Per la bonifica Pfas manifestazione davanti alla Miteni e contro Zaia.

Sabato 25 febbraio alle ore 14 davanti alla Miteni, la fabbrica di Trissino  accusata della maxi contaminazione nel Veneto da Pfas, la rete ecologista del Nordest manifesterà per chiedere la bonifica: “Sono passati dieci anni dalla scoperta dell’inquinamento da Pfas e il sito Miteni, individuato dalle autorità competenti quale principale fonte di uno dei maggiori inquinamenti che la storia ricordi, continua a contaminare la nostra falda, i nostri pozzi, i nostri campi i nostri cibi e il nostro sangue. È compito degli enti pubblici far rispettare il cronoprogramma della messa in sicurezza del sito inquinante. Al momento si susseguono ritardi su ritardi. Le istituzioni devono collaborare fra loro e costringere chi ha inquinato alla bonifica immediata. Questo disastro ambientale coinvolge le tre province di Vicenza, Verona e Padova: ossia trenta Comuni inquinati, 350.000 persone coinvolte, 700 km quadrati di territorio compromesso, la seconda ricarica di acquiferi più grande d’Europa che andrà perduta, senza l’intervento immediato della bonifica”. Nel mirino della contestazione soprattutto la Regione Veneto, di cui Domenico Mantoan ex direttore generale della sanità, le consulenze legali d’oro e gli altri legami politici rivelati dall’Espresso.

La questione Pfas implica anche il loro smaltimento: c’è la preoccupazione che gli scarti di lavorazione finiscano in uno degli inceneritori che tra Padovano e Veneziano (ENI) potrebbero presto divenire operativi a pieno regime. Infatti gli attivisti della Riviera del Brenta hanno annunciato la loro presenza alla manifestazione di sabato che si terrà contemporaneamente giustappunto davanti alla Miteni, ma pure davanti al municipio di Trissino nonché davanti a palazzo Balbi a Venezia: sede della giunta regionale veneta.

“Vogliamo d’urgenza le analisi Pfas del sangue”. Ma il sindaco fa lo gnorri.

“I pomodori di Spinetta li ho mangiati, vorrei sapere come i Pfoa sono entrati nel mio corpo”

Detto volgarmente: prende per il culo i cittadini. Questi, con una petizione, chiedono che tutta la popolazione alessandrina sia sottoposta a monitoraggio con urgenza: a maggior ragione perché l’indagine dell’università di Liegi, da noi commissionata, ha accertato, con analisi a campione di lavoratori e abitanti, che i Pfas scorrono nelle loro vene. Da che parte stai, sindaco? dalla parte di Solvay? Ebbene come risponde Giorgio Abonante?: clicca qui il video. Eppure ha di fronte persone che piangono parenti di vittime decedute e ammalate del polo chimico di Spinetta Marengo, e che loro stesse -con il sangue avvelenato- sono in predicato di fare la stessa fine. “Vivo a Spinetta da quando ho 5 anni,” è stato contestato da uno dei firmatari della petizione: clicca qui, “ho partecipato all’indagine e ho scoperto di avere nel sangue livelli di Pfoa preoccupanti. Non devo più entrare in contatto con questa sostanza perché potrei essere soggetto ad alcune malattie come il cancro alla tiroide, ai reni, colesterolo eccetera, e vorrei sapere come curare me e i bambini della mia città”. Nella stessa condizione infatti si trovano i bambini e gli adulti di Alessandria. Cosa avrebbe dovuto fare, da tempo, un sindaco onesto e responsabile da anni in possesso di inequivocabili indagini epidemiologiche e ambientali? Avrebbe dovuto emettere una ordinanza urgente di chiusura degli impianti inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. E, subito dopo, far sottoporre la cittadinanza a monitoraggio, per il quale ci vogliono, ammette anche lui, tempo e soldi. Il tempo è scaduto. Ma l’intero consiglio comunale se ne lava le mani: la vecchia e la nuova maggioranza complici della Solvay.        

Pfas: né analisi del sangue né degli alimenti.

Sempre più allarmate le direttive internazionali in merito ai Pfas: oltre ad essere tossici e cancerogeni, non si degradano, sono indistruttibili, quindi si accumulano nell’ambiente, nei suoli e nelle acque, dunque si accumulano negli organismi viventi, negli alimenti, e in ultima analisi si accumulano negli organismi umani, distruggendoli. Dunque è fondamentale monitorare la presenza dei Pfas nel sangue delle popolazioni più esposte: quelle venete per le quali la Regione è parzialmente intervenuta in zona rossa, e quelle piemontesi per le quali non è stato assolutamente intrapreso il monitoraggio ematico di tutta la popolazione a rischio.

Le persone più a rischio sono quelle alle quali è già stata riscontrata la presenza nel sangue di Pfas, che appunto si bioaccumulano. Per evitare il tragico fenomeno è indispensabile che gli alimenti assunti siano totalmente privi di Pfas. Ne consegue l’obbligo per le Regioni di procedere a campionare animali e alimenti. Tant’è che l’Europa ha ridotto di tremila volte i limiti presumibilmente massimi  di Pfas  assumibili giornalmente dagli individui. Però, mentre in Veneto l’accusa è che i laboratori dotati per analizzare la presenza di Pfas negli alimenti sono pochi e poco attrezzati, in Piemonte l’accusa non è di carenza ma praticamente di assenza: eppure le analisi, privatamente eseguite su un campione di abitanti dall’Università di Liegi, hanno allarmato livelli preoccupanti di Pfas nel sangue.

Ciononostante, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata degli impianti inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo.

L’ARPA: ad Alessandria Pfas in acqua, in aria, in suolo (e dunque nel sangue).

Dall’anno scorso Arpa Piemonte, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha avviato un’attività sperimentale di monitoraggio delle deposizioni di PFAS nella zona di Spinetta Marengo, in prossimità del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. Cioè il trasferimento di queste sostanze tossiche e cancerogene dai camini all’atmosfera e dall’atmosfera con ricaduta al suolo, alla vegetazione, all’acqua. Attraverso la loro presenza in aria, i pfas si accumulano nella catena alimentare: un dato che va collegato quindi a un altro studio della regione Piemonte in base al quale nell’aprile 2022 era emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico.

Il monitoraggio è stato avviato attraverso il posizionamento di due punti -insufficienti- di controllo in via Genova e in strada Bolla.  I risultati hanno evidenziato cC6O4 e ADV N2, con valori mediamente sempre maggiori presso la postazione di via Genova, e in alcuni campioni anche la presenza di PFOA, PFBA e PFNA con valori prossimi al limite di quantificazione (LOQ).

Inoltre l’Arpa ha completato per il 2022 i campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo ed aggiornati gli esiti con i dati di giugno: INQUINAMENTO DA PFAS “ADV N2” A GIUGNO 2022 oltre 55.000 nanogrammi/litro all’interno del sito, e oltre 5.000 all’esterno. Clicca qui.

Neppure questi dati convincono il sindaco a emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Solvay gongola: usciremo indenni dal processo di Alessandria.

L’AD: io non pago.

Solvay gongola, non trattiene la propria soddisfazione nel comunicato stampa che commenta la conclusione delle indagini del Procuratore della Repubblica di Alessandria, Enrico Cieri, in merito al disastro ecosanitario del polo chimico di Spinetta Marengo: ridimensionato da doloso a disastro ambientale colposo.

La Procura ha partorito un topolino, esulta, “rispetto allo scenario configurato alla partenza delle indagini e alle accuse sostenute dalle denunce e dagli esposti presentati in Procura, le imputazioni appaiono ridimensionate”. Il riferimento quanto mai opportuno è alla pesante mole di documentazione accusatoria presentata dagli ambientalisti, ad esempio dal ‘Movimento di lotta per la salute Maccacaro’ tramite ben otto esposti di dati scientifici locali e internazionali.

“In particolare” sottolinea Solvay tirando un sospiro di sollievo “al termine di approfondite e lunghe indagini preliminari condotte dalla Procura e dai Noe Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, viene escluso il reato di omessa bonifica e il dolo originariamente contestato”. Per noi l’ipotesi è scandalosa, e la stessa Solvay si mostra sorpresa: “Le residue ipotesi d’accusa riguardano una responsabilità colposa (cioè non intenzionale) relativa ad una presunta alterazione dell’ambiente.” Solvay ha ben presente la differenza di condanne fra reati di colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa).

 E’ comprensibile che gioisca perché innanzitutto delle 8 persone inizialmente indagate ne sono rimaste solo 2, e addirittura solo per il reato di colpa, e non può che concludere il comunicato stampa ammiccando: “Solvay è certa che tutti i propri manager hanno sempre operato con correttezza e nell’osservanza delle normative ambientali e conferma la propria fiducia nella giustizia e nel lavoro dei magistrati che sapranno fare pienamente chiarezza sul loro corretto operato”. La multinazionale belga esclude la responsabilità amministrativa ex articolo 25 del 18 giugno 2001 con riferimento al reato di disastro ambientale colposo.

Solvay esprime fiducia, cioè aspettativa, che anche questo processo si concluda come un delitto perfetto (vedi “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia).  Esprime fiducia che i due direttori imputati, ben protetti dal collegio di avvocati e consulenti, non rischieranno neppure un giorno di galera, che la simbolica condanna (ampiamente coperta dalle retribuzioni) li usi come capri espiatori a copertura delle responsabilità dolose dei livelli alti della catena di comando, fino a Bruxelles. Stefano Bigini e Andrea Diotto, infatti, si giustificheranno che hanno fatto tutto il possibile con i pochi soldi messi loro a disposizione da chi si cura dei profitti e non della salute, da chi dovrebbe essere imputato di omessa bonifica, la quale perciò resterà tale anche in futuro. A tacere che ammalati e morti non riceveranno risarcimenti.

Tragica pantomima del sindaco di Alessandria.

Continua la “pantomima pfas” al Comune di Alessandria. Il sindaco dovrebbe, in forza delle indagini epidemiologiche e ambientali già sul suo tavolo (clicca qui Disastroso l’attuale inquinamento della Solvay di Spinetta Marengo.), emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo. Invece continua a parlare senza mai arrivare al dunque, ovvero cerca di cambiare discorso per evitare l’argomento sgradito (mena il can per l’aia, insomma). In questo senso fa convocare dalla Commissione Ambiente il Comitato che ha presentato una raccolta firme per affrontare l’inquinamento della Fraschetta. La Commissione trasmetterà al Sindaco, che ne prenderà atto per trasmetterla alla Regione a corto di soldi, la raccomandazione di effettuare un biomonitoraggio dei pfas nel sangue della popolazione, una ulteriore indagine epidemiologica/ambientale e quant’altro eccetera chiesto dall’ingenuo Comitato. Cioè dati già acquisiti e sufficienti per emettere l’ordinanza, semmai ulteriormente utili per rivendicare risarcimenti.

In Veneto, a differenza del pilatesco Piemonte, intanto continua il piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione dell’area rossa (circa 300 mila persone di Vicentino, Veronese e Padovano), esposta direttamente a Pfas. L’ultimo rapporto, risalente al 21 novembre, mette in evidenza come per il primo round di screening, su più di 100 mila persone invitate a sottoporsi all’esame, hanno già aderito poco meno di 61 mila.

Disastroso l’attuale inquinamento della Solvay di Spinetta Marengo.

Cosa aspetta il sindaco a ordinare la fermata degli impianti? Pubblicati dall’Arpa Piemonte i dati del secondo trimestre 2022 dei campionamenti delle acque sotterranee nell’area del polo chimico di Spinetta Marengo. Se dentro la fabbrica piangono, fuori non ridono. A tacere l’avvelenamento dell’aria.  

Area interna allo stabilimento (27 piezometri). Tra i Pfas: C6O4 da 0,15 μg/l a 832 μg/l, ADV da 0,15 μg/l a 55,5 μg/l, PFOA da 0,31 μg/l a 95 μg/l. Inoltre continuano a superare le CSR – Concentrazione Soglia di Rischio (obiettivi di bonifica): Cloroformio (213 μg/l rispetto ad una CSR di 65 μg/l), Tetracloruro di Carbonio (384 μg/l rispetto ad una CSR di 66 μg/l). Si aggiungono Diclorofluorometano (48 μg/l), Triclorofluorometano  (294 μg/l), a completare il cocktail di tossici e cancerogeni in concentrazioni superiori alle CSC Concentrazioni Soglie di Contaminazione: Cromo esavalente, Cromo totale, Nichel, Antimonio, Arsenico, Bromoformio, Dibromoclorometano, Bromodiclorometano, Fluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l a fronte di una CSC di 1.500 μg/l.

Area esterna allo stabilimento (appena 9 piezometri). In espansione lungo la direzione del deflusso di falda oltre l’area di influenza della   cosiddetta barriera idraulica, superando il (permissivo) valore standard di qualità ambientale (0,5 μg/l) i valori di PFOA oscillano tra 0,27 μg/l e 3,56 μg/l, di ADV tra 0,09 μg/l e 5,18 μg/l, di cC6O4 tra 0,14 μg/l e 0,86 μg/l. Riscontrata anche la presenza di altri PFAS (PFBA, PFHxA, PFDA, PFHPA, PFNA e PFPeA) in concentrazioni superiori al limite di quantificazione. Perfino nei piezometri più distanti dallo stabilimento si segnalano superamenti dei limiti di legge o fissati da pareri ISS Istituto Superiore Sanità per Cromo VI, Cromo totale, Cloroformio, Tetracloruro di Carbonio, Tetracloroetilene, Tricloroetilene, Triclorofluorometano e Diclorodifluorometano.

Pfas sulla pelle e sulle spalle della collettività.

La bonifica della ex Miteni di Trissino, sanzionata dal tribunale e pagata dall’inquinatore, sembra sulla falsariga di quella mai realizzata dalla Solvay di Spinetta Marengo malgrado sentenza di Cassazione. Innanzitutto, in entrambi i casi i reati sono stati dalla magistratura sminuiti a colpa (negligenza e imprudenza) invece che aggravati in dolo (precisa e cosciente volontà di compiere un’azione criminosa). Poi aggiungi che la (blanda) condanna si fermerebbe ai pesci piccoli (direttori lautamente pagati allo scopo) e lascia liberi proprio gli squali amministratori che pur avrebbero in saccoccia la rimpinguata borsa per risarcire i danni e i costi di bonifica. Ciò si ripeterà ad Alessandria nel processo-bis che sta per avviarsi. Però, mentre ad Alessandria sarebbe chiaro chi dovrebbe pagare (Solvay), nel processo di Vicenza la situazione è complicata dal fatto che lo stabilimento, che sta ancora con Pfas contaminando -senza bonifica- tre intere province del Veneto, è stato semi smantellato e rivenduto a indiani (irreperibili in Italia) a seguito del pilotato fallimento della Miteni (tanto milionaria quanto nullatenente). Difficile immaginare nel processo in corso un adeguato risarcimento da parte dei marginali imputati in caso di condanna. Il disastro ecosanitario resterà sulla pelle e sulle spalle della collettività. Clicca qui.

Un ennesimo delitto perfetto da aggiungere alle 508 pagine del libro “Ambiente Delitto Perfetto.  

I processi amianto siano assegnati alle Sezioni Unite della Cassazione.

La giustizia volta le spalle.

Non è giustificabile né accettabile, che, a parità di condizioni, i processi in materia di amianto davanti alla IV sezione della Cassazione si concludano sistematicamente con l’assoluzione dei responsabili, mentre i pochi, che giungono davanti alla III Sezione si concludano con sentenze di condanna, come nel caso dell’ILVA di Taranto.  

II governo ripristina l’immunità penale con un nuovo decreto salva-ILVA.

Ripristinando con decreto legge lo scudo penale per l’ILVA di Taranto, questo governo tocca il fondo del cinismo. Un cinismo che non è mai mancato ai governi precedenti ma che oggi, dopo la sentenza di Ambiente Svenduto, suona come una dichiarazione di guerra alla magistratura. Questo governo dimostra indifferenza alla vita e ostilità alle leggi che tutelano l’ambiente e la salute. Invece di portare speranza e conforto nelle case degli ottomila malati di cancro a Taranto, porta l’annuncio di un terribile nuovo decreto che molti interpreteranno come una nuova infausta condanna. Continua su https://www.peacelink.it/ecologia/a/49323.html

Pfas: qualcosa si muove dopo la nostra lettera aperta ai parlamentari.

La Procura Generale della Corte dei Conti ci comunica per conoscenza che ha trasmesso alla Procura Regionale del Lazio -per valutazioni di competenza- la nostra Lettera aperta inviata ai deputati e ai senatori del Parlamento italiano:

Egr. Onorevoli e Senatori,

che ci state leggendo insieme ai quasi 38mila destinatari di questa

Lista del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” inviata tramite

“Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la

pace e la nonviolenza”.

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria… (continua a leggere)

Per ulteriori approfondimenti, abbiamo messo a disposizione della Procura di Roma, dopo quelle di Vicenza e Alessandria, il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”. Il Dossier è disponibile a chi ne fa richiesta.

Isde: i limiti dei Pfas devono essere zero.

In ossequio a quanto sancito dalla nostra Costituzione e dal principio di precauzione sancito dal Trattato di Maastricht dell’Unione europea, ISDE Italia chiede un’audizione parlamentare urgente per esporre alcune importanti osservazioni in merito al recepimento della Direttiva europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano: Bisfenolo A, Microcistina-LR, PFAS devono avere il loro valore limite nelle acque a uso umano fissato in zero. Inoltre ISDE mette in evidenza la potenziale pericolosità del cosiddetto effetto cocktail, relativo a sostanze tossiche, cancerogene o mutagene e con azione di interferenza endocrina che, se anche rilevate singolarmente entro limiti, possono tra loro agire sinergicamente, in modo tale da configurare un rischio elevato per la salute umana. Clicca qui.

Chiesero di distruggere le prove del PFOA.

Al processo di Vicenza, Roberto Ferrari, manager di progetto di Erm Italia, la società incaricata di valutare le criticità ambientali della Miteni, sul banco dei testimoni ha lanciato accuse pesantissime per quanto riguardò il rapporto 2008: “Ci chiesero di distruggere i risultati delle analisi sulla presenza di Pfoa nell’acqua di falda. Mario Fabris, direttore tecnico dell’azienda di Trissino, chiamò al telefono il mio responsabile, Giuseppe Filauro, per chiedergli di togliere dall’ultima versione del nostro report i dati sul Pfoa. Era necessario edulcorare gli allarmi che avevo inserito nel lavoro sulla falda». Nella sua testimonianza Filauro ha ovviamente smentito.

Clicca qui Rai 3 Veneto.

Insufficiente l’argine europeo ai Pfas negli alimenti. E nei farmaci?

l rischio non è circoscritto ai lavoratori e ai cittadini limitrofi alle produzioni, esempio Solvay di Spinetta Marengo. Infatti i cibi, frutta, verdura, latte, uova, pesce, crostacei, molluschi bivalvi, carne di animali d’allevamento e selvatici, eccetera, possono essere contaminati da Pfas sia da terreni e acque inquinate utilizzate per coltivarli, sia dall’uso diretto di materiali (durante la lavorazione) e di imballaggi contenenti Pfas a contatto con gli alimenti. Infatti i Pfas sono utilizzati per rivestimenti antimacchia e resistenti all’acqua per tessuti e tappeti, rivestimenti resistenti all’olio per carta e cartone, materiali a contatto con gli alimenti, lucidanti per pavimenti, formulazioni di insetticidi, schiume antincendio ecc.

La Commissione europea Efsa ha concluso che i perfluoroalchilici, chiamati anche “sostanze chimiche per sempre” o “eterne”, in quanto la loro composizione chimica tossica e cancerogena non ne consente la degradazione, causano danni sullo sviluppo del feto, sul colesterolo, sul fegato e sul sistema immunitario nonché sul peso alla nascita ecc., stabilendo una dose settimanale tollerabile della somma delle sostanze pari a 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo a settimana. Si tratta di norme poco efficaci, che scontano il limite che ci sono pochi laboratori in Europa in grado di svelare la presenza di quantità più piccole di PFAS, ma già nocive prima dell’accumulo.

Infine, riferendosi ai prodotti di consumo, Isde Medici per l’Ambiente ci informa sulla stesura di un capitolo che rivela che “ci sono un centinaio di farmaci anche di uso comune, come antidiabetici e gastroprotettori che sono pfas; addirittura l’unico farmaco per la fibrosi cistica è una pfas (ha un giro d’affari solo negli USA è di 5,6 miliardi di dollari). Un sacco di articoli che i medici usano quotidianamente (protesi foli di sutura macchine per la respirazione artificiale e l’anestesia) contengono pfas”.

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria, da dove proprio fin dagli anni ’80 è partita la nostra denuncia contro gli inquinamenti. Ad Alessandria il sindaco potrebbe, dovrebbe, fermare con ordinanza gli impianti che producono e utilizzano i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e li scaricano in aria/acqua/suolo: nell’immediato, perché intercorreranno i tempi processuali prima che tribunali di Vicenza e Alessandria provvedano alle sanzioni e ai risarcimenti.

Però, nel richiamare il precedente dell’amianto, È L’INTERVENTO LEGISLATIVO A LIVELLO NAZIONALE INNANZI TUTTO NECESSARIO E URGENTE, perché l’emergenza Pfas è oramai conclamata dalle Arpa in Veneto, Piemonte, Lazio, Trentino, Lombardia ecc.

Onorevoli e Senatori,

per valutare l’urgenza sanitaria di intervenire, vi invitiamo di ascoltare, dalla viva voce del dottor Vincenzo Cordiano, la relazione di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (clicca qui). La relazione, corredata  di esemplari tabelle esplicative, mostra quanto queste sostanze, i Pfas vecchi e nuovi, siano bioaccumulabili e indistruttibili, tossiche e cancerogene, come si accumulino nei tessuti umani, in particolare polmoni, reni, tiroide ecc., quanto siano individuate da tutti gli studi epidemiologici nazionali e internazionali, per inequivocabile nesso causale, come agenti di malattie e morti per cancri a rene, testicoli, tiroide, ecc. nonché come interferenti endocrini già a livello embrionale e puberale, eccetera.  La drammaticità è sottolineata dalla relazione nel fornire una guida clinica per la prevenzione sanitaria. Ma, ATTENZIONE, ONOREVOLI E SENATORI, LA PREVENZIONE PRIMARIA TOCCA AL PARLAMENTO. 

Per ulteriori approfondimenti, è a vostra disposizione (come di tutti coloro che ci faranno richiesta) il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Due azioni possibili contro i PFAS.

L’ennesimo allarme per la calamità mondiale dei Pfas è riproposto dal magazine “Ambient&Ambienti” (clicca qui), e la soluzione è sempre la stessa: I PFAS DEVONO ESSERE VIETATI.

Questa infografica riassume le 82 pagine del report scientifico di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente che analizza il Perché i Pfas devono essere vietati come utilizzo. E tale infatti è l’obbiettivo primario del DDL Crucioli (clicca qui Senza il Disegno di legge Crucioli, la strategia della Solvay è vincente.), che però deve essere ripresentato nell’attuale legislatura. Il divieto di produzione è legato allo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo e dovrebbe essere risolto dal sindaco di Alessandria con una ordinanza di fermata degli impianti che stanno provocando nel territorio una catastrofe ambientale e sanitaria (clicca qui Pfas. Basta!)

Il video pubblicato su www.rete-ambientalista.it, raccoglie varie inchieste giornalistiche e le proteste delle associazioni e dei comitati cittadini.

Acquedotto chiuso per Pfas in Trentino.

Dopo Veneto, Piemonte, Lombardia, Lazio, Toscana, emergenze Pfas anche in Trentino: la fonte dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee sarebbe nel territorio di Condino, riconducibile alle ex fonderie o ad una conceria. 

Chiuso l’acquedotto, Storo, comune della Valle del Chiese, è costretto a rifornirsi dal comune di Bagolino che è in territorio di Brescia, attraverso un complesso impianto aereo.

Gli altri pozzi della provincia alessandrina inquinati dai Pfas.

Oltre al Bormida, a valle dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo i risultati dei campionamenti 2020-2022 ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante dei Pfas lungo l’asse del torrente Scrivia e anche e in prossimità del Tanaro. Bandito dal 2013 e confermandosi indistruttibile, ancora nel 2020-2022 la fa da padrone (0,67 µg/l) il PFOA ad Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia. Mentre a Pietra Marazzi e a Montecastello sono spuntati anche C6O4 e ADV.

Solvay: una bufala tira l’altra.

La lobby della chimica dei Pfas, capitanata dalla Solvay, dunque, si batte tenacemente per condizionare tanto gli organismi internazionali quanto le istituzioni nazionali. A questo scopo annuncia “scoperte scientifiche” che eliminerebbero il Pfas definitivamente dall’ambiente. Il processo, testato al Surface Lab del Politecnico di Milano, prevede di “ossidare il titanio con la lamiera che esce rivestita da una pellicola per poi entrare nel reattore ed uscirne praticamente ripulita dalle sostanze: una rete di biossido di titanio illuminato dalla luce e polarizzato elettricamente permette di trasformare il Pfas in CO2 e acqua”. Insomma, una rivoluzione che punta ad eliminare l’utilizzo di filtri a carboni attivi, finora proposti come panacea (clicca qui come smascherammo la bufala).

A parte il conflitto di interessi che deriva dallo stretto legame di partenariato fra Solvay e Politecnico di Milano, che dalla multinazionale belga riceve 800.000 euro in contratti di ricerca, dal legame strategico che dà anche la possibilità a entrambi di partecipare in maniera congiunta a bandi nazionali e internazionali di sostegno finanziario a progetti comuni, quanto meno il sospetto di “bufala” avanza se si considera che si tratta di un test di laboratorio da sperimentare direttamente sul campo tramite reattori grandi e grossi da piazzare sui pozzi contaminati. A questo proposito, parlare di biossido di titanio a Spinetta Marengo è come parlare di corda in casa dell’impiccato: negli anni ’70 il pretore chiuse per inquinamento l’enorme impianto. Ne abbiamo ancora scritto (clicca qui) in occasione della mobilitazione in Liguria contro la miniera di titanio nel parco del Beigua.

Il dramma delle mamme e dei papà contaminati da PFAS.

Crescita delle mammelle in adolescenti maschi

Tra le nuove generazioni, nei nati da madri contaminate da Pfas, sono sempre più evidenti questi segni di ermafroditismo. Questo è solo uno degli attacchi agli organi riproduttivi: è durissimo ma tutto ciò non fa notizia. E se capita che il tuo bambino prende brutti voti e sanzioni punitive a scuola perché è affetto dal disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, secondo i politici e i loro giornali, resta un tuo fatto privato e non una malattia che ha invece le sue origini dalla contaminazione dei Pfas sul cervello. 

Le pubblicazioni scientifiche che documentano la gravità della situazione sono accolte con fastidio da una società permeata quotidianamente da un bombardamento mediatico delle industrie -CRIMINALI- che falsifica la realtà per minimizzare i segnali di allarme.

Raccomandiamo la visione del filmato dove scoprirete come vivono le mamme i cui figli sono stati contaminati da PFAS, cosa dicono gli scienziati dell’attacco agli organi riproduttivi, del cambiamento di sesso e della riduzione progressiva della infertilità, e ancora come si realizza l’attacco al cervello dei nascituri già in fase embrionale.

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QUESTO FILMATO DOVREBBERO VEDERLO GLI AMMINISTRATORI PUBBLICI.

DOVREBBERO VERGOGNARSI A MORTE.

In Italia il più grave inquinamento da PFAS in Europa.

L’abbiamo portato alla luce alla Commissione parlamentare Ecomafie e alla Commissione speciale Onu su diritti umani e sostanze e rifiuti tossici. Sono cinque le Regioni ufficialmente coinvolte: Veneto, Lazio, Piemonte, Lombardia e Toscana. Il nostro Paese registra il più grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in Europa. Punte dell’iceberg: Veneto (ex Miteni di Trissino) e Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), due i processi penali in corso.  

Un disegno di legge in discussione al Senato prevede soglie massime di sversamento nelle acque, ma per scienziati e attivisti, invece, l’unico limite accettabile è pari a zero: in acque, suolo e atmosfera. Così come prevede, infatti, il Disegno di Legge presentato in Senato dall’ex senatore Crucioli che mette al bando i Pfas in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta), la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque), l’uso (alle concerie venete e toscane dunque) di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi. Perciò è ferocemente avversato da Confindustria.

In Piemonte, il primo presupposto per l’attuazione del “DDL Crucioli “è la fermata delle produzioni Solvay di Alessandria. (clicca qui Pfas. Basta! ). A nulla è valso il processo conclusosi in Cassazione nel 2019, pur se proprio da Alessandria nel 2008 partì la campagna nazionale contro i Pfas.

Nel Veneto, non solo Miteni, chiusa nel 2013, è responsabile della contaminazione delle falde acquifere ma anche il distretto della concia di Arzignano, come ammesso dalle stesse organizzazioni di categoria della concia nel documento relativo al progetto di programma per il risanamento del Fratta Gorzone.

CLICCA PER VEDERE IL FILMATO DA NON PERDERE che riceviamo da CiLLSA Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente.

Per quanto riguarda la Toscana, l’argomento è tornato alla ribalta grazie all’annuario riferito al 2021 che pubblica tutti i dati sull’ambiente con una parte dedicata ai Pfas, sottolineandone i drammatici danni alla salute. Cosa scrive Arpat sul suo sito web ufficiale su Pfas e salute: ce lo riferisce LuccainDiretta (clicca qui): il 70 per cento delle stazioni in acque superficiali e il 30 per cento delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di queste sostanze. In particolare “Arpat individua nel territorio toscano, quali fonti di origine dei Pfas, il comparto tessile della provincia di Prato e un distretto conciario di valenza internazionale a Santa Croce sull’Arno e San Miniato Fucecchio, in provincia di Pisa. Inoltre, Arpat ritiene come probabili fonti di pressioni anche gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e industriali e le discariche di rifiuti”.

In Lombardia avevamo sollecitato un intervento della magistratura in merito alla situazione ambientale e sanitaria attorno al centro di Bollate ove Solvay ha sviluppato le ricerche sul cC6O4 e altri simili Pfas”. Dall’ Arpa la conferma: sotto Milano scorrono Pfas, composti chimici tossici, cancerogeni e altamente persistenti. In particolare scorre un composto prodotto in esclusiva della multinazionale belga Solvay, il C6O4, che sfugge alle depurazioni e rifluisce nel parco agricolo di Milano sud. Risalendo al tessuto idrografico della città si vede come il C6O4 si diluisca nella rete fognaria, e scorrendo verso sud esca all’estremo opposto della città, probabilmente nel parco agricolo di Milano sud: area naturale protetta sede di diversi presidi Slow Food. L’Arpa riferisce alla Commissione Ecomafie che la presenza di C6O4 è stata riscontrata nei fiumi Olona e Po.

In Lazio l’Arpa ha riferito alla Commissione Ecomafie di aver registrato nel corso degli anni per le acque superficiali i superamenti Pfas degli standard di qualità ambientale-media annuale. In particolare per il fiume Astura (il corso d’acqua lambisce la discarica di Borgo Montello e presenta una deteriorata qualità ambientale), i canali Rio Martino e Moscarello (vicino a entrambi insistono attività industriali), il fiume Sacco.

Lo spettro della Chimica di Melegnano.

Negli anni settanta il Consorzio sanitario di zona evidenziava i casi di carcinoma alla vescica: dal ’61 al ’76 sono stati il triplo rispetto alla media nazionale, morti accertati almeno 32 scrive il Corriere della Sera. Nessuno ha mai pagato. Falde inquinate, nessuna bonifica. Il nome dell’ex industria di coloranti tra Melegnano e Cerro al Lambro, attiva in epoca fascista anche nella produzione di materiale chimico per usi bellici, ritornò sulla stampa 45 anni fa dopo un esposto ai magistrati. L’inchiesta completa su “Il Cittadino” in edicola mercoledì 2 novembre 2022.

I politici si cibano di bufale Solvay ma i cittadini di Pfas.

Una delle “bufale” della Solvay – quasi la più grossa- che i politici alessandrini, e non solo, sono propensi a trangugiare pur di non emettere ordinanza comunale di fermata delle produzioni, riguarda i presunti filtri che sarebbero in grado di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. A tempo e debito abbiamo documentato (leggi: Solvay da una bufala all’altra: i filtri che eliminano i Pfas.) questa truffa mediatica della promessa di  trattamenti dell’acqua inquinata con carboni attivi e scambio ionico, affermando che “non c’è la ben che minima garanzia che rimuovano il 100% dei PFAS contaminanti, oltre a prevedere costi insopportabili, a tacere l’incenerimento delle membrane filtranti”.

A conferma della nostra immediata opposizione, interviene una ricerca americana pubblicata sull’Agronomy Journal e finanziata dal Penn State Office of the Physical Plant, dall’USDA Agricultural Research Service, dall’U.S. Environmental Protection Agency, dall’USDA National Institute of Food and Agriculture e dal Penn State Institutes of Energy and the Environment. Lo studio  in campo ha dimostrato che

“i PFAS sopravvivono al trattamento delle acque reflue e, tramite il riutilizzo di queste ultime, si insediano e bioaccumulano nella nostra catena alimentare con irrigazione nei campi agricoli, ortaggi, alimentazione del bestiame, carne e prodotti lattiero-caseari; e sono dunque in grado e influenzare lo sviluppo nei bambini, aumentare il rischio di cancro, contribuire a livelli elevati di colesterolo, interferire con la fertilità delle donne e indebolire il sistema immunitario”.

Perciò, nei riguardi delle potenziali sfide industriali (leggi: Solvay) per il riutilizzo delle acque reflue, la “United States Environmental Protection Agency” ha pubblicato avvisi sanitari aggiornati in modo tale che “qualsiasi livello di Pfas rilevabile è considerato un rischio per la salute umana”.

Pfas e cancro ai testicoli.

Le sostanze classificate perfluoroalchiliche (PFAS) possono causare una serie di gravi problemi di salute, incluso il cancro ai testicoli. Nella causa intentata presso la Corte Superiore nella contea di Middlesex, clicca qui, l’acqua del rubinetto contaminata è stata la causa del cancro in un uomo di 25 anni, Daniel Sullivan, costretto a farsi  rimuovere il testicolo sinistro e a subire mesi di chemioterapia. L’acqua nella contea di Middlesex era collegata a un impianto di produzione chimica DuPont a Parlin; il PFOA nell’acqua fornita a casa sua, espresso in parti per trilione, era quasi il doppio della soglia accettata dal Dipartimento per la protezione ambientale del New Jersey.

Perché chiediamo la fermata immediata delle produzioni Solvay.

In Europa con la Convenzione di Stoccolma il PFOA era stato messo al bando già dal 2019, eppure la Solvay a Spinetta Marengo ha continuato a inquinare fino a sostituirlo con altrettanti Pfas: C6O4 e ADV. Cinque Stati membri europei, tra cui la Germania, stanno attualmente lavorando a una proposta di restrizione a livello dell’UE di tutti i PFAS per l’entrata in vigore nel 2025. Noi chiediamo la fermata immediata della produzione e dell’uso dei Pfas a Spinetta, considerata l’emergenza ecosanitaria emersa ad Alessandria.

Ogni minuto di ritardo provoca danni enormi alla salute. I risultati, pubblicati sull’International Journal of Hygiene and Environmental Health, infatti mostrano che c’è ancora una notevole esposizione delle giovani generazioni perfino ai PFOS e PFOA che pur erano stati eliminati. Lo conferma l’indagine ufficiale tedesca di biomonitoraggio umano su bambini e adolescenti dai 3 ai 17 anni: un quinto dei partecipanti aveva livelli di PFOA chimico PFAS nel sangue che superavano il valore HBM-I, limite di allarme per i gravi problemi di salute, compresi gli impatti sulla riproduzione e lo sviluppo di alcuni tipi di cancro, la riduzione del peso alla nascita e gli effetti tossici sullo sviluppo, la ridotta fertilità, la ridotta formazione di anticorpi dopo la vaccinazione, l’aumento delle concentrazioni di colesterolo e il diabete di tipo II.

Le produzioni di Pfas chiuse in Francia.

Arkema, che a Spinetta Marengo è compresa nel polo chimico con la Solvay, è stata costretta a smettere i Pfas nel suo stabilimento di Pierre-Bénite di Lione dal 2016. Benchè Il sito di Arkema, classificato come soglia superiore di Seveso, sia stato ispezionato 11 volte nel 2020 e 12 volte nel 2021, ancora oggi ha fatto suonare l’allarme dell’Università di Amsterdam per la forte presenza degli indistruttibili composti perfluorurati nell’aria, nell’acqua e nel suolo nella città di Pierre-Bénite e nei suoi dintorni.

I Pfas dai cosmetici nel sangue.

Grazie alle loro proprietà idrorepellenti, antigrasso e antisporco, i Pfas sono incorporati in numerosi prodotti di consumo tra cui i cosmetici. L’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (Bfr) ha rilanciato l’allarme sulla presenza di Pfas in alcuni prodotti, in grado di accumularsi per assorbimento nell’organismo umano e permanere nel sangue per anni.

La ricerca ha testato il PFOA. Ma come ci è finito il Pfoa in quei cosmetici? Il Pfoa non può essere utilizzato nei prodotti cosmetici, in quanto collegato al cancro, malattie della tiroide, colite ulcerosa e colesterolo alto. La produzione, l’uso, la commercializzazione e l’importazione di Pfoa sono vietati nell’Ue con poche eccezioni. In quanto contaminante non intenzionale e inevitabile, il Pfoa può essere contenuto nei prodotti solo fino a un massimo di 0,025 microgrammi per grammo a seguito della normativa in vigore a livello europeo da luglio 2020. Per altri importanti composti perfluorurati con lunga durata (PFAS), le normative corrispondenti entreranno in vigore a febbraio 2023.

Sterilità maschile provocata dai Pfas.

Due medici vicentini, Francesco Bertòla specialista in ematologia ed Enrico Ioverno endocrinologo e andrologo, stanno conducendo per conto di “Isde Italia Medici per l’ambiente” una ricerca che interessa il Veneto centrale in relazione agli effetti sulla fertilità maschile della contaminazione da Pfas. Pertanto hanno lanciato un appello (su pagina web creata ad hoc da Isde  ovvero www.isde.it/pfas uominiepfas@isde.it +3904441497308) rivolto a novecento volontari da individuare in una fascia d’età compresa fra i 18 ed i 36 anni: lo studio è completamente gratuito e ogni eventuale anomalia, anche se esula dal problema Pfas, sarà segnalata ai medici di base in modo che possano  dare il via agli accertamenti e alle cure del caso.

Ad Alessandria è pensabile che alcuni medici di ematologia, endocrinologia e andrologia, possano intraprendere analoga iniziativa?

ComitatoStopSolvay: basta con lo scaricabarile, subito la chiusura.

Nel disastro ecosanitario della Solvay di Spinetta Marengo, il metodo politico-aziendale dello scaricabarile, adottato in Piemonte per le indagini epidemiologiche e ambientali, (clicca qui)  è ovviamente in auge –abbinato- anche per la bonifica del martoriato territorio alessandrino. Infatti, il procedimento penale avviato nel lontano 2008, e conclusosi nel 2019 in Cassazione con una ultimativa sentenza di risanamento a spese della multinazionale belga, non è mai sfociato in vera bonifica: neppure per quanto riguarda le falde avvelenate da cromo esavalente e altri ventuno tossicocancerogeni, men che meno per le emissioni in atmosfera  di cloruri e cloroformi neanche considerati in sentenza, anzi, né con l’emergere dell’inquinamento acqua-aria-suolo e nel sangue dei pfas Pfoa C6O4 ADV. 

Monica Gasparini, sul giornale Il Piccolo di Alessandria, professionalmente elenca i passaggi politico-burocratici che le fanno dubitare: si vuole davvero bonificare il polo chimico?  La procedura infatti è l’ideale corsa ad ostacoli per inciampare la bonifica.   

Lo scaricabarile della bonifica. Entro la fine dell’anno è tutt’altro che sicuro che sia conclusa la fase della “caratterizzazione “(ricerca sul campo degli inquinanti che superano i limiti di legge) che restituirebbe una fotografia certa (?) delle matrici ambientali coinvolte (suolo superficiale e profondo e acque sotterranee). Una volta (eventualmente) conclusa, i dati verrebbero elaborati e quindi si passerebbe all’ “analisi di rischio” che a sua volta dovrebbe essere presentata entro sei mesi dal termine di caratterizzazione. L’analisi di rischio si presterebbe ad una prolungata elaborazione di dati, cioè un calcolo matematico che permetterebbe di capire se nell’area interessata dal disastro ambientale c’è un rischio per i bersagli della contaminazione (ad esempio ambiente popolazione lavoratori bambini). Se i risultati diranno (come è ovvio che dicano) che siamo di fronte a un rischio allora, riprendendo lo scaricabarile, chi ha inquinato, cioè la stessa Solvay dovrebbe elaborare e progettare la bonifica. Lo farebbe col dovuto comodo (pardon: con certosina paziente diligenza) e la prospetterebbe “dialetticamente” al vaglio della Conferenza dei servizi (cui fanno parte gli amiconi di comune provincia asl e arpa). Come non bastasse, sarà, poi, il comune ad approvare il progetto con eventuali prescrizioni, definendo i tempi eccetera eccetera.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Alessandria maglia nera, Spinetta Marengo maglia nerissima.

Delle 102 città italiane campionate dal dossier di Legambiente, il Rapporto Ecosistema Urbano colloca Alessandria in fondo alla classifica per quanto riguarda la situazione ambientale. Tale dato risulterebbe ancor peggiore, anzi drammatico, se fosse riferito ad un sobborgo di Alessandria: Spinetta Marengo, nella zona della Fraschetta. Infatti, il dossier di Legambiente è essenzialmente finalizzato a focalizzare l’impatto del traffico (polveri sottili Pm10, Pm2.5, NO2), mentre il polo chimico di Solvay è -di fatto- un SIN (sito di interesse nazionale), cioè una estesa area contaminata con ricadute di inquinanti anomale (composti fluorurati,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, cloroformio, alcoli, anidride fosforica P2O5, composti Iodurati C4F8I2, Zn, idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, Pfoa, C6O4, ADV) e classificabile fra le più pericolose dallo Stato italiano, dunque che necessita di bonifica. Per inciso: chiedemmo ufficialmente, e inutilmente per anni, ai sindaci di promuovere un Comitato scientifico internazionale considerata la complessità degli interventi di bonifica non gestibile a livello locale, preso atto delle richieste del Ministero dell’Ambiente nel processo Ausimont/Solvay e a maggior ragione dopo la relativa sentenza in Corte di Cassazione. Alessandria sta pagando in salute l’inerzia complice del Comune.

Dunque il rapporto di Legambiente, per quanto riguarda Spinetta Marengo e Fraschetta, è deficitario rispetto ai parametri del micidiale cocktail degli inquinanti e alle tragiche risultanze epidemiologiche in fatto di morti e ammalati. Si consideri la chiusura di acquedotti e soprattutto la presenza di Pfas nel sangue dei cittadini e dei lavoratori nella recente indagine che abbiamo organizzato con l’Università di Liegi e la TV belga. Si consideri che i 21 tossicocancerogeni sanzionati dalla Cassazione (cromo esavalente, solventi organo alogenati quali tetracloruro di carbonio e cloroformio, trielina ecc.), irrobustiti dai Pfas, navigano ancora nelle falde acquifere della provincia indisturbati dalle cosiddette barriere idrauliche.

Si consideri le montagne di rifiuti stoccate a cielo aperto.  Si consideri il cloroformio che risale dalle cantine delle abitazioni.  Si consideri, riferendoci alle emissioni in atmosfera non prese in esame da Legambiente, che esse sono probabilmente la prima causa delle rilevanti eccedenze di patologie anche tumorali dei residenti della Fraschetta messe in luce dalle indagini epidemiologiche. Ogni giorno dalle 72 ciminiere e camini dello stabilimento vengono immessi nell’aria di Spinetta e Alessandria più di 100 Kg di composti fluorurati (40 tonnellate all’anno); a questi si aggiungono le altre sostanze elencate e le cosiddette “emissioni fuggitive” cioè le 15.000 piccole e grandi perdite che accusano gli impianti.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

PFAS. Medici che onorano il giuramento di Ippocrate.

Rosamaria Gatti è la dottoressa che materialmente ha effettuato i prelievi di sangue alla ricerca dei PFAS, casa per casa di Alessandria e Spinetta Marengo, famiglia per famiglia, quando i giornalisti della TV belga sono arrivati per realizzare il film-documentario e l’indagine ematologica concordati con Comitato Stop Solvay e Movimento di lotta per la salute Maccacaro. Indagine, dell’Università di Liegi, che ha fornito risultati devastanti di contaminazione del sangue di cittadini e lavoratori della Solvay. La dottoressa Gatti si è prestata a contribuire a questa indagine stupita -scandalizzata, traduciamo noi- che non sia stata compiuta dagli Enti pubblici. L’ha eseguita con sensibilità rara, preoccupata a spiegare alle persone che per loro questi prelievi potevano significare una condanna di malattia. In fondo, ho solo onorato il giuramento di Ippocrate: insegna a certi colleghi Rosamaria Gatti in questa intervista (clicca qui) a Monica Gasparini professionalmente all’altezza dei tempi migliori del bisettimanale locale Il Piccolo. 

Solvay fa muro (di gomma) a chiudere i PfAS.

Annunciato un piano d’azione per mettere al bando ai sensi del regolamento Reach circa 7mila sostanze chimiche tra cui Pfas e Bisfenoli, entrambi prodotti e usati dalla Solvay di Spinetta Marengo. Il nuovo piano prevede una regolamentazione per gruppo di sostanze: in modo che la sostanza più dannosa di una famiglia chimica definisca restrizioni legali per l’intera famiglia. Con questo nuovo approccio si dovrebbe porre fine ad una pratica industriale molto usata, ovvero quella di modificare leggermente le formulazioni chimiche per eludere i divieti.

Un piano d’azione ambizioso ma di là da venire quello della Commissione europea perché, come dimostra la Solvay in Italia, l’opposizione dell’industria chimica è tetragona. Infatti, il fatturato è da capogiro: 543 miliardi di euro all’anno. Numeri che fanno di quella chimica la quarta industria più grande dell’Ue. Ma è anche quella cui si deve l’impatto più grande sull’inquinamento. Di proprietà di alcuni degli uomini più ricchi e potenti d’Europa, ha anche un grande potere di lobbying. Tutti ricorderanno, a partire dagli alessandrini proprio per il polo chimico di Spinetta,  gli sforzi dell’industria (caduti nel vuoto, per fortuna) di evitare la messa al bando del biossido di titanio, ed è da prevedere che l’industria farà di tutto per modificare (in peggio) anche il piano presentato dalla Commissione Europea, innanzitutto menando il can per l’aia, ovvero opponendo un muro di gomma,  come sta facendo Solvay per ostacolare e ritardare la chiusura delle produzioni dei Pfas. 

Divieti di utilizzo dei pfas nei vestiti.

Si allarga ai vestiti l’allarme pfas.

Dalle schiume antincendio agli imballaggi alimentari e ai tessuti, i prodotti chimici PFAS sono ampiamente utilizzati per le loro proprietà antiaderenti e resistenti all’acqua. I problemi di salute  per assorbimento di Pfas preoccupano gli scienziati in particolare per i giovani il cui peso corporeo inferiore e lo sviluppo sensibile possono comportare una maggiore minaccia per la vita. Studi si sono concentrati sul contatto con i Pfas quando si indossano le uniformi scolastiche specificamente commercializzati come resistenti alle macchie. Nel Regno Unito, l’ente di beneficenza ambientale Fidra ha condotto una campagna per informare i rivenditori sulla presenza di PFAS nelle uniformi scolastiche e ora tutti i principali rivenditori vendono i loro vestiti con “marchio senza PFAS”. La scelta di eliminare i PFAS dall’abbigliamento e dai tessuti sta prendendo il passo con la California che interrompe la vendita dal 2025. Anche l’UE sta esaminando un divieto. Lo studio è stato pubblicato in Environmental Science and Technology Letters .

Ammalati di Pfas prima ancora di nascere.

Se avete avuto un figlio negli ultimi 5 anni, c’è un’altissima probabilità che sia entrato a contatto con gli Pfas mentre era ancora nell’utero. In questo periodo, 40 studi scientifici indipendenti tra loro – rianalizzati da EWG, una ong statunitense – hanno analizzato oltre 30mila tessuti provenienti da cordoni ombelicali. Il risultato è disarmante e parla chiarissimo: tutti i campioni, nessuno escluso, avevano tracce di contaminazione da Pfas. L’esposizione precoce agli Pfas non è senza conseguenze. Sedici di questi studi recenti hanno trovato un collegamento tra l’esposizione a queste sostanze chimiche e alterazioni dei lipidi del sangue del cordone ombelicale.  Gli Pfas sono anche stati collegati a danni allo sviluppo fetale e infantile. In almeno 14 di questi studi, poi, è stato possibile stabilire un collegamento tra le tossine nel sangue del cordone, la rilevazione di queste stesse sostanze più tardi durante l’infanzia e un aumento del rischio di impatti sulla salute durante l’età adulta attraverso l’alterazione degli acidi biliari. “La presenza di queste sostanze chimiche è una minaccia anche per le donne in gravidanza, che sono il primo contatto con gli Pfas prima che possano passare dall’utero al feto in via di sviluppo attraverso il cordone ombelicale”.

Due medici al centro dei processi PFAS di Vicenza e Alessandria. Dario Consonni.

Due medici hanno svolto un ruolo cruciale nella storia del disastro eco sanitario dei Pfas in Italia. Giovanni Costa e Dario Consonni.

Dario Consonni. Nei primi anni di gestione Solvay, nel 2003, la media di Pfoa nel sangue di chi era esposto alla lavorazione poteva arrivare anche a 5mila microgrammi litro. Le analisi venivano effettuate da un laboratorio di Brema creato dalla Dupont in Europa, dove vengono spediti, dal 2004, anche i campioni della ditta Miteni che a Vicenza produceva il Pfoa per Solvay. Due medici si confrontano per oltre vent’anni nella lettura dei dati del sangue delle coorti Miteni e Solvay. Giovanni Costa, medico interno di Miteni e professore dell’università statale di Milano, che nel 2009 ha pubblicato un primo studio sull’incidenza del Pfoa nel colesterolo. E Dario Consonni, epidemiologo che visita più volte lo stabilimento di Trissino per coordinare la ricerca e che firma come terzo nome lo studio.

Parte dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo annualmente vengono monitorati per alcuni Pfas  (Secondo le ricostruzioni giornalistiche, gli operai maggiormente esposti in passato venivano spostati di impianto, senza ricevere spiegazioni, fino ??? al dimezzamento della presenza di Pfoa nel sangue). Attualmente, spiega Consonni al giornale lavialibera “gli operai sono informati annualmente in occasione di un’assemblea in cui vengono illustrati sinteticamente i risultati del biomonitoraggio”.

Nel 2013 viene pubblicato uno studio, a firma di Dario Consonni e altri, che evidenzia il rischio di cancro del fegato per esposizione diretta al Pfoa (lavorato con il Tfe per ottenere il Pfte, il Teflon a marca Solvay). Lo studio comprende una percentuale di lavoratori spinettesi, ma i suoi risultati sono giudicati insufficienti dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). A dicembre 2018 Consonni riceve un finanziamento per cercare nello stesso contesto altre sostanze pericolose: Pfoa, cC6O4 e Adv, quest’ultima una miscela di composti Pfas che a Spinetta viene prodotto dal 1989, anno di brevetto firmato da Giuseppe Marchionni, sede Ausimont di Bollate. Lo studio è ancora in corso.

Il documento della Commissione parlamentare ecoreati, del 2022, allega una relazione tecnica firmata dal consulente esterno Andrea Di Nisio, del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova. In questa relazione viene confermata la presa di posizione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) sul rischio cancerogeno per il Pfoa. Di Nisio, che da anni lavora con il professor Carlo Foresta sull’interferenza dei Pfas nel sistema endocrino, scrive che “i risultati mostrano che cC6O4 ha caratteristiche fisico-chimiche simili a quelle del PFOA in termini di mobilità e persistenza nei sistemi biologici”. Vengono inoltre sottolineati i limiti dei test sui ratti condotti da Solvay, perché “il ratto non rappresenta un modello appropriato per studiare gli effetti dei perfluoroalchilici, e quindi anche del C6O4, sullo sviluppo umano”. Nel 2011 la sostanza compare nel Registro per le sostanze europee (Reach), detenuta sia presso Miteni sia presso Solvay Solexis di Bollate. Per questa registrazione ufficiale Solvay deve depositare studi sulla tossicità e la persistenza ambientale.

Però Ilaria Colombo, che collabora nel 2013 con Dario Consonni allo studio sui lavoratori di Spinetta, presenta alla Commissione parlamentare ecoreati dei dati che dimostrerebbero come la sostanza non sia bioaccumulabile (la presenza prolungata nel corpo) come il Pfoa. A detta del direttore Solvay Andrea Diotto, questi studi non sono però mai stati consegnati alle istituzioni preposte alla tutela ambientale e sanitaria per motivi di privacy aziendale. Botta e risposta al processo.  Il 3 febbraio nel corso di un’udienza del processo Miteni a Vicenza, Francesca Daprà, fino a dicembre 2020 a capo dei laboratori Arpa Veneto, ha confermato la difficoltà di reperire lo standard del cC6O4, ritrovato nel Po e nello scarico Miteni. Lo standard è il campione certificato della sostanza che le industrie devono fornire alle istituzioni statali per la realizzazione delle analisi ambientali. I difensori dei manager di Miteni sostengono che Arpa Veneto non sia stata in grado di monitorare queste sostanze, sottolineando l’impreparazione della teste. Daprà dal canto suo risponde: “Nel 2018 quando ci venne comunicato questo nuovo composto, né la Solvay né il laboratorio certificato che aveva il cC6O4 ci risposero. Abbiamo dovuto chiederlo a Miteni, a quei lavoratori che già nel 2010 lo avevano nel sangue e che era stato registrato a Bollate, dalla Solvay”.

PFAS. I lavoratori in penale se la passano male. Meglio il civile ad Alessandria e Vicenza.

Il procedimento penale per le malattie professionali accusate dai lavoratori della Miteni di Trissino subisce una battuta d’arresto per la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Alessia La Placa. i lavoratori della Miteni sono ad oggi i più contaminati nella letteratura medica mondiale: trovati fino a 91.900 nanogrammi di Pfas per millilitro di sangue, molti hanno o stanno affrontando patologie cardiovascolari, tumori, conseguenze psicologiche gravissime. Il collegamento ai Pfas è più che plausibile dati i risultati dei numerosissimi studi medico-scientifici internazionali, anche veneti. Determinante la posizione dei periti interpellati dal pubblico ministero: La Pira e Di Bello.

Ebbene, è come avevamo avvertito due anni fa (clicca qui), il professor Enrico Pira ce lo saremmo ritrovato nei processi di Vicenza e di Alessandria, perché è indiscutibilmente (si legga il profilo) l’illustre baluardo scientifico dei grandi inquinatori italiani per i quali esercita esclusivamente  la professione di consulente giudiziario al fine di scagionarli per le morti e le malattie dei propri dipendenti. Data la sua fama, averlo la PM scelto come perito, era scontato l’esito. Inoltre, avendo la PM scelto come capo di imputazione “lesioni colpose gravi” piuttosto che “lesioni dolose”, avrebbe fatto sì che il procedimento sarebbe finito in prescrizione. A seguito del rigetto della istanza di archiviazione e della richiesta di disporre nuove indagini, la patata bollente dei diciannove indagati e delle ventidue parti offese passa al giudice per le indagini preliminari Roberto Venditti, ed eventualmente ad un altro pubblico ministero. 

La Cgil, attraverso il Patronato Inca, ha inoltrato all’Inail 43 domande di riconoscimento di malattia professionale dei lavoratori esposti: di queste l’Inail ne ha finora accolte 19, riconoscendo che il solo bioaccumulo nel sangue di Pfas è un danno perché può favorire l’insorgenza di una serie di patologie correlate; altre 21 sono in fase di valutazione e 3 sono state respinte. Anche questo riconoscimento farebbe propendere -sia ad Alessandria che a Vicenza- per la via del procedimento giudiziario in sede civile delle Vittime fisiche piuttosto che in sede penale.

3M deve chiudere pfas in Belgio, perché Solvay in Italia no?

L’azienda chimica 3M deve interrompere temporaneamente tutti i processi di produzione in cui possono essere emesse sostanze PFAS. Questa misura di sicurezza è stata imposta dall’Ispettorato dell’ambiente fiammingo. All’inizio di questa settimana, un esame del sangue su un campione di residenti ha mostrato che centinaia di persone che vivono vicino alla fabbrica hanno troppo PFOS nel plasma: “La chiusura temporanea dei processi produttivi coinvolti è attualmente l’unico modo per garantire che i rischi di esposizione per i residenti non aumentino ulteriormente”, dice il governo fiammingo. Il governo fiammingo ha già deciso che i residenti entro un raggio di 5 chilometri intorno alla fabbrica potranno sottoporsi a esami del sangue per PFAS mentre un precedente esame del sangue, su circa 800 residenti, aveva già mostrato che il 90% di loro ha troppa concentrazione di PFAS nel sangue, portando potenzialmente a rischi per la salute.

Perché in Italia non si fa altrettanto? Perché in Italia vige il gioco dello scaricabarile.

I maestri del gioco dello scaricabarile.

Esiste una persona, minimamente informata e in buona fede, che non ritenga dimostrato che attorno al polo chimico di Spinetta Marengo ci si ammala e si muore di più, molto di più, rispetto a tutto il resto del territorio? Non lo dimostrano, in coscienza, le date sulle lapidi dei cimiteri?’ Non lo dimostrano, in scienza, le indagini epidemiologiche del disastro sanitario che, sotto la nostra spinta, si sono in questi decenni susseguite e accentuate di gravità? Non lo dimostrano, in scienza, le indagini ambientali del disastro acqua-aria-suolo che, sotto la nostra spinta, si sono susseguite in questi decenni in costante anzi progressiva gravità?   Non sono la dimostrazione del “rapporto causa/effetto”?  L’ “effetto” della enorme morbilità cioè non coincide con la “causa” della presenza dello stabilimento, da venti anni gestito dalla Solvay?

Esistono, invece, persone disinformate e in mala fede. Pullulano soprattutto fra i politici e la cerchia scientifica anzi burocratica da loro nominata. Stiamo parlando di Alessandria e dell’esemplare connubio tra consiglio comunale e Asl. Leggiamo, clicca qui, la cronaca dell’interlocuzione fra Commissione Sicurezza e Ambiente e Asl. E’ la fotografia in rilievo dell’ipocrisia di personaggi che non vogliono prendere alcuna decisione e per perdere tempo fanno il gioco dello scarica barile, palleggio di responsabilità scaricate di volta in volta su altre schiene, salvi i rimpalli.

Usano la tattica usuale in tribunale degli avvocati degli inquinatori: dimostrate che quel preciso tumore è stato provocato proprio da quella precisa sostanza e non da altre, addirittura in quel preciso momento. Paradossale è l’esempio amianto e mesotelioma: ormai è inoppugnabile (come per i PFAS) la relazione scientifica eppure è da dimostrare penalmente che la fibra killer si sia introdotta nell’organismo della Vittima proprio durante la permanenza   di quel direttore e non dei precedenti o dei seguenti. 

Dunque, il sindaco di centrosinistra Giorgio Abonante scarica sul presidente commissione da lui nominato, Adriano Di Saverio, medico estetista. Amletico, Di Saverio scarica sull’Asl. Il direttore generale Asl, Luigi Vercellino, un amministrativo senza competenze mediche, nominato dal centrodestra regionale, scarica sull’Arpa e la Regione Piemonte: “Per assicurarci che l’attività del sito non pregiudichi la situazione in termini di inquinamento ambientale, lo facciamo attraverso il monitoraggio Arpa. Devono essere messi sul campo progetti speciali. Il campo di analisi è complesso. Non è un lavoro così semplice e scontato, occorre incrociare dati e sostanze. Serve la forte regia centralizzata di Regione Piemonte. Tocca alla Regione assegnare compiti e risorse. Al momento non ci sono altre risorse attribuite.” A sua volta, il direttore sanitario Asl nominata da Vercellino, Sara Marchisio, rimarca: “L’argomento è complesso, gli studi epidemiologici non sono brevi”. Lo sappiamo da decine di anni.  Dovremmo aspettarne altrettanti?

Sì, però senza allarmarsi troppo, tranquillizza l’inossidabile responsabile servizio prevenzione e sicurezza Asl Giuseppe Fracchia: Abbiamo effettuato sopralluoghi dentro lo stabilimento insieme ad Arpa, per valutare l’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici. Dai dati in nostro possesso non emergono situazioni di particolare attenzione”. Ben diversa e drammatica è stata la valutazione dell’indagine dell’Università di Liegi. La differenza consiste nel fatto che l’Asl prende per buone le analisi consegnatele da Solvay controllato-controllore.

D’altronde monitoraggi ematici di massa, lavoratori e popolazione, deve finanziarli la Regione, il cui presidente leghista, Alberto Cirio, imprenditore agricolo specializzato nella produzione di nocciole nelle Langhe, però non vuole andare oltre ai “340mila euro stanziati per valutare nell’area a sud-ovest dello stabilimento la presenza di pfas negli alimenti animali e vegetali e definire le soglie. Il complesso progetto durerà due anni”. E il monitoraggio della popolazione? Luigi Icardi, laurea in economia, perciò nominato da Cirio assessore alla sanità, si fida di Fracchia e si lamenta di essere a corto di fondi statali, per cui passa la patata bollente a Giorgia Meloni, che avrà ben altro da pensare che al Disegno di Legge Crucioli di messa al bando dei Pfas.

THE END. E tutti -i politici- vissero felici e contenti.

Eppure, basterebbero le ormai conosciutissime decennali indagini ambientali e sanitarie per emettere un’ordinanza di chiusura delle produzioni da parte del sindaco Abonante, massima autorità sanitaria locale, sembra dire il veterano consigliere comunale Vincenzo Demarte, adesso che è passato all’opposizione come Forza Italia. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e di buona fede dei politici, si legga, tratto dalla suddetta cronaca giornalistica, il Nota bene in calce.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e la buona fede dei politici, si legga dalla cronaca giornalistica quanto segue: <<La Commissione Consiliare era stata aperta dallo stesso presidente Di Saverio che, nella sua introduzione, aveva accennato ai “cinque tipi di inquinamento ambientale” che insistono sulla zona del Polo Chimico: “Un inquinamento antico da cromo esavalente, nichel, antimonio, arsenico nelle falde e terreni, l’inquinamento da cloroformio nelle acque superficiali, con conseguenti ricadute sulle cantine e sui seminterrati, l’inquinamento da vari tipi di pfas nelle falde acquifere del Bormida e del pozzo di Montecastello, l’inquinamento aereo con acido cloridrico, fluoridrico e pfas, e l’inquinamento delle falde acquifere con composti chimici di vario tipo. Vogliamo fare luce su questo problema complesso, vogliamo tutelare i cittadini, ragionarci su senza preconcetti e pregiudizi, senza partito preso, chiedendo aiuto alla scienza. Il sindaco Giorgio Abonante ha già detto che bisogna rompere questo impasse, servono certezze e occorre procedere con nuove fasi dell’indagine epidemiologica. Il problema dell’inquinamento del polo chimico risale addirittura a un secolo fa, col coinvolgimento di aria, acqua e terra, oggi ci sono più problemi stratificati. Nell’ultimo decennio si sono susseguiti studi di Asl e Arpa, oltre a quello più recente dell’Università di Liegi che ancora deve però essere validato”.

“A marzo 2017” ha proseguito Di Saverio “fu presentato uno studio sul rischio ambientale e sanitario della popolazione di Spinetta, realizzato da Arpa, Asl Alessandria e Azienda Sanitaria Locale Torino3. Riguardava gli anni dal 1996 al 2014, rispetto alla morbosità, ai ricoveri e alla mortalità nella zona della Fraschetta. Emersero delle criticità rispetto a patologie oncologiche e non. A dicembre 2019 venne presentato un altro studio di Arpa e Asl, una analisi di un gruppo di persone residenti vicino al polo chimico, fino a 3 mila metri. In questo caso si registrò un incremento del rischio ricoveri, nel periodo 2001-2017. Negli stessi giorni ci fu un altro studio dell’Asl sulla mortalità dei residenti entro un raggio di 3 mila metri dal polo, dal 1996 al 2016. Emersero delle criticità significative rispetto alla morbosità e alla mortalità. Dopo il covid, nel 2022 è stato pubblicato uno studio di Arpa sul monitoraggio di pfas nell’aria e nell’acqua della Fraschetta. Ad agosto 2022 c’è stato quello sul monitoraggio delle acque di falda, con la scoperta di pfas presenti oltre la barriera idraulica. Ad aprile di quest’anno, da uno studio della regione Piemonte, è emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico. Poi c’è lo studio dell’Università di Liegi, con criticità e valori anomali tutti da confermare. Inoltre, è in corso lo studio “Scenarios”, promosso dall’Università del Piemonte Orientale, che coinvolte 24 strutture europee, compreso l’Ospedale di Alessandria, che vuole far luce sugli pfas”.>>

L’ASL di Alessandria fa acqua da tutte le parti.

PFAS nei pozzi d’acqua potabile? Ma Asl non ci fornisce i dati

Controlli puntuali, e i tecnici scrivono: “Sforamenti puntuali nel tempo dei valori soglia”

23 Settembre 2022  IL PICCOLO DI ALESSANDRIA MONICA GASPARINI

ALESSADRIA – Qual è la salute dei pozzi dell’alessandrino? Che tipo di controlli vengono effettuati? L’azienda sanitaria locale dispone analisi per la ricerca di PFAS sulle acque dei pozzi che riforniscono la rete idrica di Alessandria?

Ci sono pozzi che si trovano poco distante dall’area interessata dalla contaminazione, e alcuni lungo la traiettoria della falda e del fiume Bormida, per questo motivo abbiamo chiesto all’Asl quali sono i punti esaminati, quali sono le sostanze che vengono cercate (oltre ovviamente a quelle previste per legge la potabilità dell’acqua) e, soprattutto, quali sono i risultati di questi due anni di controlli.

Non siamo ancora riusciti a farci consegnare il dato numerico dei risultati di quei campioni, sembra che in questi due anni i report non siano ancora stati compilati in modo comprensibile. Abbiamo avuto rassicurazioni, però, che nell’arco di due settimane potremo averli e quindi pubblicarli.

La risposta di Asl. Intanto, di seguito, pubblichiamo la risposta che Asl ci ha inviato. Affermazioni che lasciano intendere come alcune sostanze siano state trovate nei pozzi controllati (non sappiamo quali, dove e in che misura) e che si siano verificati “sforamenti puntuali”.

“Il Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) di ASL AL effettua il monitoraggio dei punti di prelievo della rete idrica della zona di Alessandria anche per PFAS e altri composti nocivi – scrivono – Le analisi vengono eseguite da ARPA e, ad oggi, evidenziano valori riferibili ad una contaminazione di fondo dell’ecosistema che viene considerata diffusa nei territori antropizzati.

Le attività di monitoraggio gestite dal SIAN consistono in un piano di campionamento ad hoc riferite ai PFAS, eseguito su base mensile che riguardano una serie di pozzi da cui vengono prelevate acque destinate ad essere immesse nelle reti idriche del territorio. I campionamenti prevedono sia l’acqua del pozzo prima di essere trattata dal gestore per la potabilizzazione, sia direttamente dalla rete idrica di distribuzione prima di essere consegnata all’utenza finale.

Tale piano di campionamento, condiviso con ARPA Piemonte, comprende anche pozzi che vengono campionati al fine di costituire un elemento di confronto per quei pozzi e quelle reti idriche in cui i contaminanti sono riscontrabili, seppur in minime tracce. Grazie a questa attività è anche possibile aumentare la precisione circa i confini delle aree in cui eventuali contaminanti possono essere presenti.

I parametri di valutazione dei dati che emergono dall’attività di monitoraggio sono costituiti sulla base delle indicazioni contenute nei pareri dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), emessi negli ultimi anni (2015 e seguenti), e delle agenzie ambientali e sanitarie di riferimento a livello globale.

​​Sulla base di tali indicazioni, sforamenti “puntuali” nel tempo dei valori soglia di specifici PFAS, vengono considerati nel contesto dell’andamento registrato nell’anno solare considerato“.

Per i Pfas, Regione e autorità sanitarie denunciate alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il rapporto ONU “A/HRC/51/35/Add.2” sarà presentato ufficialmente all’ONU – Human Rights Council il 20 settembre 2022. L’autore Marcos Orellana, l’Alto Commissariato Onu, nella relazione finale dell’ispezione in Italia ha stimato la contaminazione da Pfas in Veneto come “il più grande inquinamento ambientale d’Europa” (in attesa che si completi quello in Piemonte  della Solvay) .

Sulla base di questo documento che sancisce la violazione dei diritti umani delle popolazioni  da parte delle Autorità italiane: le stesse saranno deferite presso il tribunale europeo a Strasburgo, ossia la Corte europea dei diritti dell’uomo. Annuncia Alberto Peruffo:  «Siamo  intenzionati a interpellare la magistratura affinché dia il via ad un procedimento contro i vertici della Regione Veneto e contro i dirigenti della sanità veneta ciascuno per le proprie responsabilità, ciascuno nei periodi di riferimento, in ragione di una situazione di avvelenamento della popolazione, che si è consumata in modo consapevole e doloso, Chiediamo tutto ciò non solo per le analisi negate, ma pure per il ritardo nella bonifica, per l’incenerimento dei Pfas a Legnago senza i sufficienti controlli, per manipolazione dell’informazione”.

Ci sono tutti i presupposti giuridici per denunciare una situazione di avvelenamento di massa rispetto al quale la politica sapeva e ha taciuto, caricandosi dunque sulle spalle indubbie responsabilità penali”: l’affermazione dal Veneto rimbalza in Piemonte contro i vertici della Regione  e contro i dirigenti della sanità.

Marcos Orellana, sulla violazione dei diritti umani in relazione alle sostanze tossiche, ha sottolineato “l’omissione da parte delle autorità regionali di informazioni cruciali per la salute ”. Nel 2013, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr),  della presenza degli inquinanti Pfas ha informato (con un certo ritardo rispetto all’allarme da me lanciato da Alessandria) le autorità della regione Veneto, le quali però non hanno informato i residenti delle aree contaminate e sui rischi per la salute: fino al 2017  nessuno ha avvertito che l’acqua dei rubinetti conteneva Pfas. Anzi, sia la provincia di Vicenza che l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale del Veneto (Arpav) avrebbero potuto far emergere informazioni sull’inquinamento già molti anni prima, ma “sapevano e tacevano” e omettevano i controlli delle cosiddette “barriere al PFOA”. Addirittura la Regione Veneto nel 2014 aveva rilasciato a Miteni di Trissino autorizzazione AIA per il nuovo pfas GenX. La Regione di Luca Zaia non ha avviato nessuna seria indagine epidemiologica, le stesse analisi sul rischio di contaminazione alimentare  sono state parziali, datate e tenute nascoste alla popolazione fino al pronunciamento 2021 del Tar.

Solvay et les PFAS: la pollution invisible.

Del film-documentario  della TV belga RTBF abbiamo già pubblicato in anteprima  alcuni stralci, se clicchi qui  puoi vederli, nonché la vasta eco che (clicca qui Ilham Kadri alle prese con lo scandalo Solvay) sta già suscitando nell’opinione pubblica internazionale scossa da quella vera e propria calamità ecosanitaria mondiale provocata dai tossici e cancerogeni PFAS (che in Italia ha il suo apice in Piemonte e Veneto).

Del film di “#investigation” abbiamo già pubblicato la versione in francese, ora ne pubblichiamo una non perfettamente sottotitolata in italiano (traduzione automatica), che può essere vista cliccando qui sul canale youtube di RTBF.

 

Presto tutte le falde della provincia di Alessandria avvelenate.

In assemblea lo studio della dinamica per la quale dalle falde acquifere sotto la Solvay di Spinetta Marengo le sostanze tossicocanceogene, passando addirittura sotto il fiume Bormida, si allargheranno a tutto il territorio della provincia di Alessandria e oltre.

Assemblea popolare  ad Alessandria, Casa di Quartiere, via Verona 116, 21 settembre 2022, ore 21. Diretta facebook su: GRUPPO PER LA DIFESA DELLE FALDE ACQUIFERE DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA. Clicca qui.

Chiudere Solvay.

Legambiente è a livello nazionale l’associazione più autorevole a chiedere la fermata immediata degli impianti della Solvay di Spinetta Marengo, mentre in ambito locale Comitato Stop Solvay e Fridays For Future, recentemente costituitisi in Alessandria, rappresentano l’ala più intransigente dei movimenti antagonisti alla Solvay e fin dagli esordi chiedono esplicitamente  la chiusura del polo chimico. Lo ritengono infatti in toto non recuperabile ad un territorio esente da inquinamento, da morte e malattia. Basta con i se e i ma. Ma: Solvay promette entro qualche anno  limiti zero ai veleni tossici e cancerogeni in aria-acqua-suolo.  Se: si ha tolleranza di aspettare ancora qualche anno per verificare. Ma… se… ma se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola. Non stanno in piedi i se e i ma dopo venti anni di Solvay.  I partiti che  si nascondono dietro e i se e i ma, non fanno altro che prolungare i profitti della multinazionale belga e le malattie della popolazione. L’accusa è rivolta indistintamente a tutti i partiti, localmente sempre gli stessi, che si avvicendano nei decenni, talvolta dalla stessa azienda additati  in tribunale come beneficiari di tangenti.

Questi intendimenti fanno da sfondo all’assemblea del Comitato Stop Solvay  presso il Laboratorio Sociale di Alessandria a seguito dell’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi e del film documentario della televisione RTBF,  dei quali abbiamo già fornito ampia pubblicazione: clicca qui e clicca qui.  Nell’occasione non sfuggirà la riflessione su un nodo importante: il fine giustifica i mezzi, però i mezzi devono essere adeguati al fine. Il rischio è di essere velleitari quando si pensa di sconfiggere a livello locale una multinazionale con la sola mobilitazione popolare. Questa è sufficiente a bloccare un inceneritore prima della sua costruzione, quando la sua autorizzazione è nelle mani della politica locale che teme i voti: l’inceneritorista si rivolge ad un altro territorio che spera più arrendevole. Vittorie di questo genere ne abbiamo ottenute tante, anche ad Alessandria, più o meno grandi: abbiamo riempito libri. Altra avventura è  buttare fuori un colosso con interessi mondiali. Non basterebbe neppure l’alleanza  -che non c’è mai-  con le forze politiche locali, che spesso non hanno o non vogliono usare lo strumento della revoca delle autorizzazioni. Il potere decisionale si sposta più in alto, a livello nazionale.

Esemplificando per il polo chimico di Spinetta Marengo. Nei decenni la nostra (almeno la mia, che è stata decisiva) mobilitazione non si è mai indirizzata  alla sua chiusura, ma a conseguire passo dopo passo importanti vittorie di risanamento ambientale con riconversioni (linea pigmenti) e anche con chiusure di impianti (DDT, CFC, Bicromati), che hanno salvato la pelle a tanti lavoratori e cittadini. Si poteva fare di più? La mia coscienza, avendo pagato prezzi personali alti, è a posto per i trascorsi 50 anni. Ora anche il traguardo (a suon di ripetuti esposti, i miei) dei processi penali ha dimostrato che si deve  fare di più: infatti i (conquistati) monitoraggi ambientali e sanitari indicano un limite raggiunto  di disastro da bloccare con la chiusura di altre produzioni e di impianti. Tutti? Tutti: sembra rispondere la stessa Solvay, per l’effetto domino.

Ma di sua spontanea volontà Solvay non chiuderà mai i rubinetti dei propri profitti. Dunque? Pur essendo solo la punta dell’iceber ecosanitario irrisolto pur dopo la condanna della Cassazione, dunque i Pfas possono rappresentare il grimaldello per forzare gli eventi, nell’immediato  anticipando gli effetti del nuovo processo penale, ovvero di quelli in sede civile. Non sfugga a nessuno, però, che è velleitario pensare di costringere Solvay ad abbandonare i Pfas con la sola mobilitazione locale e senza la sponda politica a livello nazionale. Perciò abbiamo puntato su una legge parlamentare che metta al bando uso-consumo-produzione dei Pfas su tutto il territorio nazionale, obbiettivo delineato nel Disegno di legge Crucioli.

Altrimenti si rischia di ripetere la sconfitta del Tav Terzo Valico subìta da un comitato luddista che si è sopravvalutato e isolato da qualunque alleanza con partiti, addirittura con associazioni ambientaliste. Si va verso la sconfitta sicura  se la filosofia  è la lotta per la lotta, la lotta fine a se stessa, vincere o perdere è uguale purchè si persegua la conflittualità, a prescindere dall’obbiettivo, che a questo punto immagina la rivoluzione come palingenesi.  (“La lotta fine a se stessa basta a riempire il cuore dell’uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.” Albert Camus).

Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

In penale le accuse di dolo a Solvay. Ma bisogna aprire anche cause civili per risarcire le Vittime.

In tutti gli esposti (ben 15) alla Magistratura di Alessandria depositati  fin dal 2009, ho sempre accusato Solvay del reato di dolo, ovvero volontà cosciente di arrecare danno altrui. E’ emblematico che in mensa l’acqua proveniva dal pozzo sotto lo stabilimento, quando l’azienda era pienamente  consapevole (occultando e contraffacendo  anche le informazioni alle autorità) che le concentrazioni del cancerogeno cromo esavalente (8203 ug/L) nelle acque sotterranee erano talvolta più di 1600 volte superiori agli standard italiani. A tacere del PFOA e di altri 20 veleni. E’ emblematico che  dal rubinetto degli uffici al  piano terreno bevevo quell’acqua, mentre al piano superiore, riservato ai dirigenti, era apposto il cartello “acqua non potabile”. 

Nel nuovo processo l’accusa è emblematica quando nel capo di imputazione si parlerà di PFAS. Per sintesi, facciamo riferimento alla recente indagine svolta dalla équipe d’ #Investigation) ,  dalla quale  emerge che Solvay ha contaminato le popolazioni italiane e americane con i Pfas: i documenti interni del gigante chimico mostrano che l’azienda belga ha perfino sostituito i Pfas controversi con altri altrettanto tossici e cancerogeni. La multinazionale lo sapeva e ha continuato a usarli per più di 15 anni.

Anzi, Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di  2938 µg / l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10  µg /l (In USA  il limite di legge delle acque potabili è 0,016  µg /l.)  Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902  µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni  pfas ADV e C6O4.

Infatti, ancor prima di aver smesso di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei  topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati  all’EPA, mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).

Sul suolo americano, Solvay deve affrontare 25 cause legali. Si riferiscono tutte all’uso di PFASQualche mese fa il tribunale ha emesso una ordinanza che  permette di intentare un’azione collettiva per milioni di persone il cui sangue contiene PFAS.  Al punto che il 20 giugno 2022, Solvay ha annunciato con grande clamore la sua intenzione di eliminare gradualmente l’uso di PFAS a livello globale entro il 2026. Decisione fasulla per Spinetta, che abbiamo già drasticamente commentato (clicca qui Senza il Disegno di legge Crucioli, la strategia della Solvay è vincente.ma che diventa vincente senza il DDL che mette al bando i Pfas in Italia.

In Italia due processi penali (Alessandria e Vicenza) si occupano (anche) di Pfas. E’ tempo di aprire processi civili, ispirandoci  a quelli americani.

Recentemente abbiamo pubblicato la lunga storia delle indagini epidemiologiche sul territorio di Alessandria, in particolare sulla Fraschetta, dove sorge il polo chimico di Spinetta Marengo. A confermare i precedenti, l’ultimo, a  fine 2019, è uno studio epidemiologico pubblicato dall’ARPA, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, raccogliendo i dati dei ricoveri ospedalieri tra il 2001 e il 2017, e  confrontando la popolazione del sobborgo spinettese  con quella del vicino capoluogo di Alessandria situato a più di 3 km di distanza. Gli abitanti di Spinetta, a partire dai bambini, corrono un rischio maggiore di sviluppare malattie endocrine, tumore al fegato, tumore ai reni, ipertensione, malattie respiratorie, patologie cardiovascolari eccetera. Il nesso causale, tra le sostanze chimiche Solvay e le malattie,  è confermato dall’ Indagine del sangue della popolazione effettuata dall’Università di Liegi (clicca qui Le analisi del sangue parlano chiaro: la popolazione di Spinetta Marengo è contaminata da Pfas.).

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Con l’Università di Liegi a Spinetta Marengo

Piemonte pfas. In quali mani siamo messi.

L’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi, che della Sanità conosce solo la partita doppia (forse), lo stesso assessore che mentre era positivo ha presenziato senza mascherina alla presentazione di un nuovo vaccino anti covid, è lo stesso  che con la stessa disinvoltura ha definito l’indagine dell’Università di Liegi “poco attendibile in quanto limitata a un numero molto ridotto  di cittadini, selezionati tra soggetti direttamente esposti ai Pfas e quindi non sufficientemente rappresentativi della popolazione generale”. Non è drammaticamente allarmante che i lavoratori della Solvay e i cittadini di Spinetta abbiano nel sangue livelli di PFAS dieci volte superiori agli alessandrini? Più rappresentativi di così! Non sono proprio loro rappresentativi del grado di inquinamento del polo chimico?

Icardi, che non ha mai sottoposto neppure un cittadino ad una analisi del sangue, fidandosi della parola di  Solvay, a questo punto che fa? annuncia un monitoraggio ematico di massa su tutta la popolazione alessandrina? Macchè. Per quel territorio si limiterà, senza urgenza, dal magro bilancio della sanità  ad estrarre  qualche soldo  per “ulteriori nuovi campionamenti su matrici animali ed alimentari” e ancor meno spiccioli a “biomonitoraggi” (compreso il colesterolo, sic.), per alcuni “soggetti a rischio”: non si capisce riservati con quali criteri, alla faccia dell’attendibilità scientifica.

Queste dichiarazioni l’assessore (Lega) le ha rilasciate all’incontro con Giorgio Angelo Abonante sindaco (PD) di Alessandria, il quale non gli ha replicato: vergognati, per non sentirsi rispondere: da quale pulpito. 

Cane non mangia cane.

Ma cosa vuoi aspettarti da Bluebell?

Sotto shock per lo scandalo Pfas, però la presidente di Solvay, Ilham Kadri, si consola esultando per aver raggiunto un accordo con il fondo Bluebell Capital per mettere fine alla sua  campagna attivista One-Share Environmental, Social and Governance (ESG). Bluebell esulta per l’obiettivo di Solvay di ridurre le emissioni di CO2 e azzerare a Rosignano lo scarico dei veleni nel Tirreno entro il 2050. 2050, avete letto bene, non è un errore di battitura. Mancano appena 30 anni. Poi si può rimuovere il cartello.

I processi di Vicenza e Alessandria affronteranno il nodo dei risarcimenti alle Vittime dei Pfas?

Nella vignetta del 2010 il mega dott. prof. gran matricolat.

Vincente la strategia Solvay (senza il DDL Crucioli) almeno la Giustizia assicurerà nei Tribunali i risarcimenti alle Vittime? Ma i processi di Vicenza e Alessandria lo affronteranno questo nodo dei risarcimenti alle Vittime dei Pfas?

Se sì, il dottor Giovanni Costa, secondo chi scrive, dovrebbe sedere sul banco degli imputati ai processi di Alessandria (Solvay) e Vicenza (Miteni), invece probabilmente sarà chiamato dalle difese a testimoniare spacciato come consulente, a coprire come foglia di fico la condotta dolosa dei dirigenti.

 A testimoniare cioè, come anticipato di recente dagli avvocati di Solvay /Santamaria e Bolognesi), che le due aziende da 20 anni avevano effettuato “il biomonitoraggio di tutti i lavoratori potenzialmente esposti ai PFAS nell’ambito del programma di sorveglianza sanitaria, utilizzando sempre le migliori tecniche di laboratorio e metodologie di analisi in collaborazione con i più accreditati Istituti sanitari autorizzati. I risultati delle analisi non destano alcuna preoccupazione dal punto di vista clinico-tossicologico. La sorveglianza medica pluriennale, continua e costante dei dipendenti, non indica correlazioni con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai PFAS”. Il medico “accreditato” (addirittura professore) preposto alla sorveglianza era infatti Giovanni Costa, che regolarmente incontrava i lavoratori per rassicurarli sulle loro condizioni di salute presenti e future. Tutti da sempre sani, e ora non risarcibili.

Mi piacerebbe nelle aule dei tribunali di Vicenza e Alessandria sottoporre, in contradditorio, le 24 domande sulle  quali nel 2010 (l’anno dopo il mio esposto alla Procura)  Costa era sfuggito ad un incontro pubblico, benché sfidato sui giornali.  Così concludeva  la ventiquattresima domanda: “24) In conclusione, dott. Costa, Lei è d’accordo con Solvay che rassicurante sostiene essere questa sostanza – che provoca tumori/ malformazioni/alterazioni sessuali –  pressoché innocua o benefica all’uomo italiano, anzi associata a cromo esavalente e a una montagna di altri 20 veleni che colano nelle falde acquifere?
Oppure ammette che, dopo gli studi internazionali, dopo i miliardi di risarcimenti, dopo che è messo al bando in tutto il mondo perché tossico/teratogeno/mutageno/cancerogeno, il PFOA deve essere finalmente, oggi, senza rinvii, eliminato dalle lavorazioni dello stabilimento di Spinetta Marengo  che contaminano il sangue di lavoratori e cittadini, e avvelenano le falde e i fiumi Bormida, Tanaro e Po fino alla foce, e che debbono essere indennizzati i danni alle persone e all’ambiente?
I lavoratori e i cittadini si costituiranno parti civili al processo”.
Analogamente le domande potevano essere rivolte a Vicenza per la Miteni di Trissino.

Solo nel 2016 Costa sarà costretto a rispondere alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati , per quanto riguarda la Miteni. La Commissione (presidente Stefano Vignaroli ) commenta le relazioni del “professore”. Innanzitutto contesta le sue affermazioni che, nel corso degli anni, vi sarebbe stata una costante diminuzione delle quantità di PFAS presenti nel siero dei dipendenti, e che le elevatissime concentrazioni ematiche sarebbero da considerate come “limite accettabile” nei lavoratori esposti. La Commissione contesta le sue conclusioni “cliniche” che  affermano “…il controllo periodico dei lavoratori non ha rilevato significative alterazioni del loro stato di salute, sia dal punto di vista clinico generale che a livello degli indicatori biologici di effetto a carico di organi/sistemi bersaglio (in particolare quelli emopoietico, epatico, renale e metabolico). Le loro condizioni di salute sono soddisfacenti e non emergono elementi che indichino un significativo rischio di patologie correlate al lavoro, che risulta attualmente ben controllato e da considerarsi ragionevolmente entro i limiti di ampia accettabilità. Per quanto riguarda in particolare l’esposizione a PFOA, i risultati del monitoraggio biologico confermano il trend alla progressiva riduzione dell’esposizione, e conseguente concentrazione nel sangue, pur se il processo è lento e vi sono ancora sporadici casi di modesto assorbimento.”.

La  Commissione  contesta ogni attendibilità: “Accade che si è in presenza di conclusioni che poggiano su esami emato-chimici e delle urine, i cui dati tuttavia non vengono esposti, in quanto coperti da omissis, sicché è esclusa ogni possibilità di una loro verifica. Nulla viene detto in ordine all’esecuzione di accertamenti specifici sulla funzionalità nel tempo degli organi ritenuti maggiormente esposti ai composti perfluoroalchilici, quali la tiroide, i reni o il fegato, né sull’eventuale accertamento di malattie correlate a esposizioni prolungate nel tempo. In particolare non vi è cenno alcuno sulle eventuali patologie sub-letali”.

Conclude la Commissione d’Inchiesta: “In realtà, l’unico obiettivo delle varie relazioni del professor Costa sembra essere, per un verso, quello di dimostrare il rispetto dei valori di riferimento indicati, come invece  si è visto molto elevati e, per altro verso, l’assenza di ‘significativo rischio di patologie correlate al lavoro’, ‘pur nella lenta eliminazione della sostanza (PFOA) dovuta alla sua lunga emivita biologica’. Si tratta – ad avviso della Commissione di inchiesta – di una grave carenza metodologica, posto che il monitoraggio dei lavoratori  ha un senso non in relazione al rispetto di parametri astratti – peraltro, come si è visto – molto elevati, bensì in relazione alla verifica del loro effettivo stato di salute, dopo anni di assorbimento di sostanze perfluoroalchiliche, che come si è visto sono potenzialmente pericolose.

Di queste pericolosità Costa si è disinteressato per coprire gli interessi aziendali. La Commissione infatti  riporta gli studi internazionali: “Le correlazioni tra l’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche e l’insorgenza di numerose patologie in seguito ad esposizioni prolungate. Tra queste si possono qui brevemente ricordare: ipercolesterolemia, colite ulcerosa, malattie tiroidee, tumori del testicolo e del rene, ipertensione indotta dalla gravidanza e preeclampsia, nonché associazioni con varie patologie cardiovascolari quali arteriosclerosi, ischemie cerebrali e cardiache, infarto miocardico acuto e diabete. Queste considerazioni diventano tanto più gravi se si guarda ad alcuni studi che indicano anche dati quantitativi nella associazione tra l’insorgenza delle patologie e le concentrazioni di esposizione.”

Come si legge, la censura a Giovanni  Costa  della Commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati  è inesorabile, eppure sarà quella la linea di difesa aziendale ai processi di Vicenza e Alessandria, ammesso e non concesso che in sede penale  verranno affrontati i risarcimenti per le Vittime Parti Civili. Ad Alessandria, Solvay contesterà innanzitutto l’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi, ma non solo.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Otto indagini epidemiologiche non bastano per risarcire le vittime del disastro sanitario di Alessandria?

Insieme all’Indagine epidemiologica dell’Università di Liegi, cercando di  screditarla a mezzo dei suoi prezzolati consulenti (tipo Costa), in tribunale Solvay contesterà tutte le Indagini epidemiologiche precedenti.

L’indagine epidemiologa dell’Università di Liegi, alla quale abbiamo collaborato, è la prima mirata sulle analisi del sangue per i Pfas della popolazione alessandrina, come chiedevamo invano dal 2009 anche con esposti  in magistratura.  Pur senza questa decisiva importante caratteristica, nei decenni precedenti  non erano certo  mancate indagini epidemiologiche. Ne avevamo infatti molte altre (su cui cercammo anche di attivare la preoccupazione sanitaria istituzionale).   

Avevamo già l’Indagine epidemiologica dell’ASL Alessandria  – sugli abitanti – –  1° step dal 2004 al 2005 a) pediatria b) mortalità 2004-2005 c) ricoveri ospedalieri 2004 – – 2° step dal 1996 al 2008 a) mortalità 2004-2005 b) mortalità 1996-2008.

Avevamo già l’Indagine epidemiologica della ASL Torino commissionata dalla Procura di Alessandria – sui lavoratori – – occupati dal 1981 al 2009 , sopravviventi al 1996 – – ricoverati in ospedale dal 1996 al 2009.

Avevamo già la “Valutazione dello stato di salute dei residenti nell’area Fraschetta del Comune di Alessandria: studio di mortalità locale (1996-2014)” dell’ASL AL (dott. Claudio Rabagliati, Gerardo Bonomo), che metteva  in rilievo le  patologie respiratorio, cardiovascolare e tumorale correlabili all’inquinamento atmosferico. 

“Partendo dai Grandi gruppi di cause di morte, è risultato statisticamente significativo, in eccesso, con un valore superiore rispetto alla media regionale e provinciale (=100) il seguente grande gruppo di malattie su tutta la popolazione:- Stati Morbosi Maldefiniti (+236,6% vs. regione e +126,2% vs. provincia). In particolare Melanoma (+75,2% vs. regione e +85,3% vs. provincia);- Tumore del rene (+55,5% vs. regione e +62,8% vs. provincia); Tumori laringe (+50,8% vs. regione e +46,1% vs. provincia); – Tumori polmoni (+5,0% vs. regione); – Mesotelioma (+58,3% vs. regione);- Tumore esofago (+9,7% vs. regione e +18,8% vs. provincia); – Tumori stomaco (+15,3% vs. regione e +12,2% vs. provincia); – Tumori pancreas (+25,0% vs. regione e +14,4% vs. provincia); – Tumore vescica (+18,4% vs. provincia); – Sclerosi multipla (+60,9% vs. regione e +39,3% vs. provincia); – Ipertensione arteriosa (+12,0% vs. regione e +23,4% vs. provincia); – Cirrosi epatica (+24,1% vs. regione e +13,0% vs. provincia). Tra i maschi si rileva una superiore mortalità locale statisticamente significativa”.

Dopo 149 pagine, l’indagine conclude che “Al fine di rendere più robusta e ulteriormente significativa l’analisi dell’eccesso di mortalità locale, occorrono   successivi step epidemiologici…”  …insomma, occorre indagare il nesso tra effetto (malattie) e causa (polo chimico di Spinetta Marengo).

A questo proposito, avevamo già una Tesi di laurea magistrale “Analisi epidemiologica della mortalità per cause, generali e specifiche, e  ricerca delle possibili correlazioni con gli inquinanti ambientali nell’area della Fraschetta  (1996-2012)” di Martina Augusti, relatore Paolo Trivero, correlatore Claudio Rabagliati, dell’Università degli studi del Piemonte orientale Amedeo Avogadro” dipartimento di scienze e innovazione tecnologica. 

In  166 pagine, si dimostra, dall’incrocio dei dati epidemiologici con i dati ambientali, la correlazione dell’eccesso di mortalità respiratorie cardiovascolari e tumorali con l’aumento atmosferico delle sostanze inquinanti.  Il “focolaio” nel  polo chimico è immediatamente individuato: tra le numerose tabelle esplicative, per tutte è esemplificativa

(Fig. 66) la Cartina del territorio della Fraschetta ove riportato il numero di decessi per patologie tumorali, suddivisi per sobborgo (in verde – Spinetta Marengo, Litta Parodi, Cascinagrossa, Mandrogne, San Giuliano Vecchio, San Giuliano Nuovo, Lobbi, Castelceriolo) e per sesso (in blu i maschi, in rosa le femmine). In rosso sono riportate le sorgenti d’inquinanti industriali.

Avevamo già in 81 pagine lo “Studio epidemiologico di sorveglianza pediatrica nella Circoscrizione della Fraschetta (2004-2005)” dell’ASL 20 (dott. Antonietta Brezzi e Claudio Rabagliati) avente per oggetto i bambini nella fascia d’età 0-14 anni. Conclusione: le principali patologie associabili all’inquinamento atmosferico sono quelle respiratorie, cardiovascolari e tumorali. Il piano di sorveglianza pediatrica non fu mai più aggiornato, malgrado che dal Veneto gli screening dimostrassero l’associazione tra l’esposizione da Pfas e le natività con basso peso per età gestionale, difetti congeniti al cuore ecc. fino ai disturbi cognitivi e socio emotivi dei bambini. 

Avevamo già in 41 pagine l’ “Analisi dello stato di salute della popolazione della frazione Fraschetta comune di Alessandria (AL) Studio epidemiologico di morbosità 1996-2013” a cura dell’Arpa Piemonte (Moreno Demaria Barbara Lorusso,  Ennio Cadum). Al processo contro Solvay, nell’udienza del 17 giugno 2013,  Ennio Cadum testimonierà “Eccessi patologie del 30% -50% per cavo orale, rene, vescica, stomaco, bile ecc,  le malformazioni genetiche dei bambini: 80% in più della media alessandrina”, in particolare “L’eccesso di tumori all’assunzione di cromo esavalente per via orale”.

Avevamo già la presentazione in Comune dei “Risultati della prima fase dell’indagine sullo stato di salute della popolazione della Fraschetta (1996-2014”). Con i quali siamo così arrivati al 2017 ma siamo sempre alla “prima fase”, come non fossero già state sufficienti le indagini precedenti.

Dunque, a nome della mia associazione,  avevo contestato pubblicamente alla Giunta (centrosinistra) di Rita Rossa:  Rispetto a quanto da noi rivendicato, non è stata  presentata ma ulteriormente rinviata una Indagine sul rischio ambientale e sanitario, tramite corretta correlazione tra fattori di rischio e patologie e tramite disaggregazione analitica sulle diverse aree. Bensì si tratta di ennesimi  studi epidemiologici insufficienti e parziali, perciò reticenti. D’altronde le responsabilità del disastro ecosanitario della Fraschetta fanno parte integrante della storia complice o connivente delle Giunte, dell’Asl e dell’Arpa, a prescindere dalle accuse di collusione e concussione pur formulate dalla Solvay in Corte di Assise di Alessandria: atti che la Presidente ha trasmesso alla Procura della repubblica di Milano e al Consiglio superiore della magistratura. Tuttavia questa iniziativa di stampo preelettorale mette comunque in evidenza, malgrado i limiti e le reticenze, la consapevolezza popolare e scientifica che denunciamo incessantemente:  che a Spinetta si muore facile. Secondo noi si muore per cause ambientali, per inquinamento atmosferico e idrico, ad opera ella Solvay”. Avevamo  perciò  chiesto a Claudio Lombardi, assessore all’Ambiente e Salute, di dimettersi perché non meritava di essere coinvolto con le responsabilità della Giunta; ripetemmo cioè la richiesta fatta nel 2014  dopo che la Giunta aveva  bocciato in Consiglio la mozione 5Stelle che (ri)proponeva la nostra  proposta dell’ Osservatorio ambientale della Fraschetta e della collegata Indagine epidemiologica.

Avevamo già, nel 2019, la “Sintesi studio epidemiologico di morbosità (ricoveri ospedalieri) su una coorte di residenti nella frazione di Spinetta Marengo (Alessandria) a ridosso del polo chimico (1997-2017)”, a cura dell’Arpa Piemonte (Cristiana Ivaldi). Per una ventina di pagine,  siamo d’accapo  in presenza di una indagine epidemiologica di tipo ambientale, volta cioè a studiare esposizioni a fattori presenti nell’ambiente di vita che possano avere determinato effetti sulla salute dei residenti, NON sono quindi stati effettuati approfondimenti rispetto ai fattori di rischio collegati con esposizioni di tipo lavorativo. Dalla coorte sono stati  esclusi i lavoratori ed ex lavoratori del Polo Chimico  e i soggetti che hanno mutato il livello di esposizione nel tempo. Resta inoppugnabile che ci si ammala e si muore molto di più (con eccessi per mortalità da tumori fino al 161,5% sulle medie) che nel resto del territorio, in un’area circolare di circa tre km di raggio con centro il Polo Chimico, il quale emette in aria e acqua   da decenni grandi quantità dei composti fluorurati (C2F4, C3F6 , PFIB, PFAS, ADV, C6O4 etc). E’ evidente  la  stretta relazione tra  patologie e sostanze lavorate e smaltite, da dimostrare con l’epidemiologia. 

Questa, in breve, la Storia delle indagini epidemiologiche In Fraschetta  prima dell’indagine  dell’Università di Liegi, alla quale abbiamo collaborato, che è la sola mirata sulle analisi del sangue per i Pfas della popolazione alessandrina, reclamate da  me dal 2009. In attesa delle vaghe promesse delle Amministrazioni che di questa Storia neppure vogliono conservare memoria. In attesa dei risarcimenti processuali alle Vittime.  

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro