronto pubblico tramite un fondamentale documento (depositato in Procura) articolato in 24 dettagliatissimi punti / capi di imputazione quanto meno morali…”
Il ruolo di Giovanni Costa, da affrontare sul piano penale (doloso o colposo?), viene a galla anche dalla testimonianza al processo di Vicenza di Robert Bilott, l’avvocato statunitense che ha fatto emergere il primo caso al mondo di inquinamento PFAS. Nel 1999 viene fatto uno studio sullo Pfoa e gli effetti sulle scimmie a cui lavorano i colossi del settore (Dupont, 3M e la stessa Miteni). Emergono gravi danni. 3M decide di bloccare la produzione di Pfoa. Dupont resta senza fornitore negli Stati Uniti, e chiede a Miteni, altro fornitore, le sue intenzioni. La risposta è “Andiamo avanti, anzi incrementiamo“. Questo significa che già nel 2000, Ausimont (che a Spinetta sta cedendo l’attività a Solvay) e Miteni a Trissino sapevano della pericolosità delle sostanze chimiche. In particolare Giovanni Costa, medico delle aziende tanto a Spinetta che a Trissino, c’era lui nello studio sulle scimmie. Sempre lui era il responsabile delle analisi del sangue sui dipendenti. Dunque non può non essere coinvolto nei filoni d’indagine sui danni alla loro salute.
Billot: Miteni conosceva i rischi ma addirittura aumentò la produzione. Ora via alle class action.
Quando 3M, fornitore americano, si tirò indietro decidendo di non voler più produrre quelle sostanze perché tossiche, l’azienda di Trissino fece il contrario: confermò alla DuPont che ne avrebbe aumentato la produzione.
Nella sua testimonianza al tribunale di Vicenza, l’avvocato Robert Billot depone: «Mi ha chiamato Wilbur Tennant nel 1998 perché le sue mucche continuavano ad ammalarsi. È poi emerso che a confine della proprietà c’era una discarica della DuPont che riversava nel terreno e nelle acque di un ruscello gli scarti contaminati da Pfoa e Pfos, sostanze che utilizzava per produrre il teflon dal 1951 e che comprava dalla 3M in Minnesota». Fin dai primi anni gli scienziati si erano preoccupati del loro impatto, essendo prodotti antropici molto forti composti da fluoro e carbonio. «Nei primi anni ’60 iniziarono gli esperimenti sugli animali che mostrarono diversi problemi. Fu poi 3M nel 1975 a campionare per la prima volta il sangue dei suoi dipendenti, trovando la presenza di Pfoa e Pfos. Due anni dopo si accorse che non solo erano presenti, ma aumentavano nel tempo. Per questo decise di informare DuPont, che iniziò a campionare anche i suoi lavoratori. Intanto nel 1981 uno studio sui ratti di 3M mostrò delle problematiche agli occhi. Così DuPont, facendo una verifica tra i bambini nati da poco da sette donne dipendenti, ne trovò due con malattie legate alla vista che avevano Pfoa nel sangue. Non comunicarono i sospetti ai loro lavoratori, dissero soltanto loro di non donare il sangue».
Gli studi andarono avanti, DuPont e 3M si resero conto che gli animali sviluppavano tumori. Le sostanze erano tossiche e 3M decise di dire tutto all’Epa, l’agenzia americana per la protezione ambientale. Siamo nel 1999 e viene organizzato un meeting con le aziende che producono o utilizzano queste sostanze, tra cui Ausimont di Spinetta Marengo. Lì erano state esposte le preoccupazioni in merito ai Pfas e venne formato un gruppo di scienziati che iniziò degli studi sulle scimmie: gli effetti furono gravi. Dalle parole di Bilott si apprende che tra questi c’era anche il dottor Giovanni Costa della Miteni e dell’Ausimont. «Visti i risultati 3M decise di sospendere la produzione. Miteni no, decise invece di incrementarla per far fronte alla richiesta di DuPont».
Nei primi anni 2000 anche Miteni e Solvay iniziarono campionamenti di sangue dei dipendenti, sempre sotto la responsabilità del dottor Costa. «In quei campioni si vedeva la presenza di Pfoa e un particolare aumento di colesterolo. Quest’ultimo sarebbe solo uno degli effetti causati dai Pfas nel sangue a detta dei dodici studi epidemiologici americani realizzati tra il 2005 e il 2012 da quello che venne chiamato il Gruppo Scientifico C8. Oltre al colesterolo indicavano anche cancro ai testicoli e al rene, colite ulcerosa, problemi in gravidanza e disfunzione della tiroide» conclude il legale statunitense.
Insomma, mentre in Usa si sospendono le produzioni, in Italia si raddoppiano. Mentre in Italia cadono nel vuoto gli allarmi partiti da Alessandria, in USA – racconta Billot – la ‘class action’ avviata nel 2001 si chiuse nel 2004 con un accordo tra le parti civili: «DuPont e 3M hanno accettato una commissione di esperti indipendenti che ha valutato i rischi per la salute umana. In pochi mesi 70 mila persone hanno effettuato le analisi del sangue grazie ai 70 milioni di dollari erogati da DuPont. Poi è iniziato uno screening sulla popolazione a rischio dal 2005 al 2012 e ora possiamo dire che il Pfoa può causare tumore ai testicoli, tumore ai reni, colite ulcerose, gravi problemi alla tiroide, alti livelli di colesterolo e compromettere la fertilità nei maschi ecc.».
Tanto ad Alessandria che a Vicenza, accanto ai processi penali, è necessario aprire cause civili per risarcire le Vittime.
Clicca qui in video anche un commento su Byoblu.