Carlo De Benedetti, Corriere della sera : “Israele ha commesso un fallo di reazione. Gaza è stata una reazione eccessiva”. Prima del 7 ottobre, la situazione era così tranquilla.
Categoria: Palestina
Ebrei antirazzisti per la Palestina.
A differenza delle organizzazioni ebraiche che sostengono acriticamente lo Stato di Israele, al Parlamento di Bruxelles è stata presentata sulle orme della statunitense Jewish For Peace, la Rete ebraica europea per la Palestina, che ha visto l’adesione di vari gruppi rappresentanti organizzazioni antirazziste della società civile europea e palestinese, per esprimere “Not in my nime” l’opposizione al genocidio e alla pulizia etnica, all’occupazione coloniale e all’apartheid di Israele in Palestina.
Promemoria per la sinistra (che la destra sa a memoria ma infrange) e a Mattarella.
Razze inferiori.
Festival del cinema di Venezia: la regista ebrea elogiata per il discorso di solidarietà alla Palestina.
Sarah Friedland, regista americana, ha detto che stava ricevendo il premio Luigi De Laurentiis per il miglior primo film, nel ‘336esimo giorno del genocidio di Israele a Gaza e nel 76esimo anno di occupazione’. Clicca qui.
Chi può fermare il genocidio palestinese.
Il mondo sull’orlo di un precipizio.
Una cronaca dello sterminio di Gaza.
Quando i morti in guerra diventano “troppi”.
Riceviamo dalla Palestina “zeitun.info”.
Israele non fermerà la resistenza.
Clicca qui Abdaljawad Omar pubblicato su Mondoweiss (con il titolo completo Perché l’assassinio dei leader di Hamas e Hezbollah da parte di Israele non fermerà la resistenza).
La Corte dell’Aja: “Israele occupa illegalmente Gaza e Cisgiordania”.
Una vittima in più: la libertà di stampa.
Anche i giornalisti italiani hanno ricevuto l’ordine di non parlare più di Gaza, proprio nel momento in cui la rivista medica britannica “The Lancet” ha fatto una “stima conservativa” di 186.000 morti a Gaza, l’8 per cento della sua popolazione prebellica, e mentre Israele continua a bombardare le scuole dell’ONU che accolgono i rifugiati, 70 per cento delle quali sono state distrutte, sei solo negli ultimi dieci giorni, uccidendo centinaia di bambini. L’ordine proviene dalla democrazia americana che ha provveduto a silenziare tutte le voci dissenzienti. Già diversi mesi fa la CNN aveva provveduto a licenziare tutti i suoi conduttori arabi. Il New York Times, come tutte le grandi testate, ha ridotto il massacro in corso a una nota a piè di pagina. Lo scorso mese il Congresso americano ha persino approvato una norma che vieta al Dipartimento di stato di citare le statistiche sui decessi fornite dal Ministero della Salute di Gaza. Rashida Tlaib, unica rappresentante palestinese al Congresso, ha così commentato: “Stiamo osservando il governo di apartheid israeliano compiere un genocidio a Gaza in tempo reale e questa norma è un tentativo di nasconderlo”.
Aggiornamento del genocidio.
3 luglio 2024. Nel suo rapporto statistico quotidiano, il Ministero della Salute Palestinese aggiorna lo sterminio di Gaza: nelle ultime 24 ore Israele ha commesso 3 massacri contro famiglie nella Striscia di Gaza, provocando 28 morti e 125 feriti arrivatinegli ospedali nelle ultime 24 ore. Il bilancio del genocidio è salito a 37.953 morti e 87.266 feriti dallo scorso 7 ottobre.
Bloccato il porto in solidarietà con la Palestina.
Varchi del porto bloccati e traffico in tilt a Genova per la manifestazione pro Palestina indetta da varie sigle tra cui i portuali del Calp, l’assemblea contro la guerra, i sindacati Si.Cobas e Usb e varie altre associazioni. Per i manifestanti il porto di Genova è il transito “da dove passano massicciamente le armi che contribuiscono al massacro del popolo palestinese” per cui “bloccando il porto di Genova, simbolicamente blocchiamo la guerra nella sua configurazione logistica”.
Torino: gli studenti per la Palestina bloccano gli ingressi del rettorato del politecnico.
Continua a Torino la protesta di studentesse e studenti pro Palestina che hanno bloccato gli ingressi del rettorato del Politecnico, dove si sarebbe dovuto tenere il Consiglio di amministrazione dell’ateneo dopo le elezioni della scorsa settimana.
Dagli studenti e studentesse: “Stamattina alle 8:30 abbiamo bloccato gli ingressi alle sedi amministrative del Politecnico, in occasione della riunione del CDA dell’Ateneo prevista per la tarda mattinata di oggi.
Questa azione avviene in risposta all’incrinarsi delle trattative che da un paio di settimane erano state intavolate tra una delegazione di senatori e un gruppo di student3 occupanti. Ieri durante il quarto incontro del tavolo di trattativa abbiamo assistito ad una drastica operazione ricattatoria nei nostri confronti. I senatori ci hanno minacciat3, dicendoci di dover per forza sottostare a tutte le loro condizioni per avere in cambio la convocazione di un Senato Accademico straordinario; senza nemmeno darci la certezza che in tale sede sarebbe passata la mozione riscritta da loro, contenente dei punti già molto al ribasso rispetto alle nostre richieste. Di fatto non è stata una trattativa, ma una richiesta impositiva di liberazione degli spazi, senza nessuna concessione concreta dalla loro parte.
Durante il blocco di oggi, in cui chiediamo ancora una volta in modo pacifico una presa di posizione chiara da parte del Politecnico riguardo al genocidio e un chiaro segnale verso demilitarizzazione dei proprio accordi di ricerca, è avvenuta ancora una volta una smisurata risposta repressiva, in cui uno studente isolato è stato aggredito da quattro guardie private, strattonato e schiacciato contro la porta mentre cercava di allontanarsi.
Nonostante il persistente silenzio istituzionale, le intimidazioni e i ricatti, la nostra richiesta rimane chiara, vogliamo un senato accademico straordinario il prima possibile, in cui venga discussa la mozione con le nostre richieste”.
Blocchiamo il porto di Genova.
Liliana Segre senza parole o senza ragioni?
“Sono senza parole di fronte a gioventù ignorante della storia che va in università a gridare l’accusa di genocidio nei confronti di Israele, è una bestemmia” : sostiene la senatrice a vita Liliana Segre.
Invece per gli studenti, e non solo, con genocidio, secondo la definizione adottata dall’ONU, si intendono «gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». A parte 75 anni di atti di sterminio in Palestina, replicano gli studenti, non bastano gli attuali numeri di morti (in maggioranza bambini) e di distruzioni nella strisciolina di Gaza? Quale è il numero minimo per Segre?
Le bandiere palestinesi alla Festa di Liberazione.
Ho letto con interesse quanto scritto, ma non mi è chiaro quale posto
hanno le bandiere palestinesi nel celebrare il 25 aprile dato che non
hanno nulla a che vedere con la liberazione dal nazifascismo e che,
strano non venga mai ricordato, gli arabi della Palestina mandataria
erano alleati di Hitler.
Mi chiedo se la strumentalizzazione politica annotata nell’ultima parte
dell’articolo debba essere vista proprio nella presenza palestinese che
con questa storia non ha niente a che fare. Certo sarebbe interessante
coinvolgere popoli che stanno cercando l’indipendenza come i curdi, gli
armeni i saharawi, per farne solo alcuni esempi.
Disponibile al dialogo e al confronto, ringrazio per avermi permesso
questa riflessione.
Cordiali saluti.
Silvia Guetta PhD
Associate Professor in General and Social Pedagogy
– _Member of Italian Delegation IHRA_ (International Holocaust
Remembrance Alliance)
– _Director of Post-__Academic Course of Holocaust Education_ UNIFI
_- Associate Member of _ _UNESCO Transdisciplinary Chair in Human
Development and Culture of Peace- UNIFI_
– _Member of Kindness Network – Municipality of Florence_
Department of Education, Languages, Intercultures, Literatures and
Psychology
University of Florence
via Laura, 48 – 50121 Florence (Italy)
L’Italia difende Israele.
Amnesty International: genocidio di Israele.
Vengono definiti atti di genocidio quelli commessi con “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto”, come ad esempio un gruppo nazionale, etnico, religioso o razziale. Partendo da questa definizione, lo scorso 29 dicembre, il governo sudafricano ha presentato alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia un’istanza contro Israele, riguardante la presunta violazione da parte di Israele degli obblighi derivanti dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del delitto di genocidio, in reazione al violento attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Tra le prove utilizzate dal Sudafrica per sostenere la denuncia presso la Corte ci sono anche i dati raccolti da Amnesty International, che ha documentato in modo schiacciante crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi da Israele nei suoi intensi bombardamenti contro la Striscia di Gaza: attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, attacchi indiscriminati e altri attacchi illegali, trasferimenti forzati di civili e punizioni collettive contro la popolazione civile. Nella denuncia del Sudafrica, vengono citate le ricerche di Amnesty International secondo le quali il sistema israeliano di dominazione e oppressione ai danni dei palestinesi costituisce apartheid. Il 26 gennaio, la Corte ha emesso delle misure cautelari, mentre ci vorrà molto più tempo per analizzare l’accusa di presunto genocidio commesso ai danni del popolo palestinese.
Con 15 voti a favore e due contrari, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito sei misure cautelari, tra cui l’obbligo per Israele di astenersi da atti contemplati dalla Convenzione sul genocidio, di prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio, nonchè di adottare misure immediate ed efficaci per garantire l’assistenza umanitaria ai civili nella Striscia di Gaza. In modo cruciale, la Corte ha anche ordinato a Israele di conservare le prove del genocidio e di presentare entro un mese una relazione dettagliata alla Corte su tutte le misure adottate in conformità con la sua disposizione. La decisione della Corte internazionale di giustizia di emanare misure cautelari in risposta alla denuncia di genocidio presentata dal Sudafrica contro Israele rappresenta un passo significativo che potrebbe contribuire a salvaguardare la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata, evitandole ulteriori sofferenze e danni irreparabili. Ma soprattutto dimostra che c’è ancora speranza per la giustizia internazionale.
Due terrorismi. Israele: terrorismo di stato, Hamas: terrorismo non statale.
Il Procuratore presso la Corte penale internazionale (CPI) chiede mandati di arresto per esponenti di spicco di Hamas e israeliani con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità per gli attacchi del 7 ottobre contro Israele e la successiva invasione a Gaza. Rispettivamente: per il leader Yahya Sinwar, il capo politico Ismail Haniyeh e il leader del braccio armato Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, meglio conosciuto come Mohammed Deif e per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Clicca qui un giudizio di Alessandro Orsini su Netanyahu, (accusato di “avere causato lo sterminio, di avere causato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, di avere deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto”), nel quale sostiene che “scaricare tutte le colpe su di lui è la strategia cognitiva autoassolutoria tipica dell’uomo eurocentrico. Le democrazie occidentali sono corresponsabili della tragedia dei palestinesi. Dire che Netanyahu ne è il solo responsabile è un’affermazione anti-scientifica”.
E’ fattibile la teoria “due popoli due stati”?
Se non impossibile, o poco probabile, comunque è realizzabile in tempi assai lontani, se riflettiamo (clicca qui) su questa ricostruzione storica del colonialismo anglo ebraico in Palestina, sulla ultra-decennale storia di oppressione economico-politica, che gli economisti critici chiamano “teoria della dipendenza” (lo “sviluppo” delle nazioni ricche deriva dall’attiva creazione di “sottosviluppo” in quelle povere), ovvero su come la struttura economica della periferia (Palestina) è stata trasformata per soddisfare le esigenze del centro (Israele). Prova ne sia il Pil di Israele: già il doppio di quello palestinese nel 1967, oltre 14 volte tanto nel 2022, in valori assoluti oggi è quasi 20 volte quello palestinese.
Le voci dalla Palestina.
Riceviamo da Zeitun.info e pubblichiamo: clicca qui.
Notizie e libri sulla Palestina.
Riceviamo da zeitun.info e volentieri pubblichiamo: clicca qui.
Contro il genocidio palestinese.
Anti israeliano cioè anti semita?
Alessandro Orsini, docente universitario, scrittore e opinionista per varie trasmissioni tv e giornali, già collaboratore dell’ambasciata di Israele, è stato denunciato dal presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, per istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, con riferimento a una presunta “propaganda antisemita”. Essa consisterebbe in questi post sui social apertamente anti israeliani: “Lo sterminio di un popolo sarà sempre possibile fino a quando ci saranno persone come Netanyahu”; “Il governo Netanyahu è una delle dittature più brutali e razziste del mondo” (8 ottobre 2023); “Tra Netanyahu e Isis non esiste nessuna differenza. Entrambi massacrano i bambini di religione diversa (…)” (14 ottobre 2023); “Netanyahu è diventato ufficialmente il più grande massacratore di bambini innocenti dopo Hitler” (15 ottobre 2023); “Israele non è una democrazia. Nessuna democrazia include l’apartheid nel proprio sistema politico e il terrorismo di Stato” (19 ottobre 2023). Prima domanda: chi è contro Israele perché sarebbe antisemita (razzista anti ebraico)? Seconda domanda: perché i cittadini italiani di religione ebraica debbono sempre e comunque essere dalla parte di Israele?
Brigate Rosse infiltrate nelle università.
I movimenti studenteschi che protestano contro la guerra in Israele hanno legami con gli ex brigatisti rossi. E per di più si rischia di tornare alla violenza del terrorismo rosso (non quello nero, di matrice fascista) degli anni ‘70 e ‘80. Sono queste le tesi allarmanti sostenute in un documento riservato che l’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia ha inviato martedì sera ai vertici e dirigenti del partito per dare la linea sulle proteste nel mondo studentesco contro la guerra nella Striscia di Gaza. Si parte dagli esempi delle ultime manifestazioni che hanno impedito al giornalista David Parenzo e al direttore di Repubblica Maurizio Molinari di partecipare a incontri nelle università. E adesso ci si mettono anche i Senati accademici.
Fame e malattie sono la bomba più atroce a Gaza.
Condizioni igienico-sanitarie disastrose, blocco e inefficienza degli aiuti: a Gaza l’emergenza epidemica si somma ai bombardamenti: 342 i medici feriti o addirittura uccisi, 100 quelli arrestati o fermati, 106 le ambulanze distrutte o danneggiate, il 16% per cento dei bambini soffre di grave malnutrizione (ne sarebbero morti già dieci secondo UNICEF perché non mangiano e non bevono), 265.000 affetti da infezioni all’apparato respiratorio, 70.000 da malattie della pelle, 210.000 casi di diarrea, 80.000 i casi di epatite A. Gaza da campo di concentramento a celo aperto è diventato un campo di sterminio con i mezzi più atroci. Clicca qui.
Gli artisti, studiosi, intellettuali non possono fare da spettatori bensì devono salire sul palco.
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta (clicca qui), avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.
Voci dalla Palestina.
Riceviamo dalla Palestina e pubblichiamo.
L’aiuto umanitario è uno strumento genocida nelle mani di Israele e degli USA
Onu: In 4 mesi di guerra a Gaza uccisi più bambini che in 4 anni in tutto il mondo.
Save the Children: ‘Devastata la loro salute mentale’. Clicca qui.
Appello degli ebrei italiani contro la guerra di Netanyahu.
L’appello, firmato anche da Edith Bruck, non solo l’aperta condanna dei crimini di guerra compiuti da Israele in reazione al criminale pogrom di Hamas del 7 ottobre – di fatto un’atroce vendetta contro l’intera popolazione palestinese – ma ribadisce che essere contro questa guerra non può essere considerato una forma di antisemitismo pur in un contesto, compreso il nostro paese, dove l’antisemitismo cresce e trova nuova forza. Clicca qui.
Il collasso del sistema sanitario di Gaza come genocidio.
Alle voci che si alzano a livello internazionale per chiedere il cessate il fuoco e la fine dell’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza si unisce un nutrito team di medici e scienziati che hanno redatto un paper intitolato “Sul dovere internazionale di proteggere la popolazione di Gaza, come il collasso del sistema sanitario indica l’intenzione di genocidio”.
Il dettagliato documento è stato redatto a fine gennaio da una ventina di medici e ricercatori di calibro internazionale ed è attualmente in revisione al Journal of Public Health and Emergency, autorevole rivista scientifica specializzata in analisi su sanità pubblica ed emergenze sanitarie.
Nel testo gli autori affrontano la questione da un punto di vista strettamente sanitario, utilizzando il termine “genocidio” perché ritengono il deterioramento del sistema sanitario a Gaza non sia un “effetto collaterale”, ma un atto deliberato per infliggere danni massicci alla popolazione. Un attacco sistematico e intenzionale contro un gruppo di persone, e nel contesto specifico, attraverso la negazione dei diritti alla salute e alla sopravvivenza. “Attacchi militari e bombardamenti degli ospedali, assedio e occupazione delle strutture sanitarie, privazione di carburante e forniture mediche, cibo e acqua, uccisione del personale e detenzioni indiscriminate”. Nell’articolo scientifico la conta delle vittime degli attacchi al sistema sanitario al 22 gennaio: 374 tra medici e infermieri uccisi e 99 sanitari arrestati per non aver obbedito agli ordini di evacuazione. (continua)
Lo Stato di Israele fermi il genocidio.
Ecco cosa la Corte Internazionale di Giustizia ieri ha ordinato a Israele (clicca qui)
L’Italia deve dire basta! E deve riconoscere lo Stato di Palestina. (clicca qui)
Guardate questo video prima che lo cancellino.
Non dobbiamo chiamarlo genocidio?
“Genocidio” è la parola giusta per definire gli oltre già 25mila morti di Gaza? C’è chi difende Israele: “E solo una carneficina come le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, o la totale distruzione di tante città tedesche durante la Seconda guerra mondiale. Semmai chiamiamoli crimini di guerra ma non genocidi”.
Ebbene, secondo la definizione ufficiale delle Nazioni Unite: «Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: (a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro».
Ebbene, in 75 anni Israele nei confronti dei palestinesi rientra di diritto in tutti questi atti. Invece per Israele la definizione “genocidio” può essere riferita in esclusiva solo a “olocausto”: 6 milioni di ebrei pari ai due terzi degli ebrei d’Europa, ma non ai palestinesi finchè non raggiungono i 4 milioni di uccisi, feriti, miseri e affamati, espulsi, deportati, incarcerati. Eppure questa cifra è già stata raggiunta.
Bilancio provvisorio.
A più di 1.000 bambini sono state amputate una o entrambe le gambe.
Più di 10 bambini al giorno, in media, hanno perso una o entrambe le gambe a Gaza dall’inizio del conflitto tre mesi fa. Lo dichiara Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini e garantire loro un futuro.
Dal 7 ottobre, secondo l’UNICEF, a più di 1.000 bambini sono state amputate una o entrambe le gambe. Molte di queste operazioni sui bambini sono state effettuate senza anestesia, a causa della paralisi del sistema sanitario nella Striscia causata dal conflitto e della grave carenza di medici e infermieri e di forniture mediche come anestetici e antibiotici, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Solo 13 dei 36 ospedali di Gaza rimangono parzialmente funzionanti, ma operano in modo limitato e instabile a seconda della possibilità di accesso al carburante e alle forniture mediche di base in ogni giorno. Clicca qui.
Gesù Cristo sotto le macerie.
Se Gesù dovesse nascere oggi, nascerebbe sotto le macerie a Gaza.
Quando glorifichiamo l’orgoglio e la ricchezza, Gesù è sotto le macerie…
Quando ci affidiamo al potere, alla forza e alle armi, Gesù è sotto le macerie…
Quando giustifichiamo, razionalizziamo e teologizziamo il bombardamento dei bambini, Gesù è sotto le macerie…
Gesù è sotto le macerie. Questo è il suo presepe. È a casa con i marginalizzati, i sofferenti, gli oppressi e gli sfollati. Questo è il suo presepe.
Clicca qui il Rev. Dr. Munther Isaac Evangelical Lutheran Christmas Church Bethlehem.
Quest’anno nessun gesù bambino nasce a Betlemme.
Esperti Onu hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché impedisca il genocidio della popolazione palestinese. Studiosi dell’Olocausto e del genocidio hanno reiterato l’urgenza di un intervento per scongiurarne il pericolo. Raz Segal: è un caso da manuale di genocidio. Ministro della Difesa Yoav Gallant: “Stiamo imponendo un assedio totale a Gaza. Niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburanti. Stiamo combattendo animali umani e agiremo di conseguenza”. Il generale Ghassan Alian: “Avete voluto l’inferno, avrete l’inferno”.
Clicca qui I bambini di Gaza
La strage degli innocenti.
Dopo oltre duemila anni in Palestina ritorna la strage degli innocenti per mano di un nuovo Erode. La malvagità è la stessa ma i mezzi sono molto più potenti e i risultati sono incomparabili. Clicca qui.
Il rapporto è intitolato “Diari di guerra: il genocidio israeliano in corso a Gaza”.
Fino alla data del 15 dicembre 2023, secondo un rapporto della ong Euro-Med Human Rights Monitor, con sede a Ginevra, Israele ha ucciso quasi 25.000 palestinesi, tra cui circa 10.000 bambini.
Precisamente sono stati uccisi 24.711 palestinesi, il 92% civile negli attacchi aerei e di artiglieria, tra cui 9.643 bambini, 3.109 donne, 210 operatori sanitari e 83 giornalisti. Nel frattempo, 50.112 palestinesi sono rimasti feriti, centinaia dei quali gravemente; questo numero include migliaia di vittime che sono ancora bloccate sotto le macerie degli edifici, mentre altre centinaia non vengono conteggiate, ma probabilmente sono intrappolate sotto le macerie o ferite nelle strade.
Inoltre ci sono più di 1.850 milioni di sfollati nella Striscia di Gaza che rimangono senza un rifugio sicuro in condizioni disumane. 62.990 unità abitative sono state completamente distrutte, mentre altre 172.055 sono state parzialmente danneggiate. Tra le infrastrutture vitali, sono state distrutte 286 scuole, 1.356 strutture industriali, 124 strutture sanitarie, inclusi 22 ospedali, 142 moschee, 3 chiese e 140 addetti stampa.
Il massacro dei bambini.
Se interroghi Wikipedia quale è stato il il più grande massacro di bambini ti cita Babij Jar nei pressi della città ucraina di Kiev, sito di massacri ad opera dei nazisti e collaborazionisti ucraini ai danni della popolazione locale, il più noto quello compiuto tra il 29 e il 30 settembre 1941. Fu uno dei tre più grandi massacri della storia dell’Olocausto, superato solo dal massacro della operazione Erntefest in Polonia, nel 1943. Alla stessa domanda riferita a questo secolo, Wikipedia ancora non risponde, in attesa dei conteggi dalla Palestina.
Buon Natale.
Secondo l’Oms: «A Gaza muore in media un [Gesù] bambino ogni dieci minuti».
L’appello per il cessate il fuoco in Palestina delle Ong italiane.
“La pausa umanitaria temporanea a Gaza è stata insufficiente, solo con un cessate il fuoco permanente sarà possibile raggiungere in piena sicurezza gli oltre 2 milioni di civili, assicurando beni e servizi essenziali e interventi salvavita”. È la richiesta delle Organizzazioni della società civile italiana impegnate da decenni sul campo in attività umanitarie, di cooperazione internazionale e di tutela dei diritti umani, firmatarie dell’appello internazionale “Cease Fire Now”, attualmente sottoscritto da oltre 700 organizzazioni di tutto il mondo e oltre un milione di cittadini.
È possibile firmare la petizione globale “Cease Fire Now” su: https://t.ly/ceasefirenow
Organizzatrici dell’iniziativa: ActionAid Italia, Amnesty International Italia, Amref Italia, Azione contro la Fame Italia, Defence for Children International Italia, Fondazione L’Albero della Vita, Medici Senza Frontiere (MSF), Oxfam Italia, Save the Children Italia, SOS Villaggi dei Bambini, Terre Des Hommes Italia, VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, WeWorld. Aderiscono inoltre le reti di organizzazioni: AOI, CINI. Ovviamente Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Firma l’Appello della Marcia di Assisi: L’Italia deve dire basta!
L’Italia deve dire basta!
E deve riconoscere lo Stato di Palestina
Non si può uccidere un bambino o una bambina.
Non si possono uccidere tanti bambini tutti i giorni.
Non si possono uccidere i loro genitori, tutti i giorni.
Non si possono violare tutte le leggi internazionali.
Non si possono bombardare gli ospedali, i campi profughi, le chiese…
Non si possono lasciare decine di migliaia di feriti e ammalati senza cure e medicinali.
Non si può negare e minacciare l’esistenza di un popolo e dei suoi diritti inalienabili.
Non si può fare un genocidio.
Non si possono cacciare milioni di persone dalla propria terra.
Non si può fare tutto questo e pretendere di avere ragione.
Non si può fare tutto questo ed essere impuniti.
Tutto questo è vietato non solo dalla morale ma dalla legge, dal diritto internazionale dei diritti umani.
Tutto questo è disumano.
Tutto questo sta succedendo ora.
Tutto questo deve essere fermato.
L’Italia deve dire basta! Cessate-il-fuoco!
E lo deve dire ora.
Insieme con Papa Francesco, l’Italia, il nostro Parlamento, le forze politiche, le nostre istituzioni, i nostri governanti devono trovare il coraggio di dire basta e di chiedere l’immediato cessate-il-fuoco.
Siamo già tutti coinvolti. Siamo già tutti corresponsabili. Il silenzio ci rende complici.
La pace è possibile ed è nelle mani di tutti i governi che, come il nostro, hanno il dovere, la possibilità e i mezzi per intervenire.
La pace è possibile se riconosciamo ai palestinesi la stessa dignità, gli stessi diritti e la stessa sicurezza che riconosciamo agli israeliani.
L’Italia può fare molto per la pace. Ma deve cambiare: non può continuare ad astenersi o essere di parte.
L’Italia deve assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale mettendosi dalla parte della legge, del diritto internazionale e dei diritti umani.
L’Italia deve chiedere all’Onu l’immediato riconoscimento della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all’attuazione del Piano “due Stati per due Popoli”.
Il Parlamento italiano deve approvare una risoluzione che includa i seguenti punti da sottoporre all’Unione Europea e all’Onu:
- l’istituzione immediata della Palestina come 194° Stato membro dell’Onu, con i confini del 4 giugno 1967, con capitale a Gerusalemme Est;
- il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani a Gaza e dei palestinesi arbitrariamente detenuti nelle prigioni israeliane;
- il cessate il fuoco permanente di tutte le parti;
- l’invio immediato di tutti gli aiuti umanitari indispensabili per salvare e curare la popolazione di Gaza;
- il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza;
- la costituzione e l’invio di una “forza di pace” dell’Onu in Palestina
- la convocazione di una Conferenza Internazionale di Pace.
L’Italia deve difendere i diritti umani, la legalità e il diritto internazionale, deve battersi affinché prevalga la forza della legge sulla legge della forza e deve agire nell’interesse superiore dei valori di umanità iscritti nella nostra Costituzione e nelle più importanti carte internazionali, della pace, dei diritti umani, della sicurezza internazionale nel mondo.
L’Italia deve assumere un’iniziativa politica urgente e operare coerentemente affinché venga fatta propria innanzitutto dall’Unione Europea.
Per la realizzazione di questa politica, l’Italia può contare sul consenso della stragrande maggioranza dei propri cittadini e sull’impegno fattivo di un’ampia rete di gruppi, associazioni, Enti Locali e Regioni, attiva da più di trent’anni, ricca di relazioni, competenze, progetti ed esperienze con entrambi i popoli.
Per questo l’Italia deve agire come “sistema paese” con una strategia e un piano di lavoro integrati. La diplomazia dei popoli e delle città può arrivare dove i governi non arrivano e provare a costruire, dal basso, le condizioni di una pace che non può più attendere.
Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace
Coalizione AssisiPaceGiusta
Il massacro di Gaza non è una vendetta.
Le motivazioni allo sterminio dei palestinesi vanno al di là della vendetta scatenata dopo la sanguinosa operazione Tempesta di al-Aqsa del 7 ottobre. Alla base ci sono cause economiche. Il progetto è preesistente: l’obiettivo di Israele è quello di impossessarsi delle immense ricchezze costituite dai giacimenti di gas che spetterebbero ai palestinesi. Il piano di deportazione si articola in tre fasi: 1) costringere la popolazione stanziata nel nord della Striscia (oltre un milione di persone), sottoposto a bombardamenti massici, a spostarsi verso sud; 2) far entrare l’esercito israeliano a Gaza in modo da occupare l’intera Striscia ed eliminare le postazioni di Hamas; 3) trasferire la popolazione nella zona desertica del Sinai egiziano da cui non dovrà fare più ritorno. All’Egitto, le cui condizioni economiche sono gravi, è stato proposto l’annullamento dell’intero debito estero (135 miliardi di dollari). Questo piano si collega con il progetto del Canale Ben Gurion, un progetto che prevede di congiungere Gaza e Ashkelon al golfo di Aqaba nel Mar Rosso (260 km) creando un nuovo corridoio, alternativo al Canale di Suez (193 km), per il commercio mondiale e l’energia. Clicca qui.
Gli USA votano contro il cessate il fuoco.
Mentre a Gaza continua il massacro di civili gli Stati Uniti votano contro il cessate il fuoco umanitario.
Con un gesto eccezionale, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invocato, per la prima volta durante il suo mandato, l’articolo 99 della Carta Onu per richiamare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza sulle stragi che si stanno compiendo a Gaza e nei Territori Palestinesi Occupati.
2 milioni di persone sono in gravissimo pericolo!
A Gaza ci sono bambini, donne e uomini vittime di una guerra che sono impotenti, perché sono in una gabbia. Voi che non siete in una gabbia, avete l’opportunità di far sentire la vostra voce e di cambiare il destino di coloro che sono rinchiusi in questa gabbia.”
È l’Appello di Andrea De Domenico, Direttore OCHA/Onu Gerusalemme, alla conferenza stampa di presentazione della Marcia della Pace domenica 10 dicembre ad Assisi.
Insieme chiediamo al Parlamento e al Governo di intervenire e di sostenere gli sforzi del Segretario Generale dell’Onu per ottenere l’immediato cessate il fuoco.
“A Gaza, si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari. Si liberino gli ostaggi” Papa Francesco