Non si tutela l’Ambiente se non si tutelano le Vittime.

Ferdinando Lignola, procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, nella sua requisitoria del 2019 ha parole durissime contro  i dirigenti Solvay e invita i nostri avvocati dell’accusa a muoversi: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

Sì, perché l’irrisolto drammatico problema è che in sede penale le Vittime, le persone fisiche, decedute e ammalate, non sono risarcite per danni subiti. Ecco perché si parla di cause civili, class action, azioni inibitorie.

Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno  oltre le cause in sede penale (peraltro con deboli benefici per l’ambiente). Non così è in altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti dove il fenomeno delle “class actions” costituisce uno dei punti fondamentali del sistema processuale perché fornisce efficaci forme di tutela alle varie situazioni a rilevanza sovra individuale. Negli Usa, nel corso di circa due secoli di vita le class actions hanno avuto un successo straordinario. Lo conferma, ad esempio, la recente (seconda) condanna al Gruppo Monsanto, filiale del colosso tedesco Bayer, a risarcire 857 milioni di dollari di danni a studenti e genitori volontari di una scuola esposta ai policlorobifenili (pcb), i cosiddetti inquinanti ‘eterni’ tipo PFAS.

Lo conferma ancora pochi mesi fa l’accordo che in Michigan le società DuPont, Chemours e Corteva hanno raggiunto di pagare 1,18 miliardi di dollari attraverso un fondo che istituiranno, in modo da risolvere le denunce di inquinamento da Pfas in molti sistemi di acqua potabile degli Stati Uniti. Analogamente avverrà per la  città di Stuart, in Florida. La città è una delle circa 300 comunità negli Stati Uniti che dal 2018 hanno intentato cause equivalenti contro le aziende che producevano schiuma antincendio o il PFAS contenuto nella schiuma. I casi sono pendenti presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti a Charleston, nella Carolina del Sud. In una dichiarazione, gli studi legali che rappresentano i querelanti hanno affermato: “Questo accordo rappresenta il primo di molti passi per iniziare a riparare i danni della contaminazione da PFAS nelle forniture di acqua potabile in America”.

A sua volta 3M recentemente  ha raggiunto un accordo da 10,3 miliardi di dollari (9,4 miliardi di euro) per pagare i test e la bonifica delle sostanze chimiche dalle forniture di acqua negli Stati Uniti, senza ammettere la responsabilità. Ora è alle prese un’azione legale collettiva risarcitoria a causa dei Pfas  nell’isola britannica  di Jersey sul Canale della Manica. Non solo, in Belgio la 3M ha concordato con il governo fiammingo un programma da 571 milioni di euro di risarcimenti  a favore dei residenti di Zwijndrecht, alle porte di Anversa.

Sul suolo americano, la stessa Solvay doveva affrontare 25 cause legali. Si riferiscono tutte all’uso di PFAS. Il tribunale ha emesso una ordinanza che permette di intentare un’azione collettiva per milioni di persone il cui sangue contiene PFAS. Al punto che il 20 giugno 2022, Solvay ha annunciato con grande clamore la sua intenzione di eliminare gradualmente l’uso di PFAS a livello globale entro il 2026. Decisione fasulla per Spinetta, abbiamo già drasticamente commentato: senza il Disegno di legge Crucioli che mette al bando i Pfas in Italia, la strategia della Solvay è per la resistenza ad oltranza.

Dunque, fatta salva la strada delle cause risarcitorie individuali, nei confronti di Solvay altre vie sono la class action e l’azione inibitoria.

L’azione di classe (class action)  è esperibile collettivamente da tutti coloro, persone e organizzazioni/associazioni, che avanzino pretese risarcitorie  in relazione alla lesione di diritti individuali omogenei.

È inoltre prevista la possibilità, per chiunque vi abbia interesse, di esperire, accanto alla class action, un’azione inibitoria  collettiva  nei confronti di chi pone in essere condotte pregiudizievoli per una pluralità di individui o enti, ovvero al fine di ottenere una pronuncia del giudice che ordini alla Solvay la cessazione o il divieto di reiterare una condotta commissiva od omissiva realizzata nello svolgimento delle attività.

Per i Pfas, senza scampo anche l’Inghilterra.

I residenti di Jersey saranno i primi nelle isole britanniche ad avviare un’azione legale collettiva risarcitoria a causa dei Pfas che nell’isola del Canale della Manica per decenni sono penetrati nel nostro sangue, nel latte materno e in tutta l’acqua piovana: denunciano esasperati gli abitanti, colpiti anche  da varie  forme di tumore .

All’inizio degli anni ’90, la schiuma antincendio, a base di Pfas, utilizzata sul campo di addestramento dell’aeroporto, era fuoriuscita nell’area circostante e nei pozzi d’acqua. Nel  1993, confermata la presenza della schiuma nell’acqua potabile, con ritardo il governo di Jersey ne ha interrotto l’uso.

Nel 2005 il governo dell’isola ha firmato un accordo riservato con 3M, il produttore della schiuma, per ottenere 2,6 milioni di sterline (circa 3 milioni di euro) per la bonifica. Secondo i termini dell’accordo, il governo ha promesso di non perseguire alcuna azione legale contro l’azienda. Fatto ancora più grave, l’esecutivo locale si impegnava anche a sostenere l’azienda nel caso in cui un cittadino avesse intrapreso un’azione legale. L’accordo è stato tenuto segreto al pubblico fino a quando un giornalista locale ha ottenuto una copia trapelata dell’accordo e ha reso pubblica la storia nel 2021, suscitando una nuova ondata di indignazione.

Nel 2022, il governo di Jersey ha condotto un programma per analizzare il sangue delle persone che vivono nei pressi dell’aeroporto alla ricerca di PFAS. Degli 88 isolani analizzati, il 70% ha riscontrato livelli di soglia più elevati di composti di  Pfas. Di qui l’azione di risarcimento finanziario alla 3M. Recentemente la 3M ha raggiunto un accordo da 10,3 miliardi di dollari (9,4 miliardi di euro) per pagare i test e la bonifica delle sostanze chimiche dalle forniture di acqua negli Stati Uniti, senza ammettere la responsabilità.

La cittadina belga invasa dai Pfas.

Zwijndrecht, alle porte di Anversa, in Belgio, aria e acqua sono contaminate dai Pfas della 3M. Ventimila abitanti sono in costante stato d’allerta: “Ci viene chiesto, per esempio, di non lavorare la terra a mani nude. Mia moglie a altre persone lo fanno con i guanti. Ci viene chiesto di fare attenzione ai bambini: non devono giocare troppo nell’erba o arrampicarsi sugli alberiAlcune persone che hanno un giardino non ci vanno più. Non escono del tutto di casa. C’è chi ha avuto un esaurimento, chi ha parlato perfino di suicidio. Finora nessuno si è tolto la vita, ma c’è molta paura in giro. La concentrazione nel sangue delle persone di Zwijndrecht è la più alta che gli scienziati abbiano mai visto in un essere umano”

La 3M spiega “che si adopererà per smettere di utilizzare PFAS per l’intera linea di prodotti entro la fine del 2025“, ma che comunque ritiene di aver agito in modo responsabile e di continuare a farlo tutt’ora. Intanto, ha concordato lo scorso anno con il governo fiammingo un programma da 571 milioni di euro a favore dei residenti locali.

I sindacati a tutela dei dipendenti e dei pensionati della Solvay.

Amarcord il sindacato

Non pare certo che ad Alessandria i sindacati in rappresentanza dei lavoratori si costituiranno parte offesa nell’imminente procedimento penale contro Solvay di Spinetta Marengo. Neppure è probabile che avviino in sede civile cause per il risarcimento dei danni ai dipendenti e ai pensionati, come invece ha fatto la CGIL  a Vicenza nei confronti della Miteni di Trissino. Anzi, non risulta che, quanto meno, abbiano aperto un contenzioso nei confronti dell’Inail.

Eppure, per la prima volta in Italia, l’Inail ha accolto la richiesta di riconoscimento di malattia professionale per 19 lavoratori della Miteni, che lavorarono a stretto contatto con i Pfas. Il bio-accumulo di Pfas nel sangue dei lavoratori ha determinato un danno riconosciuto del 2%, che non dà diritto a risarcimenti, ma che stabilisce un precedente importante riconoscendo il rischio e la nocività della presenza delle sostanze derivate dal fluoro nell’organismo, potenziali causa di patologie correlate.

Eppure non abbiamo registrato una presa di posizione dei sindacati all’invito di partecipare con Associazioni e Comitati alle azioni verso Solvay a tutela della salute e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini. Attendiamo  replica fattuale (Cisl e Uil non avevano mai risposto in precedenza) alla lettera (PEC 20/4/23) al segretario della Camera del lavoro di Alessandria, che qui riproduciamo.

Lo scontro tra professori al processo Solvay.

Appena espletata l’udienza del Gup, in Corte di Assise di Alessandria, di fronte abbiamo il professor Philippe Grandjean,  considerato uno dei massimi esperti di Pfas a livello mondiale di sostanze perfluoroalchiliche e consulente delle parti civili al processo di Vicenza contro Miteni, e il professor Enrico Pira, arruolato consulente permanente a difesa dei maggiori gruppi industriali italiani imputati di inquinamento.

La conclusione della corposa relazione di Grandjean per Alessandria non può che ricalcare quella depositata a Vicenza: “Esiste una documentazione sostanziale che dimostra una chiara associazione tra esposizione a Pfas ed effetti avversi sulla salute umana nella popolazione generale, soprattutto a livelli elevati come quelli osservati nella zona”.

Pira“Tra le diverse agenzie internazionali che si occupano di salute umana ci sono discrasie nelle conclusioni”. Grandjean: “Ribadisco: il Pfoa è tossico quanto la diossina che è il composto più tossico realizzato dall’uomo”.  Danni al sistema immunitario, tossicità epatica,  anomalie riproduttive, disturbi endocrini e anomalie metaboliche, malattie cardiovascolari e aumento del rischio di alcuni tumori e aumento della mortalità: sono le patologie indicate nella relazione di Grandjéan e associate alle  esposizioni di Pfas. Pira: “Documenti di Efsa e agenzie Usa in merito al rapporto esposizione Pfas e conseguenze sulla salute e su vari temi sono arrivate a conclusioni interlocutorie, scarse certezze,  prove insufficienti o bisogno di ulteriori approfondimenti”. Grandjean: “Che vi siano  ulteriori approfondimenti non vi è dubbio. Ad alcuni lavori ho partecipato anch’io,  come ne sono attesi  ulteriori per il passare del tempo,  ma confermo nella sua interezza la mia relazione”.

La perentorietà di Grandjean deriva dal fatto che per oltre trent’anni è stato  consulente in tossicologia per il Ministero della Salute danese, ha fatto parte anche del Comitato scientifico dell’Agenzia Europea per l’ambiente e del gruppo di esperti sui contaminanti dell’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare. A tagliare la testa al toro, Grandjean mostra a Pira le conclusioni definitive dell’ Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) altrettanto perentorie e definitive: “Il Pfoa è sicuramente cancerogeno per l’uomo e tossico per l’ambiente”. Ora a Pira resta da dimostrare che i fratelli del Pfoa, ADV e C6O4 brevetto esclusivo della  Solvay di Spinetta Marengo, sparsi col Pfoa nei Comuni di Alessandria e limitrofi, non sono tossici e cancerogeni (come sostenuto per decenni a favore dello stesso Pfoa).

Pfas motori di crescita del cancro al colon.

La progressione del cancro è confermata dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science & Technology da un team di epidemiologi dell’Università di Yale, che ha esposto cellule di cancro al colon a livelli di PFAS comparabili a quelli presenti nel sangue dei vigili del fuoco (a rischio per la frequente esposizione ai ritardanti di fiamma). I Pfas hanno indotto le cellule cancerose a migrare in nuove posizioni, una caratteristica tipica delle cellule responsabili di metastasi.

Pfas e acque potabili in Lombardia, Greenpeace: contaminato un terzo delle fontanelle.

Il nuovo rapporto “PFAS e acque potabili in Lombardia, i campionamenti di Greenpeace Italia” rende pubblici gli esiti di un monitoraggio condotto in tutte le province lombarde: le analisi di un laboratorio indipendente evidenziano che 11 campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di Pfas nelle acque potabili di diversi comuni lombardi nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese (Qui la mappa dei campionamenti), precisamente in  fontane pubbliche in parchi giochi o vicino a scuole primarie,  dunque in “punti sensibili” esposti alla contaminazione dei minori i soggetti a maggior rischio.

In alcuni casi si superano i livelli previsti dalla Direttiva comunitaria e in altri i valori di sicurezza per la salute adottati in altre nazioni, sottolineando il fatto che, in base alle conoscenze scientifiche più recenti, i PFAS sono pericolosi per la salute anche a concentrazioni estremamente basse e inferiori a quelli fissati dalla Direttiva europea (100 nanogrammi per litro). Comunque, questo limite è superato a Caravaggio e Mozzanica, in provincia di Bergamo, e a Corte Palasio e Crespiatica, in provincia di LodiTra 12 nanogrammi litro (Pontirolo Nuovo, Bergamo) e 54 nanogrammi litro (Mariano Comense, Como). A Capriolo, Somma Lombardo, Mariano Comense, via Civitavecchia e via Cusago a Milano: concentrazioni superiori ai valori più cautelativi per la salute umana vigenti in Danimarca o proposti negli Stati Uniti.

Greenpeace Italia ha presentato sei esposti destinati alle Procure lombarde di riferimento  per adottare i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione di acque contenenti Pfas alla popolazione”.

I Pfas nelle acque potabili del Lodigiano.

Soprattutto alla luce dei casi di Crespiatica e Corte Palasio, dove in due occasioni sono stati rilevati i valori più alti di Pfas, l’ATS, Azienda Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano, ha replicato che questi valori non sono ritenuti tali da dichiarare una situazione di allarme sul piano della sicurezza sanitaria.

Greenpeace aveva  lanciato  l’allarme dopo test effettuati nei due Comuni dell’OltreAdda nell’ambito del rapporto “Pfas e acque potabili in Lombardia” basato su 31 campionamenti delle acque. Crespiatica (fontana del cimitero) era risultato il secondo punto più inquinato: 1.840 nanogrammi per litro, ben oltre la soglia dei 100 nanogrammi per litro prevista dalla direttiva europea del 2020. Alcune procure hanno chiesto degli approfondimenti alle autorità pubbliche.

Pfas nell’acqua potabile, preoccupazione tra i cittadini di Capriolo.

Greenpeace ha segnalato Capriolo come il Comune bresciano col più alto livello di Pfas nelle acque potabili, “in diversi punti, in particolare Pfoa, al parchetto di via Vittorio Emanuele”.

Organizzate dal Gruppo del Monte guidato da Claudio Volpi, oltre 200 persone hanno affollato la Sala Paolo VI dell’oratorio alla presenza di Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna sull’inquinamento di Greenpeace Italia, di Sara Valsecchi e Stefano Polesello del Cnr Irsa (Istituto Ricerca Sulle Acque), della giurista ambientale dell’Università di Padova, Claudia Marcolungo.

Non hanno convinto le rassicurazioni del sindaco Luigi Vezzoli, che aveva interpellato Acque Bresciane garantendo che su tutto il territorio un monitoraggio continuo.

Inquinamento da Pfas, Lucca e Pisa le zone più colpite in Toscana.

Dall’inchiesta internazionale, la mappa interattiva della concentrazione delle  sostanze perfluoroalchiliche PFAS in Europa indica l’Italia per il più grave inquinamento di Pfas  in Europa, e la Toscana è tra le zone più colpite e a  rischio.

Andando a leggere i dati dell’annuario di Arpat  appena presentato  si apprende “il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di Pfas. Tutti i campioni del biota (animali e vegetali, pesci in primis) hanno residui di Pfas cioè nel 100% dei campioni monitorati”. E poi sempre Arpat scrive che “il 37% delle stazioni in acque superficiali monitorate supera gli standard europei di Pfas.”

A Capannori per la messa al bando dei Pfas.

Sulla richiesta di messa al bando a livello mondiale delle sostanze chimiche Pfas, nella sala del consiglio comunale di Capannori, iniziativa pubblica organizzata dall’associazione Senza Confini con Tommaso Pianigada e  di  Greenpeace con  il responsabile nazionale Giuseppe Ungherese, e la partecipazione del sindaco e presidente della provincia di Lucca Luca Menesini .

In Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli giace in Parlamento. E fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè  detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato, in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità  mondiale dei Pfas è una questione nazionale.

Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici  Comune, Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari dell’azienda!

Sorveglianza Pfas nei prodotti agroalimentari.

L’esposizione della popolazione ai Pfas avviene per via respiratoria e  per via alimentare attraverso il consumo di alimenti e acqua. Gli alimenti vegetali possono venire contaminati dal terreno e dall’acqua utilizzati per coltivarli.  Quelli di origine animale dai Pfas che si concentrano negli organismi animali tramite l’acqua e/o i mangimi vegetali e foraggi. La presenza di Pfas in  imballaggi alimentari e attrezzature impiegate durante la trasformazione alimentare contribuisce ulteriormente all’esposizione alimentare.

I Pfas hanno il sistema immunitario come primo avversario e la diminuzione della risposta alle vaccinazioni dei bambini costituisce un effetto critico. Nelle valutazioni dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare EFSA, l’acqua potabile, il pesce, la frutta, le uova, i prodotti a base di uova, sono risultati essere i principali contributi all’esposizione alimentare di fondo nella popolazione europea nel suo complesso.

A dicembre ’23 la Regione Veneto ha varato un nuovo “Piano di sorveglianza Pfas nei prodotti agroalimentari delle zone rosse e arancioni” riferito alle matrici vegetali.

Un sensore luminescente per rilevare i PFAS nelle acque.

Si tratta di un sensore luminescente sviluppato da scienziati esperti di chimica e scienze ambientali dell’Università di Birmingham, in collaborazione con scienziati dell’Istituto federale tedesco per la ricerca e i test sui materiali.  Peccato che non sia utilizzabile per i rilevamenti nelle acque potabili. Infatti il sensore (tramite un piccolo chip d’oro combinato con complessi metallici di iridio) è in grado di rilevare 220 microgrammi di PFAS per litro d’acqua, dato che lo rende utile all’analisi solamente delle acque reflue industriali… per dosare e intervallare gli sversamenti. Per l’acqua potabile, invece, occorre maggior sensibilità, così da rilevare livelli di PFAS nell’ordine dei nanogrammi

La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta: per i Pfas si ripete la strage silenziosa che conosciamo per l’amianto (a tacere il DDT): millesimi dell’onnipresente  fibra per decenni hanno subdolamente avvelenato centinaia di  migliaia di bambini e adulti nel mondo e decine di migliaia in Italia  senza allarmare episodi acuti eclatanti, finchè la lenta somma dei decessi per mesotelioma (tumore incurabile ancora oggi) ha fatto scoppiare la bolla epidemiologica. Troppo tardi: messo al bando 30 anni fa in Italia (anticipando di 13 anni l’Europa), il picco di decessi per amianto, or ora appena raggiunto, decrescerà nei prossimi 20 anni in quanto prima che si manifesti passano anche 40-50 anni. Questo periodo di latenza, per i Pfas non è ancora ben calcolato, considerando che essi sono in auge sempre più da oltre 50 anni e che il Pfoa è stato messo al bando solo di recente,  mentre i suoi fratelli e figli resistono ancora.

Si consideri che gli effetti legati all’azione cancerogena dell’amianto sono rappresentati dal mesotelioma delle sierose, soprattutto pleurico, ma anche peritoneale, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e dal tumore polmonare, tumore della laringe e dell’ovaio. E che la gamma delle patologie per i Pfas è il più vario: interferenti/perturbatori endocrini che gli studi hanno associato a problemi dello sviluppo, ipertensione gestazionale, nascita di bimbi sottopeso, diabete, colesterolo alto, riduzione della risposta immunitaria, tumori eccetera. L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics, con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.

Ebbene, negli anni ’80, sull’altare della difesa dell’occupazione, ci criminalizzarono perché chiedevamo di chiudere l’Eternit di Casale Monferrato per la messa al bando dell’amianto. Oggi tentano di ripetere  la storia  per le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e per il sostegno di una legge di bando dei Pfas in Italia (ex DDL Crucioli). Prima che sia troppo tardi, come per l’amianto, oggi come ieri non tutti per i Pfas ci ascoltano nell’opinione pubblica, oggi come ieri  le istituzioni sono complici degli interessi degli industriali che occultano rischi e danni. Esempio eclatante il Piemonte.

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Non lo fanno il monitoraggio del sangue di TUTTA la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti (in particolare 2017 e 2019), a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme: presenza in percentuale 5 volte superiore al circondario. Perché avverte i suoi complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Meglio di una ridicola Consulta comunale ambientalista, la soluzione tattica sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento.

Il biomonitoraggio di massa ridotto a 100 persone. Garantito da Pira

Così, che fa la Regione Piemonte? Sarà effettuato un prelievo di sangue (si spera anche delle urine) a circa un centinaio le persone:  scelte con limitato criterio scientifico, e necessariamente escludendo gli altri Comuni della provincia, seguìto dalla somministrazione di uno specifico questionario, “per acquisire maggiori conoscenze sugli effettivi livelli di esposizione della popolazione ai Pfas così da migliorare le procedure di prevenzione”. Le quali, in questi decenni, erano consistite in uno studio, peraltro allarmante, per la valutazione del rischio sugli alimenti di origine animale e vegetale. Sì, perché la Regione… ha ancora qualche sospetto: non sono bastati, nei decenni trascorsi, otto studi epidemiologici che hanno messo in evidenza che nella Fraschetta ci si ammala e si muore di più: un crescendo di patologie agli organi epato-biliari, insufficienze renali, tumore al rene ecc. in alcuni casi superiori fino al 50% alla popolazione non esposta. Patologie particolarmente crudeli quando colpiscono la fascia di età 0-16 anni: malattie neurologiche con eccedenze del 86% rispetto ai coetanei alessandrini. Non sospetta la Regione che è forse perché lì c’è un polo chimico classificato ad alto rischio che immette in aria-acqua-suolo sostanze classificate tossiche e cancerogene proprio per quel tipo di patologie?

Non lo sospetta: ne ha la certezza, perciò il biomonitoraggio è micro e da coprire con massima riservatezza: “Gli esiti dei 100 prelievi  saranno disponibili tra fine febbraio e inizio marzo e l’ASL provvederà a comunicarli ai partecipanti che potranno condividerli con il proprio Medico di medicina generale, per valutare sulla base dei valori riscontrati, e secondo quanto previsto dal protocollo di studio, l’eventuale necessità di approfondimenti diagnostici e presa in carico sanitaria”. E le altre decine di migliaia di lavoratori e cittadini? Si vedrà e si farà. Più tardi si vedrà più tardi si farà. Meglio dopo le elezioni regionali di giugno. Ci sarà una seconda, terza fase e quante altre sarà necessario. Cominciamo a valutare questi 100, che già ci vuole tempo, perché bisogna essere molto scientifici. Eh già, bisogna essere molto scientifici, molto scrupolosi, ad evitare conclusioni affrettate a scapito dell’azienda … pardon… che mettano in allarme la tranquilla popolazione. Dunque, “le analisi dei campioni di sangue saranno effettuate dal Laboratorio di Tossicologia e Epidemiologia Industriale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, della Città della Salute di Torino, al CTO”

E a chi affideremmo, fase dopo fase s’intende, tempo al tempo, la valutazione dei dati? Al professor Enrico Pira, Responsabile Medicina del Lavoro del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino? Una garanzia, quale affermatissimo consulente in difesa dei maggiori gruppi industriali inquinanti: clicca qui. Ebbene, Pira ha già anticipato nel 2021 le sue valutazioni sulle indagini epidemiologiche, e ovviamente sull’attendibilità dell’odierno micro biomonitoraggio  ancor che diventi, in un futuro lontano, un biomonitoraggio di massa. Pira è infatti la firma punta di diamante dell’opuscolo patinato distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, e che rappresenta la futura linea difensiva di Solvay al processo.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay il minibiomonitoraggio è prendere tempo utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in Corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”. A maggior ragione quando noi avviamo la class action: le cause civili  di massa per risarcire le Vittime per malattie e morti. Dunque  il minibiomonitoraggio le è il male minore.

Il procuratore generale di cassazione: toccate questa gente nel portafoglio!

Alla  class action indirizza il procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione. Davanti alla IV sezione penale, il 12 dicembre 2019 Ferdinando Lignola nei quaranta minuti della sua requisitoria ha parole durissime per i dirigenti Ausimont e Solvay avvicendatisi nella gestione del polo chimico di Spinetta Marengo: Chiedo il rigetto di tutti i ricorsi degli imputati. Chiedo ai giudici di pronunciare una decisione con la D maiuscola nei confronti di chi ha tenuto condotte sicuramente offensive dell’incolumità pubblica. Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva che viene qui proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi, continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia!  «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

Per le Vittime: meglio le cause civili piuttosto che quelle penali.  Infatti i processi di merito (Alessandria e Torino), avviati dall’emergenza falde cancerogene del 2008, avevano già sgonfiato questo mini ricorso in Cassazione. Infatti,  erano già stati assolti gli amministratori delegati (Carlo Cogliati, Bernard Delaguiche, Pierre Jacques Joris) e condannati a un anno e otto mesi (con la sospensione condizionale e la non menzione della pena ottenute quali attenuanti generiche in Appello, ma impugnate dalla procuratrice) due dirigenti del settore Ambiente e Sicurezza delle due società (Giorgio Carimati e Giorgio Canti) e un direttore (Luigi Guarracino); prescrizione per un  manager (Francesco Boncoraglio) e assoluzione per difetto di dolo per un altro dirigente (Giulio Tommasi).

“Pene peraltro lievi e risibili” le definisce disgustato il procuratore generale Il disastro ambientale avvenuto nel polo chimico di Spinetta è un fatto grave che fa venire i brividi. E’ gravissimo il ruolo attivo degli imputati: erano le persone che, con provata esperienza e competenza scientifica, erano deputate alla gestione del rischio, perfettamente in grado di capire il grado di pericolo. Hanno procurato un disastro, un evento distruttivo di proporzioni straordinarie atto a produrre effetti gravi: un reato a consumazione prolungata, caratterizzato dalla ripetizione di singole condotte lesive”. Era, cioè, dolo, come ho sostenuto fino allo spasimo.

Duro l’affondo del pg Lignola: “Inaccettabile la tesi secondo cui ‘dato che qualcuno ha già inquinato prima, continuiamo a inquinare anche noi’: questa è pura follia! Questa gente rivendica il diritto a inquinare perché qualcuno l’ha già fatto prima”. Sarà la tesi che ascolteremo da Solvay al 2° processo.

N.B. Nella prossima puntata entreremo nel merito del capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, e dell’opposizione degli avvocati di Solvay.

Colpa delle leggi oppure degli avvocati e dei medici legali?

Studi legali e associazioni ambientaliste non tutelano i risarcimenti alle Vittime. Titolava il nostro servizio, affermando “Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno  oltre le cause in sede penale, trovando più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause in sede civile, stante il disimpegno dei medici legali. Tali processi però propiziano insignificanti benefici per l’ambiente (vedi il libro Ambiente Delitto Perfetto), e ancor meno risarcimenti alle persone fisiche Vittime degli inquinamenti. Non così è in altri Paesi…”

Mentre tacciono i medici, abbiamo già pubblicato sul controverso argomento l’avvocato Roberto Barocci del Forum Ambientalista Grosseto (clicca qui) che così concludeva: “Quanti nel corso di decenni si sono spesi a difesa dei propri territori e dell’ambiente raccogliendo le sottoscrizioni su segnalazioni ed esposti inoltrati alle autorità e, successivamente, hanno dovuto constatare tra gli stessi cittadini la diffusa delusione e la rassegnazione profonda, debbono denunciare costantemente che tale legislazione tutela più gli interessi degli inquinatori che del “popolo inquinato”, come ebbe a scrivere il magistrato Gianfranco Amendola”.

Interviene anche l’avvocato  Stefano Deliperi per il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG). “Buongiorno Lino, leggo volentieri la newsletter, spesso concordo, talvolta proprio no. E’ il caso di https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/20/studi-legali-e-associazioni-ambientaliste-non-tutelano-i-risarcimenti-alle-vittime/. Il motivo è molto semplice: la normativa negli Stati Uniti è molto diversa da quella vigente in Italia. La c.d. azione di classe è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge 12 aprile 2019, n. 31 [32], che ha delineato l’azione di classe di cui all’art. 840 bis c.p.c. [33] e l’azione inibitoria collettiva ai sensi dell’articolo 840 sexiesdecies c.p.c. [34] Ambedue hanno caratteristiche piuttosto stringenti (es. riguardano solo parzialmente ambiente e territorio) e ancor più stringenti sono i criteri per il riconoscimento delle associazioni che possono proporle (D.M. Giustizia 17 febbraio 2022, n. 27 [35]). Il GrIG, per esempio, è l’unica associazione ambientalista intervenuta ad adiuvandum davanti al Tribunale di Milano e alla Corte di Giustizia europea nell’ambito della causa promossa da numerosi cittadini di Taranto avverso l’inquinamento industriale dell’ex ILVA, di cui avete scritto recentemente (https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/20/fermare-gli-impianti-ilva-si-deve-secondo-la-cittadinanza-si-puo-secondo-la-corte-europea/), ma non avrebbe potuto promuoverla direttamente. Le norme statunitensi e italiane sono ben diverse, è bene saperlo prima di fare qualsiasi considerazione. Buona giornata e i migliori auguri per un sereno Natale.

  1. Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) Stefano Deliperi

Interviene anche Livio Giuliani.

“Caro Lino, non per contraddirti (non sono un avvocato) ma non è che in Italia gli avvocati ambientalisti non siano abbastanza preparati per lanciare le class action. È che la procedura civile, per le class action, è assolutamente incivile e non permette ad un legale di investire anni di lavoro in una sola causa, perché mai rientrerà delle spese. Infatti l’istituto italiano della class action non assicura  realmente che chi ha interesse all’affare trattato debba rivolgersi all’avvocato che ha intrapreso la class action. Purtroppo, se esiste l’istituto della class action è perché Bordon si impegnò, come sua abitudine, con spirito eroico. Ma poi morì prima di vedere che la procedura non funzionava edi poterla emendare. Noi abbiamo la Civil Law e la class section è un innesto ulceroso di Common Law, soggetto a rigetto. D’altra parte non è che in USA funzioni così bene la difesa legale delle vittime di disastro ambientale, altrimenti non ci sarebbe la devastazione del suolo per il fracking petrolifero, che è una pratica ormai incontrastata (e che il nostro diritto amministrativo verosimilmente impedirebbe meglio della class action): pratica che è tra le concause dell’aggressione alla Russia fino all’ultimo ucraino. Infine c’è da osservare che la nostra procedura penale non è così irrilevante, se si pensa alla condanna del signore dell’amianto tedesco Non è colpa dei nostri istituti giuridici se il nostro Paese ha una classe politica così pavida da non pretenderne la pena fino a espiazione e da accettare che colui la faccia franca protetto dall’ignobile stato tedesco.

Con i miei migliori auguri di stagione. Livio”

In Sicilia censiti Pfas in 35 siti contaminati.

Censiti anche in Sicilia i Pfas, “il nuovo amianto”, sicuramente cancerogeni (L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro Iarc dell’Oms), tra cinquemila e diecimila diversi tipi indistruttibili,  17 mila siti inquinati in tutta Europa (inchiesta The Forever Pollution Project), in Italia  1.600 ormai individuati in tutte le Regioni, punte dell’iceberg Veneto e Piemonte dove  Solvay  rifiuta di chiudere l’unico  impianto produttivo italiano (Spinetta Marengo che immette tonnellate di Pfas nell’ambiente).

In Sicilia l’inchiesta di Le Monde ha permesso di censire 35 siti.  La Regione ha inserito la ricerca nel proprio “Piano di controllo ufficiale di contaminanti e tossine vegetali naturali negli alimenti” valido dal 2023 al 2027. Arpa Sicilia a partire dal 2018 ha inserito il controllo di 16 sostanze Pfas dal 2018 nei monitoraggi annuali delle acque sotterranee. L’Agenzia regionale sottolinea che queste sostanze “da una parte hanno un largo utilizzo in ambito industriale e commerciale, dall’altra hanno determinato un’ampia diffusione nell’ambiente ed in particolare nelle acque, dove mostrano caratteristiche di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità“.

Solvay non chiude l’impianto di Spinetta. Il governo non traduce in legge il DDL (Crucioli) che mette al bando i Pfas in Italia. Senza un intervento prescrittivo (proposta presentata da Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia), circa 4,4 milioni di tonnellate di Pfas finiranno nell’ambiente nei prossimi 30 anni. Mettendo a rischio la salute di persone, piante e animali.

Monitoraggio PFAS nelle acque potabili del Friuli Venezia Giulia.

Riceviamo e pubblichiamo (clicca qui) la Interrogazione a risposta orale n. 51 (CAPOZZI) “Monitoraggio PFAS nelle acque potabili del Friuli Venezia Giulia” che così conclude: “LETTI i risultati di analisi effettuate dai gestori e dalle autorità sanitarie lombarde su campioni di acqua destinata ad uso potabile condotte dal 2018, rese pubbliche da Greenpeace Italia, in cui sarebbe stata ravvisata la presenza di PFAS in quasi il 20% dei campioni; Tutto ciò premesso e considerato, interroga la Giunta per sapere: 1) se nei campioni di acque potabili destinate al consumo umano, analizzate nella nostra Regione dal 2018 in poi, siano stati ricercati i ‘PFAS totali’ e la ‘Somma di PFAS’ e quali siano i risultati, riscontrati”.

Stop ai Pfas.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha sciolto ogni dubbio in merito alla cancerogenicità per l’uomo dellacido perfluorottanoico (PFOA) e dell’acido perfluorottansulfonico (PFOS)composti che rientrano nella categoria più ampia delle sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS).

L’Isde Medici per l’ambiente chiede a gran voce lo stop ai PFAS ed il completamento delle bonifiche in Veneto e nel resto d’Italia, a partire dalla provincia di Alessandria, dove si trova uno stabilimento che immette tonnellate di queste sostanze tossiche nell’ambiente. Clicca qui.

I Pfas e il cancro al colon.

Il PFOA, da decenni sospetto cancerogeno oltre che nefasto interferente endocrino, spergiurato come innocuo dalle aziende produttrici, infine dalla scienza è stato messo al bando da tempo, e senza appello definitivamente da IARC Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro IARC, come sicuro responsabile per alcuni tipi di cancro. Tra i quali, ora, uno studio condotto dall’ Università di Yale, pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Science & Technology, ha esaminato gli effetti dei PFAS sul cancro al colon. Le sostanze PFAS hanno innescato la migrazione delle cellule cancerose verso nuove posizioni, un comportamento tipico delle cellule responsabili delle metastasi. Inoltre, i ricercatori hanno osservato che i PFAS hanno alterato sostanze cruciali per il metabolismo cellulare e hanno ridotto le sostanze antinfiammatorie che normalmente hanno proprietà protettive contro il cancro. Queste trasformazioni sono risultate particolarmente profonde nelle cellule affette dalla mutazione che rende il cancro più aggressivo.

Aumenta l’inquinamento nel quartiere Tamburi di Taranto.

I dati Arpa Puglia elaborati con Omniscope si riferiscono all’intero 2023,  che risulta peggiore del 2022,  a sua volta peggiore addirittura del 2021. Pur essendo diminuite le produzioni.

Si può notare nel quartiere Tamburi nella centralina più vicina all’ILVA (via Orsini):

– il benzene nel 2023 aumenta del 14,93% rispetto al 2022; e nel 2022 risulta esserci un aumento del 15,35% rispetto al 2021;

– il PM10 (polveri sottili) aumenta nel 2023 del 22,09% rispetto al 2022; nel 2022 era già aumentato del 16,69% rispetto al 2021;

-il PM10 supera i limiti di legge (40 mcg/m3) e  arriva a 40,93 mcg/m3.

Ultimora. Nube rossa dall’ex llva, i sindacati: «Fumo nocivo sia per i lavoratori presenti sull’impianto e sia per l’ambiente». Clicca qui.

Smips. Oltre 2.100 articoli.

Su   www.smips.org  SCIENZA MEDICINA ISTITUZIONI POLITICA SOCIETA’ S.M.I.P.S. oltre 2100 articoli, tra cui:

“Vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio” Io non lo so cosa augurare. Non so che desideri avete, cosa custodisce il vostro cuore, in che direzione tende la vostra anima. So soltanto che vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio.… Leggi tutto »“Vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio”

Gli italiani per curarsi spendono di tasca propria il 30% in più rispetto alla media UE. L’universalismo sanitario esiste solo sulla carta? Nonostante l’Italia vanti un sistema sanitario universalistico, nel 2021 la quota di spesa sanitaria pubblica si fermava al 75% a fronte di una media… Leggi tutto »Gli italiani per curarsi spendono di tasca propria il 30% in più rispetto alla media UE

L’Arpa trova Pfas da un Comune all’altro Non solo il Comune di Alessandria  è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche  già per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o… Leggi tutto »Pfas da un Comune all’altro

Il biomonitoraggio di massa, la pistola fumante che Solvay & soci devono disarmare.

Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.

Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare  la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.

All’osceno  girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto  massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che  i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il  nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma  Ilham Kadri dal quartier generale di  Bruxelles.   

Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.

La linea difensiva di Solvay al processo.

Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito  a tappeto  a dipendenti e residenti, in cui  afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).

Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale. Da un lato smentisce che acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocueDall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui  garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.   

Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.

A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.

L’Arpa trova Pfas da un Comune all’altro.

Non solo il Comune di Alessandria  è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche  già  per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna,  potrebbero denunciare a norma dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Lascia perplessi che il sindaco occupi nell’Asl, e ancor prima nell’Arpa, posizioni di “tecnico della prevenzione nell’ambiente nei luoghi di lavoro addetto al servizio prevenzione e sicurezza”. Montecastello è a 17 chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.

A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa di Alessandria ha pubblicato il report del mese di marzo 2023 relativo al monitoraggio dei Pfas in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di  C6O4 ma anche di ADV. Il sindaco è Enrico Boccaleri, non si sa se si è messo in contatto con i sindaci Penna a Montecastello e Abonante ad Alessandria per fermare le produzioni.

Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico,  la presenza sia di C6O4 che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.

Pfas: nella zona rossa quasi 4 mila morti in più tra il 1984 e il 2018.

Abbassamento della risposta immunitaria ai vaccini e maggior rischio di contrarre patologie tumorali per i residenti nei Comuni della zona rossa, quelli che si ritrovano nel sangue concentrazioni più alte di Pfas. Due temi già trattati nel corso del processo in svolgimento in Corte d’assise a Vicenza che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Sono stati ulteriormente  dettagliati da Annibale Biggeri, professore ordinario di statistica medica all’università di Padova.

Due gli studi di riferimento. Il primo, finanziato dall’università, realizzato con la società per l’epidemiologia e prevenzione “Maccacaro” per l’Istituto superiore della sanità, ha indagato la mortalità inerente il Covid-19, che nella zona rossa è risultata superiore alle medie nazionali. Il secondo studio, commissionato dalla Regione e condotto per l’università di Padova, ha analizzato il tasso di mortalità nelle aree colpite dagli sversamenti di Miteni: in pratica un morto in eccesso ogni tre giorni, in particolare patologie oncologiche a reni e testicoli.

A loro volta, hanno testimoniato il prof. Adriano Zamperini, ordinario di psicologia sociale all’università di Padova, che ha relazionato sulle ricadute psicosociali tra la popolazione in zona rossa e arancione, e Francesco Bertola, presidente di Isde-Medici per l’ambiente di Vicenza sull’infertilità nei soggetti contaminati

La lotta all’inquinamento da PFAS (ri)parte dai ragazzi delle scuole.

Ogni anno, da sei anni, coordinato da Donata Albiero, il Gruppo educativo Zero PFAS del Veneto – costola del grande Movimento No PFAS – va a parlare ai giovani, entrando letteralmente nelle scuole, per offrire un vero e proprio percorso pedagogico “One health. Pfas inquinanti per sempre”  sul più grande inquinamento da PFAS d’Europa. 7mila gli studenti veneti incontrati, 32 le scuole e 4 le Province attraversate. Le persone avvelenate da Pfas nella zona rossa del Veneto sono ormai decine di migliaia e oltre l’80% dei bambini veneti ha quantità di PFAS nel sangue superiori a quelle rilevate nelle popolazioni esposte a contaminazione di fondo. Presero consapevolezza dell’inquinamento Miteni solo nel 2013.

Allarme per la salute pubblica. Le urine degli europei sono piene di Bisfenolo.

Un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), basato su dati provenienti da uno studio di monitoraggio biologico della UE, Human-Biomonitoring-Studie, ha rivelato che fino al 100% delle persone provenienti da 11 paesi dell’Unione Europea potrebbe essere stata esposta al Bisfenolo, una sostanza chimica sintetica nociva impiegata nella produzione delle plastiche in policarbonato per alimenti e bevande, oltre ai livelli considerati sicuri per la salute, soprattutto per quel che riguarda i bambini e le donne in gravidanza. 

Non risulta che ad Alessandria la popolazione sia stata sottoposta a biomonitoraggio, benché  avessimo ripetutamente denunciato a Istituzioni e Procura l’uso – non autorizzato- di Bisfenolo, insieme ai Pfas, nelle produzioni della Solvay di Spinetta Marengo.

Il biomonitoraggio europeo  ha misurato bisfenoli A, S e F nelle urine di 2.756 adulti provenienti da 11 paesitra il 71% e il 100% dei partecipanti ha superato i limiti consentiti nell’UE di esposizione alla sostanza che  danneggia il sistema immunitario  anche a dosi molto basse, con effetti indesiderati che implicano la riduzione della fertilità, l’interferenza endocrina, reazioni allergiche, cancro al seno, sovrappeso, danni al sistema nervoso, comportamenti anomali nei bambini ecc..

La Commissione Europea  intende presentare, con l’inizio del nuovo anno, il regolamento per vietare l’uso del bisfenolo A nei contenitori alimentari di plastica e nelle lattine.

Studi legali e associazioni ambientaliste non tutelano i risarcimenti alle Vittime.

Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno  oltre le cause in sede penale, trovando più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause in sede civile. Tali processi però propiziano insignificanti benefici per l’ambiente (vedi il libro Ambiente Delitto Perfetto), e ancor meno risarcimenti alle persone fisiche Vittime degli inquinamenti.

Non così è in altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti dove il fenomeno delle “class actions” costituisce uno dei punti fondamentali del sistema processuale perché fornisce efficaci forme di tutela alle varie situazioni a rilevanza sovra individuale. In Italia, diversamente dall’esperienza statunitense, l’introduzione delle azioni collettive nell’ordinamento giuridico è recente e ha avuto una scarsa applicazione. Il motivo è dovuto all’assenza di studi legali con professionalità adeguata, con attitudini imprenditoriali, con l’anticipazione delle spese della consulenza. Alla stregua degli avvocati disincentivati, le stesse Associazioni ambientaliste trovano più comodo presentarsi in penale come parti lese e fare cassa con i risarcimenti a loro dedicati.

Conclusione: le Vittime in Italia non sono neppure risarcite per i danni alla salute. Negli Usa, invece, nel corso di circa due secoli di vita le class actions hanno avuto un successo straordinario. Lo conferma, ad esempio, la recente (seconda) condanna al Gruppo Monsanto, filiale del colosso tedesco Bayer, a risarcire 857 milioni di dollari di danni a studenti e genitori volontari di una scuola esposta ai policlorobifenili (pcb), i cosiddetti inquinanti ‘eterni’ tipo PFAS.

Fermare gli impianti ILVA: si deve secondo la cittadinanza, si può secondo la Corte europea.

«Qualora i fenomeni di inquinamento ambientale derivanti dall’impianto o prevedibili, nonostante l’uso delle migliori tecniche disponibili, causino danni eccessivi alla salute umana devono essere adottate misure protettive ulteriori. Se misure in tal senso non risultino attuabili, l’impianto non può essere autorizzato. La tutela della salute umana può in tal caso giustificare anche rilevanti pregiudizi economici».

È uno dei passaggi del parere proposto il 14 dicembre 2023 alla Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo da parte dell’avvocato generale Juliane Kokott in merito al caso ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. Adesso, nei primi quattro-cinque mesi del prossimo anno si attende la sentenza del collegio.

Alla Corte UE il caso è giunto dal Tribunale di Milano (Milano è la sede legale della società) a cui si sono rivolti associazioni e cittadini di Taranto chiedendo per i danni ambientali e sanitari la chiusura o il fermo degli impianti siderurgici.

La Corte Europea dei diritti dell’uomo si era  già espressa  evidenziando mancate tutele della salute dei cittadini di Taranto e dei lavoratori. E ora l’avvocato generale sottolinea che «i fenomeni di inquinamento che, compromettendo la salute umana, violano i diritti fondamentali delle persone interessate sono sempre significativi».

Lo zampino peloso dei servizi segreti militari sui Pfas.

Degli speciali delle Iene, gli ultimi  riferiti al Piemonte clicca qui e clicca qui , (quello di Piazza pulita-La7 sembra fermato ai blocchi di partenza), si stanno occupando le lobby industriali-militari, certamente non per le possibili limitazioni nei settori applicativi dei beni di consumo (rivestimenti delle padelle, impermeabilizzanti per i tessuti, giubbotti antipioggia e così via), bensì per le implicazioni della grandissima industria aeronautica, navale, spaziale, costruzioni, semiconduttori e soprattutto quella militare: strettamente interconnessa con i PFAS impiegati a profusione. Questo è il vero nocciolo della questione  e spiega anche la recente scissione della Solvay.

Il peso dei Pfas nel complesso militare industriale ha  rilevanza cruciale nell’industria nucleare e in quella nucleare bellica, nel processo di fabbricazione dei semiconduttori in ambito elettronico, cruciali in Occidente nella competizione tecnologica con la Cina, in ambito sia civile sia militare. Ci ricordiamo che la prima  applicazione dei Pfas avvenne nella costruzione della bomba di Hiroshima.

Le lobby industrialmilitari, esempio Solvay per intenderci,  sono entrate in fibrillazione quando  la pressione del fronte ecologista, superando gli Enti amministrativi intermedi (sindaci e governatori) facilmente sotto controllo, ha preteso di premere sui Parlamenti per leggi di messa la bando dei Pfas, ad esempio il disegno di legge ex Crucioli. Per contro, a livello governativo le lobby hanno intessuto una ferrea ragnatela di tavoli di approfondimento, rimandi a commissioni, rinvii dai  livelli decisionali a quelli europei (a loro volta zavorrati), cadute di esecutivi. Ed è qui che industria, ambienti governativi, ambienti militari, intelligence, si sono fatti sotto e hanno ottenuto la solita “provvisoria” dilazione all’italiana.

Un provvisorio che dura da decenni, quando la produzione dei Pfas in Italia, dopo il fallimento della Miteni,  è stata affidata alla Solvay di Spinetta Marengo in provincia di Alessandria. Qui la Solvay, nonostante sia investita da polemiche a più non posso, ottiene le autorizzazioni (filiando il C6O4 dal padre Pfoa ad es.) mentre mai da parte della magistratura è arrivato un arresto cautelare o un draconiano provvedimento di sequestro, malgrado i solleciti; mentre i reati patrimoniali e ambientali gravissimi sono imputati a livelli manageriali di basso livello e puniti con condanne irrisorie, senza risarcimenti alle Vittime.

Con riferimento proprio al Piemonte: «È come se una matrice occulta generasse la solita sceneggiatura. Il meccanismo è stato bene illustrato in un recente servizio delle Iene peraltro. A Roma girano voci che la magistratura, di Torino nello specifico, abbia aperto un fascicolo esplorativo che non riguarda notizie di reato o un fascicolo contro ignoti. Il focus riguarderebbe l’operato di alcuni assessorati. La produzione di Pfas da sempre gode di guarentigie speciali che direttamente o meno sono richiamate anche in alcuni documenti coperti dal segreto militare. Soggetti di alto livello in seno ai ministeri, al governo, alle gerarchie militari, all’Arma dei carabinieri, alla magistratura, per non parlare delle Camere fino a giungere al Copasir, sono a conoscenza di questa realtà. In qualche modo tutto ciò fa parte del gioco ». «La produzione dei Pfas è coperta dal segreto militare».

A parlare in questi termini, in esclusiva, ai taccuini di Marco Milioni di “Vicenzatoday.it”, è un funzionario del Ministero dell’Ambiente che considerando la delicatezza del tema chiede «il più totale anonimato». Omnia silendo ut audeam nosco: tacendo per ascoltare conosco ogni cosa. 

La colossale “presa in giro” sanitaria piemontese.

Perfino i giornali, che non sono mai stati lì ad azzannare Solvay, stanno evidenziando la farsa che si sta consumando sulla pelle della popolazione di Alessandria. In presenza di indagini epidemiologiche (otto) che evidenziano mortalità e morbilità fuori limiti, in presenza di indagini ambientali (ripetute) che evidenziano il superamento dei dati oltre ogni limite, ebbene, al sindaco –massima autorità sanitaria locale- viene chiesto di sottoporre lavoratori e cittadini alle analisi del sangue tramite Asl.

Il sindaco dice che non tocca a lui, bensì alla Regione, anzi glie l’ha chiesto… da anni. La Regione risponde (alle Iene) che tocca all’ assessore alla sanità. L’assessore alla sanità passa la palla al dirigente responsabile del settore sanità pubblica veterinaria. Il veterinario la passa infine al Comitato Etico. Organismo che nessuno ha mai sentito nominare, peraltro nominato dalla Regione (che a sua volta è.. dominata da Solvay… pensiamo che autonomia!). Il fantomatico Comitato indipendente (da chi?), composto da una decina di enti territoriali ed extra regionali (ma a prescindere dal Veneto, dove sanno già tutto da anni), valuterà il da farsi nel futuro.

In questo osceno balletto di responsabilità, viene da concludere che chi decide in realtà è Solvay. Allora ritorniamo dal sindaco Giorgio AbonanteLei, che è la massima autorità sanitaria locale, perché, nel frattempo  della “taranta” (il ballo che non finisce mai), lei, per il vincolato principio di precauzione, perché nel frattempo  non ha  fermato le produzioni inquinanti, a salvaguardia della salute pubblica?

Sicuri cancerogeni ma il sindaco non li ferma

Pfas dichiarati “Certamente Cancerogeni” da IARC: cosa vuol dire e implicazioni

Pfas in Svizzera, in quasi la metà delle acque sotterranee.

Nel Canton Ticino,  a Sant’Antonino si beve acqua minerale a causa del pozzo che fornisce il 90% del fabbisogno idrico del Comune, una fonte indispensabile ma contaminata dai composti chimici PFAS. Un inquinamento causato dal cantiere AlpTransit del tunnel ferroviario del Monte Ceneri. Anche il comune di Capriasca è colpito dalla contaminazione.

Lo studio dell’UFAM ha evidenziato tracce di PFAS in quasi la metà delle acque di falda svizzere, e  nel caso del Prà Tiro oltre i limiti attualmente vigenti in Svizzera di 3 microgrammi al litro. Nello studio dell’ACCS, invece, cinque diversi laboratori cantonali hanno analizzato 564 campioni provenienti da tutto il Paese e dal Liechtenstein, che coprono l’approvvigionamento di acqua potabile del 70% della popolazione. In 306 non si trovavano tracce, mentre in cinque casi si superava il valore di 0,1 microgrammi per il totale di 20 PFAS, valido nell’UE e anche la Svizzera – dal 2026 – dovrebbe rendere vincolante. Da notare che la Commissione UE propone di abbassare ulteriormente e di molto la soglia, a 0,0044 µg/l per la somma di 26 PFAS.

Del tema delle PFAS doveva occuparsi la puntata di Patti Chiari bloccata da un provvedimento super cautelare il 29 settembre

Le Iene tra le Vittime del Paese dei veleni.

Parlano le Vittime del disastro ecosanitario della Solvay di Spinetta Marengo. Alle quali sono anche negati gli esami del sangue. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto  Cirio, ci fa una figura di m…. Nella prossima puntata, il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, dovrà rispondere perché non ferma le produzioni inquinanti benchè sia per legge la massima autorità sanitaria locale. 

https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/03/sicuri-cancerogeni-ma-il-sindaco-non-li-ferma/

https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/03/i-pfas-al-bando-come-lamianto/

https://www.rete-ambientalista.it/2023/12/03/il-sindaco-di-alessandria-non-e-imputato-al-processo-solvay/

https://www.rete-ambientalista.it/2023/11/27/pfas-e-solvay-tra-i-responsabili-accusati-da-papa-francesco/

La questione Pfas sempre più al centro dell’informazione.

Pfoa, uno studio internazionale conferma: “È cancerogeno per le persone e tossico per l’ambiente”

ISDE: «Per la IARC i PFOA sono sicuramente cancerogeni. Stop ai PFAS e bonifiche subito

«Quel tipo di Pfas, il Pfoa, è certamente cancerogeno»: occhi puntati sull’acqua potabile di mezz’Italia

Gli Pfas ora sono “certamente cancerogeni”, svolta storica con la nuova classificazione dello IARC

Perché i Pfas sono cancerogeni – Startmag

La IARC decreta alcuni PFAS cancerogeni per l’uomo – Rinnovabili.it

Pfas, gli esperti dello Iarc alzano i livelli di cancerogenicità di Pfoa e Pfos | il Salvagente

SALUTE IN PERICOLO, I PFOA SONO CANCEROGENI – ByoBlu

PFAS, eliminato l’ultimo dubbio: “sono cancerogeni certi” – L’INDIPENDENTE

Tolto ogni dubbio sul Pfoa: «È cancerogeno» | G. di Vicenza

Pfas, uno studio toglie ogni dubbio: sono cancerogeni – Corriere del Veneto

Pfas, ora non ci sono più alibi: ‘Sono sostanze certamente cancerogene’. Lo studio …

Livelli più alti di pericolosità, lo studio: «I Pfas sono cancerogeni» | L’Arena

Inquinamento da Pfas in Veneto, il composto Pfoa classificato come cancerogeno per l’uomo

Studio di 30 scienziati allo Iarc pubblicato dal Lancet spiega la cancerogenicità di Pfoa e Pfos

Pfas, i genitori in aula per la prima volta: «Tante patologie, colpiti i nostri figli» | Corriere.it

I Pfas sono collegati all’aumento delle malattie cardiovascolari – Corriere Nazionale

I Pfas aumentano il colesterolo. Lo dice uno studio dell’Università di Padova

Sostituire i PFAS con composti a catena più corta non è sostenibile – Rinnovabili.it

PFAS, cosa sono queste sostanze e perché rappresentano un pericolo per la salute

I Pfas al bando come l’amianto.

Che “i Pfas sono come l’amianto” è un tormentone che chi scrive ripete da anni. Ha prodotto vasta eco tale affermazione resa dal supertestimone al processo di Vicenza contro Miteni. Infatti Philippe Grandjean è uno dei maggiori esperti mondiali di Pfas: a capo dell’Unità di ricerca sulla medicina ambientale presso l’Università della Danimarca meridionale e professore aggiunto di salute ambientale presso la Harvard School of Public Health, co-fondatore della rivista Environmental Health e consulente per il Consiglio nazionale della sanità in Danimarca. 

Grandjean ha spiegato che le aziende sapevano e nascondevano la pericolosità dei Pfas immessi nell’ambiente: gli studi sui rischi da esposizione prolungata erano noti da decenni. Dunque Solvay e Miteni dovrebbero essere accusati del reato di dolo, ma così non è nei processi di Alessandria e Vicenza. Lo scienziato non ha dubbi: “I Pfas sono come l’amianto. Come l’amianto non si eliminano.  Siamo di fronte ad una vera tragedia sanitaria. Quello delle sostanze perfluoroalchiliche è un caso di violazione dei diritti umani, da portarsi davanti alla Corte internazionale di Giustizia, tanto più che le Nazioni Unite stanno già considerando se sollevare il caso per le autorità americane”.

Infatti proprio in questo fine settimana l’Onu ha riconosciuto che la crisi della contaminazione da Pfas (di Dupont, Chemours e Corteva) che si sta verificando nella regione di Lower Cape Fear, in North Carolina, è una violazione del diritto internazionale dei diritti umani da parte degli Stati Uniti. L’azione è partita da un gruppo di base locale, Clean Cape Fear, che ha chiesto i risarcimenti per l’impianto Chemours di Fayetteville Works.

E l’Italia? “E’ già in ritardo”: giudica il professor Grandjean. I limiti di esposizione dovrebbero puntare a zero.  Il disegno di legge per la messa al bando dei Pfas in Italia non è stato ripresentato in questa legislatura e le amministrazioni locali omettono gravissimi atti di ufficio nascondendosi dietro governi e parlamento. Non sono partite le class action, cause civili per risarcire le Vittime di Solvay e Miteni.

Pfas e allattamento al seno.

Bisfenolo, ftalati, pfas, quando assunti nel latte materno possono provocare l’alterazione del sistema ormonale del bambino con conseguenze diverse e gravi quali diabete, obesità, pubertà precoce ma anche disturbi del comportamento. I ricercatori dell’Università di Parma in collaborazione con l’Ausl-Ircss di Reggio Emilia e con le università di Firenze e Cagliari, con una maxi ricerca hanno scoperto queste sostanze inquinanti nel latte materno, la prima fonte di alimento del bambino. Fonti di rischio: biberon, plastiche monouso, contenitori per cibo, alimenti conservati, alimenti freschi non lavati. Ridurne l’esposizione, stante l’assenza di una legge che le vieti.

Pfas tra Svizzera e Italia.

L’inchiesta della trasmissione “Patti chiari” della tv svizzera Rsi ha messo in onda le analisi sugli inquinanti Pfas, nei pesci pescati in laghi (Maggiore/Verbano) condivisi con l’Italia e nel fiume Ticino, in quantità preoccupanti: (3mila ng/100 grammi)al di sopra dei limiti cosiddetti “tollerabili” per l’essere umano stabiliti dall’Unione europea (4,4 ng per chilo) in certi casi anche oltre dieci volte al di sopra. Risultati preoccupanti anche sui campioni di terra contaminati. L’azienda MKS Pamp si dice estranea in quanto opererebbe in un sistema a circuito chiuso.

Il cimitero degli angioletti di Zimella.

Al processo Pfas di Vicenza, una mamma medico ha testimoniato anche le proprie esperienze personali come “un aborto spontaneo al quinto mese di gravidanza” e “la constatazione che nel ‘cimitero degli angioletti’ di Zimella quello di mio figlio non è l’unico caso recente, e mi sono chiesta come mai tanti bimbi nati morti”. “Anche due dei miei figli, 6 anni e 18 mesi, soffrono di ipotiroidismo, e pure io con la terza gravidanza ho sviluppato un tumore alla tiroide”.  Di contro, nel “Piano di sorveglianza sanitaria” della Regione Veneto non sono stati cercati dati sui bambini, i soggetti più sensibili.

Arpa Piemonte oscura i monitoraggi Pfas sulla Solvay.

Se voi andate  sul Sito di Arpa Piemonte,  troverete la cartina  “Pfas nelle acque superficiali e sotterranee in Piemonte”  (clicca qui https://webgis.arpa.piemonte.it/portal/apps/experiencebuilder/experience/?id=e39e1fbb65914d20b7ce197dabb6b647&page=Monitoraggio-dal-2021 ), sulla quale, con semplici clic sui triangolini azzurri, potete conoscere la situazione dei monitoraggi Pfas in tutte le località del Piemonte… ad eccezione di Spinetta Marengo, sì, proprio dove è in esercizio il più grande produttore e inquinatore italiano di queste sostanze tossiche, cancerogene e teratogene: lo stabilimento della Solvay.

Per non impressionare l’opinione pubblica (e i giurati del processo che sta per iniziare,) l’Arpa sul “geoportale” cerca di eclissare l’area intorno al polo chimico benchè ormai sia arcinota (grazie al nostro fattivo contributo) come la più contaminante d’Italia. Insomma, si giustifica l’Arpa, data per scontata  la tragedia ecosanitaria alessandrina, lo scopo ora del nostro geoportale è spingere cittadini e istituzioni  ad “individuare eventuali altre fonti di inquinamento da Pfas sul territorio regionale dove l’Arpa ha attivato una campagna di controlli di scarichi potenzialmente fonti di immissione di Pfas:   aziende nel cui ciclo produttivo possono essere presenti Pfas (trattamento di rifiuti, trattamenti galvanici, produzione e trattamento dei tessuti, cartiere) e depuratori civili e industriali che scaricano su corsi d’acqua».

A pensare male, Andreotti docet, a noi sembra che l’Arpa cerchi di distogliere l’attenzione dalla Solvay di Spinetta Marengo. Non mancherà, nell’ambito della  sua relazione “Etica del profitto e sanità pubblica”, di parlarne Lino Balza nella tre giorni del Seminario “SiamoTerraViva. Come cambiare il clima e il sistema”, conclusioni di don Luigi Ciotti.

«Malato di tumore a 22 anni. Vivo vicino all’acqua con i Pfas»

«Nel 2020 mi è stato diagnosticato un tumore al testicolo ed ho dovuto sottopormi ad un intervento chirurgico. Ora ho controlli ed esami diagnostici ogni 6 mesi ai quali mi presento con il dubbio se riuscirò ad arrivare anche al prossimo». Lo ha detto un giovane di 25 anni di Montecchio Maggiore, cresciuto in campagna ad un centinaio di metri dal torrente Poscola, considerato tra i veicoli della contaminazione da Pfas, testimoniando in Corte d’assise a Vicenza, dove si sta celebrando il processo che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi .

Le drammatiche testimonianze delle parti civili al processo. Un padre: «Tutti e tre i miei figli hanno seri problemi di salute» Clicca qui.

Aumento del cancro della tiroide correlato ai Pfas.

I ricercatori americani hanno studiato l’associazione tra i livelli plasmatici di PFAS e la diagnosi di cancro della tiroide tramite BioMe, una biobanca del Mount Sinai di New York. In particolare, il team ha preso in considerazione 88 pazienti con cancro della tiroide – con campioni di plasma raccolti prima o al momento della diagnosi di tumore – e 88 controlli, non affetti da cancro, che corrispondevano per sesso, etnia, età, indice di massa corporea, status di fumatore e anno di raccolta del campione ematico. I ricercatori hanno misurato i livelli di otto PFAS nei campioni di sangue tramite una tecnica metabolomica non mirata e li hanno confrontati tra i pazienti con tumore della tiroide e i soggetti di controllo.

Dai risultati è emerso che l’esposizione al PFOS portava ad un aumento del rischio di diagnosi di cancro della tiroide del 56%. 

Disinformazione Pfas.

Pubblicità della friggitrice ad aria Proscenic: “La friggitrice ad aria T20 è progettata pensando alla sicurezza alimentare, con un cestello realizzato con materiali adatti agli alimenti, privi di BPA e PFOAe un rivestimento antiaderente in Teflon che rende la pulizia un gioco da ragazzi, potendo essere addirittura lavato direttamente in lavastoviglie”.

Pubblicità ingannevole. Il Teflon veniva fabbricato per decenni con il Pfas PFOA, che oggi è vietato come altamente cancerogeno.  Con quale Pfas il PFOA è stato sostituito per ottenere sempre il Teflon? Considerato che altri produttori pubblicizzano friggitrici “Teflon-Free”:

I Pfas producono infertilità ai maschi.

Al Congresso nazionale dell’Associazione medici per l’ambiente – ISDE Italia è stato premiato lo studio che sta dimostrando la correlazione tra Pfas e fertilità maschile. Lo studio promosso dal dottor Francesco Bertola è in corso avendo già esaminato 900 ragazzi residenti nelle zone del Veneto contaminate da Pfas e riscontrato che il 30 per cento presenta anomalie a livello riproduttivo.

Lo studio, che si avvia alla conclusione con sei mesi di anticipo rispetto al previsto, si prefigge di arruolare oltre 1000 giovani maschi residenti nell’area rossa ai quali vengono offerti gratuitamente visite mediche, esami di laboratorio sul sangue e sullo sperma, densitometria ossea, ecografia testicolare, con l’obiettivo di evidenziare precocemente anomalie dello sperma che sono già presenti in circa il 30% dei circa 900 soggetti finora esaminati. Per completare lo studio indipendente c’è bisogno di numerosi fondi che possono essere donati, e dedotti dalle tasse, seguendo le indicazioni riportate alla pagina www.isde.it/pfas dove sono riportati anche tutti i dettagli dello studio stesso.

ISDE sta conducendo lo studio su «Pfas e fertilità maschile” nella cosiddetta “area rossa” del Veneto, pesantemente contaminata dalle sostanze perfluoroalchiliche ovvero le «molecole per l’eternità» perché non decadono. Si tratta di una enorme contaminazione delle acque potabili del Veneto causata dalle lavorazioni delle industrie – prima di tutte la Miteni di Trissino – che hanno usato composti impermeabilizzanti (Pfas) e per lo sbrinamento delle ali degli aerei (Pfos).

Pfas, fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche.

Checchè ne dica un Gip di Vicenza, i Pfas aumentano il colesterolo. Pubblicato su Toxicology Reports, lo studio mostra come i maggiori inquinanti PFOA e PFOS interferiscono sul processo di assorbimento cellulare del colesterolo dal sangue. Dai dati epidemiologici emerge che la quota di persone con elevati livelli di colesterolo nella fascia di età 35-75 anni è più che doppia rispetto alla popolazione generale (57% vs 22%).

Il team dell’università di Padova, coordinato dal professor Carlo Foresta, ha dimostrato che i Pfas interagiscono con la membrana delle cellule del fegato e ostacolano il normale assorbimento di colesterolo, incrementandone quindi i livelli circolanti (effetto dovuto a una ridotta plasticità della membrana cellulare, che impedisce la corretta funzionalità di tutti quei meccanismi di captazione del colesterolo).

I risultati degli studi epidemiologici, sia internazionali che a livello della Regione Veneto, condotti sulla popolazione residente in zone contaminate mostrano che la percentuale dei soggetti con elevati livelli di colesterolo nel sangue, nella fascia di età compresa 35 e 75 anni, è più del doppio rispetto alla popolazione generale di controllo (circa 57% contro 22%). L’ipercolesterolemia è il principale fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, prima causa di morte tra le malattie cardiovascolari, davanti a fumo di sigaretta, diabete, ipertensione e obesità.

Sottolinea il professor Foresta: “I risultati di questo studio aggiungono un ulteriore tassello al più ampio spettro di manifestazioni cliniche associate all’esposizione ai PFAS e ormai ampiamente riconosciute a livello internazionale”. Checchè ne dica un GIP di Vicenza.

Pfas delitto perfetto in Veneto?

I Pfas sono universalmente riconosciuti come interferenti endocrini e potenziali cancerogeni, legati all’infertilità e a malattie cardiovascolari, al punto che scienziati e studiosi di tutto il mondo ne chiedono la messa al bando come produzione e come utilizzo.
A causa dell’inquinamento della Miteni di Trissino i Pfas si sono diffusi nella falda di un’area abitata da 350mila persone, tra Vicenza, Verona e Padova. 

Ebbene, ha lasciato allibiti Giuseppe Venditti, GIP di Vicenza, che ha archiviato l’indagine preliminare sulla concentrazione di Pfas nel sangue di lavoratori e lavoratrici della ex Miteni, impedendo così l’accertamento dei fatti e delle responsabilità.  La lettura della sentenza chiarirà la frase che come motivazioni gli viene attribuita sulla “carenza del nesso causa-effetto tra esposizione e patologie”: una connessione «esclusa dalla letteratura scientifica prevalente» oltre qualsiasi ragionevole evidenza «tra elevati livelli» di Pfas nel sangue, ovvero nel siero dei lavoratori, e «patologie tumorali»”. Basti dire che è l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanita ad aver classificato il PFOA come “possibilmente associato” (gruppo 2b) ai tumori del rene e del testicolo”.

Inoltre, i Pfas sono responsabili, non solo delle patologie tumorali, ma anche di infarti e ictus cerebrali e una lunga lista di altre malattie. Basti ricordare l’istogramma relativo ad una ricerca epidemiologica regionale pubblicata nel 2012, in cui si evidenzia che gli ictus cerebrali riscontrati nella ULSS 5 (quella di cui, all’epoca, facevano parte alcuni comuni della zona rossa) erano quasi il doppio della media regionale. E’ noto che tali patologie sono correlate all’aumento del colesterolo nel sangue, provocato dal Pfoa”. O basti ricordare la ricerca epidemiologica del 2019, dei dottori Paolo Girardi e Enzo Merler, sulla “mortalità in soggetti di sesso maschile esposti ad acidi polifluoroalchilici con elevata dose interna di acido perfluoroottanoico”, che documenta morti e malattie gravissime tra le fila degli sfortunati lavoratori, mai informati di ciò cui andavano incontro.

Facciamo rientrare questa sentenza nella casistica penale del libro “Ambiente Delitto Perfetto”, in attesa del proseguimento della inchiesta principale, per disastro ambientale, presso la Corte di Assise di Vicenza. 

Solvay boicotta indisturbata i controlli Pfas.

Per impedire gli accertamenti delle Istituzioni, Solvay non fornisce gli standard analitici per misurare i livelli di C6O4 e ADV nel sangue della popolazione. La Regione Piemonte e il Sindaco potrebbero obbligarla, soprattutto il sindaco -massima autorità sanitaria locale- emettendo finalmente ordinanza di fermata degli impianti da cui derivano le emissioni tossiche e cancerogene incriminate. Il sindaco può, mentre la Procura non avrebbe la facoltà di un atto specifico che vada oltre le autonomie di un progetto di ricerca internazionale.

“A noi e a tutta la ricerca scientifica mondiale non vengono forniti da Solvay gli standard per questo tipo di investigazioni”: questa esplicita denuncia proviene dal professore dell’Università del Piemonte Orientale, Francesco Dondero, promotore e coordinatore del progetto “H2020–Scenarios” dedicato allo studio dei Pfas, le famigerate sostanze perfluoroalchiliche usate in ogni campo industriale e prodotte a Spinetta Marengo dalla multinazionale chimica nonchè scaricate in suolo – aria – acqua. Scenarios, finanziato dall’Europa con 12 milioni di euro, comprende 19 organizzazioni di 10 Paesi europei, oltre a Israele, Usa e Canada, e vede come partner strategico l’Azienda Ospedaliera di Alessandria con il Dipartimento delle Attività Integrate Ricerca e Innovazione e Azienda Sanitaria Locale.

Nell’onesta intervista pubblicata su Radio Gold News (clicca qui) Dondero illustra che per Alessandria il progetto promette un biomonitoraggio in due sottopopolazioni: la prima è quella residente nell’area di Spinetta (da 0 a oltre 6 km dal polo chimico, con appena 300 misure) e l’altra (160 campionamenti) è la popolazione inquinata del Comune di Montecastello a cui si è aggiunto Frugarolo come limitrofo Comune di controllo.

“Il progetto ha l’obiettivo di inquinamento zero per un ambiente libero dalle sostanze tossiche.  Puntiamo a fornire progressi tecnologici sviluppando metodi su misurazioni istantanee per il rilevamento e la valutazione del rischio ambientale e bonifica di contaminanti tossici persistenti”, però il boicottaggio di Solvay tende a “limitarci fortemente nel poter definire il potenziale di rischio di esposizione a queste sostanze” che non hanno una tossicità acuta ma di cui “è impossibile non trovare tracce nel sangue”: accusa lo studioso universitario. Il quale, infatti, ha ben presente che, a fronte della complice Regione Piemonte che nega l’indagine ematologica estesa a tutta la popolazione, noi, Comitati e Associazioni, abbiamo con il supporto del Policlinico di Liegi organizzato un’indagine su un campione di lavoratori e abitanti di Spinetta e Alessandria: risulta che il 55% degli analizzati ha concentrazioni di PFOA nel sangue che superano ogni soglia di pericolo. Con rischio devastante sulla salute: “E’ innegabile. Nel 2023 sono usciti almeno 10 studi di tipo epidemiologico che lo esplicitano”: rimarca Dondero.

Per sopperire al boicottaggio di Scenarios, il professor Dondero specifica che “abbiamo costruito un modello meccanicistico, un modello di predizione dei possibili effetti delle sostanze, basato su evidenze sperimentali”. Così, non teme di sbilanciarsi: “Pur privati degli standard analitici, il metodo alternativo che abbiamo studiato, comunque, darà una indicazione molto precisa dei livelli di C6O4 nel sangue”. Non così, al momento, per l’ADV. Ma aggiunge un’altra nota indigesta per Solvay: “Il cC6O4 è una molecola piccola che sfugge al controllo dei sistemi di ritenzione di Solvay visto che la stiamo trovando negli scarichi del Bormida”.

L’attuale sabotaggio -vincente- di Solvay ha già fatto sì che i dati del biomonitoraggio Scenarios, modesti (privi della parte sierologica ed epidemiologica di tutta la popolazione) ma comunque molesti, non possano essere disponibili prima della fine del 2024. Dunque l’azienda belga si dimostra decisa a sbarrare o quanto meno procrastinare alle calende greche il passaggio successivo del progetto. Infatti il professor Dondero, insieme all’Azienda Ospedaliera di Alessandria, avrebbe “redatto un secondo progetto europeo da 7/8 milioni di euro incentrato sul rapporto tra valori nel sangue di queste sostanze e stato di salute. Sarebbe, sottolinea il docente, un puro progetto epidemiologico che rappresenterebbe una marcia in più per rispondere all’annosa questione della salute in relazione a quanto Pfas è stato assunto dall’organismo umano: quanto l’esposizione ai Pfas ha avuto o avrà effetto sulla salute umana. Se questo progetto venisse approvato dall’Europa avremo uno sviluppo incredibile”. Solvay farà muro. Per anni e anni.  

Un muro robusto a quelle Nazioni che in Europa premono da tempo per la restrizione totale dei Pfas, e ai Comitati e alle Associazioni che hanno promosso il Disegno di Legge (Crucioli) che mette al bando produzione e utilizzo dei Pfas in Italia.

Quindi le padelle in teflon sono cancerogene?

I produttori che ancora usano i Pfas nel confezionamento delle pentole antiaderenti, negano la contaminazione dei cibi e la cancerogenità a condizione che siano adottati alcuni comportamenti:

  • Evitare di riscaldarle eccessivamente pentole e padelle prima della cottura.
  • Non rigare o raschiare pentole, padelle e stoviglie (nel caso risultassero consumate o danneggiate, andrebbero buttate e raccolte tra i rifiuti speciali).
  • Buttare nei rifiuti speciali pentole, padelle e tegami troppo vecchi, dove il rischio di presenza dei PFOA è più elevato.
  • Consigliabile non lavarle in lavastoviglie.

“Teflon” è uno dei nomi commerciali (assieme a Fluon, Algoflon, Hostaflon, Inoflon e Guaflon) che si rifà a un materiale ben più noto nei laboratori chimici, denominato “politetrafluoroetilene (sigla PTFE)”. Un polimero appartenente alla classe dei perfluorocarburi (PFC), derivante dall’omopolimerizzazione del tetrafluoroetene, e alla categoria dei PFAS, sostanze per-fluoroalchiliche al centro delle cronache  in quanto altamente sospette di essere tossiche e cancerogene.

Il Piemonte finanzia i Pfas ma non tutela la salute dei suoi cittadini.

Comunicato stampa.

In Usa li hanno già messi al bando da un bel po’, in Europa molti Stati spingono per fare altrettanto incontrando le potenti resistenti della lobby capitanata da Solvay, e appunto Solvay non molla, soprattutto in Italia (clicca qui) dove conta sulla complicità dei governi, delle amministrazioni locali e perfino dei sindacati. Anche dei sindacati: è ancora senza risposta la lettera raccomandata PEC al segretario generale della CGIL di Alessandria (clicca qui) né hanno avuto miglior riscontro i nostri allarmi in vista del “nuovo” impianto “Aquivion” a Spinetta Marengo: 9,5 milioni di euro investiti con fondi di Governo e Regione.

Solvay non molla sui PFAS: finchè gliel’hanno concesso ha avvelenato -ambiente e sangue dei lavoratori e della popolazione- con il pfas PFOA, benchè lo stessero vietando in tutto il mondo e avessi denunciato (2009) tale situazione con il primo di otto esposti alla Procura di Alessandria. Poi ha sostituito il PFOA con pfas cosiddetti “a catena corta”, ADV e C6O4, tossici e cancerogeni altrettanto se non di più, sversandoli naturalmente in aria e acque con l’autorizzazione della Provincia (o senza: per il Bisfenolo).

Solvay non molla ed ecco che oggi arriva il sostituto dei sostituti pfas: “a catena cortissima” il polimero fluorurato “Aquivion”, annunciato come innocuo, “emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo”, come i predecessori d’altronde. “Al più tossiche se maneggiate inopportunamente”, le “Membrane Aquivion Pfsa” sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. Smaltimento tramite incenerimento? Come tutte le resine fluoropolimeriche. Ma il segreto non ha preoccupato enti locali e sindacati che sono corsi a tagliare il nastro al “nuovo” impianto. Il tutto nell’ambito della strategia di Bruxelles, di cui rivelammo la bozza due anni fa (clicca qui), non senza evidenziare che “la strategia è da Solvay volutamente confusa. L’unica cosa palpabile sono i finanziamenti pubblici”.

Raccogliendo le tesi e gli studi internazionali, il nuovo, ovvero vecchio Aquivion è descritto come “fondamentale per la trasmissione di energia a scambi ionici, con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive”. Una delle prime pubblicazioni risale al 2013 e porta la firma, tra gli altri, di Luca Merlo di Solvay, con sede a Bollate. A riguardo scrivemmo: “A Bollate il nuovo laboratorio ‘Dry Room’ per batterie al litio, nell’ambito di ricerca, sviluppo e commercializzazione di polimeri speciali utilizzati nella fabbricazione di batterie al litio, è in stretta sinergia operativa con lo stabilimento produttivo Solvay di Spinetta Marengo”. (Per inciso: i Pfas di Bollate (città metropolitana di Milano) Arpa li ritrova sparsi in Lombardia).

Il governo italiano, anziché tradurre in legge il DDL Crucioli per la messa al bando degli Pfas (clicca qui), anziché pretendere da Solvay -condannata in Cassazione per disastro ambientale!- i 100milioni di euro chiesti al processo dal ministero dell’Ambiente per la bonifica del territorio, anziché ripresentarsi come parte civile nel nuovo processo per omessa bonifica, invece, lo Stato, compiacenti Regioni Piemonte e Lombardia, tramite il fondo “Fabbriche intelligenti” creato apposta dal ministero dello Sviluppo economico, ha destinato milioni di euro alla multinazionale belga, per produrre Aquivion, poi che nel 2019, Solvay speciality polymers ha depositato al ministero la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22 milioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato “Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota”) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario “Green Deal” della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde.

E così la Regione Piemonte ha prelevato i soldi dal “Bilancio di previsione finanziario 2023-2025” destinandoli a Solvay invece che al piano di monitoraggio che dovrebbe -lo chiediamo da anni- cercare i Pfas nel sangue della popolazione alessandrina. E il sindaco taglia nastri, applaude entusiasta e inaugura sculture luminose (clicca qui).

La Regione nega la connivenza e finge di volare alto ma impatta sul territorio: “L’impianto Aquivion si inserisce in una ampia sinergia: dalla creazione entro giugno 2026 di tre stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile previste a Tortona, Arquata e Belforte, alla ricerca nella nostra provincia di un’area dismessa destinata a produrre idrogeno verde, fino agli investimenti per il retroporto di Genova”.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Uno studio dell’American Chemical Society dimostra che i PFAA a catena corta e ultracorta non possono sostituire i PFAS.

Secondo uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology da scienziati dell’American Chemical Society, i livelli di queste sostanze sostitutive (PFAA “a catena corta”, cioè con meno di otto atomi di carbonio, e quelli “a catena ultracorta” con solo due o tre atomi di carbonio) negli organismi umani sono simili o superiori a quelli dei PFAS “di prima generazione”. Anzi, le piccole dimensioni delle molecole facilitano il loro spostamento attraverso le riserve idriche nei test in vitro e in vivo hanno indicato che potrebbero essere ancora più tossici dei composti più lunghi. Se il principio di precauzione ha un valore, questo sarebbe un buon momento per usarlo.

Perché i Pfas rappresentano un pericolo per la salute.

Con impatto sugli ormoni legati allo sviluppo e alla fertilità, ipertensione in gravidanza, colite ulcerosa, diabete gestazionale, tumori, alla tiroide, ai reni e ai testicoli, decessi legati a eventi cardiovascolari, diabete e Alzheimer, varie tipologie di cancro nelle donne, tra le quali all’utero, alle ovaie, al seno e alla pelle, rischi per lo sviluppo dei feti. Si trovano nel rivestimento di padelle e pentole antiaderenti  nei tessuti di vestiti come giacche e impermeabili, nelle pelli e nei tappeti,  nel rivestimento di contenitori per il cibo, negli insetticidi, nelle vernici, nelle schiume antincendio e in una pletora di altri  materiali tecnici.

Su “fanpage scienze” clicca qui:

Gli studi dell’Environmental Working Group (EWG) di Washington

Il governatore della Regione Veneto Luca Zaia che accusa di disinteresse il Ministero della Salute.

I campionamenti di Greenpeace Italia in Lombardia.

Gli studi di “Early Life Exposure to Endocrine Disrupting Chemicals and Childhood Obesity and Neurodevelopment”.

L’area rossa delle acque potabili inquinate dai Pfas in Lombardia.

Lo ammette finalmente la Regione Lombardia dopo che a maggio l’indagine di Greenpeace diffuse un report dal quale emergeva la situazione anomala e di rischio per la salute pubblica che univa i due Comuni del lodigiano (Crespiatica e Corte Palasio), e dalle amministrazioni locali e dai gestori del servizio piovvero rassicurazioni e smentite. In quel report, Greenpeace metteva in evidenza la situazione di rischio riscontrata anche in altri due Comuni, stavolta della provincia di Bergamo (Caravaggio e Mozzanica), per i quali però la Regione non ha provveduto ai campionamenti

Greenpeace, nel frattempo, ha proseguito con i campionamenti di un laboratorio indipendente e annuncia di aver presentato esposti a 6 procure lombarde, quelle di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese, affinchè siano adottati i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione delle acque alla popolazione. “Undici campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di Pfas nelle acque potabili di fontane pubbliche, spesso collocate in parchi giochi o in prossimità di scuole primarie: 100 nanogrammi per litro a Caravaggio, Mozzanica, Corte Palasio. A Crespiatica, superati i mille nanogrammi per litro”. In presenza di concentrazioni analoghe, oltre 20 Comuni veneti furono inseriti dalla Regione nella “area rossa”. 

Greenpeace sostiene l’urgenza che governo e parlamento varino in tempi un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas sul territorio nazionale e obblighi a riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze, come già chiedeva il Disegno di Legge “Crucioli”.

Contro Solvay e politici siamo determinati a riprenderci il futuro.

VOSTRI I GUADAGNI
NOSTRI I MORTI
SOLVAY DEVE CHIUDERE
RIDATECI IL FUTURO!

Per lo striscione, se il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, applicherà “sanzioni”, come minacciato, nei confronti dei ragazzi di Fridays For Future e del Coordinamento Studentesco, innanzitutto confermerà la sua consolidata complicità con Solvay contro la quale omette ordinanze di fermata delle produzioni inquinanti, nonché si coprirà di ridicolo: alla denuncia di “occupazione di suolo pubblico” con relativa “ammenda di almeno 1.000 euro” risponderemo con una sottoscrizione pubblica. Non è mica finita qui. Con il sindaco che ha subito rimosso lo striscione, a soffocare la libertà di espressione.  

Il teatro dove si è svolto “il gesto vandalico” (così è stato definito) è la rotonda davanti alla Solvay di Spinetta Marengo, al centro della quale il sindaco ha fatto installare una scultura luminosa pagata da Solvay che simboleggerebbe il “felice incontro tra la comunità Alessandrina e l’azienda”. L’autore della scultura, Marco   Lodola, ne ha chiesto la rimozione  avvertito delle polemiche che aveva scatenato appena inaugurata questa estate (Clicca qui: Danza macabra.). In effetti l’opera, oggi “imbrattata” (sic), rischia di fare la fine delle “statue parlanti” romane, utilizzate dai cittadini per lanciare messaggi ai potenti e ai signori di allora. Tant’è che la presidente belga, Ilham Kadri, rimangiandosi l’idea, ha proposto di trasferirla a Bruxelles.

Se vi è una “occupazione di suolo pubblico”: questa è rappresentata dal tragico insediamento del polo chimico sul territorio di Alessandria, replicano al sindaco Fridays For Future e Coordinamento Studentesco che in città hanno anche sfilato con una manifestazione, “La scultura che accoglie chi entra a Spinetta da questa mattina, con lo striscione, ha finalmente le vesti che merita: quelle di un’opera rappresentativa di un secolo di morti e veleni. Ripugnano la narrazione fasulla che ci è stata propinata, la favola della buonanotte che racconta ‘l’incontro tra la comunità Alessandrina e l’azienda’. Le comunità di Alessandria, di Spinetta e della Fraschetta, vogliono dire alla Solvay e a chi la sostiene (Comune e Regione, n.d.r) soltanto una cosa: la vostra fame di denaro, il vostro gioco sporco, la vostra omertà ci stanno uccidendo. Invece di celebrare la presenza di un simile mostro sul nostro territorio dovremmo indignarci, organizzarci, mobilitarci”. 

“Continueremo a essere spine nel fianco di coloro che devastano i territori, inquinando falde, aria, terra, senza alcun ritegno per le vite che distruggono strada facendo, perfettamente in linea con le fameliche necessità produttive del modello capitalista” hanno sottolineato gli attivisti “La pericolosità della Solvay e di ciò che produce, nel modo in cui lo produce, è già stata dimostrata in molteplici occasioni: è responsabile di disastro ambientale, oltre che produttrice di inquinanti eterni che causano morte e sofferenza ovunque si trovino. Quello che vogliamo è la chiusura della fabbrica e la bonifica del territorio. Quello che chiediamo a chi ci circonda è di lasciar cadere le proprie paure e le proprie maschere: è arrivato il momento di indignarsi e prendere parola di fronte alle morti e alle malattie che colpiscono la nostra comunità ogni giorno di più. Siamo stanche e stanchi di morire per i vostri interessi, di veder morire i nostri amici, i nostri cari, di ammalarci e non poter combattere. Il tempo dell’attesa è finito, la soluzione è una sola: chiusura e bonifica subito”.