La progressione del cancro è confermata dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science & Technology da un team di epidemiologi dell’Università di Yale, che ha esposto cellule di cancro al colon a livelli di PFAS comparabili a quelli presenti nel sangue dei vigili del fuoco (a rischio per la frequente esposizione ai ritardanti di fiamma). I Pfas hanno indotto le cellule cancerose a migrare in nuove posizioni, una caratteristica tipica delle cellule responsabili di metastasi.
Abbiamo commentato più volte che oltre 17.000 siti in tutta Europa (in particolare in Italia) sono contaminati dai PFAS, secondo i risultati di un’indagine esclusiva, durata vari mesi e condotta da 18 redazioni europee del Forever Pollution Project, e che le autorità nazionali di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia avevano presentato all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) una proposta per limitare le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) nell’ambito del regolamento REACH (regolamento dell’Unione europea, adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche).
Il motivo della richiesta all’ECHA in sintesi è: “I PFAS sono o si trasformano in sostanze persistenti, con conseguente esposizione e accumulo irreversibili nell’ambiente. A causa della loro solubilità in acqua e della loro mobilità, la contaminazione delle acque superficiali, sotterranee e potabili e del suolo si è verificata sia nell’UE che a livello globale e continuerà. È stato dimostrato che risulta molto difficile ed estremamente costoso rimuovere il PFAS una volta rilasciato nell’ambiente. Inoltre, alcuni PFAS sono stati documentati come sostanze tossiche e/o bioaccumulanti, sia per quanto riguarda la salute umana che l’ambiente. Senza agire, le loro concentrazioni continueranno ad aumentare e i loro effetti tossici e cancerogeni saranno difficili da invertire.”
Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, dichiara: “Questa nostra indagine senza precedenti tocca un nervo scoperto su cui le autorità nazionali da tempo hanno scelto di non intervenire, nonostante sia chiaro che la contaminazione riguardi l’acqua, l’aria, gli alimenti e il sangue di migliaia di persone. Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Esortiamo il governo, il parlamento e i ministeri competenti ad assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili”.
Chiedi al governo italiano la messa al bando dei Pfas. Clicca qui.
Giace in Parlamento il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli: fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia.Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assumele istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
Il nuovo rapporto “PFAS e acque potabili in Lombardia, i campionamenti di Greenpeace Italia” rende pubblici gli esiti di un monitoraggio condotto in tutte le province lombarde: le analisi di un laboratorio indipendente evidenziano che 11 campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di Pfas nelle acque potabili di diversi comuni lombardi nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese (Qui la mappa dei campionamenti), precisamente in fontane pubbliche in parchi giochi o vicino a scuole primarie, dunque in “punti sensibili” esposti alla contaminazione dei minori i soggetti a maggior rischio.
In alcuni casi si superano i livelli previsti dalla Direttiva comunitaria e in altri i valori di sicurezza per la salute adottati in altre nazioni, sottolineando il fatto che, in base alle conoscenze scientifiche più recenti, i PFAS sono pericolosi per la salute anche a concentrazioni estremamente basse e inferiori a quelli fissati dalla Direttiva europea (100 nanogrammi per litro). Comunque, questo limite è superato a Caravaggio e Mozzanica, in provincia di Bergamo, e a Corte Palasio e Crespiatica, in provincia di Lodi. Tra 12 nanogrammi litro (Pontirolo Nuovo, Bergamo) e 54 nanogrammi litro (Mariano Comense, Como). ACapriolo, Somma Lombardo, Mariano Comense, via Civitavecchia e via Cusago a Milano: concentrazioni superiori ai valori più cautelativi per la salute umana vigenti in Danimarca o proposti negli Stati Uniti.
Greenpeace Italia ha presentato sei esposti destinati alle Procure lombarde di riferimento per adottare i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione di acque contenenti Pfas alla popolazione”.
Soprattutto alla luce dei casi di Crespiatica e Corte Palasio, dove in due occasioni sono stati rilevati i valori più alti di Pfas, l’ATS, Azienda Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano, ha replicato che questi valori non sono ritenuti tali da dichiarare una situazione di allarme sul piano della sicurezza sanitaria.
Greenpeace aveva lanciato l’allarme dopo test effettuati nei due Comuni dell’OltreAdda nell’ambito del rapporto “Pfas e acque potabili in Lombardia” basato su 31 campionamenti delle acque. Crespiatica (fontana del cimitero) era risultato il secondo punto più inquinato: 1.840 nanogrammi per litro, ben oltre la soglia dei 100 nanogrammi per litro prevista dalla direttiva europea del 2020. Alcune procure hanno chiesto degli approfondimenti alle autorità pubbliche.
Dall’inchiesta internazionale, la mappa interattiva della concentrazione delle sostanze perfluoroalchiliche PFAS in Europa indica l’Italia per il più grave inquinamento di Pfas in Europa, e la Toscana è tra le zone più colpite e a rischio.
Andando a leggere i dati dell’annuario di Arpat appena presentato si apprende “il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di Pfas. Tutti i campioni del biota (animali e vegetali, pesci in primis) hanno residui di Pfas cioè nel 100% dei campioni monitorati”. E poi sempre Arpat scrive che “il 37% delle stazioni in acque superficiali monitorate supera gli standard europei di Pfas.”
Sulla richiesta di messa al bando a livello mondiale delle sostanze chimiche Pfas, nella sala del consiglio comunale di Capannori, iniziativa pubblica organizzata dall’associazione Senza Confini con Tommaso Pianigada e di Greenpeace con il responsabile nazionale Giuseppe Ungherese, e la partecipazione del sindaco e presidente della provincia di Lucca Luca Menesini .
In Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Il Disegno di Legge dell’ex senatoreMattia Crucioli giace in Parlamento. E fermamente osteggiato dalla Confindustria perchè detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia.Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assumele istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.
I primi beneficiari di questa legge sarebbero le popolazioni toscane e venete (concerie ed ex Miteni di Trissino), lombarde (Solvay di Bollate) e piemontesi (Solvay di Spinetta Marengo). D’altronde gli scarichi della Solvay in Bormida raggiungono la foce del Po. Ma ormai, come abbiamo ripetutamente documentato, in tutte le Regioni italiane, dove si sono mosse le Arpa, è dimostrato che la calamità mondiale dei Pfas è una questione nazionale.
Con la nuova legge Crucioli sarebbe ancor più palese l’inammissibile alibi degli omissivi e complici Comune, Provincia e Regione, che si nascondono dietro il dito dell’assenza di limiti nazionali: sono fuorilegge al pari dell’azienda!
L’esposizione della popolazione ai Pfas avviene per via respiratoria e per via alimentare attraverso il consumo di alimenti e acqua. Gli alimenti vegetali possono venire contaminati dal terreno e dall’acqua utilizzati per coltivarli. Quelli di origine animale dai Pfas che si concentrano negli organismi animali tramite l’acqua e/o i mangimi vegetali e foraggi. La presenza di Pfas in imballaggi alimentari e attrezzature impiegate durante la trasformazione alimentare contribuisce ulteriormente all’esposizione alimentare.
I Pfas hanno il sistema immunitario come primo avversario e la diminuzione della risposta alle vaccinazioni dei bambini costituisce un effetto critico. Nelle valutazioni dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare EFSA, l’acqua potabile, il pesce, la frutta, le uova, i prodotti a base di uova, sono risultati essere i principali contributi all’esposizione alimentare di fondo nella popolazione europea nel suo complesso.
A dicembre ’23 la Regione Veneto ha varato un nuovo “Piano di sorveglianza Pfas nei prodotti agroalimentari delle zone rosse e arancioni” riferito alle matrici vegetali.
Si tratta di un sensore luminescente sviluppato da scienziati esperti di chimica e scienze ambientali dell’Università di Birmingham, in collaborazione con scienziati dell’Istituto federale tedesco per la ricerca e i test sui materiali. Peccato che non sia utilizzabile per i rilevamenti nelle acque potabili. Infatti il sensore (tramite un piccolo chip d’oro combinato con complessi metallici di iridio) è in grado di rilevare 220 microgrammi di PFAS per litro d’acqua, dato che lo rende utile all’analisi solamente delle acque reflue industriali… per dosare e intervallare gli sversamenti. Per l’acqua potabile, invece, occorre maggior sensibilità, così da rilevare livelli di PFAS nell’ordine dei nanogrammi
Stanno per iniziare il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che è contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui): in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminaticon l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.
Per completare l’informazione, nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas(clicca), abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.
In questa seconda parte, affronteremo gli aspetti ambientali che stanno a monte di quelli sanitari.
La difesa della presidente Solvay in tribunale. (clicca qui)
Se giova, ripetiamolo ancora una volta: per i Pfas si ripete la strage silenziosa che conosciamo per l’amianto (a tacere il DDT): millesimi dell’onnipresente fibra per decenni hanno subdolamente avvelenato centinaia di migliaia di bambini e adulti nel mondo e decine di migliaia in Italia senza allarmare episodi acuti eclatanti, finchè la lenta somma dei decessi per mesotelioma (tumore incurabile ancora oggi) ha fatto scoppiare la bolla epidemiologica. Troppo tardi: messo al bando 30 anni fa in Italia (anticipando di 13 anni l’Europa), il picco di decessi per amianto, or ora appena raggiunto, decrescerà nei prossimi 20 anni in quanto prima che si manifesti passano anche 40-50 anni. Questo periodo di latenza, per i Pfas non è ancora ben calcolato, considerando che essi sono in auge sempre più da oltre 50 anni e che il Pfoa è stato messo al bando solo di recente, mentre i suoi fratelli e figli resistono ancora.
Si consideri che gli effetti legati all’azione cancerogena dell’amiantosono rappresentati dal mesotelioma delle sierose, soprattutto pleurico, ma anche peritoneale, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e dal tumore polmonare, tumore della laringe e dell’ovaio. E che la gamma delle patologie per i Pfas è il più vario: interferenti/perturbatori endocrini che gli studi hanno associato a problemi dello sviluppo, ipertensione gestazionale, nascita di bimbi sottopeso, diabete, colesterolo alto, riduzione della risposta immunitaria, tumori eccetera. L’analisi complessiva di tutti gli studi condotti sul tema è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova che hanno comparato i diversi lavori, pubblicando i risultati in un’analisi comparativa trascrizionale sulla rivista Toxics, con il titolo “Cross-Species Transcriptomics Analysis Highlights Conserved Molecular Responses to Per- and Polyfluoroalkyl Substances”. Questo studio del Dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’Università di Bologna e del Dipartimento di scienze cardiache, toraciche, vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova, è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata.
Ebbene, negli anni ’80, sull’altare della difesa dell’occupazione, ci criminalizzarono perché chiedevamo di chiudere l’Eternit di Casale Monferrato per la messa al bando dell’amianto. Oggi tentano di ripetere la storia per le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e per il sostegnodi una legge di bando dei Pfas in Italia (ex DDL Crucioli).Prima che sia troppo tardi, come per l’amianto,oggi come ieri non tutti per i Pfas ci ascoltano nell’opinione pubblica, oggi come ieri le istituzioni sono complici degli interessi degli industriali che occultano rischi e danni. Esempio eclatante il Piemonte.
Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Non lo fanno il monitoraggio del sangue di TUTTA la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti (in particolare 2017 e 2019), a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.
Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.
All’osceno girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme: presenza in percentuale 5 volte superiore al circondario. Perché avverte i suoi complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma Ilham Kadri dal quartier generale di Bruxelles.
Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? Se giova, ripetiamolo ancora una volta. Meglio di una ridicola Consulta comunale ambientalista, la soluzione tattica sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento.
Il biomonitoraggio di massa ridotto a 100 persone. Garantito da Pira
Così, che fa la Regione Piemonte? Sarà effettuato unprelievo di sangue (si spera anche delle urine) a circa un centinaio le persone: scelte con limitato criterio scientifico, e necessariamente escludendo gli altri Comuni della provincia, seguìto dalla somministrazione di uno specifico questionario, “per acquisire maggiori conoscenze sugli effettivi livelli di esposizione della popolazione ai Pfascosì da migliorare le procedure di prevenzione”. Le quali, in questi decenni, erano consistitein unostudio, peraltro allarmante, per la valutazione del rischio sugli alimenti di origine animale e vegetale. Sì, perché la Regione… ha ancora qualche sospetto: non sono bastati, nei decenni trascorsi, otto studi epidemiologici che hanno messo in evidenza che nella Fraschetta ci si ammala e si muore di più: un crescendo di patologie agli organi epato-biliari, insufficienze renali, tumore al rene ecc. in alcuni casi superiori fino al 50% alla popolazione non esposta. Patologie particolarmente crudeli quando colpiscono la fascia di età 0-16 anni: malattie neurologiche con eccedenze del 86% rispetto ai coetanei alessandrini. Non sospetta la Regione che è forse perché lì c’è un polo chimico classificato ad alto rischio che immette in aria-acqua-suolo sostanze classificate tossiche e cancerogene proprio per quel tipo di patologie?
Non lo sospetta: ne ha la certezza, perciò il biomonitoraggio è micro e da coprire con massima riservatezza: “Gli esiti dei 100 prelievi saranno disponibili tra fine febbraio e inizio marzoe l’ASL provvederà a comunicarli ai partecipanti che potranno condividerli con il proprio Medico di medicina generale, per valutare sulla base dei valori riscontrati, e secondo quanto previsto dal protocollo di studio, l’eventuale necessità di approfondimenti diagnostici e presa in carico sanitaria”. E le altre decine di migliaia di lavoratori e cittadini? Si vedrà e si farà. Più tardi si vedrà più tardi si farà. Meglio dopo le elezioni regionali di giugno. Ci sarà una seconda, terza fase e quante altre sarà necessario. Cominciamo a valutare questi 100, che già ci vuole tempo, perché bisogna essere molto scientifici. Eh già, bisogna essere molto scientifici, molto scrupolosi, ad evitare conclusioni affrettate a scapito dell’azienda … pardon… che mettano in allarme la tranquilla popolazione. Dunque, “le analisi dei campioni di sangue saranno effettuate dal Laboratorio di Tossicologia e Epidemiologia Industriale, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, della Città della Salute di Torino, al CTO”.
E a chi affideremmo, fase dopo fase s’intende, tempo al tempo, la valutazione dei dati? Al professor Enrico Pira, Responsabile Medicina del Lavoro del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino? Una garanzia, quale affermatissimo consulente in difesa dei maggiori gruppi industriali inquinanti: clicca qui. Ebbene, Pira ha già anticipato nel 2021 le sue valutazioni sulle indagini epidemiologiche, e ovviamente sull’attendibilità dell’odierno micro biomonitoraggio ancor che diventi, in un futuro lontano, un biomonitoraggio di massa. Pira è infatti la firma punta di diamante dell’opuscolo patinato distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, e che rappresenta la futura linea difensiva di Solvay al processo.
La linea difensiva di Solvay al processo.
Per Solvay il minibiomonitoraggio è prendere tempo utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in Corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, in cui afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).
Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale.Da un lato smentisceche acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocue. Dall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.
Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che“Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”. A maggior ragione quando noi avviamo la class action: le cause civili di massa per risarcire le Vittime per malattie e morti. Dunque il minibiomonitoraggio le è il male minore.
Il procuratore generale di cassazione: toccate questa gente nel portafoglio!
Alla class action indirizza il procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione. Davanti alla IV sezione penale, il 12 dicembre 2019 Ferdinando Lignola nei quaranta minuti della sua requisitoria ha parole durissime per i dirigenti Ausimont e Solvay avvicendatisi nella gestione del polo chimico di Spinetta Marengo: “Chiedo il rigetto di tutti i ricorsi degli imputati. Chiedo ai giudici di pronunciare una decisione con la D maiuscola nei confronti di chi ha tenuto condotte sicuramente offensive dell’incolumità pubblica. Stigmatizzo il loro atteggiamento dello scaricabarile. Infatti, la linea difensiva che viene qui proposta è sostanzialmente questa: ‘Dato che qualcuno ha inquinato prima di noi, continuiamo a inquinare anche noi’. Ma è una follia!«Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.
Per le Vittime: meglio le cause civili piuttosto che quelle penali. Infatti i processi di merito (Alessandria e Torino), avviati dall’emergenza falde cancerogene del 2008, avevano già sgonfiato questo mini ricorso in Cassazione. Infatti, erano già stati assolti gli amministratori delegati (Carlo Cogliati, Bernard Delaguiche, Pierre Jacques Joris) e condannati a un anno e otto mesi (con la sospensione condizionale e la non menzione della pena ottenute quali attenuanti generiche in Appello, ma impugnate dalla procuratrice) due dirigenti del settore Ambiente e Sicurezza delle due società (Giorgio Carimati e Giorgio Canti) e un direttore (Luigi Guarracino); prescrizione per un manager (Francesco Boncoraglio) e assoluzione per difetto di dolo per un altro dirigente (Giulio Tommasi).
“Pene peraltro lievi e risibili”le definisce disgustato il procuratore generale “Il disastro ambientale avvenuto nel polo chimico di Spinetta è un fatto grave che fa venire i brividi. E’ gravissimo il ruolo attivo degli imputati: erano le persone che, con provata esperienza e competenza scientifica, erano deputate alla gestione del rischio, perfettamente in grado di capire il grado di pericolo. Hanno procurato un disastro, un evento distruttivo di proporzioni straordinarie atto a produrre effetti gravi: un reato a consumazione prolungata, caratterizzato dalla ripetizione di singole condotte lesive”.Era, cioè, dolo, come ho sostenuto fino allo spasimo.
Duro l’affondo del pg Lignola: “Inaccettabile la tesi secondo cui ‘dato che qualcuno ha già inquinato prima, continuiamo a inquinare anche noi’: questa è pura follia! Questa gente rivendica il diritto a inquinare perché qualcuno l’ha già fatto prima”. Sarà la tesi che ascolteremo da Solvay al 2° processo.
N.B. Nella prossima puntata entreremo nel merito del capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, e dell’opposizione degli avvocati di Solvay.
Censiti anche in Sicilia i Pfas, “il nuovo amianto”, sicuramente cancerogeni(L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro Iarc dell’Oms), tracinquemila e diecimiladiversi tipi indistruttibili,17 mila siti inquinati in tutta Europa (inchiesta The Forever Pollution Project), in Italia 1.600 ormai individuati in tutte le Regioni, punte dell’iceberg Veneto e Piemonte dove Solvay rifiuta di chiudere l’unico impianto produttivo italiano (Spinetta Marengo che immette tonnellate di Pfas nell’ambiente).
In Sicilia l’inchiesta di Le Monde ha permesso di censire 35 siti. La Regione ha inserito la ricerca nel proprio “Piano di controllo ufficiale dicontaminanti e tossine vegetali naturali negli alimenti” valido dal 2023 al 2027. Arpa Siciliaa partire dal 2018 ha inserito il controllo di 16 sostanze Pfas dal 2018 nei monitoraggi annuali delle acque sotterranee. L’Agenzia regionale sottolinea che queste sostanze “da una parte hanno un largo utilizzo in ambito industriale e commerciale, dall’altra hanno determinato un’ampia diffusione nell’ambiente ed in particolare nelle acque, dove mostrano caratteristiche di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità“.
Solvay non chiude l’impianto di Spinetta. Il governo non traduce in legge il DDL (Crucioli) che mette al bando i Pfas in Italia. Senza un intervento prescrittivo (proposta presentata da Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia), circa 4,4 milioni di tonnellate di Pfas finiranno nell’ambiente nei prossimi 30 anni. Mettendo a rischio la salute di persone, piante e animali.
Riceviamo e pubblichiamo (clicca qui) la Interrogazione a risposta orale n. 51 (CAPOZZI) “Monitoraggio PFAS nelle acque potabili del Friuli Venezia Giulia” che così conclude: “LETTI i risultati di analisi effettuate dai gestori e dalle autorità sanitarie lombarde su campioni di acqua destinata ad uso potabile condotte dal 2018, rese pubbliche da Greenpeace Italia, in cui sarebbe stata ravvisata la presenza di PFAS in quasi il 20% dei campioni; Tutto ciò premesso e considerato, interroga la Giunta per sapere: 1) se nei campioni di acque potabili destinate al consumo umano, analizzate nella nostra Regione dal 2018 in poi, siano stati ricercati i ‘PFAS totali’ e la ‘Somma di PFAS’ e quali siano i risultati, riscontrati”.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha sciolto ogni dubbio in merito alla cancerogenicità per l’uomo dell’acido perfluorottanoico (PFOA)e dell’acido perfluorottansulfonico (PFOS), composti che rientrano nella categoria più ampia delle sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS).
L’Isde Medici per l’ambiente chiede a gran voce lo stop ai PFAS ed il completamento delle bonifiche in Veneto e nel resto d’Italia, a partire dalla provincia di Alessandria, dove si trova uno stabilimento che immette tonnellate di queste sostanze tossiche nell’ambiente. Clicca qui.
Il PFOA, da decenni sospetto cancerogeno oltre che nefasto interferente endocrino, spergiurato come innocuo dalle aziende produttrici, infine dalla scienza è stato messo al bando da tempo, e senza appello definitivamente da IARC Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro IARC, come sicuro responsabile per alcuni tipi di cancro. Tra i quali, ora, uno studio condotto dall’ Università di Yale, pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Science & Technology, ha esaminato gli effetti dei PFAS sul cancro al colon. Le sostanze PFAS hanno innescato la migrazione delle cellule cancerose verso nuove posizioni, un comportamento tipico delle cellule responsabili delle metastasi. Inoltre, i ricercatori hanno osservato che i PFAS hanno alterato sostanze cruciali per il metabolismo cellulare e hanno ridotto le sostanze antinfiammatorie che normalmente hanno proprietà protettive contro il cancro. Queste trasformazioni sono risultate particolarmente profonde nelle cellule affette dalla mutazione che rende il cancro più aggressivo.
Su www.smips.org SCIENZA MEDICINA ISTITUZIONI POLITICA SOCIETA’ S.M.I.P.S. oltre 2100 articoli, tra cui:
“Vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio” Io non lo so cosa augurare. Non so che desideri avete, cosa custodisce il vostro cuore, in che direzione tende la vostra anima. So soltanto che vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio.… Leggi tutto »“Vorrei augurare a tutti un mondo migliore, fatto almeno un pochino meglio”
L’Arpa trova Pfas da un Comune all’altro Non solo il Comune di Alessandria è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche già per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o… Leggi tutto »Pfas da un Comune all’altro
Non lo fanno il monitoraggio del sangue di tutta la popolazione alessandrina assediata dal polo chimico di Spinetta Marengo, perché sarebbe la “pistola fumante” che inchioderebbe Solvay: costringendola a fermare all’istante le produzioni inquinanti. Diventerebbe prova regina, prova certa e conclusiva del crimine sanitario. Lo diventerebbe addirittura per i più testardi negazionisti che hanno respinto l’evidenza di ben otto indagini epidemiologiche precedenti, a tacere di tutte le indagini ambientali dell’Arpa.
Perciò, evitare questa smoking gun il più a lungo possibile è il compito, di occultamento sistematico dei dati ecosanitari in Piemonte, che la multinazionale belga ha affidato a Comune di Alessandria e Regione, e da essi svolto per lustri in una infinita taranta, con il sindaco a rimbalzare la palla delle responsabilità al governatore, e questi buttandola perfino in tribuna, ad un Comitato Etico… fantomatico organismo che autorizza sperimentazioni farmacologiche e cliniche, come il suicidio assistito.
All’osceno girotondo ancora si presta il sindaco che avrebbe il dovere civico e giuridico, in quanto massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione e fermare le produzioni. Ma l’opinione pubblica incalza, noi li sputtaniamo urbi et orbi, i versi de Le Iene echeggiano. Chiediamo le analisi del sangue ai lavoratori e ai cittadini, a tutti, a tutti quanti sottoposti ai veleni suolo-acqua-aria di Solvay. La quale non le vuole, perché sa già che i referti ematologici dei lavoratori custoditi nei suoi cassetti superano ogni limite tollerabile. Perché sa già che le relazioni cliniche dei cittadini, secondo il nostro screening tramite Università di Liegi, superano ogni soglia di allarme. Perché avverte i complici dell’effetto psicologico di un biomonitoraggio di massa: “Ils sont a la recherche d’un pistolet fumant” afferma Ilham Kadri dal quartier generale di Bruxelles.
Che fare per sopire l’opinione pubblica e prendere quel tempo ulteriore che serve alla strategia aziendale? La soluzione sarà usare la modesta somma stanziata, in stagione elettorale, dalla Regione alla Asl per diluire nel tempo e circoscrivere le analisi del sangue ai soli Pfas e ad una ristretta minoranza di persone selezionata il più lontano possibile da quel centro urbano inglobato nel criminale rischio chimico dello stabilimento. La soluzione sarà ignorare e imbonire la sconcertata opinione pubblica (clicca qui) e il ruttino dell’evanescente opposizione che propone di usare (in parte) i compensi dei consiglieri comunali per impolpare una più seria indagine sanitaria.
La linea difensiva di Solvay al processo.
Per Solvay prendere tempo è utile in funzione di un iter processuale che si trascinerà per un decennio fino alla Cassazione, iniziando dallo scoglio in corte di assise di Alessandria. Anche se esso, nel blando (colposo e non doloso) capo di imputazione della procura, non comprenderebbe il risarcimento dei danni sanitari alle Vittime: evidentemente hanno fatto breccia le argomentazioni contenute nell’opuscolo patinato da Solvay distribuito a tappeto a dipendenti e residenti, in cui afferma: “Facciamo chiarezza su salute e ambiente: Solvay non è responsabile delle morti di Spinetta Marengo” (clicca qui).
Questo opuscolo disegna la linea difensiva di Solvay in tribunale.Da un lato smentisceche acido cloridrico, acido fluoridrico, tetrafuoroetilene, perfluoroisobutene, pfas, ecc. che fuoriescono dalle ciminiere, ovvero tramite fughe di gas dagli impianti stessi, ammalino sangue e polmoni di bambini e adulti in quanto tali concentrazioni tossico oncogene sarebbero sotto i livelli di tolleranza: “sotto le soglie di non effetto”, praticamente innocue. Dall’altro, concentra l’attenzione sulla punta dell’iceberg dell’avvelenamento, i PFAS, di cui garantisce l’innocuità in acqua e atmosfera: come ha sempre sostenuto per il Pfoa (alla facciaccia della inappellabile sentenza dello IARC) e come ribadisce per il suo sostituto cC6O4.
Ma, pur sbandierando, come fa nell’opuscolo patinato di verde, che “Non è vero che a Spinetta si muore di più” e che“Non è dimostrato il rapporto causa-effetto”, e pur esibendo che metterà in campo fior fiore di consulenti imbonitori del calibro del solito professor Enrico Pira, Solvay sarebbe assai disturbata dal dover disarmare la “pistola fumante”.
A maggior ragione se avviamo la class action. Il biomonitoraggio di massa avrebbe il duplice effetto di aumentare la platea delle Vittime per malattie e morti, e di selezionare medici legali e avvocati più qualificati. Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, infatti, gli avvocati in Italia (a tacere i docili e opportunisti enti, associazioni e sindacati) optano più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause collettive in sede civile, le uniche però che risarciscono le Vittime.
Non solo il Comune di Alessandria è investito dai Pfas (tra gli altri 21 veleni tossici e cancerogeni) della Solvay di Spinetta Marengo, ma è dimostrato anche già per il Comune di Montecastello con la chiusura dell’acquedotto avvelenato da cC6o4, brevetto di Solvay: la Procura e/o il Sindaco, Giancarlo Penna, potrebbero denunciare a norma dell’articolo 439 del codice penale, reato punibile anche con 17 anni di reclusione. Lascia perplessi che il sindaco occupi nell’Asl, e ancor prima nell’Arpa, posizioni di “tecnico della prevenzione nell’ambiente nei luoghi di lavoro addetto al servizio prevenzione e sicurezza”. Montecastello è a 17 chilometri in linea d’aria da Spinetta Marengo.
A 11 chilometri da Montecastello e Spinetta, ora, i Pfas sono ufficialmente accertati nel Comune di Alluvioni Piovera. L’Arpa di Alessandria ha pubblicato il report del mese di marzo 2023 relativo al monitoraggio dei Pfas in aria tramite campionamenti attivi presso Spinetta Marengo (via Genova e Strada Bolla) e Piovera, che seppur distante circa 11 km dal polo chimico, in area di ricaduta rispetto alla direzione prevalente dei venti in quella stagione, ha evidenziato la presenza dei Pfas in aria. Tutte le tecniche di campionamento applicate hanno consentito la rilevazione del parametro C6O4, sebbene in differenti concentrazioni (qui le massime concentrazioni sono circa 10 volte inferiori rispetto a quelle di Spinetta). Il campionamento ad alto volume, raccogliendo una maggior quantità d’aria, ha consentito l’abbassamento dei limiti di quantificazione e la misura anche in Piovera di tracce non solo di C6O4 ma anche di ADV. Il sindaco è Enrico Boccaleri, non si sa se si è messo in contatto con i sindaci Penna a Montecastello e Abonante ad Alessandria per fermare le produzioni.
Nel Comune di Alessandria, a Spinetta, a conferma di ricaduta, invece, i campioni di aria prelevati hanno mostrato, sia verso nord che verso sud rispetto al polo chimico, la presenza sia di C6O4 che di ADV con maggiori concentrazioni, valori massimi di circa 10 nanogrammi al metro cubo.
ISDE, Medici per l’Ambiente, plaude che la IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha considerato il PFOA ufficialmente un cancerogeno certo per l’uomo. Ancora oggi, denuncia ISDE, misure efficaci, atte ad assicurare acqua non contaminata alle popolazioni colpite dai Pfas e ad arrestare l’immissione di queste sostanze tossiche nell’ambiente, non sono state effettuate o solo parzialmente, lasciando l’ambiente e ampie fasce della popolazione senza protezione. Le stesse misure da noi consigliate in Veneto devono essere estese a tutte zone del paese contaminate da PFAS a partire dalla provincia di Alessandria, dove ha sede un impianto produttivo che immette tonnellate di PFAS nell’ambiente, e di molte altre zone, principalmente nel Nord Italia dove questi PFAS vengono utilizzate e forse prodotte. Al seguente link https://www.rainews.it/tgr/veneto/notiziari potete trovare un’intervista rilasciata dal Dott. Vincenzo Cordiano (medico ISDE tra i massimi esperti internazionali di PFAS) in merito al completamento di uno studio sulla fertilità maschile nei giovani maschi esposti in Veneto.
“Da Arpal Liguria, che seppure con gravi ritardi sta monitorando aree del territorio, sarebbe auspicabile conoscere accertamenti relativi agli Pfas, giacchè anche la nostra Regione non è esente da insediamenti industriali inquinanti.” :Clicca qui sul giornalino dell’Associazione “LIGURIA A SINISTRA KEEP LEFT” che affronta il tema della Sanità Ligure, anche relativamente a ciò che è emerso nell’assemblea che si è tenuta in Val Bisagno con tutte le associazioni aderenti a “Fronte comune ligure. Insieme per la sanità pubblica“.
Ogni anno, da sei anni, coordinato da Donata Albiero, il Gruppo educativo Zero PFAS del Veneto – costola del grande Movimento No PFAS – va a parlare ai giovani, entrando letteralmente nelle scuole, per offrire un vero e proprio percorso pedagogico “One health. Pfas inquinanti per sempre” sul più grande inquinamento da PFAS d’Europa. 7mila gli studenti veneti incontrati, 32 le scuole e 4 le Province attraversate. Le persone avvelenate da Pfas nella zona rossa del Veneto sono ormai decine di migliaia e oltre l’80% dei bambini veneti ha quantità di PFAS nel sangue superiori a quelle rilevate nelle popolazioni esposte a contaminazione di fondo. Presero consapevolezza dell’inquinamento Miteni solo nel 2013.
Un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), basato su dati provenienti da uno studio di monitoraggio biologico della UE, Human-Biomonitoring-Studie, ha rivelato che fino al 100% delle persone provenienti da 11 paesi dell’Unione Europea potrebbe essere stata esposta al Bisfenolo, una sostanza chimica sintetica nociva impiegata nella produzione delle plastiche in policarbonato per alimenti e bevande, oltre ai livelli considerati sicuri per la salute, soprattutto per quel che riguarda i bambini e le donne in gravidanza.
Non risulta che ad Alessandria la popolazione sia stata sottoposta a biomonitoraggio, benché avessimo ripetutamente denunciato a Istituzioni e Procura l’uso – non autorizzato- di Bisfenolo, insieme ai Pfas, nelle produzioni della Solvay di Spinetta Marengo.
Il biomonitoraggio europeo ha misurato bisfenoli A, S e F nelle urine di 2.756 adulti provenienti da 11 paesi: tra il 71% e il 100% dei partecipanti ha superato i limiti consentiti nell’UE di esposizione alla sostanza che danneggia il sistema immunitario anche a dosi molto basse, con effetti indesiderati che implicano la riduzione della fertilità, l’interferenza endocrina, reazioni allergiche, cancro al seno, sovrappeso, danni al sistema nervoso, comportamenti anomali nei bambini ecc..
La Commissione Europea intende presentare, con l’inizio del nuovo anno, il regolamento per vietare l’uso del bisfenolo A nei contenitori alimentari di plastica e nelle lattine.
Quando si tratta di reati ambientali e sanitari, gli avvocati in Italia non vanno oltre le cause in sede penale, trovando più facile accodarsi alle iniziative dei Pubblici Ministeri, piuttosto che impegnare risorse e rischi per cause in sede civile. Tali processi però propiziano insignificanti benefici per l’ambiente (vedi il libro Ambiente Delitto Perfetto), e ancor meno risarcimenti alle persone fisiche Vittime degli inquinamenti.
Non così è in altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti dove il fenomeno delle “class actions” costituisce uno dei punti fondamentali del sistema processuale perché fornisce efficaci forme di tutela alle varie situazioni a rilevanza sovra individuale. In Italia, diversamente dall’esperienza statunitense, l’introduzione delle azioni collettive nell’ordinamento giuridico è recente e ha avuto una scarsa applicazione. Il motivo è dovuto all’assenza di studi legali con professionalità adeguata, con attitudini imprenditoriali, con l’anticipazione delle spese della consulenza. Alla stregua degli avvocati disincentivati, le stesse Associazioni ambientaliste trovano più comodo presentarsi in penale come parti lese e fare cassa con i risarcimenti a loro dedicati.
Conclusione: le Vittime in Italia non sono neppure risarcite per i danni alla salute. Negli Usa, invece, nel corso di circa due secoli di vita le class actions hanno avuto un successo straordinario. Lo conferma, ad esempio, la recente (seconda) condanna al Gruppo Monsanto, filiale del colosso tedesco Bayer, a risarcire 857 milioni di dollari di danni a studenti e genitori volontari di una scuola esposta ai policlorobifenili (pcb), i cosiddetti inquinanti ‘eterni’ tipo PFAS.
Abbiamo definito “Affaire Sanitario Pfas Piemonte” in termini eufemistici: “presa in giro” (clicca qui). Perche?
Perchè il girotondo del monitoraggio del sangue della popolazione alessandrina era passato dal sindaco di Alessandria al presidente della Regione e questi, al culmine dello sberleffo (anche televisivo: alle Iene), l’aveva “affidato” ad un fantomatico Comitato Etico. Cioè, come si dice in gergo calcistico e ormai politico, ha buttato la palla in tribuna. Cosa ha a che fare, infatti, una indagine sierologica da affidare all’ASL di Alessandria con un Comitato Etico? Nulla.
Esso è un organismo, peraltro nominato sei mesi fa, che ha come compito di “realizzare sperimentazioni farmacologiche, sperimentazioni cliniche non farmacologiche su protocolli e procedure mediche, chirurgiche, psicologiche, diagnostiche e terapeutiche, sperimentazioni cliniche su dispositivi medici” ovvero “studi su ogni procedura che implichi l’uso di organi, tessuti e cellule umane a scopi scientifici” ovvero “richieste di autorizzazione all’uso terapeutico di medicinali per uso compassionevole” ovvero “suicidio medicalmente assistito”.E’ un organismo pletorico di 18 membri, tra cui avvocati, farmacologici, assicuratori, farmacisti, rappresentanti farmaceutici, ingegneri, nutrizionisti, nessun epidemiologo, presidente una farmacista e vice un rappresentante sanitario.
Che cazzo c’entra? A meno che, continuare a NON sottoporre lavoratori e cittadini alle analisi del sangue per NON confermare l’enormità epidemiologica di malattie e morti, altro non voglia essere che… una sperimentazione di massa di suicidi assistiti! Suicidi?
Si presta a questa oscenità il sindaco di Alessandria che avrebbe il dovere civile e giuridico, in quanto massima autorità sanitaria locale, di applicare il principio di precauzione alla salute pubblica e fermare le produzioni di Solvay.
Degli speciali delle Iene, gli ultimi riferiti al Piemonte clicca qui e clicca qui , (quello di Piazza pulita-La7 sembra fermato ai blocchi di partenza), si stanno occupando le lobby industriali-militari, certamente non per le possibili limitazioni nei settori applicativi dei beni di consumo(rivestimenti delle padelle, impermeabilizzanti per i tessuti, giubbotti antipioggia e così via), bensì per le implicazioni della grandissima industria aeronautica, navale, spaziale, costruzioni, semiconduttori e soprattutto quella militare: strettamente interconnessa con i PFAS impiegati a profusione. Questo è il vero nocciolo della questione e spiega anche la recente scissione della Solvay.
Il peso dei Pfas nel complesso militare industriale ha rilevanza cruciale nell’industria nucleare e in quella nucleare bellica, nel processo di fabbricazione dei semiconduttori in ambito elettronico, cruciali in Occidente nella competizione tecnologica con la Cina, in ambito sia civile sia militare. Ci ricordiamo che la prima applicazione dei Pfas avvenne nella costruzione della bomba di Hiroshima.
Le lobby industrialmilitari, esempio Solvay per intenderci, sono entrate in fibrillazione quando la pressione del fronte ecologista, superando gli Enti amministrativi intermedi (sindaci e governatori) facilmente sotto controllo, ha preteso di premere sui Parlamenti per leggi di messa la bando dei Pfas, ad esempio il disegno di legge ex Crucioli. Per contro, a livello governativo le lobby hanno intessuto una ferrea ragnatela di tavoli di approfondimento, rimandi a commissioni, rinvii dai livelli decisionali a quelli europei (a loro volta zavorrati), cadute di esecutivi. Ed è qui che industria, ambienti governativi, ambienti militari, intelligence, si sono fatti sotto e hanno ottenuto la solita “provvisoria” dilazione all’italiana.
Un provvisorio che dura da decenni, quando la produzione dei Pfas in Italia, dopo il fallimento della Miteni, è stata affidata alla Solvay di Spinetta Marengo in provincia di Alessandria. Qui la Solvay, nonostante sia investita da polemiche a più non posso, ottiene le autorizzazioni (filiando il C6O4 dal padre Pfoa ad es.) mentre mai da parte della magistratura è arrivato un arresto cautelare o un draconiano provvedimento di sequestro, malgrado i solleciti; mentre i reati patrimoniali e ambientali gravissimi sono imputati a livelli manageriali di basso livello e puniti con condanne irrisorie, senza risarcimenti alle Vittime.
Con riferimento proprio al Piemonte: «È come se una matrice occulta generasse la solita sceneggiatura. Il meccanismo è stato bene illustrato in un recente servizio delle Iene peraltro.A Roma girano voci che la magistratura, di Torino nello specifico, abbia aperto un fascicolo esplorativo che non riguarda notizie di reato o un fascicolo contro ignoti. Il focus riguarderebbe l’operato di alcuni assessorati. La produzione di Pfas da sempre gode di guarentigie speciali che direttamente o meno sono richiamate anche in alcuni documenti coperti dal segreto militare. Soggetti di alto livello in seno ai ministeri, al governo, alle gerarchie militari, all’Arma dei carabinieri, alla magistratura, per non parlare delle Camere fino a giungere al Copasir, sono a conoscenza di questa realtà. In qualche modo tutto ciò fa parte del gioco ».«La produzione dei Pfas è coperta dal segreto militare».
A parlare in questi termini, in esclusiva, ai taccuini di Marco Milioni di “Vicenzatoday.it”, è un funzionario del Ministero dell’Ambiente che considerando la delicatezza del tema chiede «il più totale anonimato». Omnia silendo ut audeam nosco: tacendo per ascoltare conosco ogni cosa.
Con una puntigliosa nota, Solvay ha replicato al servizio della trasmissione di Italia1 “Le Iene“, andato in onda martedì sera e intitolato “Il Paese dei veleni”. Ne è scaturito un anticipo della sua linea di difesa per l’imminente processo. Che merita un contradditorio. Clicca qui un “botta e risposta” di sei minuti, che potete ascoltare cliccando sopra la registrazione vocale.
Oppure leggere:
Solvay: Dissentiamo dal capo di accusa formulato dalla Procura di Alessandria, cioè di disastro innominato colposo, cioè non intenzionale, in quanto tutti i nostri manager hanno sempre operato con correttezzaenell’osservanza delle normative ambientali.
Balza: Anche noi dissentiamo dalla Procura, nel senso che riteniamo non solo incontestabile il reato ma che esso sia doloso. E non colposo, cioè’ non intenzionale, tipo: scusate ma non l’abbiamo fatto apposta. Non ve n’eravate accorti? malgrado le nostre accuse per decenni sulle basi di Arpa e Asl? Ora siete ulteriormente accusati di omessa bonifica. E non stiamo parlando solo di Pfas ma anche dell’altra “maledetta ventina” di veleni.
Le organizzazioni sindacali stanno sempre più prendendo atto dell’alta pericolosità dei “forever chemicals” presenti nei dispositivi di protezione individuale (tute, giacconi, elmi, maschere eccetera) in uso al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché per la composizione chimica degli schiumogeni da loro usati nel corso degli interventi. Questi completi individuali antifiamma e gli schiumogeni contengono infatti il Teflon, ovvero PFAS, ovvero possono portare a gravi malattie cardiovascolari e tiroidee, tumori, ipertensione, ipercolesterolemia ecc.
Clicca qui una approfondita inchiesta su tutto quanto viene nascosto ai vigili del fuoco e sulle responsabilità dei governi.
L’associazione ecologista Cillsa di Arzignano ha acceso i suoi riflettori sulla salubrità dell’acqua potabile coinvolta dalle concerie di Arzignano, dove il gestore pubblico del servizio idrico Acque del Chiampo «ha rilevato la presenza di 14 nanogrammi per litro di Pfoa» nell’acqua, concentrazione che appunto «rende l’acqua non potabile dal punto di vista sanitario». Il Pfoa infatti è stato certificato da IARC sicuramente cancerogeno sopra ogni dubbio.
Un’ordinanza del Consiglio di Stato ha stabilito ulteriori verifiche sulla presenza di Pfas nelle acque scaricate nel fiume Frattache scorre nell’Est Veronese, e che verranno svolte da un esperto del corso di Ingegneria chimica e dei processi industriali dell’Università di Padova. Tra i sospettati c’è lo stabilimento dellaSirp s.p.a. a Cologna Veneta tenuto sott’occhio dalla Provincia di Verona già dal 2016. Tra l’azienda conciaria e l’ente pubblico è nata infatti una diatriba che ha portato prima il Tar del Veneto e ora il Consiglio di Stato a esprimersi e a indagare.
Il monitoraggio verso l’ex discarica della Maza, lì dove per almeno un ventennio senza criterio sono stati portati i rifiuti di tutto l’Alto Garda per un milione di metri cubi d’immondizia, è da anni costantemente seguito e approfondito da Appa, con un nutrito gruppo di ricercatori affiancato dal Dipartimento d’ingegneria dell’Università di Trento, nonchè anche dall’Adep, l’Agenzia per la depurazione.
Oggetto degli studi: acque reflue, fanghi di depurazione e percolato, tre elementi presenti che accomunano i Pfas in micro-sostanze inquinanti emergenti come i farmaci umani o di uso veterinario.
Nel Canton Ticino, a Sant’Antonino si beve acqua minerale a causa del pozzo che fornisce il 90% del fabbisogno idrico del Comune, una fonte indispensabile ma contaminata dai composti chimici PFAS. Un inquinamento causato dal cantiere AlpTransit del tunnel ferroviario del Monte Ceneri. Anche il comune di Capriasca è colpito dalla contaminazione.
Lo studio dell’UFAM ha evidenziato tracce di PFAS in quasi la metà delle acque di falda svizzere, e nel caso del Prà Tiro oltre i limiti attualmente vigenti in Svizzera di 3 microgrammi al litro. Nello studio dell’ACCS, invece, cinque diversi laboratori cantonali hanno analizzato 564 campioni provenienti da tutto il Paese e dal Liechtenstein, che coprono l’approvvigionamento di acqua potabile del 70% della popolazione. In 306 non si trovavano tracce, mentre in cinque casi si superava il valore di 0,1 microgrammi per il totale di 20 PFAS, valido nell’UE e anche la Svizzera – dal 2026 – dovrebbe rendere vincolante. Da notare che la Commissione UE propone di abbassare ulteriormente e di molto la soglia, a 0,0044 µg/l per la somma di 26 PFAS.
La notizia è trapelata da Bollate, quartier generale della Solvay in Italia. L’antefatto. Si apprende dai documenti dell’assemblea generale straordinaria dell’8 dicembre che il colosso chimico offre ai suoi azionisti il pagamento di un bonus complessivo di 12 milioni di euro alla sua amministratrice delegata Ilham Kadri. Lo conferma lo stesso ufficio stampa aziendale dopo le informazioni pubblicate su L’Echo e De Tijd. L’8 dicembre l’assemblea generale degli azionisti deciderà la scissione della multinazionale belga (22.000 occupati in 61 Paesi, con 99 siti produttivi e 20 centri ricerca) in due società indipendenti: Solvay diretta da Philippe Kerencome e Cinesco guidata da Kadri per concentrarsi sullo sviluppo di nuove generazioni di batterie per veicoli elettrici e su soluzioni che integrino l’idrogeno verde.
La scissione anticipa di tre anni il fine mandato della Ceo. Per la leader franco-marocchina non sembra una promozione dopo quattro anni, o forse lo è considerando la concessione di un “bonus eccezionale” pari a “12 milioni di euroin considerazione del suo impegno eccezionale nel contesto dell’attuazione del progetto di separazione parziale”. C’è da dire che l’insoddisfazione degli azionisti, pur “nel rendere omaggio alla Kadri gli anni di performance eccezionali alla guida del Gruppo” ha valutato la necessità “di migliorare la gestione dei costi e puntare alla riduzione del debito di bilancio dell’azienda”.
Amoveatur ut promveautur che sia, si tratta pur sempre di 12 milioni di euro. A questo punto la notizia bomba:il bonus destinato a risarcire le Vittime del disastro ecosanitario alessandrino. In celebrazione del 160° compleanno del Gruppo fondato da Ernest Solvay. Pare di sentirli al telefono gli avvocati, Dario Bolognesi: “Ma è come una ammissione di colpa al processo che sta per iniziare”, e Luca Santamaria: “E io che ero già pronto ad accusare anche questo PM di complotto”. Pare di vederlo il direttore imputato di disastro ambientale, Andrea Diotto. E il neo direttore, Stefano Colosio, che non alza la cornetta del telefono perché non saprebbe rispondere agli incontenibili giornalisti, soprattutto locali, se la sua casacca è Solvay o Cinesco: “A Bollate sono in tilt”.
Però, a chi scrive, questa notizia bomba, del risarcimento alle Vittime, sembra una fake news messa in giro nel headquarters di Bollate, da Bruxelles evidentemente non premiabile per i non brillanti 6 siti produttivi italiani: fatturato di 2.570 milioni di euro e qualche impatto ambientale di troppo, a paragone del fatturato di 13,4 miliardi di euro del Gruppo Solvay. L’intento scandalistico era far rumore facendo leva sull’enormità del cadeau alla Kadriassociata al suo inverosimile sacrificio, neanche parziale, a favore del risarcimento alle Vittime. Fatti i conti, tutti sono portati a pensare, però, che un’azienda che può permettersi un regalino di Natale di 12 milioni, in quanto agli azionisti vanno miliardi di profitti, dovrebbe eticamente risarcire le proprie Vittime. Ovvero dovrebbe essere obbligata dalla legge. A Bruxelles, domani, festa del dogma dell’Immacolata Concezione, l’assemblea generale straordinaria della multinazionale negherà come un assioma queste considerazioni.
Parlano le Vittime del disastro ecosanitario della Solvay di Spinetta Marengo. Alle quali sono anche negati gli esami del sangue. Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ci fa una figura di m…. Nella prossima puntata, il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, dovrà rispondere perché non ferma le produzioni inquinanti benchè sia per legge la massima autorità sanitaria locale.
E’ l’ennesima conferma scientifica, anche se la più autorevole. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha sentenziato la cancerogenicità di PFOA e PFOS.
Ma non basterà al sindaco di Alessandria per bloccare le lavorazioni PFAS della Solvay di Spinetta Marengo, con la scusa che i PFOA e PFOS non sono più prodotti in stabilimento: ufficialmente perché in realtà circolano copiosi in aria, acque, alimenti e soprattutto nel sangue umano. Essi circolano unitamente ai loro sostituti altrettanto cancerogeni, C6O4 e ADV, che non sono ancora formalmente bollati da IARC, e tanto basta al sindaco per fare spallucce. E con lui a braccetto, la Regione Piemonte non sottopone tutta la popolazione a esami del sangue PFOA e PFOS e C6O4 e ADV.
A Sindaco e Regione non basta che il gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 paesi, convocato dal programma Monografie IARC dal 7 al 14 novembre 2023 a Lione, abbia riclassificato il PFOA come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1) e il PFOS come possibilmente cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B). Non c’è principio di precauzione che tenga per Sindaco e Regione, a loro non basta il pesante sospetto della sterminata letteratura scientifica su C6O4 e ADV, ma aspettano l’ufficialità -morti ufficiali- di IARC. E anche quando ci sarà magari fa dieci anni: mica è detto che disobbediscano a Solvay.
Che “i Pfas sono come l’amianto” è un tormentone che chi scrive ripete da anni. Ha prodotto vasta eco tale affermazione resa dal supertestimone al processo di Vicenza contro Miteni. Infatti Philippe Grandjean è uno dei maggiori esperti mondiali di Pfas: a capo dell’Unità di ricerca sulla medicina ambientale presso l’Università della Danimarca meridionale e professore aggiunto di salute ambientale presso la Harvard School of Public Health, co-fondatore della rivista Environmental Health e consulente per il Consiglio nazionale della sanità in Danimarca.
Grandjean ha spiegato che le aziende sapevano e nascondevano la pericolosità dei Pfas immessi nell’ambiente: gli studi sui rischi da esposizione prolungata erano noti da decenni. Dunque Solvay e Miteni dovrebbero essere accusati del reato di dolo, ma così non è nei processi di Alessandria e Vicenza. Lo scienziato non ha dubbi: “I Pfas sono come l’amianto. Come l’amianto non si eliminano. Siamo di fronte ad una vera tragedia sanitaria. Quello delle sostanze perfluoroalchiliche è un caso di violazione dei diritti umani, da portarsi davanti alla Corte internazionale di Giustizia, tanto più che le Nazioni Unite stanno già considerando se sollevare il caso per le autorità americane”.
Infatti proprio in questo fine settimana l’Onu ha riconosciuto che la crisi della contaminazione da Pfas (di Dupont, Chemours e Corteva) che si sta verificando nella regione di Lower Cape Fear, in North Carolina, è una violazione del diritto internazionale dei diritti umani da parte degli Stati Uniti. L’azione è partita da un gruppo di base locale, Clean Cape Fear, che ha chiesto i risarcimenti per l’impianto Chemours di Fayetteville Works.
E l’Italia? “E’ già in ritardo”: giudica il professor Grandjean. I limiti di esposizione dovrebbero puntare a zero. Il disegno di legge per la messa al bando dei Pfas in Italia non è stato ripresentato in questa legislatura e le amministrazioni locali omettono gravissimi atti di ufficio nascondendosi dietro governi e parlamento. Non sono partite le class action, cause civili per risarcire le Vittime di Solvay e Miteni.
“SiamoTerraViva – Come cambiare il clima e il sistema”, la relazione di Lino Balza, “Etica del profitto e sanità pubblica”, clicca qui i video della prima parte e della seconda, oppure clicca qui la trascrizione, traeva queste conclusioni al suo lungo ragionamento:
<<“Cambiare il sistema”: è nel titolo di questo convegno… Cambiare la civiltà del denaro, il finanzcapitalismo… Bah? Pensare, alla mia età, di veder cambiare questo modello di sviluppo dominato dal capitale e dalla rendita finanziaria, dal “massimo profitto al minimo costo e nel minor tempo possibile”?… Bah Pensarlo sarebbe ottimismo della ragione. Invece sono pessimista: non si tratta solo di modello di sviluppo imputabile ai vertici politici ed economici e finanziari della società, ma di una cultura e di una pratica che si sono contagiate a tutti i livelli della vita sociale. “I poveri stessi – scrive il Papa –cadono nell’inganno di un mondo che non viene costruito per loro”. E tutti sono gettati in una competizione imposta dal vangelo del denaro.
Apparirei blasfemo all’udito dei credenti se dicessi che la soluzione sarebbe… l’estinzione del genere umano. Allora mi accontento (“gramscianamente”) dell’ottimismo della volontà, mi accontento, “nessuno si salva da solo”, di lottare tutti assieme per contrastare, cambiare questo sistema sanitario e… almeno mettere al bando i Pfas. Non credo più nella rivoluzione, che noi abbiamo fallito. E mi chiedo quanto sia presente nel Papa l’ottimismo della ragione, poiché chiama in giudizio i poteri, “il potere reale”, nazionale e internazionale, e aggiunge che “se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale, municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali e sanitari e sociali”. Anche Francesco si accontenta di un “contrasto”? Oppure è realismo storico e visione profetica che poteva venire solo da un papa che si chiama Francesco. Di certo, questo Papa incita (anche i laici) a sfoderare “il pungiglione etico”. “Fate rumore”. Guardate che grinta giovanile ha il Papa.>>.
Più ottimista, a cambiare questo modello di sviluppo dominato dal capitale e dalla rendita finanziaria, appare don Luigi Ciotti (clicca qui), alla luce di una esperienza personale unica che lo ha visto fondatore del Gruppo Abele, di Libera e di Casacomune. Chi meglio di lui può interpretare Laudato sì e Laudato qui, e… contraddire me.
“SiamoTerraViva – Come cambiare il clima e il sistema”, un capitolo della relazione di Lino Balza, “Etica del profitto e sanità pubblica”, è stato dedicato agli Pfas.
<< I Pfas rappresentano il paradigma, la esemplificazione attuale della scienza di classe, della scienza e della tecnologia non neutrali ma utilizzate dal modello di sviluppo fondato, dalla finanza e dal capitale, sul massimo profitto. Capaci perfino di alterare la genetica.
Sono ormai notevoli e incontrovertibili gli studi presenti nella letteratura scientifica nazionale e internazionale che hanno messo in evidenza tossicità, cancerogenesi e teratogenesi dei PFAS. Questi studi sono consultabili su internet e nelle oltre 500 pagine del nostro Dossier “Pfas. Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta), e in oltre 800 articoli sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it.Ma non hanno ancora l’adeguata eco mediatica, malgrado il grande lavoro che stiamo facendo.
I Pfas sono la spiegazione del “Paradigma tecnocratico che è alla base dell’attuale processo di degrado ambientale”, per usare le parole del Papa. Faccio i nomi di alcuni co-responsabili ai quali si riferisce Francesco, quando accusa per il “massimo profitto al minimo costo nel minor tempo possibile”. Nomi e cognomi di una calamità sociale: ambientale + sanitaria + economica, che è mondiale, particolarmente italiana, clamorosa in alcune Regioni italiane. La calamità degli Pfas e della Solvay. I quali, in forza della prevenzione primaria, andrebbero e-l-i-m-i-n-a-t-i. Questo è il fulcro della “campagna nazionale” promossa dal Movimento di lotta Maccacaro “per la messa al bando dei Pfas” del “veleno del secolo”, secondo la definizione di Le Monde. >>.
Gli Pfas con Le Iene prossimamente su Italia1. Nel frattempo, con Lino Balza il 25 novembre al Seminario SiamoTerraViva: clicca qui lo stralcio della relazione riferito ai Pfas.
Bisfenolo, ftalati, pfas, quando assunti nel latte materno possono provocare l’alterazione del sistema ormonale del bambino con conseguenze diverse e gravi quali diabete, obesità, pubertà precoce ma anche disturbi del comportamento. I ricercatori dell’Università di Parma in collaborazione con l’Ausl-Ircss di Reggio Emilia e con le università di Firenze e Cagliari, con una maxi ricerca hanno scoperto queste sostanze inquinanti nel latte materno, la prima fonte di alimento del bambino. Fonti di rischio: biberon, plastiche monouso, contenitori per cibo, alimenti conservati, alimenti freschi non lavati. Ridurne l’esposizione, stante l’assenza di una legge che le vieti.
A rischio la contaminazione di tutto lo Stato di Pennsylvania: allarme del gruppo per la salute ambientale, il Physicians for Social Responsibility (PSR). Le sostanze sono utilizzate per la “fratturazione idraulica” iniettando una miscela di sabbia, acqua e Pfas nella crosta terrestre, al fine di “fratturare” la roccia ed estrarre petrolio o gas naturale dalle profondità. L’industria dei combustibili fossili ha utilizzato circa 160 milioni di libbre di queste sostanze non divulgate in circa 5.000 pozzi di petrolio e gas non convenzionali in tutto lo Stato dal 2012 al 2022. Malgrado alle industrie i PFAS siano noti per la loro incapacità di degradarsi nel tempo, persistendo sia nella natura che nel corpo umano, e per la loro esposizione a lungo termine collegata al cancro, all’infertilità, ai difetti congeniti e altro ancora. Lo Stato di Colorado ha vietato l’uso di PFAS per l’estrazione di petrolio e gas.
L’inchiesta della trasmissione “Patti chiari” della tv svizzera Rsi ha messo in onda le analisi sugli inquinanti Pfas, nei pesci pescati in laghi (Maggiore/Verbano) condivisi con l’Italia e nel fiume Ticino, in quantità preoccupanti: (3mila ng/100 grammi)al di sopra dei limiti cosiddetti “tollerabili” per l’essere umano stabiliti dall’Unione europea (4,4 ng per chilo) in certi casi anche oltre dieci volte al di sopra. Risultati preoccupanti anche sui campioni di terra contaminati. L’azienda MKS Pamp si dice estranea in quanto opererebbe in un sistema a circuito chiuso.
Sara Valsecchi, dell’Irsa -Cnr, l’Istituto di ricerca sulle acque, nell’intervista a Monica Gasparini (Il Piccolo), conferma i monitoraggi Arpa degli Pfas nell’atmosfera attorno al polo chimico Solvay di Spinetta Marengo: il brevettato C6O4 e l’ADV, entrambi a lungo usati senza autorizzazione, nonché il PFOA a dieci anni dalla sua presunta dismissione.
“La presenza di PFAS è evidente nei campioni di pesci raccolti appena a valle dello scarico, con concentrazioni elevate soprattutto nel fegato, ma anche nel filetto. Suolo, erba e pioggia raccolti nelle immediate vicinanze del polo chimico, così come le uova di uccelli selvatici che nidificano intorno al polo chimico, hanno valori di Fas misurati solo nei pressi di altri siti produttori molto contaminati da PFAS. Mentre i livelli di contaminazione diminuiscono in modo significativo nei primi tre 5 km a partire dal sito produttivo, è evidente che la diffusione di queste sostanze prosegue anche a qualche decina di chilometri. Infatti, è possibile rilevarle, seppur a livelli nettamente inferiori nelle uova degli uccelli che nidificano anche lontano dalla fonte originale di inquinamento.
L’analisi delle deposizioni atmosferiche sono consistenti con i dati divulgati da ARPA ed indicano una presenza in aria soprattutto dei FAS emergenti come C6O4 e ADV. Durante gli eventi di pioggia, ma anche a causa della deposizione atmosferica di particolato e/o di aerosol, questi composti ricadono al suolo e possono contaminare il terreno e le superfici. E quindi necessario valutare l’esposizione di lavoratori e abitanti attorno all’azienda a queste sostanze, anche attraverso studi di biomonitoraggio.”
Cioè le analisi del sangue che la Regione Piemonte, complice di Solvay, evita di fare.
Al processo Pfas di Vicenza, una mamma medico ha testimoniato anche le proprie esperienze personali come “un aborto spontaneo al quinto mese di gravidanza” e “la constatazione che nel ‘cimitero degli angioletti’ di Zimella quello di mio figlio non è l’unico caso recente, e mi sono chiesta come mai tanti bimbi nati morti”. “Anche due dei miei figli, 6 anni e 18 mesi, soffrono di ipotiroidismo, e pure io con la terza gravidanza ho sviluppato un tumore alla tiroide”. Di contro, nel “Piano di sorveglianza sanitaria” della Regione Veneto non sono stati cercati dati sui bambini, i soggetti più sensibili.
Se voi andate sul Sito di Arpa Piemonte, troverete la cartina “Pfas nelle acque superficiali e sotterranee in Piemonte” (clicca qui https://webgis.arpa.piemonte.it/portal/apps/experiencebuilder/experience/?id=e39e1fbb65914d20b7ce197dabb6b647&page=Monitoraggio-dal-2021 ), sulla quale, con semplici clic sui triangolini azzurri, potete conoscere la situazione dei monitoraggi Pfas in tutte le località del Piemonte… ad eccezione di Spinetta Marengo, sì, proprio dove è in esercizio il più grande produttore e inquinatore italiano di queste sostanze tossiche, cancerogene e teratogene: lo stabilimento della Solvay.
Per non impressionare l’opinione pubblica (e i giurati del processo che sta per iniziare,) l’Arpa sul “geoportale” cerca di eclissare l’area intorno al polo chimico benchè ormai sia arcinota (grazie al nostro fattivo contributo) come la più contaminante d’Italia. Insomma, si giustifica l’Arpa, data per scontata la tragedia ecosanitaria alessandrina, lo scopo ora del nostro geoportale è spingere cittadini e istituzioni ad “individuare eventuali altre fonti di inquinamento da Pfas sul territorio regionale dove l’Arpa ha attivato una campagna di controlli di scarichi potenzialmente fonti di immissione di Pfas: aziende nel cui ciclo produttivo possono essere presenti Pfas (trattamento di rifiuti, trattamenti galvanici, produzione e trattamento dei tessuti, cartiere) e depuratori civili e industriali che scaricano su corsi d’acqua».
A pensare male, Andreotti docet, a noi sembra che l’Arpa cerchi di distogliere l’attenzione dalla Solvay di Spinetta Marengo. Non mancherà, nell’ambito della sua relazione “Etica del profitto e sanità pubblica”, di parlarne Lino Balza nella tre giorni del Seminario “SiamoTerraViva. Come cambiare il clima e il sistema”, conclusioni di don Luigi Ciotti.
Su “pressenza” il J’Accuse di Lino Balza sul caso Solvay di Spinetta Marengo
Intervista di Linda Maggioriclicca qui. Una dura accusa al sindaco di Alessandria, alla Regione, al Governo che stanno facendo nulla per risolvere la contaminazione Pfas che avvelena la popolazione locale e nazionale. Anzi.
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«Nel 2020 mi è stato diagnosticato un tumore al testicolo ed ho dovuto sottopormi ad un intervento chirurgico. Ora ho controlli ed esami diagnostici ogni 6 mesi ai quali mi presento con il dubbio se riuscirò ad arrivare anche al prossimo». Lo ha detto un giovane di 25 anni di Montecchio Maggiore, cresciuto in campagna ad un centinaio di metri dal torrente Poscola, considerato tra i veicoli della contaminazione da Pfas, testimoniando in Corte d’assise a Vicenza, dove si sta celebrando il processo che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi .
Le drammatiche testimonianze delle parti civili al processo. Un padre: «Tutti e tre i miei figli hanno seri problemi di salute» Clicca qui.
Tra le lacrime, le testimonianze dei genitori al processo di Vicenza contro i 15 manager dell’ex Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation che sono accusati a vario titolo di disastro ambientale, gestione dei rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale, avvelenamento delle acque e di reati fallimentari per l’ex azienda chimica Miteni di Trissino. Clicca qui.