Travaglio è un grande opinionista, e per lui anche la matematica è un’opinione. Gli attivisti M5S erano rimasti in 90mila: l’altra metà era stata esclusa come avente diritto, ovvero si era auto esclusa. Di questi 90mila attivisti, 60mila hanno votato, 30mila no: si sono auto esclusi. Dei 60mila: 45mila si sono chiaramente espressi a favore di Conte e -negandogli il titolo di garante- contro Grillo. La base, conclude Travaglio, decreta vincitore Conte. Ebbene. 180mila diviso due fa 90mila; 90mila diviso due fa 45mila. Non è una grande base. Tradotta in numeri elettorali. 30% voti diviso 2 uguale 15%. 15% diviso 2 uguale 7,5%. Questa è la base elettorale di Conte. Quella di Conte (osannata da Travaglio) è una vittoria di Pirro. Non di Pirlo, come è stato ironizzato: perché Conte si è appropriato di una eredità altrui. Un partitino: piccola parte di un grande movimento. Ma per un nullatenente è un bel gruzzolo. Così è per i sopravissuti “ex signori nessuno” che riusciranno per un po’ a conservare le poltrone. Per quanto riguarda Travaglio: chi si accontenta gode, ma evitando di esultare come dalla vetta raggiunta del K2. Per quanto attiene quello che a noi riguarda, cioè ai Movimenti Ecopacifisti: era e resta un brutto momento storico.
Intervenire per questa “Assemblea costituente del Movimento 5 Stelle” (evento finale 23-24 novembre) non è fuori tema rispetto a questo Sito della Rete dei Movimenti Ecopacifisti, nella quale è collocabile a buon titolo la creatura fondata da Beppe Grillo nel 2009. Personalmente, non è la prima volta:
Ho preso le parti di Beppe Grillo, non per vecchia amicizia (che rinnovo) ma perché (confermo) che secondo me (e milioni di ex votanti) l’ottimo Marco Travaglio sbaglia: il M5S era già evaporato nel 2020 (caporetto regionali)quando già aveva perso la sua identità trasformandosi da Movimento in Partito, da “alleanza con nessuno” a “alleanza con chiunque”, a prescindere dai temi identitari ossia dall’alleanza con chi l’aveva votato, tradendo la partecipazione rivoluzionaria (declassata a utopia) della Democrazia Diretta immolata sull’altare autoreferenziale della “Democrazia rappresentativa” (elevata a maturo realismo), cioè incollarsi ai seggi in parlamento, tradendo il Programma dei Movimenti, tradendogli impegni ecopacifisti, Tav Valsusa, Tav Terzo Valico, TAP, ILVA, PFAS, Acqua pubblica, F35 eccetera).
Già dal 2020 contestavo l’interpretazione dell’astensionismo di Travaglio: “Caro Marco, sono convinto che il presuntuoso Giuseppe Conte (che Grillo definisce “senza visione strategica”) invece di pretendere (da Grillo e dagli ex elettori) ) o di illudersi una eredità elettorale che non gli spetta, perché non ha mai contribuito al 33% del MOVIMENTO che predicava la Democrazia Diretta e Partecipata, debba fondare un suo PARTITO, con altro nome e con una sua linea politica alternativa, non so quale. A maggior ragione perchè ha un suo giornale (il tuo) e che insieme raccoglierete parlamentari (ex signori nessuno) e un 5% di voti, anzi (come vi auguro) a scapito del PD anche più del 10%: facile traguardo secondo i tuoi sondaggi di gradimento popolare all’avvocato del popolo”.
Magari vi voteremo come i meno peggio, a patto che non scarichiate i risultati su Beppe Grillo che ha fondato non un Movimento qualunque bensì un “Movimento a 5 stelle”, e che tre lustri dopo realisticamente non poteva non valutarlo come evaporato. Forse era storicamente inevitabile, anzi prevedibile, forse no… Noi andiamo avanti con le nostre utopie concrete.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
E’ sempre in corso la raccolta delle candidature 2024 da mettere in votazione. Marco Travaglio ha di fatto proposto Beppe Grillo come Premio Attila (*), tramite un editoriale dal titolo “Un Grillo al bivio”. Grillo ha fatto sapere che farà altrettanto nel corso di uno spettacolo teatrale con uno sketch dal titolo “Il travaglio di Travaglio”. Grillo mimerà il travaglio di parto, cioè l’insieme di fenomeni (respiri, sorrisi, lacrime, massaggi, parole di conforto, luci basse, mente non troppo presente e lucida) che portano alla nascita delbambino e all’espulsione della placenta. Fuor di metafora, il bambino sarebbe Giuseppe Conte a capo dei Cinquestelle e la placenta sarebbe Grillo.
Grillo non si sente placenta. Ritiene di aver fornito, lui, spermatozoi e uovo al concepimento della creatura che, allevata da lui, è arrivata da adulto ad un peso considerevole (33% dell’elettorato, occupando un terzo del parlamento), mentre nelle mani del precettore Conte si è rinsecchita (9,9%). Dunque Grillo pretenderebbe, da buon padre di famiglia, che la famiglia grillina si alzasse dalle poltrone, ritornasse a nutrirsi di democrazia diretta nei Movimenti, riacquistasse quell’identità premiata e poi negata dai Movimenti quando si sono visti traditi (Tav Valsusa, Tav Terzo Valico, TAP, ILVA, PFAS, Acqua pubblica, F35 eccetera).
Per Travaglio, invece, Grillo è un problema caratteriale psicologico umorale, un ciclotimico che alterna da una vita le discese ardite e le risalite, uno che sa benissimo che la democrazia diretta non esiste, un monarca che pretende il ruolo di garante a vita, uno che ha la postura malmostosa di chi snobba i suoi ex ‘ragazzi meravigliosi’, li liquida col gretto totem dei due mandati, e sottovaluta gli sforzi titanici che han fatto e i prezzi altissimi che han pagato per piantare quasi tutte le bandiere del M5S nei 31 mesi dei governi Conte-1 e Conte-2. Questi quasi tre anni di presunte “titaniche bandiere” della “democrazia rappresentativa,” secondo Grillo, hanno affossato il M5S al 9,9%, prima ancora del governo Draghi nel quale Conte, capo del partito, aveva ottenuto il record di ministri e sottosegretari. E rinunciato ad ogni forma di opposizione (nelle mani di Meloni)… ma per colpa di Grillo, secondo Travaglio, che gli avrebbe puntato la pistola alla tempia per amore di Draghi e Cingolani”. Secondo Travaglio, non è Conte bensì “Grillo a non avere un progetto alternativo”: “Lo sa pure lui che, senza Conte, il M5S sparirebbe”, ovvero senza Travaglio che di Conte è il nume tutelare che dà la linea politica. Dunque, Beppe Grillo faccia una buona volta il salto di lato: “Sta a lui decidere se guadagnarsi i 300 mila euro l’anno di ‘consulenza per la comunicazione’ partecipando col suo talento, o rintanarsi in casa a distillare letterine, battutine, regolette e rancorucci”. Detto, senza nessuna malignità, ci mancherebbe.
( *) Dal 2004 il Premio Attila è nel suo genere la più alta onorificenza italiana… dopo il Festival di Sanremo. Ad imperitura memoria dei nostri figli peggiori: industriali, politici, amministratori che nel corso dell’anno si sono particolarmente distinti a danno dell’ambiente, della salute e della pace. Il libro, pagine 125, è disponibile a chi ne fa richiesta.
Così come Travaglio per il Fatto Quotidiano, così anch’io quale “direttore” di questo Sito ne approfitto per prendere personalmente le parti di Beppe Grillo. E non per vecchia amicizia (che rinnovo) ma perché confermo che secondo me (e milioni di ex votanti) Travaglio sbaglia: clicca qui la contestazione alla quale Marco non replicò.
Chi vuole se la rilegga. Qui, vorrei solo ribadire, cercare di fargli capire che la sua differente formazione culturale può offendere gli ex elettori grillini e i Movimenti ecopacifisti, se non comprende la differenza tra movimento e partito, tra democrazia diretta e democrazia delegata, tra libertà come delega e libertà come partecipazione, tra alleanza con nessuno e alleanza con chiunque, tra rinunciare alla poltrona e rinunciare al consenso, tra chi ha vinto con una visione strategica e chi è perdente perché non l’avrà mai, tra chi ha deluso per la sconfitta e chi non ha qualità per illudere, tra il Giuseppe che può eventualmente rimeritare la fiducia e l’altro Giuseppe.
“Caro Lino, capisco tutto. Ma forse ti è sfuggito che i 5Stelle nell’estate del 2019 hanno votato in Parlamento il Tav, ovviamente da soli, anche al costo di far saltare il governo con la Lega. E purtroppo hanno perso.” Così mi rispose Marco Travaglio in uno scambio di opinioni. Gli replicai: “Caro Marco, Il M5S in parlamento ha votato no al Tav Torino-Lione? E’ una aggravante perché non mirava a far cadere il governo con Salvini. Non è che votando in minoranza contro Tav Valsusa, Tav Terzo Valico, TAP, ILVA, PFAS, Acqua pubblica, F35 eccetera, ti salvi l’anima e i voti. Rischi l’accusa di tradimento. Tutt’al più dimostri che non conti niente, che avevamo sbagliato a darti fiducia con il voto, quasi identificandoci col M5S. Per l’universo dei Movimenti ecopacifisti che lottano nella vastità dei territori italiani è più importante il taglio dei suddetti nodi piuttosto che il taglio dei parlamentari (fra i quali i Cinquestelle occupa(va)no un terzo del parlamento ma non servono a niente contro Tav Tap Ilva Pfas Acqua e un eccetera ambientalista purtroppo ancora lunghissimo)”.
“Caro Marco, i Movimenti ad ogni livello territoriale se l’erano sempre cavata bene o male (anche benissimo: referendum acqua-nucleare) senza e/o contro i Partiti. Si chiama ‘Democrazia diretta’. Questa definizione, ad esempio, compare infinite volte nel mio libro ‘L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza’: dal ’68 fino (e dopo) all’avvento di Beppe Grillo negli anni 2000. ‘Democrazia diretta” come pratica dei Movimenti: partecipazione e lotta popolare. Grillo aveva chiamato Movimento la sua creatura: ‘Movimento nazionale a cinque stelle’ avente il medesimo programma delle ‘Liste Civiche a Cinque Stelle’, ’La Carta di Firenze’. Oggi, dieci anni dopo, è diventato ‘Partito’: ne prendiamo atto”.
Dall’esame anche dei flussi elettorali, la caporetto regionali 2020 dei Cinquestelle è già evidente nei territori dove il tradimento degli impegni ecopacifisti (Tav Valsusa, Tav Terzo Valico, TAP, ILVA, PFAS, Acqua pubblica, F35 ecc.) ha direttamente gelato la pelle delle popolazioni, e si estenderà a tutto il territorio nazionale. Il M5S dalla “alleanza con nessuno”, disinvolto e repentino è passato tra il lusco e il brusco alla “alleanza con chiunque”, a prescindere dai temi identitari ossia dall’alleanza con chi l’aveva votato. Non guardando più in faccia l’interlocutore ecopacifista, ha dato di sé una immagine non sincera e non sicura, inaffidabile anzi traditrice.
Perciò, “Caro Marco, oggi –caporetto 2020– io (e penso: tutti i Movimenti) sono di nuovo d’accordo con Beppe Grillo: ‘Non credo più nella rappresentanza parlamentare, preferisco la democrazia diretta che è la sua evoluzione’. Ritorno alle origini? Non credo possibile: oggi il M5S non è più Grillo, oggi dopo la caporetto dell’intesa contro natura con Salvini, oggi esso sembra quasi tutto impegnato a discutere per sopravvivere se fare o no una stabile intesa con il PD (stabile dopo 20 anni di insulti: reciproci e a chi, come Travaglio, o come me che la sostenevo più di 10 anni fa a livello locale), quel PD resuscitato l’anno scorso da quel gran genio di Salvini. Piuttosto (per la seconda volta) che andare alle elezioni anticipate, il vantaggio del governo con il PD è scrutabile: conservare il più a lungo possibile i posti in parlamento che le prossime elezioni taglieranno per effetto del referendum ma soprattutto del consenso”.
“Caro Marco, quello che oggi io, che fui antesignano dell’amico Grillo, non ho capito è: se i contrari all’intesa sono per riprendere l’identità di Movimento, per recuperare l’alleanza con il mondo dei ‘Beni comuni’. Spero che l’abbia capito Beppe, e me lo venga a riferire ora che siamo vicini di casa. Personalmente, per quello che conta, gli ondivaghi quanto repentini passaggi da ‘alleanza con nessuno’ ad ‘alleanze con chiunque’ non mi hanno convinto, né nelle vesti di Partito né di Movimento. Magari ce lo spiega Travaglio nell’unico giornale non nemico storico dei Cinquestelle”. Purtroppo Giuseppe Conte, né altri, ripresero l’identità di Movimento, anzi Conte entrò nel governo Draghi (2021).
Dunque, nel 2020, Marco Travaglio mi contestò aver identificato la caporetto dei Cinquestelle come una conseguenza del “tradimento” dell’alleanza programmatica con i Movimenti ecopacifisti, ovvero dell’immolazione della “Democrazia diretta” sull’altare della “Democrazia rappresentativa”. Anzi, insultò l’appello autocritico di Grillo alla Democrazia diretta. E non mi rispose più quando aggiunsi:
“Caro Marco, sono convinto che il presuntuoso Giuseppe Conte, invece di pretendere una eredità elettorale che non gli spetta perché non ha mai contribuito al 33% del MOVIMENTO, debba fondare un suo PARTITO. A maggior ragione perchè ha un suo giornale (il tuo) e che insieme raccoglierete molti parlamentari (ex signori nessuno) e un 5% di voti, anzi (come vi auguro) a scapito del PD anche più del 10%: facile traguardo secondo i tuoi sondaggi di gradimento popolare all’avvocato del popolo”.
“A parte Conte che fino a tre anni fa si era fatto gli affari privati per poi improvvisarsi in governi con chiunque Draghi compreso, purtroppo anche tu caro Marco non hai mai creduto nella DEMOCRAZIA DIRETTA: come già ti obbiettai tempo fa (ma non pubblicasti e che riporto a piè di pagina):‘…Travaglio dimostra di non conoscere o riconoscere il fondamentale pezzo di Storia patria scritto dai Movimenti tramite la prassi della Democrazia diretta, dimostra il limite di un (ottimo) notista della Politica rappresentata esclusivamente dai Partiti, come se la Politica si esaurisse nell’intermittente rapporto fra eletti ed elettori, come se tanta costante sostanza della Politica non la facessimo noi dei Movimenti fuori dai Partiti, anche influenzando le stesse votazioni. Va da sé che Travaglio, all’autocritica di Beppe Grillo: ‘Non credo più nella rappresentanza parlamentare, preferisco la democrazia diretta che è la sua evoluzione’, rischia di fare la caricatura’”.
Invece Beppe Grillo, come Movimento, è arrivato al 33% sulla propria linea politica. Grillo non voleva fare un partito, neanche un movimento qualunque, bensì un Movimento a Cinque Stelle, Movimento che nuota nel firmamento dei Movimenti, che FA POLITICA come Movimento. Perché Grillo predicava e praticava la Democrazia diretta. Mentre Giuseppe Conte (che Grillo definì “senza visione strategica”) come Partito sulla propria linea politica è arrivato quasi al 10%. Non lo schioderà Marco Travaglio, stante la sua interpretazione dell’astensionismo in questa Caporetto 2024.
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Marco Travaglio ha candidato Roberto Cingolani al Premio Attila 2021.
1. Cingolani, il grande equivoco “verde” nel governo Draghi
Il più grande equivoco del governo Draghi si chiama Roberto Cingolani. Ognuno può dare il giudizio che vuole sull’operato dei Migliori, ma nessuno potrà negare che i fatti del ministro della Transizione ecologica sono quantomeno sfasati, incongruenti, contraddittori rispetto alle promesse con cui Cingolani è stato catapultato al governo. Doveva essere il protagonista della svolta, la novità radicale, il mutamento epocale, la rivoluzione verde. È stato la giustificazione del sostegno dei Cinquestelle a Draghi. Clicca qui.
2. Idrogeno, rinnovabili e nucleare: Cingolani ha idee poco “green”
Ambientalisti, movimenti e qualche politico segnalano sempre più le contraddizioni del ministro e del Piano Nazionale di Resilienza e Resilienza. I macro-temi di contrasto sono ricorrenti. Clicca qui.
I decreti di Cingolani sui pozzi sono illegittimi.
Enrico Gagliano, cofondatore del Coordinamento nazionale No Triv e docente di Diritto ambientale presso l’Università di Teramo, all’indomani dall’approvazione, a firma del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, di ulteriori perforazioni nei nostri mari: “Fino a quando il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), atteso per il 30 settembre 2021, non verrà approvato, il ministero della Transizione ecologica può fare solo alcune cose, non certo quelle che sta facendo”. L’idrogeno? “Il ‘cavallo di Troia’ piazzato dai soliti noti e dal governo all’interno di un Piano che dovrebbe dettare l’agenda della transizione verde”. Clicca qui l’intervista.
Ambiente, siamo tornati ai disastri del Berlusconi premier.
Il PNRR è costruito per proteggere i ritardi dell’industria automobilistica e dell’industria petrolifera le cui assenze di strategie rallentano la conversione ecologica dell’economia verso la mobilità elettrica e le rinnovabili, facendo pagare un duro prezzo all’Italia in termini di competitività industriale sui mercati globali e per il raggiungimento degli obiettivi sul clima. Clicca qui.
5. Ilva e le altre: bonifiche farsa sui terreni agricoli inquinati
Le bonifiche dei siti inquinati in Italia, come tutti sanno, non si fanno quasi mai. E allora, avranno pensato al ministero della Transizione ecologica, perché non trovare il modo di non farle per legge o di farle un po’ meno difficili o magari solo in parte? Clicca qui.
Avevo identificato la caporetto dei Cinquestelle come una conseguenza del “tradimento” dell’alleanza programmatica con i Movimenti ecopacifisti, ovvero dell’immolazione della “Democrazia diretta” sull’altare della “Democrazia rappresentativa”. In loro difesa, Travaglio non convince: “Caro Lino, capisco tutto. Ma forse ti è sfuggito che i 5Stelle nell’estate del 2019 hanno votato in Parlamento il Tav, ovviamente da soli, anche al costo di far saltare il governo con la Lega. E purtroppo hanno perso”. Con questa debole posizione Travaglio dimostra di non conoscere o riconoscere il fondamentale pezzo di Storia patria scritto dai Movimenti tramite la prassi della Democrazia diretta, dimostra il limite di un (ottimo) notista della Politica rappresentata esclusivamente dai Partiti, come se la Politica si esaurisse nell’intermittente rapporto fra eletti ed elettori, come se tanta costante sostanza della Politica non la facessimo noi dei Movimenti fuori dai Partiti, anche influenzando le stesse votazioni. Va da sé che Travaglio, all’autocritica di Beppe Grillo: “Non credo più nella rappresentanza parlamentare, preferisco la democrazia diretta che è la sua evoluzione”, rischia di fare la caricatura. Travaglio dunque merita una replica: clicca qui.