Scandalosa Medicina Democratica al processo Solvay.

Al processo di Alessandria (il secondo) contro Solvay (Syensqo), le Associazioni ambientaliste  si sono presentate Parti civili. Tutte hanno ricevuto l’offerta di Solvay di stroncare il processo mediante un Patteggiamento a suon di migliaia di euro. E tutti, Comitati e Associazioni, Legambiente, ComitatoStopSolvay, Movimento di lotta per la salute Maccacaro, Anemos, Vivere in Fraschetta, Greenpeace, Wwf,  hanno respinto disgustati la scandalosa e offensiva offerta di comprare-vendere la salute della popolazione. L’hanno fatto tramite esaurienti comunicati stampa (di cui in calce allegata *** una sintesi dei contenuti).
 
Tutte le Associazioni hanno respinto il patteggiamento, tranne una: Medicina democratica. Non resta che stigmatizzare il fatto. Il lupo non perde né il pelo né il vizio.  
 
Si riapre, così,  la ferita inferta con lo scoppio del bubbone alla conclusione (2015) del primo processo Solvay. La sciagurata sentenza venne, immediatamente e pubblicamente, bollata come “scandalosa” dall’assemblea della “Sezione di Medicina democratica di Alessandria”: unica competente a giudicare alla luce di una esemplare storia quarantennale di lotte autogestite (di massa e personali) nei confronti di Montedison e Solvay. Scandalosa perché negava l’avvelenamento doloso, eludeva la bonifica, non riconosceva i risarcimenti alle Vittime per le malattie e le morti, ma… elargiva sostanziosi compensi di migliaia di euro ad associazioni e avvocati (come appunto promette l’odierno patteggiamento).
 
Per contro, invece, la sentenza fu giudicata “soddisfacente” dall’avvocata Laura Mara. Lo scontro intestino a Medicina democratica si accese: leggasi “Ambiente Delitto Perfetto” o “Luigi Mara & Medicina democratica”. Scontro infuocato quando l’avvocata scelse d’autorità di sostenere in Appello la conferma della sentenza piuttosto che l’impugnazione, e divenne irreparabile quando il presidente dell’associazione d’imperio si rifiutò di aprire -a titolo gratuito- causa civile per il sacrosanto riconoscimento dei danni alle Vittime. A nulla valse la revoca di Lino Balza al mandato dell’avvocata Mara, né le dimissioni dal direttivo nazionale, né la minaccia della Sezione che, preso atto, infatti si sciolse, e da allora si è mai più costituita. Insomma, di fronte al tradimento del pensiero e dell’opera di Maccacaro e al tradimento del popolo inquinato alessandrino , non restò dopo 40 anni che la dolorosa scissione. E ora, nel decennale, la storia si ripete.
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
 
***
“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
 
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
 
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.
 
Su questi tre imperativi etici e politici -in primis fermare Solvay- hanno concordato i gruppi locali dei Comitati e delle Associazioni di Alessandria, impegnandosi ciascuno ad articolare all’opinione pubblica prese di posizione forti e inequivocabili nei confronti delle Istituzioni, in grado di mobilitare la popolazione e fare blocco sulla  Procura.

Limiti zero Pfas in Italia: perfino gli ambientalisti balbettano.

L’unico provvedimento legislativo atto a risolvere il disastro ecosanitario dei Pfas in Italia è stato il Disegno di Legge ex Cinquestelle: l’unico che prevedeva limiti zero, cioè la messa al bando dei cancerogeni.  Dunque, l’unico che presumeva la fermata della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria): produttrice monopolista nazionale. E proprio per questo motivo, il DDL Crucioli è stato sepolto in Senato. E proprio dalla lobby chimica capitanata da Solvay Syensqo, che controlla il Parlamento italiano ed europeo.
 
La longa manus di Solvay sul governo, infatti, ha prodotto il decreto legislativo 260 approvato dal Consiglio dei Ministri al Senato, per poi passare al vaglio delle Commissioni parlamentari. Confezionato apposta per garantire alla multinazionale la prosecuzione delle attività che stanno sfasciando il territorio alessandrino, il decreto per la presenza di Pfas nelle acque potabili stabilisce limiti superiori di ben 10 volte a quelli introdotti cautelativamente in Danimarca: 2 nanogrammi per litro. Limiti che, ripetiamo, per queste molecole cancerogene note come “inquinanti eterni” dovrebbero essere Zero, piuttosto che l’applauso dei Verdi al governo, e i balbettii della stessa Greenpeace, che genericamente chiede “limiti più bassi”. 
 
La longa manus della lobby chimica è trasversale nel Parlamento italiano dove sono state presentate dalle minoranze compromettenti Mozioni (clicca qui). E’ un controllo che si allunga dal Parlamento europeo, dove la lobby deve bloccare l’Echa (l’Agenzia europea delle sostanze chimiche) che stava a esaminando la proposta di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia di vietare uso e produzione di Pfas (come voleva il DDL Crucioli). Tant’è che proprio in questi giorni la commissaria Ue per l’Ambiente, Jessika Roswall, ha confermato che per la stretta annunciata da Bruxelles sui Pfas bisognerà attendere almeno il 2026. Era questa la linea indicata dal più autorevole  lobbista, Mario Draghi, nel documento sulla competitività europea. Smentendo l’Echa: “Esistono già le alternative ai Pfas”, Draghi ha invece sponsorizzato: “I Pfas non sono sostituibili in diversi settori industriali”, riferendosi particolarmente ai settori militari, quanto mai attuali nella corsa al riarmo europea. Prontissimo,  proprio  nella casa madre  Solvay  di Bollate (Milano), il ministro Adolfo Urso ha commentato: “C’è un’aria nuova in Europa. Sul ‘modello Meloni’. Una visione pragmatica che affronta la realtà coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale”. Tradotto: profitti in cambio di salute.

Greenpeace è sotto attacco in Usa e Italia. Abbiamo bisogno del tuo aiuto!

La gigantesca compagnia petrolifera Energy Transfer ha intentato una causa contro Greenpeace negli Stati Uniti e contro Greenpeace International per 300 milioni di dollari. E quello che più temevamo è accaduto: una giuria in North Dakota si è espressa a favore di una condanna che porterebbe Greenpeace a pagare oltre 660 milioni di dollari in questa causa pretestuosa. (Clicca qui).
 
Anche in Italia Greenpeace è sotto attacco: il GUP del Tribunale di Alessandria sta tentando di escluderla (con Lino Balza) quale Parte Civile al Processo contro la multinazionale belga Solvay Syensqo per il disastro ecologico e sanitario in corso (doloso!!) ad opera del complesso chimico di Spinetta Marengo. Per il quale, anche con l’aiuto della clamorosa indagine PFAS di Greenpeace in Italia, “Acque senza veleni”, i Comitati e le Associazioni rivendicano la immediata chiusura delle produzioni inquinanti della Solvay produttrice monopolista di Pfas.
 
Greenpeace potrebbe essere costretta a chiudere. In un contesto in cui politici negazionisti della crisi climatica, come Trump o Milei (a tacere Meloni),  governano interi Paesi, la battaglia per il futuro del pianeta e dei suoi abitanti è in serio pericolo. Trump ha già cancellato dai siti governativi americani la parola “cambiamento climatico”, il parlamento italiano non ha alcuna intenzione di varare una Legge per la messa al bando dei PFAS. Ora il rischio è che venga cancellata anche Greenpeace. Aiutaci a continuare la nostra lotta! Non possiamo permettere che gli interessi economici delle grandi multinazionali e i deliri di onnipotenza di chi governa, mettano a tacere chi si batte per difendere il pianeta. Una sconfitta nei tribunali sarebbe un precedente preoccupante, che aprirebbe la strada ad ulteriori cause contro il movimento ecologista e per i diritti umani in tutto il mondo, rendendo il nostro impegno sempre più rischioso. Le persecuzioni e gli attacchi contro chi si impegna quotidianamente per difendere il pianeta e i diritti umani stanno aumentando. Non permettiamo che ci mettano a tacere!

ULTIMORA.

Per onorare la Giornata Mondiale dell’Acqua, alle consuete emissioni “accidentali” in atmosfera e acque, Solvay (Syensqo) ha provveduto… ad aggiungere un blackout dello stabilimento di Spinetta Marengo (Alessandria).
 
L’Arpa ha diramato comunicati: “Nella mattinata di ieri, 23 marzo 2025, personale tecnico di Arpa ha svolto un primo sopralluogo per acquisire informazioni preliminari circa l’evento di black-out avvenuto nella notte tra sabato e domenica presso lo stabilimento. Al momento del sopralluogo di domenica mattina, l’energia elettrica era già stata ripristinata e risultavano nuovamente funzionanti la barriera idraulica e il TAF (trattamento acque di falda), mentre erano in fase di completamento le procedure di riavvio delle utility. In contemporanea si è proceduto ad avviare l’autocampionatore automatico per verificare la qualità dello scarico tramite analisi di laboratorio“. Oggi “è stato svolto un secondo sopralluogo per approfondire le dinamiche dell’evento di blackout per individuarne le possibili cause e i potenziali impatti. Nel corso del sopralluogo sono stati prelevati campioni ai diversi pozzetti di scarico interni allo stabilimento, da sottoporre alle analisi di laboratorio”.
 
Gli approfondimenti dell’Arpa proseguiranno nei prossimi giorni anche sulla base degli elementi aggiuntivi richiesti all’azienda. Per quanto concerne le acque sotterranee, “sono in corso in questo periodo i campionamenti di monitoraggio trimestrale; nei prossimi giorni si valuterà l’effettuazione di alcuni prelievi aggiuntivi, allo scopo di appurare eventuali effetti determinati dall’interruzione di energia”.

Parti civili che tutelano ambiente e salute, e altre che non lo fanno.

Proseguono le udienze al processo Pfas di Vicenza. Mentre al processo gemello di Alessandria associazioni e avvocati dovrebbero -senza nascondersi dietro il mignolo della Procura della Repubblica- sottoporsi ad un esame di coscienza  (A fronte di un siffatto disastro sanitario ed ecologico, quanti ad Alessandria hanno la coscienza a posto?) dopo aver ascoltato le richieste di risarcimenti di Wwf, Medicina democratica, Italia Nostra, Isde, al processo Miteni di Vicenza. E precisamente 250mila euro ciascuno i 53 operai parti civili e 110mila euro per ciascuna organizzazione. Legambiente ha chiesto 330mila euro. Sconcertante confrontare Vicenza con  Alessandria, dove Solvay offre

per uscire pulita dal processo- un patteggiamento a Comuni-Regione-Ministero, e dove avvocati stanno contrattando… 3.500 euro   per ciascuna parte civile fisica.
 
Invece a Vicenza, non sono “le due ultime ruote del carro” come ad Alessandria, bensì sono 15 i manager della Miteni di Trissino, o a quest’ultima riconducibili, finiti alla sbarra (121 anni di carcere) per avvelenamento delle acque, disastro ambientale, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari con l’aggravante della condotta dolosaper consapevolezza e occultamento, insomma per “un crimine efferato, un crimine voluto”, come dovrebbe per Solvay di Alessandria e non è. Anzi, le parti civili venete hanno chiesto la condanna di tutti e quindici gli imputati, senza lo sconto assolutorio  dei PM per 6 di essi.
 
Anzi, hanno inoltre chiesto di inviare alla Procura della repubblica gli atti che riguardano le condotte del medico aziendale, il professore Giovanni Costa -lo stesso di Spinetta Marengo- inserito in un disegno strategicamente inteso giustappunto  “all’occultamento delle responsabilità aziendali”. Questo medico, infatti, in possesso di secretate analisi del sangue di Trissino (Miteni) e Spinetta (Ausimont), inviò nel 2001 le provette ai laboratori di 3M a Denver in Colorado e a Brema in Germania: tutte che superavano le soglie limite Pfas.  Al punto che le Assicurazioni rifiutarono polizze per l’esposizione Pfas in quanto di “alto il rischio associato all’industria chimica, in termini di responsabilità civile, operai e ambiente”. Ma, fregandosene, Miteni e Ausimont, poi Solvay… aumentarono addirittura le produzioni, e fregandosene degli allarmi dell’EPA (Ente Protezione Ambientale) americana. Non solo, Costa nel 2014 su incarico di Solvay effettuò uno studio sui risultati delle campagne annuali di monitoraggio biologico nei lavoratori esposti a PFAS.
 
Infine, le richieste delle parti civili non istituzionali al processo di Vicenza  sono chiare: la battaglia per l’acqua e per l’ambiente non può concludersi senza un completo ripristino della risorsa idrica. Il disastro ambientale non si è fermato con il termine dei capi d’imputazione del processo in corso, e chi ha inquinato deve assumersi la responsabilità di riparare il danno. La Procura è chiamata a intervenire per garantire giustizia e impedire che il problema venga lasciato irrisolto. Affiancandosi alle oltre 300 parti civili già costituite, infatti la società di servizio idrico integrato Viacqua ha ribadito  che dopo il 2013 Mitsubishi Corporation e ICIG (ex Miteni) non hanno minimamente  provveduto alla bonifica dell’area contaminata dai Pfas: nelle falde e  nel sangue di migliaia di cittadini tra Vicenza, Verona e Padova; anzi, è mancata l’interdizione dell’area dopo il fallimento di Miteni nel 2018.
 
Non sfugga che anche in Veneto, come in Piemonte, in palese contrasto con le parti civili che tutelano onestamente le Vittime persone fisiche, sono invece “compiacenti” le istituzioni accusate di omissioni e complicità:  le richieste risarcitorie del ministero dell’Ambiente che si accontenta di 56 milioni di euro, della Regione Veneto, delle aziende sanitarie di Vicenza, Padova e Verona, del comune di Trissino, che hanno avanzato un conto di 20 milioni.

A fronte di un siffatto disastro sanitario ed ecologico, quanti ad Alessandria hanno la coscienza a posto?

I Sindacati? I sindacati, nei primi cinquanta anni di esistenza del polo chimico di Spinetta Marengo hanno fatto quello che hanno potuto in quella che venne subito soprannominata “la fabbrica della morte” ma che sfamava centinaia di famiglie per metà contadine. Solo dopo il Sessantotto, fino alla sconfitta sindacale degli anni ’80, la tutela della salute è al primo posto in fabbrica e finanche fuori. E’ dal “Consiglio di fabbrica” che viene elaborata la rivendicazione dell’”Osservatorio ambientale della Fraschetta”. Dopo, invece, il ricatto occupazionale, vero o presunto, spinge il sindacato in un patto di subordinazione politica e culturale con Montedison e Solvay, pur nella consapevolezza della tragica nocività: è emblematico il volantino aziendale della CGIL del 2002 che per prima denuncia il cancerogeno PFOA, e poi tace per sempre pur conoscendo le analisi del sangue (PFAS) dei lavoratori. E’ emblematico il fatto che, in decine di anni, né all’Inail né in tribunale sia mai stata avviata causa di risarcimento per malattie e morti operaie. Neppure sostenuto nei due processi penali contro Solvay [*] .
 
I Movimenti? L’ “Associazione dei Comitati della Fraschetta” e la “Rete ambientalista provinciale”  dagli anni ’80 al 2000 svolgono azioni di supplenza all’inazione dei sindacati, non solo riferite al polo chimico ma anche alle altre situazioni di crisi del territorio. Si tratta di manifestazioni che coinvolgono in piazza migliaia di persone e sono contrassegnate da una forte conflittualità  nei confronti di Provincia e sindaci  di Alessandria (prevalentemente di sinistra).
 
I politici? La democratica e rivoluzionaria proposta di “Osservatorio ambientale” è in aperto conflitto con la criminale opacità di Montedison prima e di Solvay poi; dunque con la complicità delle istituzioni. Anzi, con la loro connivenza, addirittura corruzione: come emerge clamorosamente nelle dichiarazioni della stessa Solvay al primo processo del 2009 (nei verbali delle udienze e leggendo “Ambiente Delitto Perfetto”). Eppure, sotto la spinta popolare, essi effettuano “obtorto collo” le prime (delle otto) indagini epidemiologiche esplodenti l’eccesso di patologie e tumori fatalmente riconducibili alle emissioni tossiche e cancerogene di Montedison e Solvay. Ma il loro piede sul freno resterà sempre premuto a negare o rallentare i monitoraggi di massa del sangue della popolazione (“la pistola fumante”) [**]. A tacere il peso della lobby Solvay sull’intero Parlamento [***] .
 
I magistrati? La prima, e unica, Procura di Alessandria che non viene contestata da Comitati e Associazioni è quella diretta da Michele Di Lecce (con il sostituto Riccardo Ghio) che nel 2009 incrimina l’intero management Solvay per avvelenamento doloso (fino a 16 anni di reclusione), ma che viene abbattuta dalla sentenza che rimpicciolisce i reati a blande colposità, non risarcisce le Vittime, e non obbliga alle bonifiche. Così, dei venti esposti alle Procure del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, ben 11 sono invano depositati presso il nuovo procuratore capo Enrico Cieri. Così, benchè tutti chiedono di intervenire -per presunti reati dolosi- su dettagliati e reiterati fatti di lesione all’ambiente e alla salute dei lavoratori e dei cittadini,  invece, il capo di imputazione del ritardato processo odierno è ristretto a un leggero reato colposo e a carico delle ultime ruote del carro (due semplici direttori). In più (a tacere la clamorosa esclusione di Lino Balza quale parte civile [****]) il GUP ha avviato addirittura la verifica con le parti civili di un patteggiamento che sarebbe un clamoroso colpo di spugna economico e penale per Solvay [*****] .
 
Gli avvocati e i medici?  Ad Alessandria gli avvocati si sono sempre accodati, e accomodati, ai capi di imputazione delle Procure (nel bene: Di Lecce e nel male: Cieri), mai opponendosi nelle memorie e nel dibattimento. Questi processi in sede penale si risolvono con sostanziose parcelle legali, con regali a Associazioni che piombano sui processi come avvoltoi, con “risarcimenti” a Enti locali e sindacati che piuttosto meriterebbero di sedere sul banco degli imputati. Non si risolvono mai, né ieri né oggi nella storia di Alessandria, in risarcimenti pubblici per il disastro del territorio e, quanto meno, in risarcimenti alle Vittime: alle centinaia o migliaia di Ammalati e Morti. Per questi risarcimenti gli avvocati non hanno mai intrapreso azioni collettive in sede civile -efficaci “class action- scusandosi della difficoltà di censire una massa di persone lese  (cosa ci stanno a fare Comitati e Associazioni?), nonché della mancata collaborazione dei medici, nella fattispecie dei medici legali che offrano non speculativamente la propria prestazione.  
 
I giornalisti? Un velo pietoso su quelli di Alessandria, salvo eccezioni. Fanno epoca le clamorose intercettazioni della Procura sui rapporti di alcuni giornalisti con Solvay. Insomma, più luci sul passato (si legga “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza) e più ombre sul presente  (si legga sempre “Ambiente Delitto Perfetto).
 
[*****]

I depuratori non fermano i Pfas, bisogna bloccare produttori e utilizzatori.

Non per inveire “dagli all’untore”, ma non può che essere la Solvay di Spinetta Marengo ad avvelenare anche Torino.  E’ fuori di dubbio, infatti, che l’unico produttore dei cancerogeni Pfas in Italia è la multinazionale belga, in particolare con il brevetto C6O4, e che da Spinetta Marengo direttamente inquina in territorio alessandrino e, indirettamente, il Piemonte e l’Italia.
Infatti, La Stampa fa grandi titoli: Pfas, l’allarme di Smat: ‘I depuratori non bastano, bisogna bloccare gli scarichi industriali’.  Infatti, Rai Piemonte titola “I Pfas anche nelle fogne di Torino: trovati C6O4 e PFOA”.
 
Spiegano: Punte di 40mila nanogrammi per litro. Il composto con la concentrazione media più alta è proprio il C6O4. Tra le molecole maggiormente presenti ne salta all’occhio una trovata in corrispondenza di un’industria galvanica. Su oltre 200 controlli il maggior numero di campioni positivi è stato ricondotto a piattaforme di trattamento rifiuti. Il monitoraggio Smat sulle acque reflue riconduce la contaminazione a piattaforme di trattamento rifiuti, industrie galvaniche e alcuni altri impianti produttivi”.
 
Smat (Società Metropolitana Acque Torino S.p.A.) ammette di non essere in grado di depurare le acque nere dai Pfas. E dunque chiede al Comune di “introdurre dei limiti che impediscano alle aziende di sversarli nel reticolo fognario. Obiettivo: salvare i nostri fiumi. E in ultima istanza l’ambiente, e anche l’acqua potabile”. A maggior ragione perché la mappa di Greenpeace segnala il Piemonte e Torino tra i territori più colpiti.

Longa manus di Solvay sulla politica, dalla destra alla sedicente sinistra. 

Polvere di stelle.
La potenza PFAS della lobby chimica capitanata da Solvay in grado di condizionare pesantemente il Parlamento è ad esempio di evidenza plastica nel tergiversatore Ordine del giorno presentato alla Camera dai deputati. https://www.camera.it/leg19/995?sezione=documenti&tipoDoc=assemblea_allegato_odg&idlegislatura=19&anno=2025&mese=03&giorno=10.
 
Viene a malapena  citato lo storico avvelenamento aria-acqua-suolo del territorio di Alessandria ad opera dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo: unico sito di produzione PFAS in Italia, della quale la chiusura -immediata-  è invece la “conditio sine qua non” per avviare seriamente lo stop della tragedia ecosanitaria dei cancerogeni PFAS.
Di conseguenza, non si chiede una legge nazionale di messa al bando –immediata- della produzione.
 
D’altronde tra i deputati firmatari primeggia Sergio Costa, ex poliziotto, generale dei carabinieri forestali, vicepresidente della Camera, il quale, da “ministro dell’ambiente nei governi Conte I e II”, annunciò più volte e solennemente addirittura di “fissare il limite zero Pfas”, salvo affossare il Disegno di legge di Mattia Crucioli,  senatore del suo stesso partito, che metteva al bando in Italia la produzione Pfas (Solvay, Spinetta Marengo) e il suo uso industriale e nei consumi, nonché stabiliva le procedure di bonifica (https://www.edocr.com/v/kv5mnoyz/bajamatase/crucioli-ddl). Costa fu dai Comitati  ridicolizzato e contestato in piazza  “Con la salute dei nostri figli non si scherzi”, eppure attualmente è  coordinatore nazionale del comitato “Pianeta 2050”, piattaforma interna al M5S che si occupa di politiche ambientali, agricole, alimentari e protezione animali. (sic).
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro
 
A siffatti ordini del giorno si contrappone di fatto la diffida di Comitati e Associazioni https://www.rete-ambientalista.it/2025/02/11/politici-stop-patteggiamenti-con-solvay-sulla-pelle-della-gente/:
 
“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
 
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
 
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.

Solvay ringrazia Montecastello per grazia ricevuta.

“E di trista vergogna si dipinse” (avrebbe detto Dante?) il consiglio comunale di Montecastello, che ha deliberato di accettare i centomila euro di patteggiamento di Solvay. E’ come, hanno esclamato gli ambientalisti, se WWF, Greenpeace, Medicina democratica mercanteggiassero con Solvay l’elemosina a beneficio di se stessi e di quei pochi cittadini che i loro avvocati rappresentano, quali parti civili nel processo di Alessandria (il secondo) per il disastro ecologico e sanitario, quasi fosse una lotteria fra le centinaia di migliaia di persone della provincia. Sarebbe, infatti, un insulto etico e morale se Solvay se la cavasse elemosinando a poche decine di persone un “compenso per il metus”, cioè per la paura di ammalarsi, timore peraltro comune a tutta la popolazione provinciale, piuttosto che essere condannata a risarcire alle Vittime gli enormi danni per le malattie le morti. Come incitò a fare, tramite class action, il Procuratore generale della Cassazione: Questi (il management Solvay) dovete colpirli nel portafoglio.
 
In forza di quella “grazia penale” concessa alla Solvay dal consiglio comunale, i cittadini di Montecastello non saranno risarciti per i danni patrimoniali e non patrimoniali subìti avendo bevuto l’acqua avvelenata dai PFAS della Solvay, fino a quando il sindaco è stato costretto a chiudere l’acquedotto. I centomila euro a malapena coprono i costi, con tanto di mutui, sostenuti direttamente a collegare e tombare i pozzi idrici, in aggiunta a quelli sopportati dalla Regione. Il sindaco Gianluca Penna “carte alla mano” ha cercato di giustificarsi…  esaltando i settemila euro, in aggiunta ai centomila, “strappati” a Solvay quale “danno di immagine”. Il vero danno di immagine è, semmai, quello che stanno sopportando con lo sconsiderato patteggiamento gli incolpevoli cittadini di Montecastello.
 
Nota Bene. Il patteggiamento di Montecastello o, peggio, di Alessandria, è in grado di condizionare  le azioni giudiziarie penali e civili  degli altri Comuni alessandrini della “Fraschetta, dove è già stata rilevata una allarmante presenza di Pfas, esempio Piovera, Castellazzo Bormida…

L’offerta di Solvay a Comune e Regione per comprare la salute della popolazione.

Ufficializzato il patteggiamento con il Comune di Montecastello (100mila euro), ora si attendono gli esiti delle trattative in corso di Solvay con il Comune di Alessandria. Al quale, per uscire come  parte civile dal processo sarebbero state offerte altrettante 100mila euro… “quale danno di immagine”. 1 milione sarebbe comunque oltraggioso a vendere la salute dei propri cittadini. 100mila, al pari del piccolo Montecastello, è addirittura irridente sul piano “contrattuale” considerando che ogni sindaco ha il potere, quale massima autorità sanitaria locale, di fermare precauzionalmente con ordinanza le produzioni inquinanti la salute della popolazione. Ma il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, aveva già omesso questo dovere morale e istituzionale: oggi non più considerato un “debito esigibile”.
Solvay considera inoltre aggiudicata la complicità del sindaco che finge di non sapere che a Spinetta Marengo in giornate invernali si registrano concentrazioni di PFAS nell’aria di 1000 volte superiori come ordine di grandezza ai valori assunti come riferimento, e resta inerme di fronte alle clamorose fughe di gas, come l’ennesima del 16 febbraio: gravissima perchè riferita al micidiale “perfluoroisobutene”, che in passato ha ucciso. Clicca qui il commento dell’ex assessore Claudio Lombardi. Peraltro, la complicità di Abonante è data per scontata dopo le giustificazioni illegittime per un sindaco: “E’ l’Asl che mi deve ordinare la chiusura degli impianti”, mentre si nasconde dietro l’altrettanta complice Regione Piemonte, accusandola.
Per i danni inferti al territorio e alla popolazione piemontesi, Solvay dovrebbe pagare fior fiore di miliardi in un processo secondo Giustizia. Invece cerca di uscirne con un patteggiamento di qualche centinaia di milioni con la Regione Piemonte. Per preparare l’opinione pubblica alla scandalosa rinuncia di parte civile nel processo, è all’opera l’altisonante “Task Force” dell’imbonitore assessore regionale alla sanità, Federico Riboldi, con assemblee ad Alessandria che coinvolgano i Comitati. Invece di sottoporre finalmente ad un monitoraggio di massa fino a centinaia di migliaia di persone, la Regione appunto dichiara “Non sono valori allarmanti” i livelli di Pfas nel sangue della popolazione estraendo “un campione di 135 residenti entro 500 metri dal Polo Chimico di Spinetta” (29 nel primo step). Lo sono allarmanti invece, anche in queste estrapolazioni.
Lo sono fingendo di ignorare che, per PFOA o ADV o C6O4 ecc., per la salute l’unico valore sicuro nel sangue di tutti i Pfas è ZERO, e pur affidandosi ai “valori soglia” ufficiali.  Lo sono perché, nel campione, TUTTE le persone hanno Pfas nel sangue, alcune addirittura superiori a 20 ng/ml. Se rapportiamo il dato al complesso della popolazione provinciale: la situazione sanitaria è catastrofica, altro che “non allarmante”. Infatti, per non allarmare -in cambio del fare cassa nel patteggiamento di una manciata di milioni- la Regione ha il compito di rallentare al massimo il monitoraggio provinciale. Per questa mistificazione mediatica la Regione si avvale di una “Commissione Clinica” appositamente da lei stessa nominata.
Il micro-monitoraggio per loro sarebbe “non allarmante” anche se -è allucinante!!- “consigliano” “specialmente in popolazioni sensibili come le donne incinte, misure di riduzione dell’esposizione quali: utilizzare a fini alimentari le sole acque provenienti dall’acquedotto evitando le acque di pozzo, non utilizzare l’acqua di pozzi privati o da falda superficiale sia per uso domestico che per uso alimentare o agricolo, l’integrazione regolare nella dieta del consumo di alimenti di produzione propria o in generale locale, con il consumo di alimenti di provenienza diversa,” altro che chilometro zero, “considerare l’azione additiva di queste esposizioni con altre esposizioni a rischio (ad es tabacco, alcool, sedentarietà e alimentazione). Gli “esperti” della Regione se ne lavano infine le mani consigliando ai Medici di base di consigliare alle persone “con valori superiori a 20 ng/ml nel sangue, poiché esiste un incremento del rischio di effetti avversi, di adottare le misure di riduzione dell’esposizione” licenziandosi o espatriando?  “e procedere con una serie di analisi e alla raccolta di alcuni dati sulla vita delle persone”. E’ allucinante!

I processi italiani cruciali per il destino dei Pfas in Europa.

I processi di Vicenza e Alessandria sono fratelli ma non gemelli: hanno grosse differenze. Quello di Alessandria è il secondo perché Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza in Cassazione ha continuato a inquinare come prima e più di prima con 21 cancerogeni fra cui i PFAS, e, invece di una conseguente pesante condanna per reiterato comportamento doloso e criminale, rischia  addirittura di concludersi prima di iniziare con un assolutorio patteggiamento: un mercimonio di pochi  centinaia di milioni di euro anziché miliardi.
 
A Vicenza, invece, una dignitosa Procura, nel processo che sta per concludersi, disastro ambientale e avvelenamento delle acque, ha chiesto la condanna per dolo, “consapevolezza di avere inquinato senza prendere contromisure”,  di 9 amministratori e manager (Miteni, Mitsubishi, ICIG) che si sono succeduti nella gestione PFAS della  Miteni di Trissino: la pena più pesante è di 17 anni e sei mesi, la più tenue di 4 anni di reclusione. In totale le richieste di condanna raggiungono i 121 anni e 6 mesi di reclusione.
 
Solvay Syensko, unica produttrice di Pfas in Italia, ha bilanci in attivo stratosferici, Miteni invece  è fallita e senza soldi per i risarcimenti (con o senza coperture assicurative). In comune i due processi hanno lontane anni luce le bonifiche non solo dal completamento ma pure dal concepimento: suolo-acqua-aria di 21 cancerogeni per Spinetta e, per Trissino l’avvelenamento da Pfas della falda più grande d’Europa, in modo che i Pfas si sono trasferiti negli acquedotti finendo nei rubinetti delle case di decine di Comuni nelle  province di Vicenza, Verona e Padova, coinvolgendo il sangue di 350mila persone, causando gravissime malattie e  tumori: un’indagine epidemiologica ha quantificato in 4.000 le vittime in un arco di tempo di circa trent’anni.
 
Quali “bombe atomiche ad orologeria innescate” (definizione del pm Hans Roderich Blattner), il Veneto ha in comune con il Piemonte che rimane ammantata da un alone di ambigua omertà la catena delle responsabilità dei soggetti pubblici che avrebbero dovuto impedire che si materializzasse uno dei casi ambientali più gravi della storia recente del Vecchio continente.
A monte dei due processi epocali giganteggiano gli interessi in gioco. Sono  colossali. I Pfas sono sostanze artificiali cruciali per una miriade di applicazioni: microprocessori e produzione bellica in primis. Scalfire gli interessi del complesso militare industriale è una sfida di non poco conto. In Italia la Solvay Syensko, unica produttrice di Pfas nello stabilimento di Spinetta Marengo, guida la lobby confindustriale che blocca una legge di messa al bando dei Pfas in produzione e consumo. In Europa può esistere una maggioranza a favore del divieto totale, tuttavia la proposta di restrizione universale, avanzata da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, sta subendo un rallentamento inaccettabile a causa appunto delle lobby del settore chimico, che stanno investendo milioni per bloccare il divieto. L’esito dei due processi italiani diventa dunque cruciale.

I Pfas non dovrebbero mai trovarsi nei giocattoli per bambini.

Secondo l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente-Isde e l’Associazione Culturale Pediatri-Acp, i Pfas continuano a essere presenti nei prodotti destinati ai bambini, con il rischio di gravi conseguenze sulla loro salute. Isde e Acp hanno inviato una lettera ai ministri della Salute e dell’Economia per chiedere di vietare l’uso di Pfas e bisfenoli, già banditi dagli imballaggi alimentari in diversi Paesi, ma ancora ammessi nei giocattoli. Le evidenze scientifiche sono schiaccianti: i Pfas sono sostanze che indeboliscono il sistema immunitario, riducono l’efficacia dei vaccini e aumentano il rischio di malattie croniche, sono stati rinvenuti nelle urine dei bambini di tutta Europa e sono associati a problemi di sviluppo, obesità e persino tumori.
 
La partita ora si gioca nei palazzi della politica, tra pressioni industriali, in particolare di Solvay che, nello stabilimento di Spinetta Marengo, è l’unico produttore italiano di Pfas. Sono scelte che definiranno il livello di tutela per le nuove generazioni.

Politici, stop patteggiamenti con Solvay sulla pelle della gente.

“I Comitati e le Associazioni invitano la Procura di Alessandria a non intraprendere procedimento di patteggiamento con Solvay/ Syensqo inteso a favorire in senso premiale all’imputato di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo.”
“I Comitati e le Associazioni diffidano le Istituzioni locali e nazionali (Comune, Regione, Ministero ecc.) di proseguire tavoli di trattative intesi a favorire tale patteggiamento che affievolisce i reiterati reati penali e civili di contaminazione ambientale e non riconosce alle Vittime, persone fisiche morte o ammalate, i reali risarcimenti rapportati ai danni individualmente subìti”.
“I Comitati e le Associazioni, a discrimine di ogni ipotesi di patteggiamento,  pongono  irrinunciabilmente al primo posto l’immediata interruzione della condotta di contaminazione che continua a perdurare, cioè pongono l’arresto della produzione e dell’utilizzo delle sostanze tossiche e cancerogene: con l’azzeramento delle emissioni in aria, nel sottosuolo ed in falda e col procedere contestualmente -a carico dell’azienda- ad una reale e completa bonifica dell’inquinamento fino ad oggi generato”.
Su questi tre imperativi etici e politici -in primis fermare Solvay- hanno concordato i gruppi locali dei Comitati e delle Associazioni di Alessandria, impegnandosi ciascuno ad articolare all’opinione pubblica prese di posizione forti e inequivocabili nei confronti delle Istituzioni, in grado di mobilitare la popolazione e fare blocco sulla  Procura.
Così, hanno proceduto con comunicati stampa Legambiente (clicca qui) e Movimento di lotta per la salute Maccacaro (clicca qui). Così, proseguiranno le prese di posizione di  WWF, Comitato Stop Solvay, Medicina democratica, Vivere in Fraschetta, GreenpeaceAnemos eccetera. Aspettando i Sindacati e i Partiti.

Le parti civili a cui Solvay propone di vendere la salute della popolazione.

La Solvay (Syensqo) ha ottenuto dal GUP di Alessandria il rinvio dell’udienza di sei mesi allo scopo di addivenire ad un patteggiamento premiale con la Procura della Repubblica, ovvero di chiudere anticipatamente senza dibattimento la vicenda penale relativa al disastro eco sanitario dello stabilimento di Spinetta Marengo. Allo scopo, i sei mesi servono alla Solvay per concludere trattative con le Parti civili: affinchè le stesse esprimano eventuale assenso alla Procura della Repubblica.
I nodi da sciogliere con le Parti civili riguardano minimamente le PARTI CIVILI FISICHE. Queste persone, infatti, sono un paio di centinaia ammesse con discriminazione al processo: non si giustifica perché alla stregua non siano ammesse le decine di migliaia di alessandrini, magari Vittime di malattie e morti. Ebbene, Solvay reputa che queste persone, scontando che non hanno nessuna fiducia nella Giustizia, si accontenteranno dell’elemosina di poche migliaia di euro, mentre  le parcelle degli avvocati sarebbero una cuccagna.
I nodi da sciogliere riguardano invece le parti civili istituzionali: Governo, Regione e Comune.
IL GOVERNO 
Un Tribunale (anche in questo processo bis) potrebbe (finalmente) condannare Solvay a risarcire allo Stato i miliardi di euro di reiterati danni ambientali e sanitari inferti al territorio, ovvero la Bonifica. Invece, con un patteggiamento che dà un colpo di spugna al Processo, altro che enormità miliardarie: Solvay se la può cavare simbolicamente con un “dono” di poche centinaia di milioni. E continuare a produrre indisturbata: perché -è inteso- nel frattempo questo Governo, con la sua maggioranza, è ancor meno indicato dei precedenti a varare una Legge  che metta al bando i Pfas in Italia e dunque Solvay di Spinetta, che è l’unica che li produce. In Parlamento la Lobby dei Pfas è onnipotente.
LA REGIONE PIEMONTE
Strozzando il processo, il patteggiamento serve a Solvay per evitare  condanne miliardarie per danni di risanamento ambientale, cioè per bonifiche, e di costi sociali che la collettività è stata costretta (e sarà) a provvedere, cioè i costi delle strutture sanitarie per accertare e assistere i malati (e i morti). Solvay, con la trattativa in corso con la Regione Piemonte, conta  di cavarsela con poche centinaia di milioni.
La Regione, in cambio del placet alla Procura, intende  scrollarsi di dosso la pressione mediatica di Comitati e Associazioni che l’accusano da tempo immemorabile di omettere indagini ambientali e sanitarie. La Regione giustificherà il “dono” della Solvay proprio per il suo utilizzo a realizzare un monitoraggio della della popolazione. La Solvay è tranquilla perché -è inteso- il biomonitoraggio non sarà di massa, cioè né riferito all’intera provincia, né all’intera zona della Fraschetta, né all’intero comune di Alessandria. Insomma, ai prelievi del sangue non avranno diritto decine di migliaia di persone. La “zona rossa” sarà abilmente circoscritta: ieri a 29 residenti o lavoratori agricoli”, oggi a “135 maggiorenni residenti entro 500 metri dal polo chimico di Spinetta Marengo”, domani “estesa” a qualche altra decina di persone, dopodomani a qualche altra, dopodomani…; non ci sarà mai un domani prossimo e certo  per cui si possa parlare di monitoraggio di massa.
La Solvay è tranquilla. Il micro monitoraggio del sangue, e non anche delle urine,  è ulteriormente limitato: ai Pfas e non alla ventina di sostanze ancor più inquinanti (es. cromo esavalente),  e neppure sarà refertato  a tutti i Pfas: esclusi furbescamente proprio “i nuovi” (es. cC6O4 e ADV) che Solvay ora sta utilizzando. La Solvay è tranquilla: non ammetterà mai che il micro monitoraggio abbia valore probatorio, neppure indiziario, ben lungi da una indagine epidemiologica che le dimostri il nesso causa-effetto, meno che mai disposta a risarcire le Vittime ammalate e morte.
Il compito affidato all’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, autorevole esponente nazionale di Fratelli d’Italia, è quello di andare in giro per Alessandria, assecondato ovviamente dagli omologhi comunale e provinciale, a propagandare il biomonitoraggio rallentato e disinnescato e pomposamente ovvero ridicolmente definito “task force”, ad offuscarne e minimizzarne via via  i risultati, insomma  a fare da imbonitore presso quei Comitati che si prestino al gioco, a insultare invece quelli che  hanno definito  “omertoso” il suo operato. Si   vergogni lui piuttosto, che vende la salute della popolazione.
IL COMUNE DI ALESSANDRIA
Il sindaco è la massima autorità sanitaria sul territorio, e dunque il sindaco di Alessandria con una ordinanza sarebbe stato in grado di fermare le produzioni inquinanti della Solvay di Spinetta Marengo e salvaguardare la salute dei concittadini. Si sa perché non lo farà mai, palleggiandosi dietro la Regione e il Governo. Ad evitare il ripetersi di pubbliche accuse, perciò, un Patteggiamento gli sarebbe di sollievo. Anche perché stiamo parlando di soldi e il Comune non è che navighi in floride acque.
E c’è anche un’altra faccenda, che è stata accusata di mancanza di trasparenza dall’opposizione in Consiglio comunale. La Giunta ha autorizzato  l’acquisizione di un’area nella zona dell’ex zuccherificio, tra Alessandria e Spinetta, circa 20 mila metri quadrati (quasi tre campi da calcio), del valore fiscale di simbolici 34 mila euro. Se a caval donato (“generosamente” dalla società Valtidone) si guarda in bocca, la dentatura è marcia perché il sottosuolo dell’ex zuccherificio è impregnato all’inverosimile dei veleni (cromo esavalente ecc.)  della Solvay. Perché mai la Giunta ha acquisito un’area disastrata che il Comune non ha assolutamente i soldi per bonificare? Addirittura “per farne un centro studi dedicato alla bonifica ambientale dice il sindaco Giorgio Abonante? E i soldi dove li trova per “realizzare una nuova strada per collegare il futuro secondo ponte sul fiume Bormida”? A pensare male si fa peccato, ma il pensiero va alla trattativa con  Solvay. Sono tante le maniere per vendere la salute della gente.

Pfas l’emergenza eco sanitaria dalle Alpi all’Etna.

La spedizione ”Acque senza Veleni” di Greenpeace ha avuto luogo tra settembre e ottobre 2024 per verificare la contaminazione nell’acqua potabile in tutte le regioni d’Italia dei PFAS: sostanze tossiche e cancerogene secondo tutti gli studi scientifici internazionali,  usate in numerosissimi processi industriali e prodotti di largo consumo, che si accumulano “inquinanti eterni” nell’ambiente e nel sangue provocando danni irreversibili alla salute umana.  Per affrontare questa che per milioni di italiani è la forma di inquinamento più pericolosa che sta colpendo il nostro Paese,

non vi è altra  soluzione  che  la chiusura delle produzioni Pfas della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) e il varo di una legge che vieti l’uso di tutti i PFAS in Italia.

Per realizzare la prima mappa nazionale indipendente, Greenpeace ha raccolto 260 campioni, soprattutto in  fontane pubbliche,  in 235 comuni appartenenti a tutte le Regioni italiane. I PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati.  Il cancerogeno PFOA è risultato il più diffuso. Consultando  il report completo con tutti i risultati delle analisi PFAS, clicca qui,  si tratta di una delle peggiori situazioni d’Europa.

Sull’indagine Greenpeace, clicca qui anche una vasta rassegna stampa (Scienze, Il Fatto alimentare, Repubblica, Fanpage, Corriere della sera, La stampa, Radiogold, Resto del carlino, Il manifesto, Avvenire, La nazione, Il fatto quotidiano eccetera), che comprende Piemonte, Veneto, Puglia, Liguria, Abruzzo, Emilia Romagna, Toscana, ecc.

Per una storia completa dei Pfas in Italia dal 1980, invece  consulta gli oltre mille articoli sul Sito www.rete-ambientalista.it  o chiedici i tre volumi del dossier “Pfas. Basta!”.

Bando ai Pfas adesso!

Il 29 gennaio, la facciata metallica dell’edificio Berlaymont, sede della Commissione Europea, tra le bandiere europee, è stata illuminata da un messaggio in lettere bianche e gialle accompagnato da un teschio: “ Bando al PFAS adesso! ”. Il clamoroso messaggio ha fatto seguito…  allo scarico di  secchi di terra contaminata davanti al cancello di Chemours a Dordrecht (Paesi Bassi), all’aver distribuito birre contaminate da PFAS agli operai di una fabbrica chimica a Zwijndrecht (Belgio) ed essersi accampati davanti al tribunale durante il processo Miteni a Vicenza (Italia).
 
Dietro questo appello all’esecutivo europeo, con  richiesta di incontro con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, ci sono due organizzazioni ambientaliste, European Environmental Bureau e WeMove Europe, alle quali hanno aderito rappresentanti delle popolazioni belga, olandese, francese e italiana colpite dall’inquinamento da PFAS. In un’indagine in quattro episodi pubblicata dal 14 al 17 gennaio 2025 dalla RTBF e dai suoi 28 partner del progetto Forever Lobbying , hanno rivelato il costo colossale del disinquinamento dei PFAS in Europa: tra 95 miliardi di euro e più di 2.000 miliardi di euro in Europa nel corso di 20 anni, a seconda dello scenario. Oppure 100 miliardi di euro all’anno “in perpetuo”. Insomma, fermare ora la produzione di Pfas, in Italia fermare Solvay, sarebbe la soluzione più conveniente.
 
Questa indagine ha anche messo in luce un’attività di lobbying su scala senza precedenti da parte dell’industria chimica, fino ai vertici dell’esecutivo europeo, per ostacolare un piano di messa al bando degli “inquinanti eterni”. In Italia, il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato (clicca https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/18/2-000-miliardi-di-danni-la-lobby-dei-pfas-e-linciucione-italiano/) che  la lobby delle aziende chimiche e industriali capitanata da Solvay è tutt’altro che rassegnata: grandi manovre sono in corso attorno ai processi Miteni di Vicenza e Solvay di Alessandria, con il sospetto che si voglia spegnerli, quando meno impacchettarli. In Veneto clicca (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-vicenza/l’allarmato documento di Mamme No Pfas, Isde, Cillsa, Legambiente, Cgil Veneto e Rete dei comitati denuncia l’esistenza di un semiclandestino tavolo di autorità politiche, istituzionali e giudiziarie  che tratta con le aziende imputate coprendone le responsabilità penali e risarcitorie In Piemonte: è in corso l’altro “inciucio” della tabula rasa dei patteggiamenti giudiziali a danno delle Vittime e della bonifica, (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-alessandria/ ).

2.000 miliardi di danni. La lobby dei Pfas e l’inciucione italiano.

Rispetto a quando per la prima volta (1990) scrivemmo che lo stabilimento di Spinetta Marengo scaricava Pfas in Bormida. Rispetto a quando dai primi anni 2000 eravamo in pochi, se non i  soli, a diffondere sui Pfas informazioni e documenti internazionali sempre più allarmanti, anche trasmettendoli -come Movimento di lotta per la salute Maccacaro– in forma di esposti (venti) alla Procura di Alessandria. Ebbene, rispetto a quei tempi, fino a quelli odierni, per tutti i quali ci appuntiamo la medaglietta di indefessa costanza, ebbene oggi si può affermare che la tragedia Pfas primeggia quasi in tutti gli organi di informazione, merito anche negli ultimissimi anni dell’accelerata mediatica della campagna di Greenpeace in Italia ( http://bit.ly/3FAJ7H0 ). Meglio tardi che mai. Ma non ancora a sufficienza.
Infatti, a tutt’oggi, le produzioni dei cancerogeni e tossici Pfas della Solvay non sono state fermate ad Alessandria e l’uso dei  Pfas non è  stato messo al bando in Italia.
 
Lo stallo malmostoso è il segno che  la lobby delle aziende chimiche e industriali capitanata da Solvay è tutt’altro che rassegnata: grandi manovre sono in corso attorno ai processi Miteni di Vicenza e Solvay di Alessandria, con il sospetto che si voglia spegnerli, quando meno impacchettarli. In Veneto l’allarmato documento di Mamme No Pfas, Isde, Cillsa, Legambiente, Cgil Veneto e Rete dei comitati denuncia l’esistenza di un semiclandestino tavolo di autorità politiche, istituzionali e giudiziarie  che tratta con le aziende imputate coprendone le responsabilità penali e risarcitorie (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-vicenza/). In Piemonte: l’altro “inciucio” della tabula rasa dei patteggiamenti giudiziali a danno delle Vittime e della bonifica, su cui hanno preso posizione Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro (https://www.rete-ambientalista.it/2025/01/11/delitto-perfetto-2-alessandria/ ).
A lato di questo “inciucione”, la lobby è quanto mai aggressiva in campagne di pressione sui politici e di  disinformazione atte a  sviare l’attenzione pubblica dalle loro responsabilità verso i rischi per la salute e i relativi costi sociali (esemplari furono le campagne pro-tabacco). Lo scopo delle centinaia di lobbisti (addirittura Mario Draghi) è duplice: indebolire e affossare la proposta di Bruxelles di vietare la vendita e commercializzazione dei Pfas, e spostare il peso economico dei lavori di bonifica dalle aziende ai cittadini.
La multinazionale belga in Europa mantiene, con Ilham Kadri amministratrice delegata di Syensqo spin off di Solvay, un ruolo apicale nella “Campagna di disinformazione” dopo la richiesta di restrizione e divieto dei Pfas promossa nel 2023 dai cinque Stati europei (Danimarca, Germania, Norvegia, Olanda, Svezia). La campagna punta all’esclusione dal divieto dei fluoro polimeri: da considerarsi innocui prodotti finiti rispetto ai Pfas “storici” intermedi di produzione, e soprattutto da affermarsi essenziali per lo sviluppo della nuova tecnologia verde sponsorizzata dal Green Deal e finanziata in parte dal PNRR. Il nuovo fluoropolimero essenziale per l’idrogeno verde sarebbe Aquivion, che dal 2025 a Spinetta noi  produrremo senza utilizzo di pfas”. Falso. Aquivion rimane un Pfas e una volta riversato in ambiente il prodotto degrada in Pfas”: clicca qui.
 
Nella sua campagna, la lobby sta anche fronteggiando l’indagine interdisciplinare transfrontaliera coordinata da Le Monde, Forever Lobbying Project (FLP), che coinvolge 46 giornalisti di  diverse redazioni , 18 esperti accademici e avvocati internazionali e 29 media partner in 16 Paesi. L’indagine “sulla peggiore crisi di inquinamento che l’umanità abbia dovuto affrontare”, utilizzando una metodologia articolata e basata su criteri scientifici, ha infatti portato a galla quanto costerà ripulire dal “veleno del secolo” 23.000 siti in Europa, tra cui quelli, come Alessandria e Vicenza, considerati “hotspot PFAS”, dove la contaminazione ha già dimostrato di aver raggiunto  livelli particolarmente  pericolosi per la salute delle popolazioni esposte. A prescindere dagli incalcolabili costi umani e sociali in morti e ammalati e dall’impatto dei PFAS sui nostri sistemi sanitari, l’indagine  si è “limitata” a calcolare i costi per  bonificare le falde acquifere e i terreni impregnati di PFAS.
La cifra è da capogiro, ed equivale a 2 trilioni e mezzo di euro, 2,5 mila miliardi di euro in un periodo di 20 anniovvero un costo annuale pari a 100 miliardi di euroPer l’Italia, ad esempio, l’opera di pulizia costerebbe intorno a 12 miliardi di euro l’anno: stima assai per difetto se solo si guardano i costi depositati presso il tribunale di Vicenza. Cifre che comunque esploderebbero ulteriormente, in perpetuo, se non ci sarà lo stop immediato dei Pfas. Il nodo politico è: questi costi da chi verranno affrontati? dalle aziende che hanno messo in circolazione il PFAS, o dai cittadini tramite le proprie tasse?
Il principio sarebbe: chi inquina paga. Dunque il nodo è politico: mentre  gli altri Paesi CEE   chiedono a gran voce all’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche (ECHA) di mettere al bando i PFAS, in Italia la storica  complicità politica e sindacale, delle istituzioni locali e governative, non ferma  le produzioni Pfas della Solvay a Spinetta Marengo, primo indispensabile passo verso il divieto in Italia  dell’uso di Pfas in tutte le manifatture, come fu (1992) per l’Eternit e l’amianto.
 
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Delitto Perfetto 2. Alessandria.

Grandi manovre attorno ai processi di Vicenza e Alessandria; rispettivamente contro Miteni, (Mitsubishi e Icig) e contro Solvay, con il sospetto che si voglia spegnerli, quanto meno impacchettarli.
Ad Alessandria, per il 2° processo Solvay, il nuovo staff legale della multinazionale sta cercando di strozzarlo “in nuce”. Ha proposto il “patteggiamento”,  che ha provocato un ulteriore rinvio delle udienze di altri  sei mesi. La mossa successiva potrà essere la richiesta premiale di “giudizio abbreviato”.  Infine, è pronta la  “rimessione alla sede”  per incompatibilità ambientale (processo a Milano).
Andando per ordine. Circolante in sordina tra avvocati (come rivelammo alcuni mesi fa), oggi, dopo l’udienza dal GUP del 20 dicembre 2024, è ufficialmente avviato un patteggiamento (rectius) premiale da condursi con tavoli di trattative tra gli imputati e le parti civili. La Procura rinuncerebbe  alla celebrazione del processo secondo gli iniziali  capi di imputazione e relative pene e risarcimenti.
Il fine della multinazionale belga sarebbe di alleggerire ulteriormente i reati, ma soprattutto di  prendersi in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Soprattutto cioè di allentare il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che addita Regione, Sindaco e Governo come complici di Solvay, e che chiede biomonitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti, nonchè una legge nazionale di bando dei pfas.
Non a caso, gli avvocati di Comune, Regione e Governo sono entusiasti del “tavolo di trattative”. Non lo sono le Associazioni, tra cui quelle parti civili presenti al processo, 46 ONG e 40 scienziati, che hanno appena firmato alla Commissione Europea per le restrizione della produzione e dell’uso dei Pfas.
La “tabula rasa” dei patteggiamenti non passerebbe senza colpo ferire fra la popolazione alessandrina, tra le Vittime malati e morti. Immediate le reazioni di Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro. Patteggiare significherebbe impedire ai lavoratori e ai cittadini danneggiati di costituirsi parte lesa in sede civile e chiedere, almeno in quella sede, il risarcimento dei danni subìti invece che elemosine.
A prescindere da etica e morale, l’avallo di patteggiamento o rito abbreviato sarebbero giuridicamente una figuraccia clamorosa per la nuova Procura, dopo le critiche indirizzate alla vecchia che ha istruito i capi di imputazione sui reati di colpa piuttosto che di dolo.
Nessuno, infatti, può nascondersi dietro un dito. Il combinato disposto fra capo di imputazione colposo e patteggiamento chiarirebbe  anche ai più miopi  che questo processo, anche questo processo, non determinerebbe la bonifica del sito chimico di Spinetta Marengo. Il patteggiamento non può essere “venduto” come avvio di una vera bonifica. La “conditio sine qua non” per l’avvio di una vera bonifica è invece la chiusura delle produzioni inquinanti: non può esistere bonifica mentre si sta continuando a inquinare terra-acqua-aria. Per svuotare la vasca bisogna prima chiudere il rubinetto. Altrimenti va avanti eterna l’innocua  manfrina del primo processo Solvay, anno 2009,  per la quale ancora oggi sono in discussione con gli enti locali la “caratterizzazione dl sito” e la “analisi del rischio”, dell’irrisolto micidiale cromo esavalente (e altri 20 veleni tossico cancerogeni), mentre si è aggiunto il dilagare dei Pfas: appena punta dell’iceberg di una realtà territoriale su cui incombe uno “stabilimento a rischio di incidente rilevante”, in pieno centro abitato, oltremodo più pericoloso del deposito Eni di Calenzano.

Delitto perfetto in quel di Alessandria.

Non fu un ossequio alla Giustizia italiana il titolo “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, pagg. 518) del primo volume. Il titolo è stato mantenuto anche nel secondo volume (pagg. 444), interamente dedicato al processo Solvay. Il titolo del  presente terzo volume era nell’ordine delle cose, non fatale ma inevitabile. Così va la giustizia. Esso  riferirà del  prossimo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo. 

 A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in  Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, contenuta già nel primo e soprattutto nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto”.  

Il quale, infatti, comprende la documentazione riferita al processo in  Corte di Assise di Alessandria del  2012, nonché in Corte di Assise d’Appello di Torino del  2018 e infine in Corte di Cassazione del 2019. Inoltre, include i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 presentati da Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro e mai respinti con archiviazione: i 9 depositati presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo in toto il reato di dolo per tutta la catena di comando, e gli 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma, purtroppo, ristretti al reato di colpa e per due imputati minori

Per completare il compendio, a qualunque storico o giornalista, e non solo, sarebbe anche utile la

conoscenza del  Dossier “Pfas. Basta!”:  una piccola enciclopedia che (“work in progress” prossimo alle 1.000 pagine in 3 volumi, disponibile anch’esso “on line”) racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021-2023-2024 ecc. ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comuni, Province, Regioni, Governi, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali. La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV e…) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto”, volume primo e secondo e terzo  e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché dal Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Clicca qui l’INDICE  delle prime 66 pagine del VOMUME TERZO di AMBIENTE DELITTO PERFETTO.

Il Sito www.rete-ambientalista.it seguirà tutte le fasi del nuovo processo e della vecchia battaglia per la messa al bando dei PFAS. Mailinglist settimanale, libri e documenti sono disponibili a chi ne fa richiesta a lino.balza.2019@gmail.com

Clara pacta, amicitia longa.

Gli ambienti forensi avevano dato per certo (e noi prima di loro: clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro. – RETE Ambientalista) che il Procuratore Capo di Alessandria, Enrico Cieri, era favorevole ad un patteggiamento con Solvay. Essendo Cieri stato trasferito, ci si chiede quale possa essere in merito la posizione del subentrante Procuratore Aggiunto,  Enrico Arnaldi Di Balme. Balme in sé è un debole indicatore: un salubre comune di 100 abitanti nelle Valli di Lanzo, che deve la sua notorietà alla presenza di sorgenti d’acqua considerata di gran pregio; ogni casetta del luogo è dotata di una propria fontanella zampillante acqua fresca e sana. Grazie alle sue proprietà l’acqua dell’altopiano rifornisce l’equipaggio americano della Stazione Spaziale Internazionale. A confronto, Arnaldi sarà rimasto scandalizzato dalle condizioni idriche dei dintorni provinciali del sobborgo di Spinetta Marengo. A tacere di quelle atmosferiche. Per non dire di quelle sanitarie.
 
Però, a fronte dell’evidenza, è difficile arguire se Arnaldi sia rimasto perplesso sul capo di imputazione impostato da Cieri: sui reati di colpa piuttosto che di dolo e per i soli due direttori. Avrà avuto il tempo di studiare il fascicolo, i miei 20 esposti ignorati da Cieri ? Infatti, è stato nominato procuratore ad Alessandria solo a febbraio. Tant’è che era presente Cieri e non lui questa estate a Roma nella sconcertante audizione  davanti alla Commissione  parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali (clicca qui).
 
Infine, c’è che chi tra gli avvocati attribuisce o nega  ad Arnaldi la propensione al patteggiamento in base al suo curriculum di procuratore  a Torino: magistrato molto preparato, autore di numerose inchieste su mafie italiane (ha fatto parte del pool che ha messo in cantiere la maxi-operazione Minotauro) ma anche straniere (con particolare rilievo su quella nigeriana e albanese).
 
Certo, l’azione della Procura nel patteggiamento farebbe scalpore. Intanto, voci danno già in corso con parti civili l’approccio di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. I nuovi avvocati Solvay, Riccardo Lucev  e Guido Carlo Alleva, avranno valutato se si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che addita Regione e Sindaco come complici di Solvay, e che chiede biomonitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. A Solvay il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati, ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento, condiviso con Edison (clicca qui) potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che gli avvocati della difesa vedono con preoccupazione.  La richiesta di patteggiamento può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Dunque, le risposte potrebbero venire già nella imminente udienza del 20 dicembre  davanti al GUP Andrea Perelli.  
 
Una cosa è già certa. Il combinato disposto fra capo di imputazione colposo e patteggiamento chiarirebbe  anche ai più miopi  che questo processo, anche questo processo, non determinerebbe  la bonifica del sito chimico di Spinetta Marengo. D’altronde, per noi è sempre stato chiaro che la “conditio sine qua non” per l’avvio di una vera bonifica non sono le aule penali bensì  la preventiva  chiusura delle produzioni inquinanti: non può esistere bonifica mentre si sta continuando a inquinare terra-acqua-aria. Per svuotare la vasca bisogna prima chiudere il rubinetto. Altrimenti va avanti eterna l’innocua  manfrina del primo processo Solvay, anno 2009,  per la quale ancora oggi sono in discussione con gli enti locali la “caratterizzazione dl sito” e la “analisi del rischio”,  dell’irrisolto micidiale cromo esavalente (e altri 20 veleni tossico cancerogeni), mentre si è aggiunto il dilagare dei Pfas: appena punta dell’iceberg di una realtà territoriale che -Calenzano dovrebbe rammentare-  ospita uno “stabilimento a rischio di incidente rilevante”, in pieno centro abitato, oltremodo più pericoloso del deposito Eni. Ci si dimentica facilmente  che decenni fa titolavo sui giornali “Inodore, insapore, incolore, una bomba chimica che può annientare la città senza scalfire un muro”; e che nei decenni i consigli comunali erano dai Movimenti costretti ad ordini del giorno per “situazione ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale”, salvo poi non prendere provvedimento alcuno.  

Bei tempi.

Foto tratta dal libro “Frammenti riavvicinati”.

Andrea Perelli, GUP nel processo Solvay bis ad Alessandria, per averLo descritto in “acchittata compostezza con papillon” ha arricciato il naso. Quale antitesi alla scompostezza della Sua ordinanza, “Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro”, egli in effetti ha letto giusto: non è  ironia dei bei tempi passati, bensì contestazione: 6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.

La dieta per le popolazioni avvelenate dai Pfas.

Altro che “dieta mediterranea”. Se vivi nella “zona rossa”, quella più contaminata da Pfas in Veneto, devi stare attento anche alle uova delle galline dietro casa e ai prodotti a chilometro zero. Un recente studio realizzato dai dottori Armando Olivieri Mario Saugo, in collaborazione con il professor Hyeong-Moo Shin della Baylor University di Waco in Texas, ha dimostrato che, per la popolazione già con precedente presenza  di Pfas nel sangue, il consumo di alimenti locali vegetali e animali è un’ulteriore accumulo di Pfas: “inquinanti eterni”. Insomma, i residenti veneti dovrebbero fare una dieta priva di prodotti locali per almeno 10-20 anni, mentre si curano  le patologie contratte già prima della chiusura della Miteni di Trissino.
A maggior ragione, la dieta dovrebbe soprattutto essere d’obbligo per la popolazione di Alessandria, dove, nel sobborgo di Spinetta Marengo, la fabbrica Solvay, unica produttrice di Pfas in Italia, inquina da decenni terra-aria-acqua di Pfas e altri 20 veleni tossico cancerogeni.
 
Di quali patologie stiamo parlando?
 
L’esposizione ai PFAS comporta una regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile; dunque i PFAS sono dannosi per la fertilità e lo sviluppo fetale. L’esposizione produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di tumore, tra cui tiroide, leucemiacancro al seno e al pancreas. Inoltre, dai dati emerge che gli individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo, hanno più probabilità di andare incontro a esiti fatali se esposti continuativamente a questi composti. L’esposizione provoca l’indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale; entrare in contatto con Pfas aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo, favorendo lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.
L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics., con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.

La dieta anti pfas per tutti.

La dieta per le popolazioni che sono o sono state direttamente colpite  aria-acqua-suolo dalle aziende produttrici di Pfas (ieri Montedison e Miteni, oggi Solvay) deve essere addirittura drastica. Ma tutta la popolazione in generale deve stare attenta a cosa  mangia, a come limitare dalla propria dieta questi  interferenti endocrini  associati a forme di tumore e infertilità.
Quali consigli?
 
Non acquistare alimenti dalle suddette zone piemontesi e venete, né dalle zone dove i fanghi di depurazione vengono usati come alternativa al fertilizzante sui terreni agricoli, dove l’acqua per le colture e per il bestiame può risultare contaminata, così come i mangimi per animali, né dalle zone con fabbriche che usano Pfas, esempio concerie.
In cucina  non usare imballaggi e prodotti per la casa contenenti Pfas, a cominciare dagli utensili da cucina, primi fra tutti le padelle antiaderenti che non contengono l’etichetta “pfas free”. Per la scelta di cibi confezionati meglio preferire il vetro alla plastica.
Tra gli alimenti, come spiega The Guardian, ce ne sono alcuni che possono essere più ricchi di PFAS, come quelli trasformati e quelli da asporto o quelli sfusi contenuti nei contenitori per lo stoccaggio, spesso appunto trattati con gli inquinanti eterni. Dunque è raccomandata una dieta ricca di frutta e verdura fresca, che ha minori impatti sulla contaminazione da confezionamento e lavorazione. Meglio il biologico, purchè garantito. Anche un maggior consumo di uova, caffè e riso bianco sono stati associati a livelli più alti di PFAS nel sangueOcchio anche al pesce e ai frutti di mare. Una ricerca condotta nel New Hampshire, negli USA, ha rilevato la presenza di PFAS in tutte e 26 le tipologie di pesce analizzate, con i livelli più alti nei gamberi e nell’aragosta.
 
Insomma, è possibile solo una dieta che riduca l’esposizione da Pfas. Fino a quando non intervenga una legge di messa al bando di produzione e uso di Pfas, a cominciare dalla chiusura delle uniche produzioni in Italia della Solvay di Spinetta Marengo. 

Il traghetto italiano dei Pfas: Solvay studia come salvare capra e cavoli.

Si sono autodefiniti désamorceurs » i vertici di Ilham Kadri, amministratrice delegata Solvay Syensqo, con Marco Apostolo, country manager in Italia (Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo), e con il nuovissimo team legale di Guido Carlo Alleva e Riccardo Lucev, nel merito del possibile scenario sulle sorti dello stabilimento di Spinetta Marengo, “champ de mines”, che comprende il processo avviato presso il GUP di Alessandria (Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro. ) e anche le paventate azioni inibitorie e class action di risarcimenti danni. Si è di recente aggiunta la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea: Edison coimputata con Solvay? Di questi “Vertici dei disinnescatori del campo minato”, pomposamente convocati come Riunioni strategiche per tracciare la rotta della navigazione aziendale”, si potrebbero già intravvedere i riflessi nella imminente udienza GUP del 20 dicembre.  

Utile spunto di riflessione a Bruxelles, per le relative “azioni pianificate e strutturate”, verte attorno alle risoluzioni  in USA del sito Solvay di West Deptford. Qui, da Solvay è stato raggiunto un accordo con il “Dipartimento per la Protezione Ambientale (DEP)” dello Stato del New Jersey, poi che la multinazionale belga  è stata portata in tribunale nel 2020.  Esso segue la cessazione, dopo trenta anni, delle miscele Pfas  compreso l’ADV dal 2010 importato da Spinetta Marengo quale sostituto del PFOA. Discusso dallo Stato con Comuni-Organizzazioni-Cittadini, garantirebbe  la tempestiva bonifica di PFAS e sostanze pericolose nelle adiacenze del sito nella Contea di Gloucester, e risarcirebbe la cittadinanza per i danni. Infatti, l’accordo di transazione, prevede  azioni di risanamento ambientale più impegni finanziari di 392,7 milioni di dollari: “finanziare le indagini ambientali critiche, le attività di bonifica e i progetti di ripristino qualità ambientale nelle comunità di Gloucester e Camden County”.

A  prescindere dai rilievi  economici, a complicare la  disamina -tattica e strategica-  dei nuovi  avvocati c’è la diversa giurisdizione penale americana che consente alla Solvay di affermare che “l’indennizzo non va considerato come una ammissione di colpa”; ovvero c’è che la complice latitanza dello Stato italiano -inteso come centrale e locale- ora sarebbe più proficua  se si trasformasse in una edulcorata legge Pfas ispirata dalla Solvay proiettata a dopo il 2027 (l’opposto della messa al bando con il  Disegno di Legge ex Crucioli). La legge “ralenti” sarebbe utile a disinnescare, fra tutte, almeno questa mina: perché Ilham Kadri a Spinetta non  intende cessare a breve le produzioni di Pfas, proprio mentre cresce l’allarme sociale nell’intero territorio alessandrino per  l’avvelenamento acqua-aria-suolo di PFOA C6O4 e ADV -a tacere gli altri 20  tossici e cancerogeni- evidente anche nel biota acquatico e selvatico  e nei  prodotti alimentari raccolti proprio nei suoli implementati di “nuovi” composti a catena mediocorta precipitanti dalle ciminiere: ancor più bioaccumulabili  dei “vecchi” e ovviamente con standard analitici occultati da opportuni diritti brevettuali, al pari dei Fomblin e Aquivion.

In più, non può essere rallentato all’infinito un monitoraggio di massa della popolazione aperto a tutti gli standard analitici. Che potrà aprire il vaso di pandora sui risarcimenti alle Vittime, leggi class action. Il raffronto per gli avvocati va di nuovo alla Solvay di West Depford che, “per evitare l’onere e le spese di un contenzioso continuo” (si legge nella sua dichiarazione), ha accettato di pagare 1,3 milioni di dollari per chiudere una class action sulla contaminazione da Pfas delle riserve idriche del Parco nazionale di West Deptford, intentata per conto dei residenti del Parco nel giugno 2020, prevedendo gli esami del sangue gratuiti a tutti i cittadini, i risarcimenti individuali e per gli immobili residenziali, le spese legali e gli onorari. Inezie per la multinazionale, salvo che restino aperti i risarcimenti per le patologie sofferte.

A proposito di mine, infine, secondo fonti informate, serviranno a Bruxelles altre riunioni (in gergo: operational meetings, réunions opérationnelles) per affrontare l’impatto di una « azione inibitoria », la questione che è stata alla base del cambio del team di avvocati.

Non ti puoi più fidare di nessuno.

Quando hai i soldi puoi permetterti di essere difeso in tribunale dai più costosi luminari sul mercato. Trovi anche chi è disposto a farti una perizia che affermi che la concentrazione di Pfas nell’acqua potabile accertata nella “zona rossa” (i Comuni più inquinati del Veneto) “è protettiva per la salute umana”. Dunque l’allarme è spropositato tanto più, hanno sostenuto, che non esiste nemmeno una correlazione certa tra Pfas e patologie mediche, come le malattie cardiovascolari, la malattia ischemica del cuore, le malattie cerebrovascolari, l’ipertensione arteriosa, l’ipertensione gravidica, il diabete e il cancro; al massimo hanno ammesso  una limitata associazione tra Pfoa e tumori al rene e al testicolo.
 
Per arrivare a tanto, i due accademici, hanno abbattuto di 70 volte la presenza dei Pfas contenuti nell’acqua potabile e di conseguenza il rischio per la salute umana. E’ bastato, per sputtanarli, un avvocato con una calcolatrice in mano.   E’ accaduto al processo in Corte di Assise di Vicenza. dove si è svolto il contro esame dei due illustri docenti universitari, entrambi citati dai difensori dei manager di Icig Miteni di Trissino, Paolo Boffetta, epidemiologo e ordinario di Medicina del Lavoro all’università di Bologna, e Claudio Colosio, docente all’Università statale di Milano. La firma di entrambi è apposta in calce a una “Relazione di consulenza tecnica” (81 pagine!) che ha per oggetto la “revisione critica dell’evidenza sugli effetti sulla salute esercitati da sostanze Pfas”.
 
Se non fosse stato scoperto, “l’errorino”,  di scambiare la “dose massima consentita per ogni chilogrammo di peso” con “la dose massima consentita al giorno”, avrebbe voluto dimostrare come la quantità di Pfas ingeriti (con la sola acqua, ma ci sono anche quelli contenuti negli alimenti) nei Comuni della “zona rossa” fosse perfettamente compatibile con i limiti Efsa Autorità europea per la sicurezza alimentare. Invece hanno provato il contrario.
 
Solvay si è annotata i nomi di Boffetta e Colosio da cancellare  dal carnet dei consulenti al processo di Alessandria.

Divieto uova in Francia. Avvelenate da Pfas. E in Italia?

In Francia le analisi le hanno fatte. In Italia no, ad accezione di Alessandria: dove appunto sono stati trovati i Pfas. Ma il sindaco non ha emesso divieto. I negozianti apporranno il cartello: qui non vendiamo prodotti a chilometro zero?
 
A Verneuil-en-Halatte e Villers-Saint-Paul  a Chemours produce e inquina Pfas quasi quanto la Solvay a Spinetta Marengo. Infatti,  le uova provenienti da piccoli pollai domestici, dove le galline possono razzolare liberamente e sono alimentate in modo ottimale, è scattata l’allerta e il consumo di uova da allevamenti casalinghi è ora vietato: i livelli di Pfas nel 66% dei campioni, quattro pollai su sei, sono fino a 20 volte superiori a quelli consentiti.
 
L’Agenzia Regionale della Salute (ARS) ha emesso un avviso urgente: i risultati confermano le preoccupazioni già avanzate dalla ONG Générations Futures.

Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo.

Solvay: “I sindacati ci dormono su”.
Puntuale come un orologio belga, cala sulla tragica vicenda ecosanitaria del polo chimico alessandrino il tradizionale ricatto occupazionale. Nella sua telefonata, ci confida il Segretario chimico, Marco Apostolo non ha usato mezzi termini: voi  sindacati dovete uscire dal letargo, non potete mostravi silenziosi neutralisti  mentre ci stanno mettendo in croce, mentre ci vogliono mettere al bando in Italia con una legge, mentre chiedono al sindaco la chiusura di impianti o addirittura della fabbrica di Spinetta Marengo, dovete mettervi in gioco perché il taglio dell’occupazione è affar vostro prima che nostro.
 
Chi sta ponendo il ricatto occupazionale è il direttore (“Country Manager”) di Syensqo in Italia dopo lo scorporo (“spin off”) dalla casa madre Solvay, a complemento dell’annuncio della “CEO” (amministratore delegato), Ilham Kadri, di un taglio in Europa di 300-350 dipendenti. Alla base del provvedimento, come vi avevamo preannunciato più volte, ci sta il  “work in progress offshoring” (trasferimento) di  produzioni in Cina, in particolare  relativo all’unità produttiva di Spinetta Marengo e al centro ricerca di Bollate. Al termine di questo percorso, avverte il vertice Syensqo, si porrà il problema occupazionale per queste due unità: però più durerà a lungo questo percorso meglio sarà (per i profitti Solvay n.d.r), ritardarlo dipenderà anche da voi se vi darete un po’ da fare a frenare questa ondata distruttiva. Ondata distruttiva: Apostolo, a buon intenditor poche parole, si riferisce alla nostra campagna nazionale per la messa al bando dei Pfas in Italia, alla fatidica data 2026 per il  divieto Europeo all’uso di siffatte sostanze, al processo (il secondo) avviato presso il tribunale di Alessandria, alla Regione Piemonte che non riesce più a decelerare il drammatico monitoraggio sanitario della popolazione: “pistola fumante” nelle cause di risarcimento per le Vittime, morti e ammalati.
 
Per mettervi sulla buona strada interventista, ha predicato l’Apostolo al discepolo Segretario, noi porremo da subito l’anticipo di un esubero di una trentina di persone tra Spinetta e Bollate. “Vi consulteremo nelle sedi preposte e voi datevi da fare nelle sedi opportune, non presentatela come un ricatto perché noi siamo guidati dai principi di dignità e empatia” (sic). In questa capacità di mettersi nei panni altrui, tipica della politica, c’è sempre un sindacato più empatico dell’omologo.  

Bonifica impossibile: Solvay inquina come prima, più di prima.

Solvay nel 2019 è stata condannata definitivamente dalla Cassazione a bonificare a Spinetta Marengo un mare di  cromo esavalente, pfas ecc.  Nel 2024 è di nuovo sotto  processo  per aver omesso la bonifica. Si difende dicendo che ci vogliono anni per farla. Avrebbe ragione, perché ci vogliono, ad esempio, non meno di quattro decenni per permettere a una falda acquifera contaminata di liberarsi dagli PFAS (sostanze perfluoro alchiliche), i contaminanti perenni e ubiquitari che hanno gravi conseguenze sulla salute umana e sull’ambiente. Ma avrebbe ragione se avesse smesso di inquinare, e invece inquina terreni, acque e atmosfera come prima e più di prima. Dunque ogni bonifica è impossibile  se non si fermano le produzioni. Inutile chiudere il tappo ad una vasca se si lascia il rubinetto aperto.  Bisogna chiudere, subito,  il “rubinetto” e, poi,  ci vogliono 40 anni per svuotare  la “vasca”.  
 
Un esempio ci viene dalla Carolina del Nord dove c’era un impianto di produzione di PFAS dell’azienda Fayetteville Works. I ricercatori dell’Università Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston hanno voluto verificare a che punto fossero le acque più profonde visto che, dal 2019, in teoria, la contaminazione è cessata. Per questo hanno raccolto una serie di campioni in due bacini vicini agli impianti e hanno messo a punto un modello per verificare non solo la situazione attuale, ma anche l’andamento della qualità delle acque nel tempo. Quindi hanno identificato e quantificato diversi tipi di PFAS e, in più, hanno utilizzato dei traccianti radioattivi che riescono a datare le acque, e hanno combinato i dati con quelli dei rilevamenti delle concentrazioni di PFAS in atmosfera, e con quelli della cinetica dei flussi delle acque. Così hanno ottenuto delle formule che permettono di stabilire quantitativamente e temporalmente la presenza di PFAS nelle acque. Come hanno poi riportato su Environmental Science & Technology, i risultati sono stati sconvolgenti, perché hanno mostrato che alcuni PFAS erano lì da almeno 43 anni, con concentrazioni pari a 229 e 498 nanogrammi per litro, mentre la soglia limite per l’acqua potabile per l’HFPO-DA stabilita dalla US Environmental Protection Agency (EPA) è di dieci nanogrammi per litro.

Piuttosto che chiudere, “inventa” filtri seta/cellulosa miracolosi per bere acqua senza Pfas.

Piuttosto che fermare le lucrose produzioni, e avviare la costosissima bonifica, cioè eliminare a monte l’ecocidio, Solvay preferirebbe tamponare a valle…  se qualcuno inventa un filtro da applicare ai rubinetti. Sarebbe una soluzione demenziale, anzi criminale. Perché, ammesso e non concesso di risolvere l’acqua  domestica peraltro a costi inusitati per i cittadini, resterebbe contaminato tutto l’ambiente e dunque avvelenata la catena alimentare da cui dipende la salute umana. Eppure Solvay ci sta pensando in alternativa ai filtri a carbone, di cui noi abbiamo documentato l’assurdità (clicca qui).
 
Ecco che verrebbe utile, almeno sul piano della distrazione propagandistica, lanciare l’Università di Alessandria, giustificando così i finanziamenti di cui gode da parte della multinazionale belga. Dovrebbe inventare una membrana tramite la proteina di cui è costituita la seta, la fibroina, unendola  alla cellulosa in forma cristalli nanometrici, creando appunto una pellicola con potere filtrante nei confronti in particolare dei PFAS: che possiedono una carica elettrica fatta apposta per attaccarsi ai filtri con carica opposta opportunamente un po’ potenziata. Favolosi filtri, detto per inciso, che dovrebbero poi essere bruciati negli inceneritori… ma l’università poi dovrebbe studiare filtri per inceneritori… e poi e poi all’infinito. Un business mondiale.
 
Ma ci sarebbe di più. Per risparmiare nell’uso domestico, potrebbe essere sufficiente la seta raccolta come scarto dalle lavorazioni industriali, mentre per un impiego più esteso si possono cercare proteine simili, ma disponibili in quantità più elevate. L’università candidata al nobel.

Ricatto occupazionale della Solvay a Spinetta Marengo.

Solvay: “I sindacati ci dormono su”.
Puntuale come un orologio belga, cala sulla tragica vicenda ecosanitaria del polo chimico alessandrino il tradizionale ricatto occupazionale. Nella sua telefonata, ci confida il Segretario chimico, Marco Apostolo non ha usato mezzi termini: voi sindacati dovete uscire dal letargo, non potete mostravi silenziosi neutralisti  mentre ci stanno mettendo in croce, mentre ci vogliono mettere al bando in Italia con una legge, mentre chiedono al sindaco la chiusura di impianti o addirittura della fabbrica di Spinetta Marengo, dovete mettervi in gioco perché il taglio dell’occupazione è affar vostro prima che nostro.
 
Chi sta ponendo il ricatto occupazionale è il direttore (“Country Manager”) di Syensqo in Italia dopo lo scorporo (“spin off”) dalla casa madre Solvay, a complemento dell’annuncio della “CEO” (amministratore delegato), Ilham Kadri, di un taglio in Europa di 300-350 dipendenti. Alla base del provvedimento, come vi avevamo preannunciato più volte, ci sta il  “work in progress offshoring” (trasferimento) di  produzioni in Cina, in particolare  relativo all’unità produttiva di Spinetta Marengo e al centro ricerca di Bollate. Al termine di questo percorso, avverte il vertice Syensqo, si porrà il problema occupazionale per queste due unità: però più durerà a lungo questo percorso meglio sarà (per i profitti Solvay n.d.r), ritardarlo dipenderà anche da voi se vi darete un po’ da fare a frenare questa ondata distruttiva. Ondata distruttiva: Apostolo, a buon intenditor poche parole, si  riferisce alla nostra campagna nazionale per la messa al bando dei Pfas in Italia, alla fatidica data 2026 per il  divieto Europeo all’uso di siffatte sostanze, al processo (il secondo) avviato presso il tribunale di Alessandria, alla Regione Piemonte che non riesce più a decelerare il drammatico monitoraggio sanitario della popolazione: “pistola fumante” nelle cause di risarcimento per le Vittime, morti e ammalati.
 
Per mettervi sulla buona strada interventista, ha predicato l’Apostolo al discepolo Segretario, noi porremo da subito l’anticipo di un esubero di una trentina di persone tra Spinetta e Bollate. “Vi consulteremo nelle sedi preposte e voi datevi da fare nelle sedi opportune, non presentatela come un ricatto perché noi siamo guidati dai principi di dignità e empatia” (sic). In questa capacità di mettersi nei panni altrui, tipica della politica, c’è sempre un sindacato più empatico dell’omologo.   

Tira brutta aria ad Alessandria, non solo in atmosfera.

L’Arpa Piemonte ha reso pubblici i dati giugno-luglio (clicca qui) dell’inquinamento dei Pfas nell’atmosfera di Alessandria, completando ormai il quadro annuale di questi tossici e cancerogeni che permeano polmoni, cibi, acque, suoli, acquedotti di Spinetta Marengo, Comuni di Alessandria (pozzi chiusi), Montecastello (acquedotto chiuso) e altri della Provincia.
 
La relazione ARPA denuncia, assieme al vecchio PFOA già vietato nel mondo, e al “nuovo” C6O4 malgrado il reparto fosse chiuso in quei mesi, la presenza del “nuovo” pfas ADV, ora denominato MFS, con concentrazioni più sensibili nel sobborgo di Spinetta. Quasi fosse una scoperta!! Mentre invece la nostra associazione ne denunciò pubblicamente l’impiego -non autorizzato- fin dal 2009 con un esposto alla procura. La successiva graziata  autorizzazione AIA della Provincia  è addirittura scaduta nel 2023. Nell’atmosfera alessandrina odierna, Solvay da 72 ciminiere spara in aria i pfas ADV, che si aggiungono ai C6O4, ai PFOA, nel cocktail di altri 20 tossici e cancerogeni, che, tutti assieme motivano le tragiche indagini epidemiologiche (l’ultima nel 2019, clicca qui alcune tabelle). Tutto ciò: malgrado sia già intervenuta una sentenza della Cassazione e per responsabilità della sopravvenuta magistratura.
 
Tira brutta aria ad Alessandria, non solo in atmosfera ma anche in politica e magistratura.

Brutta aria in politica.

 In primo piano, la tomba di Gianni Spinolo, grande avversario e vittima di Solvay.
Un gran daffare a nascondere la polvere (cancerogena) sotto i tappeti. Mentre Solvay si fa propaganda invitando frotte di studenti della provincia per ammirare le meraviglie dello stabilimento di Spinetta Marengo, a coprire le larghe spalle della multinazionale belga provvedono come sempre  le istituzioni locali: in questo frangente è presentata al ristretto  pubblico la “task force” del neo assessore alla sanità regionale Federico Riboldi. Tale denominazione bellica che in italiano è mitigabile  come “unità di pronto intervento”, fa abbastanza ridere perché, mentre Riboldi scopre l’acqua calda, il disastro ecosanitario di Alessandria è vecchio come il cucco, e nei recenti cinquant’anni i politici hanno fatto finta di affrontarlo sotto altri nomi: commissione consiliare, osservatorio ambientale, gruppo di studio, ecc. Tutte inconcludenti distrazioni ad uso dell’opinione pubblica. Con questa cosiddetta task force innanzitutto si punta a sviare l’attenzione sulla ventina di cancerogeni che Solvay spara in aria-acqua-suolo, limitandosi  solo alla punta dell’iceberg dei Pfas.
 
All’assessore Riboldi con l’elmetto di cartone in testa, Solvay Syensqo ha affidato il compito di prendere tempo-perdere tempo: diluire il più a lungo possibile i tempi degli esami del sangue di una ristretta popolazione, piuttosto che il monitoraggio di massa provinciale rivendicato e negato da decenni (i cittadini gli esami se li sono fatti a proprie spese). E, con ciò, rinviare l’unica discussione, ovvero decisione, da fare oggi: su come chiudere, ORA le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e, POI, chiedere i risarcimenti per le Vittime in base ai monitoraggi ematici nel frattempo eseguiti: i cui risultati  inevitabilmente saranno oggetto di lunghissime valutazioni e discussioni in sede giudiziaria (senza riconoscimenti per i tanti Gianni Spinolo sulle lapidi del cimitero di Spinetta).  
 
Il trucco di Solvay-Riboldi è infatti  rovesciare le priorità dei tempi: DOPO che i cittadini faranno da cavie di laboratorio, e ponderati i pro e i contro delle morti e delle malattie, e soppesati i rapporti causa-effetto, e i valori di soglia dei veleni compatibili nel sangue (perdio! ma solo zero è compatibile!), insomma dopo un milione di se e di ma, POI eventualmente, non necessariamente, iniziare la discussione sulla chiusura… secondo i tempi nazionali e internazionali prefissati da Solvay Syensqo. “Altrimenti ha detto senza pudore Riboldi “si prendono decisioni di pancia”. Purtroppo alcuni attivisti ambientalisti si fanno pigliare nell’ingranaggio del trucco. Spontaneamente approva l’irresponsabile sindaco di Alessandria (vedi Adriano Di Saverio).
 
Affinchè tutto resti saldamente nelle mani di Solvay-Riboldi-Regione, la cosiddetta  task force è stata articolata in “commissione tecnica” e “commissione scientifica”, cioè polverizzata  in una pletora ininfluente di fedeli  funzionari provinciali e regionali, nonché di eterogenei dirigenti sanitari per successive diagnosi e terapie a lungo termine. Il fine evidente è annegare ancora una volta in un mare di informazioni tecniche, come non bastassero tutti i dati ambientali e sanitari pur usciti dai mafiosi Arpa e Asl, e nove indagini epidemiologiche nella Fraschetta, a tacere i referti delle Università di Liegi e Aquisgrana.  
 
In concreto, l’impegno “finanziario” consisterebbe  al momento in un annunciato camioncino attrezzato  che girerebbe a fare prelievi in un limitato  raggio di 3 chilometri attorno al polo chimico. “Sui tempi di chiusura” precisa la Regione, “non si possono al momento indicare delle date, perché dipendono dai risultati dei primi campioni”. Lo sappiamo, campa cavallo per il resto della Provincia, del Comune di Alessandria, degli altri Comuni , come Montecastello dove è stato addirittura chiuso l’acquedotto.
 
E’ stato commentato: “Quello della cosiddetta ‘task force’ è solo l’ultimo di una lunga serie di capitoli che da anni si susseguono e che continuano a raccontare la presenza di un inquinamento, di responsabilità relative e di risposte il più delle volte flebile e lascive”. Ecco, “lascive” è il termine appropriato, con i suoi sinonimi: scandalose, indecenti, immorali, vergognose, disoneste, criminali… Syensqo.

Brutta aria in magistratura.

Interno del palazzo di giustizia di Alessandria (foto repertorio  La Stampa)
Ha fatto notizia, grazie al GUP di Alessandria, un esempio di come funziona la giustizia in Italia. L’episodio è relativo all’ordinanza in sede di udienza preliminare con la quale il giudice Andrea Perelli ha fatto fuori dal processo Solvay-bis i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e ancor  più inverosimilmente  Lino Balza, da oltre 50 anni l’antagonista storico nel polo chimico di Spinetta Marengo. Clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.  e qui 6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.
 
Sono pervenuti tantissimi commenti di solidarietà e anche complimenti (immeritati ma che comunque tengono su il morale). Il primo, quasi in tempo reale, mi ha commosso:
Caro Lino non demordere. Ciao Lino,
leggo con orrore della tua esclusione dal processo. Ma non mi
meraviglio, con una magistratura serva ancora una volta dei potenti.
Sembra di essere tornati indietro agli anni ’70. Non demoralizzarti,
troverai il modo di farti accettare come parte lesa. Tu sei un giusto, e
i giusti non vengono mai abbandonati da Dio. Pregheremo per te.  Oggi ti
bonifico 10 Euro a sostegno della tua, della nostra battaglia. Un
abbraccio, e mi raccomando NON DEMORDERE !!!
Ciao! Giacomo.
 
Nello stesso tono, Enrico: “Ciao, Lino. Non ti deprimere e tieni duro, ti dico che provo solo nausea.” Maria Chiara: “Rendermi conto del livello cui è caduta almeno in parte la nostra magistratura mi ha inorridito e molto amareggiato”. Non altrettanto riproducibili, senza uso di eufemismi, sono altri commenti coloriti. In generale,  sono assai rari i commentatori rimasti sorpresi. Anzi, un dotto mi definisce vittima ancora di “fumus persecutionis”.
 
Chi usa il sarcasmo: “Pazzesco. E poi dicono che i giudici sono tutti comunisti…!” Chi raccomanda che “Certe sedi di tribunale sarebbe una fortuna scansare”. E fa il nome di Alessandria come “porto delle nebbie”. In effetti, per tutte le rappresaglie subìte mi sono sempre rivolto (vincendo) ai tribunali di Milano. Per questo processo Solvay bis non posso che tentare in sede di dibattimento in assise di rientrare dalla porta dopo che il GUP mi ha scaraventato dalla finestra. Certo, non piacerebbe nè a Solvay nè  alla Procura il mio contributo all’accertamento di responsabilità e verità.
 
Luigi Maconi fa riferimento al “comma 2 dell’articolo 1 dei 12 PRINCIPI FONDAMENTALI della COSTITUZIONE: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” per ritenere che “questo principio , letti anche i tuoi precedenti rispetto al processo Solvay, a me pare ampiamente violato dal GUP di Alessandria”.
 
Il termine “giustizia di classe” magari non viene da tutti i commentatori pronunciato ma la sostanza della loro valutazione è di una giustizia costruita su leggi che sono state fatte su misura dalle classi dei potenti, magari proprio da quegli impuniti che giornalmente  attaccano quella magistratura invece implacabile con i più deboli, spesso poveracci indifesi, che non tutela le Vittime: come  avviene per  delitti contro l’ambiente e la salute (come ho documentato nei tre volumi  di “Ambiente Delitto Perfetto”, disponibili a chi ne fa richiesta). Da aggiungere al libro ci vengono segnalati significativi esempi da Vito Totire, Luigi Maconi, Enrico Martini.
 
 A tutti quelli che mi hanno chiesto “Che fare?”, ho risposto: tutti assieme,  possiamo denunciare in tutte le sedi questa giustizia italiana che non tutela le Vittime e salva gli inquinatori.

Il miracolo di S. Baudolino, santo protettore dei Pfas.

lI laboratorio “Medica” di Zurigo ha analizzato il sangue di 35 persone provenienti da 18 cantoni svizzeri alla ricerca di PFAS (PFOA e PFOS) persistenti “forever chemicals”  nell’ambiente malgrado siano vietati dal 2021.  Tutti i partecipanti allo studio, dai bambini di sette anni alle donne di 89 anni, hanno queste sostanze cancerogene nel sangue. I livelli di Pfas di 29 partecipanti sono  così alti che, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), insorge “Una necessità acuta d’intervento,  in particolare  per le donne, soprattutto in età fertile (danni al feto), e per i bambini  che porteranno danni irreversibili tutta la vita. Infatti sono le mamme svizzere le più disperate.
 
Disperate  come lo sono le “Mamme No Pfas” del Veneto, con i figli avvelenati dalla Miteni di Trissino, alle quali è toccato il tragico “merito” di essere state protagoniste a portare alla ribalta in Italia il dramma dei Pfas: da risolvere con una legge di  messa al bando.
 
L’assassinio dei bambini  a mezzo dei Pfas è uno scandalo che non preoccupa Alessandria. Qui non ci sono bambini con i Pfas nel sangue. Eppure qui la Solvay di Spinetta Marengo, unico produttore nazionale, spara Pfas in aria acqua suolo! Miracolo! Miracolo del patrono San Baudolino? O semplicemente il fenomeno non è sovrannaturale bensì  merito di ometti che coprono la carica di sindaci e assessori: che hanno sempre impedito analisi di massa del sangue dei bambini.  
 
Questo miracolo va però condiviso con i magistrati. La mia associazione, già nel primo (anno 2009) dei 20 esposti depositati alle Procure di Alessandria pubblicamente chiedeva -documentando i Pfas nel sangue dei lavoratori Solvay- di intervenire in fabbrica e indagando con monitoraggi ematici  la salute nella cittadinanza tutta. Non solo, scandalo nello scandalo, denunciammo su su fino al ministro della sanità che i Pfas erano trasmessi nelle sacche dei donatori di sangue.

Edison coimputata con Solvay?

Gli avvocati della Solvay, forse la stessa Procura di Alessandria, si stanno interrogando alla luce della  recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, scaturita da una “questione pregiudiziale” posta dalla Cassazione nel corso della vicenda  processuale SNIA Caffaro.
 
Per questa sentenza della Corte europea, secondo principio europeo, l’azienda responsabile dell’inquinamento deve pagare, indipendentemente da quanto tempo è passato dalle attività che hanno provocato il danno ambientale.
 
L’interpretazione giuridica, dunque,   potrà essere seguita in procedimenti su casi analoghi. Nella fattispecie del processo (il secondo) in Corte di Assise di Alessandria, attualmente al vaglio del GUP, ci si chiede se, oltre alla Solvay, per il risarcimento dei danni ambientali e sanitari debba essere chiamata anche Edison, la quale nel primo processo era appunto  stata co-imputata.

Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.

FATTI FUORI DAL PROCESSO AD ALESSANDRIA
Talvolta  si usano titoli ad effetto. Il nostro non è  titolo civetta: è l’esempio che la realtà può superare la fantasia. Se pronunci  Lino Balza -ad Alessandria e non solo- tutti  pensano subito al polo chimico di Spinetta Marengo. E viceversa. E’ una associazione di termini automatica, da oltre mezzo secolo. Nomina omina. Se nel 2024 inizia un nuovo processo contro Solvay, dunque, si può immaginare che non sia ammesso Lino Balza? No, non si può immaginare. Sarebbe una situazione tipica della narrativa kafkiana ispirata all’incomprensibilità e all’assurdità, talvolta comica,  dell’esistenza umana,  sconfinando nella farsa
 
Eppure, in questo surreale episodio, chi ha escluso Lino Balza dal processo non è boemo o ucraino, non si chiama Franz Kafka Nikolaj Vasil’evič Gogol’-Janovskij bensì il genovese Andrea Perelli, giudice del Tribunale di Alessandria con incarico di Giudice Sezione G.I.P. – G.U.P.  Detto per inciso, Perelli, 39 anni, è il più giovane della Sezione per anzianità di servizio, ma non è un pivello: laurea all’Università di Genova, dottorando nel 2016 (anche rappresentante dei dottorandi), magistrato ordinario a trentadue anni, tirocinio a Genova, docente di commissione, autore di articoli, relatore a convegno eccetera. E non è un ingenuo, come vedremo.
 
La sua ordinanza, dalla prosa non pari all’acchittata compostezza con papillon, al processo ha ammesso oves et boves tutte le  300 parti civili persone fisiche: indistintamente CHIUNQUE ad eccezione di Lino Balza: “Non vanta diritto” (sic) perché, udite udite, “non presenta un collegamento qualificato con l’area che si assume inquinata”.
 
Ebbene, in quella “assunta area” Lino Balza 76 anni fa è nato e vi abita tuttora, ha lavorato per 35 anni nel polo chimico, sindacalista e ambientalista con il fardello per rappresaglia di 7 cause in pretura, 4 in appello, 2 in cassazione (tutte vinte), compreso il tentato licenziamento, aggiungendo il corollario di mobbing, cassa integrazione, tre trasferimenti, uffici confino, dequalificazione professionale e provvedimenti disciplinari minori [*]. Da quella fabbrica si è portato dietro il tumore maligno con i suoi supplementi,  nonché  i veleni che ancora oggi persistono nelle certificate analisi del suo sangue, insieme a quelli aggiunti dagli imputati. In più, da sopravvissuto pensionato, scrittore e giornalista, abita in quell’area dove resta pur sempre l’animatore (e in Italia) della lotta per la salute collettiva (anche del Perelli), contro l’ecocidio Solvay e a favore delle Vittime di Solvay, insieme alle mamme che si  disperano per i Pfas nel sangue dei figli. Scomodo ad azienda e magistratura.  
 
Solvay in sede dibattimentale si opporrà alla pletora di persone fisiche ammesse (“con la sola eccezione di Balza Lino”: ha tenuto a sottolineare Perelli Andrea) quali parti offese… semplicemente “per essere o essere stati residenti, o figli di residenti,  entro un’area di otto chilometri  individuata dagli studi di Arpa di Alessandria a rischio di neoplasie o quantomeno per metus (paura, n.d.r.) di vivere o aver vissuto in tale zona”. Peraltro, la presunta “zona rossa” degli otto chilometri (“con la sola eccezione di Balza Lino”)  è assai inventata perché non esiste alcuna “certificazione” dell’Arpa che delimiti un’area a rischio. Tant’è che Arpa non ha centraline dovunque ma dove ha cercato ha sempre trovato Pfas:  non solo nei sobborghi e nel capoluogo ma anche in Comuni della Provincia, per esempio a Montecastello che dista ben  oltre i fantomatici  otto chilometri, a tacere il fiume Bormida. In base al criterio territoriale e psichico, la popolazione potenzialmente parte offesa -oggi e domani- ammonterebbe a decine di migliaia di persone. Comprendendo la presunta incompatibilità ambientale di giudici e giurati, col rischio di trasferimento del processo.    
 
SOLVAY GONGOLA.
Dalla clamorosa udienza del GUP, Solvay porta a casa che  sono stati fatti fuori dal processo i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e Lino Balza, che chiedono subito la chiusura delle produzioni  inquinanti  dello stabilimento di Spinetta Marengo. Infatti, attualmente Greenpeace è l’associazione più impegnata ai massimi livelli a denunciare le fonti di inquinamento da Pfas su tutto il territorio nazionale, a cominciare da Alessandria, e a chiedere la loro messa al bando in Italia. Ebbene, non si sa se ridere o piangere, Greenpeace è stata esclusa… “per non aver svolto attività strettamente legata al territorio di interesse”.  
 
E Lino Balza, che paradossalmente abita a molto meno dei fatidici otto chilometri?  Per l’azienda belga, “Linò Balzà, ça va sans dire, est l’ennemi numéro 1”  dalla notte dei tempi, ancor prima del primo processo e ancor più dopo [**]. In più, è oltremodo scomodo alla vigente Procura. Proprio la Procura l’aveva escluso fra le parti offese. Presto spiegato: con ripetuti (11 su un totale di 20) esposti, depositati e anche pubblici [***], aveva per anni pressato il procuratore capo Enrico Cieri a intervenire d’autorità per le tutele della salute pubblica (si pensi, fra tutte, alle donazioni e trasfusioni di sangue infetto), a  contrastare gli illeciti ecosanitari, a procedere contro il management della multinazionale  (e non solo contro i due direttori), e soprattutto per il reato di dolo. E, di conseguenza, aveva criticato la Procura per il blando capo di imputazione, disastro ambientale colposo e illecito amministrativo, che esclude alle Vittime il risarcimento per le morti e le malattie (a parte l’eventuale elemosina del “metus”). [SI LEGGA IN DETTAGLIO L’ARTICOLO CHE SEGUE IL PRESENTE].
 
IL PATTEGGIAMENTO?
In aula, alla lettura della “strana” ordinanza del GUP,  tra gli avvocati si è cercato una connessione con le insistenti voci di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. E hanno presunto la disponibilità della Procura come preannunciata nella di lei imbarazzata e sconcertante audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta: praticamente l’assoluzione a priori ad “un imprenditore che crediamo abbia ottemperato agli adempimenti di legge, salvo inadeguatezze  che valgono il rimprovero di una colpa”. Una tiratina di orecchi. Clicca qui.
 
Altro segnale avvertito è il cambio degli avvocati della difesa con Riccardo Lucev  e Guido Carlo Alleva. Lucev è esperto in diritto penale della responsabilità medica e addirittura Officer del Criminal Law Committee della International Bar Association. Guido Carlo, soprannominato con Giulia Alleva  “avvocati del vino” (la rinomata “Tenuta Santa Caterina” per miliardari) è DOC in quanto storico difensore dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nei processi Eternit.  A confronto, i risarcimenti  nel caso Solvay, stringi stringi, sarebbero irrisori in un patteggiamento?  “Ça va sans dire,   avevano ragionato a Bruxelles,  ci verrà a fagiolo “tomber à pic” l’esclusione dalle parti civili di Lino Balza, così attivo ad opporsi al patteggiamento di un’elemosina ma a favore di una class action. Infine, l’azione della Procura nel patteggiamento, per quanto scalpore possa fare, pour nous  sarebbe un ombrello, anzi un paracadute: “Il suffit de mettre un parachute, ça va sans dire”. “Notre avantage”, e per Regione e Sindaco, sarebbe palese: si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che li addita come complici di Solvay e chiede monitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. Non li si può tenere a bada all’infinito. Ça va sans dire.
 
In conclusione. A Solvay, ça va sans dire, il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che in aula a loro volta gli avvocati della difesa discutevano con preoccupazione.
 
La richiesta di patteggiamento, spiegavano gli avvocati, può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Andrea Perelli sarebbe assai favorevole, poco o tanto che sia stato intimidito dal trascorso tentativo di ricusazione di Solvay.   Dunque già nella prossima udienza del 20 dicembre potrebbe esserci una delle due sorprese [****].
 
[*] “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza” in 4 volumi.
[**] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume primo. “Pfas. Basta!”, in tre volumi.
[***] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume secondo.
[****] “Ambiente Delitto Perfetto”, volume terzo.
Tutti i libri sono disponibili a chi ne fa richiesta.
 
 

6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.

La gravissima ordinanza del GUP, che ha escluso Lino Balza dal processo, ha colto di sorpresa tutti gli avvocati, compresi quelli della difesa. Però, a prescindere  dal merito  di essere la controparte storica da oltre mezzo secolo, nella fattispecie  Lino Balza riproporrà in sede dibattimentale -a pieno titolo, di diritto e di fatto- di costituirsi parte civile quale persona offesa e danneggiata nel procedimento penale [*] contro gli imputati Bigini Stefano e Diotto Andrea: per le seguenti ragioni soggettive. Nonchè  per le seguenti ragioni oggettive che la ordinanza di Andrea Perella, nascondendosi dietro le omissioni della procura,  impedirebbe  siano portate nel processo quali prove -di dolo a parere di Lino Balza- a carico di Solvay e dei suddetti imputati.
I requisiti di costituzione che contengono “l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti civili” sono contenuti in estrema sintesi in sei capitoli: dalla lettera A) alla G). In particolare, inoltre, sono richiamate le responsabilità attive o omissive, comunque consapevoli, dell’imputato Stefano Bigini, nei paragrafi da 1) a 15).  E degli imputati Stefano Bigini Andrea Diotto nei paragrafi 16) 17)E dell’imputato Andrea Diotto nei paragrafi da 18) a 39)Tutti i paragrafi erano compresi nei 20 (venti) esposti depositati (con ricevuta) alle Procure di Alessandria: di cui 11 (undici), che riprendono i precedenti, all’attuale procuratore capo; sollecitando interventi della Procura per le situazioni ambientali e sanitarie denunciate  e con esplicita richiesta di partecipare in giudizio, riferentisi  al periodo di attività dei due direttori ora imputati Stefano Bigini e Andrea Diotto.
A)     Al centro dell’inquinamento provinciale  di Solvay, a meno di sei chilometri dal polo chimico spinettese, lo storico e attuale domicilio di Lino Balza, con relative utenze telefoniche acqua luce gas ecc.,  è sito in Alessandria via Dante 86 a poche centinaia di metri dalla centralina Arpa (c/o Istituto Volta) che rileva l’inquinamento Solvay (Pfas). Allo stesso indirizzo recapita l’associazione “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, di cui è il responsabile nazionale.
B)      Nella provincia e nel comune di Alessandria, e in particolare presso il sobborgo di Spinetta Marengo, epicentro provinciale dell’inquinamento terra-acque-atmofera di Solvay, già dall’epoca in cui era dipendente del locale stabilimento chimico (Solvay ex Edison-Montedison) e fino all’epoca attuale, Lino Balza ha sempre esercitato –senza soluzione di continuità- le proprie attività di noto militante sindacale e ecologista, in particolare riferite al polo chimico di Spinetta Marengo, tramite presenza pressoché quotidiana  per organizzazione di dibattiti, assemblee, servizi con giornali e Tv locali e nazionali, per confezionare video su scarichi e discariche, per consulenze e promozione fra i cittadini delle costituzioni a parti offese, per organizzare le indagini epidemiologiche (es. con l’assessorato e con l’Università di Liegi) eccetera. Impossibile  essere esaustivi per questa mole di lavoro, memoria storica,  che riempie  i suoi libri e alimenta il suo Sito frequentatissimo a livello nazionale www.rete-ambientalista.it. Per limitarci al periodo che riguarda l’imputazione di Stefano Bigini e Andrea Diotto, si evidenziano alcune date.
 Nel 2008, direttore Stefano Bigini, Lino Balza, ha subìto tireodectomia totale per tumore maligno della tiroide contratto in sede lavorativa e abitativa, danno reiterato e aggravato nell’attuale contaminazione degli indistruttibili Pfas. Infatti,  il livello pericolosissimo  per le esistenti condizioni di salute, calvario sotto costanti cure e controlli, emerge dai  risultati de “L’indagine
 

Sull’onda del GUP, Solvay prepara i festeggiamenti.

L’appuntamento con la presidente di Syensqo Solvay per festeggiare -viene dato per scontato dopo exploit del GUP- l’esito del processo di Alessandria, non potrà che svolgersi  nella sontuosa “Tenuta Santa Caterina” di Grazzano Badoglio (Asti): dal ‘700 grandiosa abazia benedettina poi palazzo patronale con porticati, giardini all’italiana, scuderie e abitazioni per braccianti. L’avvocato Guido Carlo Alleva, con l’acquisizione nel 2000, ha operato una costosa e attenta opera di restauro per riportare all’antico splendore tutta la proprietà che oggi ospita anche un relais con sei suites (da 240 a 350 euro a notte). Qui potrà essere degnamente  ospitata la presidente  Ilham Kadri . Servita a tavola dai direttori di Spinetta Marengo in farfallino,  le sarà presentata l’ultima creazione a base chardonnay: il GuidoCarlo, un metodo classico annata 2019 (anno della sentenza di Cassazione).
 
Ma ne lasciamo ossequiosamente la presentazione alla  brochure vitivinicola. “Una bollicina che ha riposato sui propri lieviti per 36 mesi e le cui uve provengono dal vigneto Maddalena a 300 metri di altitudine con esposizione sud. Produzione di 3000 bottiglie. Questo vino non è altro che il risultato di un percorso di studi di oltre venti anni iniziato quando Alleva ha personalmente scelto le barbatelle da piantare: tre differenti cloni scelti tra i 34 certificati come i migliori al mondo, con caratteristiche che si compensassero l’un l’altra e che si adattassero bene al terreno. Le uve vengono raccolte, in cassetta e nelle prime ore del mattino, in anticipo rispetto alla piena maturazione per valorizzarne al meglio il profilo acido e olfattivo. Pressatura a grappolo intero e nessuna chiarifica. I suoi vini, come dice Guido Carlo, non sono un’opera d’arte, sono un’opera di artigianato. ‘Il GuidoCarlo è frutto di una lunga ricerca che, come per tutti gli altri nostri vini, portiamo avanti costantemente, vendemmia dopo vendemmia, per migliorarci, imparare a dialogare sempre di più con le vigne e raggiungere livelli qualitativi sempre più alti’. Sboccato nel marzo 2023, il GC esprime ancora tutta la sua giovinezza con una bolla esuberante che solca il calice giallo paglierino carico. Vivace il naso giocato sulle note agrumate con accenni fruttati e floreali. Una tessitura morbida data del clone Chardonnay Musqué si riflette al sorso che rimane comunque guidato dall’impronta minerale conferita dai suoli e dalla verticalità dell’acidità agrumata. Ottima persistenza. Un vino che ha ancora bisogno di sosta in bottiglia per esprimersi al meglio e che lascia presagire ottime capacità di evoluzione nel tempo”. Una sosta opportuna, ma quanto durerà il processo? Eventualmente, strafogatevi, alla francese: devenir fou, è l’augurio di noi Vittime. Pensa se Greenpeace trova Pfas anche a Grazzano Badoglio. Sarebbe la decantata « impronta minerale conferita dai suoli”?.

I cittadini di Alessandria fanno a proprie spese le analisi Pfas del sangue.

La Regione Piemonte, inveterata complice di Solvay, si è sempre rifiutata di sottoporre a monitoraggio di massa la popolazione della provincia alessandrina. E così, come già nel 2022 tramite l’Università di Liegi per gli abitanti del capoluogo Alessandria e del sobborgo di Spinetta Marengo, altri cittadini hanno dovuto rivolgersi a proprie spese all’Università tedesca di Aquisgrana. Questi ultimi risultati delle analisi del sangue degli abitanti della Fraschetta dimostrano una situazione di contaminazione PFAS del territorio estesa e grave, riscontrata nei paesi di: Spinetta Marengo, Castelceriolo, Lobbi, Cascinagrossa e Litta Parodi. Ebbene, oltre alla presenza del cancerogeno PFOA nel sangue di TUTTI i 36 cittadini esaminati, ha impressionato (nella trasmissione televisiva “Presa diretta)” la presenza dell’ADV -anche nell’aria- riscontrata dall’Arpa: solo dal 2022-2024 benchè da Lino Balza denunciata negli esposti dal 2009 in avanti!
 
Nel monitoraggio organizzato da Ànemos, ComitatoStopSolvay e Grennpeace, dunque, un residente su due campionati comprende anche ADV nel sangue, cioè per la somma di Pfas si ritrova nella fascia sanitaria più a rischio: oltre 20 μg/L. Record per il soggetto affetto da tumore di natura endocrina. Diverse sono le mamme che hanno scoperto che non solo loro avevano cancerogeni nel sangue ma anche i loro figli e con valori più alti. D’altronde Greenpeace ha analizzato un campione di acqua da una fontanella di via san Giacomo di Alessandria e ha trovato concentrazioni di 60 ng/L di Pfas, di cui 20 ng/L di Pfoa, cancerogeno.
 
Di fronte a questi ennesimi risultati, il sindaco di Alessandria emetterà (come di recente in Belgio per la 3M) ordinanza di chiusura degli impianti inquinanti, oppure offrirà, a braccetto dell’assessore regionale, agli ambientalisti l’ennesimo tavolo di confronto… ma ribattezzato task force?
 
 

Pfas nell’aria anche quando le produzioni sono ferme. E nuova finta diffida della Provincia.

Fermare le produzioni per brevi periodi non risolve l’inquinamento dei Pfas: la fermata deve essere definitiva per consentire una bonifica in tempi lunghissimi. Infatti, la sospensione della produzione nello stabilimento Solvay-Syensqo di Spinetta Marengo a giugno-giugno-luglio 2024, decretata con diffida  dalla Provincia, non ha eliminato nell’aria i Pfas: né a maggio-giugno-luglio né in seguito. L’hanno stabilito le centraline Arpa del sobborgo di Spinetta Marengo  (via Genova), del capoluogo Alessandria e del Comune di Montecastello. Il circolo è vizioso: i Pfas, quando non direttamente in falde e fiumi, vengono depositati in discariche o scaricati dalle ciminiere, dal cielo si depositano al suolo, di lì pieno zeppo, essendo forever chimicals indistruttibili, defluiscono anche decenni dopo in acqua o tornano in aria. Un ciclo eterno  che, però, intercetta  tragicamente respirazione e alimentazione umana.
 
Il monitoraggio dei PFAS con campionamento attivo su filtri del PM10 (frazione inalabile delle polveri con diametro  10 micron) è stata condotto su base mensile tramite campionatori presenti presso le stazioni di controllo. Presso la stazione di Spinetta – via Genova sono rilevate le concentrazioni maggiori di cC6O4, con valori variabili in un range da 0,476 a 1,534 ng/m3; viene rilevata anche la presenza costante degli isomeri della miscela ADV/MFS, la sommatoria di MFS risulta presente in un range tra 0,075 e 0,842 ng/m3. Presso il sito di Montecastello i campioni da maggio a  luglio evidenziano cC6O4 con concentrazioni variabili 0,019 a 0,036 ng/m3.  Presso la stazione di Alessandria – Volta sono state rilevate concentrazioni di cC6O4 da gennaio a maggio 2024 in un range di valori da 0,009 a 0,031 ng/m3.
 
Addirittura, a Spinetta, nei mesi di giugno e luglio è stata riscontrata positività per PFOA, con concentrazioni tra 0,006 e 0,008 ng/m3 (limite di quantificazione 0,004 ng/m3), quando il Pfoa ufficialmente non è più prodotto.
Così, la Provincia di Alessandria ha fatto di nuovo finta di intervenire. Sviando il discorso. Dopo quella dello scorso 28 agosto, ha trasmesso a Solvay  una seconda diffida per l’inosservanza delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) relativamente alle vasche per il trattamento del percolato, e per l’assenza delle canalette perimetrali agli invasi. Tempi di intervento rispettivamente 15 e 30 giorni. In caso di inosservanza eventualmente “si procederà ad una terza diffida e alla contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato”. Non si pensi definitivamente. C’è sempre una quarta diffida, quinta eccetera.
 
Non è una minaccia per Solvay: garantisce per incompetenza (Responsabile Regionale di Fratelli di Italia… per il Comparto Difesa) il neo assessore provinciale all’Ambiente, Maurizio Sciaudone.

Dal cielo sui pesci piovono PFAS. Solvay boicotta i controlli del CNR.

Solvay boicotta i controlli che il “Consiglio nazionale delle ricerche -istituto di ricerca sulle acque CNR cerca di realizzare  con l’ASL di Alessandria, per un progetto operativo  “Biomonitoraggio integrato area Spinetta marengo-Alessandria”. Infatti -è la denuncia-  “non fornisce gli standard analitici o le miscele tecniche (nel caso gli standard non siano disponibili) per svolgere analisi aggiuntive. E non rende pubblici i dossier tossicologici, di nuove sostanze e dei composti utilizzati in passato ed in uso, in suo possesso”.
 
Il sabotaggio è finalizzato ad occultare la presenza di ADV, C6O4 e Aquivion®PFSA negli scarichi, ad evitare l’ampliamento  delle analisi di vegetali e uova e del biomonitoraggio umano del sangue ma anche delle urine.  

L’endocrinologo: «Come i Pfas ci avvelenano».

Il professor Luca Chiovato è stato uno dei primissimi, in Italia, ad occuparsi dei distruttori endocrini, creando all’Irccs Maugeri di Pavia un Laboratorio di ricerca dedicato ai Pfas: proprio quello a cui si rivolse Solvay un quarto di secolo fa: dunque ufficialmente consapevole della propria condotta delittuosa.   
Ordinario di Endocrinologia dell’Università di Pavia, oltre 350 pubblicazioni scientifiche e più di 1.000 punti di impact factor, membro di lungo corso della Società Italiana di Endocrinologia, Luca Chiovato è dal punto di vista scientifico uno dei più titolati a trattare di Pfas. Lo fa in questa analitica intervista https://www.vita.it/lendocrinologo-cosi-i-pfas-avvelenano-il-nostro-corpo/  incentrata sulle conseguenze delle sostanze perfluoroalchiliche sul sistema endocrino-metabolico (“principalmente gli assi gonadici e della tiroide”), nella quale afferma che l’associazione tra Pfas e tumore della tiroide è  ormai esclusa da ogni controversia dopo il definitivo studio caso-controllo multicentrico (Usa, Olanda, Israele), pubblicato nel 2023, che ha stabilito il  rapporto tra Pfos e carcinoma papillare della tiroide.
 
Dunque, è completo il grado di pericolosità dei Pfasdiminuzione della fertilità, riduzione numero spermatozoi, tumori del testicolo e malformazioni congenite, come il criptorchidismo nell’uomo, ipertensione arteriosa durante la gravidanza, neonati sottopeso, mancata discesa dei testicoli nel bambino, sviluppo mentale dei neonati, pubertà precoce e tumori femminili ormono-dipendenti, come quelli di mammella e utero,  abbassamento della risposta anticorpale in adulti e bambini, innalzamento dei livelli di colesterolo, aumento dei rischi di cancro e malattie alla tiroide, lesioni al fegato, colite ulcerosa, neoplasie ai reni e ai testicoli, colite ulcerosaobesità, diabete tipo 2, dislipidemia, ecc. 
 
Un quadro clinico, non ci sono antidoti per i Pfas, reso ancor più drammatico dalle caratteristiche dei Pfas: l’emivita, vale a dire il loro tempo di decadenza  nell’ambiente è di 41-92 anni e l’emivita di eliminazione nell’uomo è di 3-7 anni. Unica soluzione: metterli al bando.

Fiumi di Pfas, pesticidi e diserbanti.

In Polesine ben 47 superamenti dello standard di qualità . Con il rapporto “Stato delle acque superficiali del Veneto”, l’Arpav ha rilevato azoxystrobin, metolachlor, metazaclor, boscalid, ampa, nomi sconosciuti a chi non lavori in agricoltura, pesticidi, funghicidi e diserbanti, ma che in pianura scorrono a fiumi nei fiumi e nei canali. Senza contare, soprattutto, la presenza dei Pfas:   sopra i limiti in tutti i punti di prelievo “nel Po con ogni probabilità, di origine esterna alla Regione del Veneto”, nota Arpav anche se si sa bene che vengono dallo stabilimento chimico Solvay di Spinetta Marengo.

Vietati altri Pfas, minimo passo in avanti.

Su questo tavolo divieto di Pfas.
Non è propriamente un Pfas ma un suo sottogruppo: l’acido undecafluoroesanoico (PFHxA e sostanze correlate), che Commissione europea, a norma del regolamento REACH — legislazione sulle sostanze chimiche, ha vietato come vendita e uso. Dunque divieto nei tessuti, cuoio, pelli per l’abbigliamento e gli accessori, come i giubbotti antipioggia o le calzature, ma anche nella carta e nel cartone destinati al contatto con gli alimenti, come le scatole per la pizza, nelle miscele, come gli spray impermeabilizzanti, nei cosmetici per la cura della pelle e in alcune applicazioni di schiuma antincendio. Però, il divieto non riguarderà altre applicazioni delle stesse sostanze, come quelle nella produzione di semiconduttori, di batterie o delle celle a combustibile per l’idrogeno verde.
 
La norma della Commissione si basa sulla valutazione dei comitati dell’ECHA (Agenzia europea delle sostanze chimiche), ma purtroppo  si tratta di un provvedimento col freno a mano della Solvay: ancora limitato rispetto alla restrizione dell’intero gruppo PFAS che l’ECHA sta favorevolmente  valutando a seguito di una proposta del 2023 di cinque governi europei (non dell’Italia imbeccata dalla Solvay),  e addirittura con un periodo di transizione tra 18 mesi e 5 anni, a seconda del materiale.

Mario Draghi, l’avvocato di Solvay, difende i Pfas e mette l’UE sull’attenti.

Solvay, sanno tutti, si avvale in Piemonte delle complicità delle istituzioni locali, dal Comune alla Regione passando per la Provincia, a tacere i parlamenti e governi. Chi ha frequentato le aule di tribunale sa che Solvay si avvale di due dei più eminenti legali italiani esperti di diritto penale ambientale, titolari di studi in diverse regioni, assistenti di cattedra, premiati dalle riviste specializzate come “leader di mercato” e “avvocato dell’anno”, direttore della più autorevole rivista on line; perciò a maggior ragione la multinazionale belga li ha ingaggiati da anni come consulenti di fiducia di tutti gli stabilimenti.  La formidabile coppia, Luca Santa Maria, l’avvocato malinconico, e Dario Bolognesi, l’avvocato sorridente, guarda con sufficienza ad Alessandria come tribunale di periferia, contando sullo stato di soggezione dei giudici al colosso. E infatti i limiti del blando capo di imputazione dell’imminente processo (il secondo) lo testimoniano. Al punto che sta riflettendo con lham Kadri, presidente di  Syensqo Solvay, e con Marco Apostolo, country manager, se gli è conveniente chiedere lo spostamento del processo da Alessandria.
Ma, in aggiunta a tutti questi avvocati diretti e indiretti, ora Solvay ha messo in campo nientepopodimeno che Mario Draghi. Nessuno può stupirsi: Draghi è da sempre l’uomo della finanza e della industria, da inserire nei posti di comando, nella Banca centrale europea e nel governo eccetera. L’avvocatura di Draghi per inserire i Pfas nel suo report europeo è però segno che Solvay si sente in difficoltà. Infatti, la totalità dell’opinione pubblica italiana, comitati e associazioni, centri universitari, Arpe regionali, politici, giornali, chiede la chiusura delle produzioni Solvay di Spinetta Marengo e il divieto dei Pfas nell’uso di una sterminata pletora di prodotti industriali e di largo consumo.
 
Infatti, nel contempo, Danimarca, GermaniaPaesi Bassi, Norvegia Svezia stanno spingendo per mettere al bando in Europa la produzione e l’utilizzo dei Pfas. Che sono indiscutibilmente tossici e cancerogeni per l’uomo e l’ambiente, come sancisce la letteratura scientifica internazionale, come ha dimostrato l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC. Ma di questi, non frega nulla a Draghi per dichiararsi contrario alla messa al bando dei Pfas in Europa: la competitività viene prima della salute (che a lui auguriamo di tutto cuore), si tratti di amianto o di Pfas, ovvero di 4,4 milioni di tonnellate di Pfas nell’ambiente nei prossimi trent’anni.
 
Non stupisce, data la natura dell’uomo,  che Draghi sentenzi: “Un possibile divieto imminente di una serie di sostanze pfas avrebbe un impatto sull’uso di sostanze necessarie per la produzione di tecnologie pulite (batterie, elettrolizzatori e refrigeranti per pompe di calore) per le quali attualmente non esistono alternative”. Draghi, che di chimica pulita si intende ancor meno di economia pulita, si riferisce in particolare all’ultima creatura Pfas di Solvay, l’Aquivion,  impianto da poco inaugurato a Spinetta Marengo -con i soldi dei contribuenti italiani- da Giorgia Meloni (che così spaccia il made in Italy) e da Alberto Cirio presidente Regione Piemonte (che li ha sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione). Draghi, che come Santa Maria e Bolognesi, non ambisce ad una cattedra di etica e morale, replica che ha la coscienza a posto: non è pagato per occuparsi di salute (non l’ha fatto neppure da premier per il covid) bensì della competizione nei confronti della Cina dove ci sono meno rischi di restrizioni alle produzioni Pfas,  bensì, insomma,  del profitto di Solvay.
 
A Draghi, che non sa leggere le indagini epidemiologiche (eccessi di tumori, malattie della tiroide, disfunzione immunitaria e interferenza ormonale ecc.), basta appiccicare ad Aquivion l’etichetta “ad uso idrogeno verde”, riempirsi falsamente  la bocca con “transizione energetica” “energie pulite”, per serrare entrambi gli occhi sui quotidiani scarichi nell’atmosfera alessandrina, sulle ondate di Pfas nel fiume Bormida (fino al Po) e nelle falde acquifere, mentre chiudono pozzi privati e acquedotti pubblici, mentre qualunque cittadino, del sobborgo di Spinetta Marengo o del comune o della provincia di Alessandria, quando sottoposto a prelievo, rivela nel sangue presenze criminali di sostanze tossiche e cancerogene.
 
Per rallentare all’infinito le produzioni, Solvay si è affidata al miglior avvocato difensore europeo, e se Draghi chiama la Commissione Europea risponde sull’attenti: la “stretta” sui Pfas sarà la più “larga” possibile (18 mesi, anche 5 anni)  per divieti a uso abbigliamento o imballaggio o alimentare ecc., e “larghissima” per  batterie, elettrolizzatori e refrigeranti.

La faccia di Riboldi è di tolla, non d’acciaio inossidabile come quella di Draghi.

Cum  maior minor cessat. Quando c’è un difensore europeo così rilevante come Mario Draghi, un oscuro assessore alla sanità piemontese decade. Ma può sempre essere utile come imbonitore a livello locale. Così la pensava Solvay quando ha mandato Federico Riboldi in assemblea ad Alessandria. E invece, pur spalleggiato da sodali di Provincia, Asl, Arpa e Università, è stato un flop. Piangere miseria quando si tratta di investimenti sulla salute non commuove una popolazione falcidiata da morti e malati. Della quale ci si ricorda, tirati per il collo, appena  nel 2022 con 340.000 euro assegnati all’Asl per un micro biomonitoraggio (120 persone) dell’area di Spinetta Marengo. Puoi essere credibile ad annunciare un obolo di “719.000 euro che permetteranno all’Asl AL di realizzare tra il 2024 e il 2026 un progetto strategico che prevede l’aumento delle attività di salute, ambiente, biodiversità e clima, il rilancio della rete di medicina del lavoro e la ricerca attiva delle malattie professionali”? E meno male che Riboldi aveva annunciato “sono qui a metterci la faccia”. In effetti se l’ha rimessa (risate nell’auditorium quando ha definito il progetto “strategico”, anglicizzato perfino come “task force”).
 
Con quella futuribile elemosina, “cominceremo il nuovo biomonitoraggio non appena avverranno i primi prelievi per concluderlo entro 36 mesi, se possibile anche prima”, Riboldi cercava di soddisfare il mandato che Solvay gli aveva affidato: imbonire gli animi esacerbati della popolazione, prendere tempo, per favorire la dilazione dei i tempi strategici di Solvay, quegli anni che a Solvay servono per continuare a produrre Pfas senza pagare lo scotto di chiusure premature  e processi. E invece i Comitati gli hanno sbattuto in faccia: “Sai benissimo, come lo sanno bene tutte le istituzioni: da quello stabilimento, con impianti datati e ridotti a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida.” A maggior ragione dopo aver ascoltato Riboldi,  “Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Insomma, non è concepibile  un assessore che, ancora nel 2024, non ritenga inconcepibile che persista in pieno centro abitato questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale. Che lo stesso assessore senza pudore paragona  -per dolo- alla Eternit di Casale Monferrato. Ma che aspetta Godot (il governo) come ogni buon Ponzio Pilato che si rispetti.