Il Coordinamento nazionale di Lavoro Società, per una CGIL unita e plurale ha diffuso un documento che denuncia la barbarie in corso a Gaza e in Cisgiordania. La sinistra sindacale della CGIL prende posizione e chiama alla mobilitazione, invitando ad agire concretamente per fermare quello che definisce un “massacro” e una “pulizia etnica” del popolo palestinese.
«Il governo fascista di Israele, con l’appoggio degli USA, ha rotto la tregua a Gaza», scrive il Coordinamento, denunciando centinaia di morti e feriti civili in un territorio devastato, dove la popolazione è priva di cibo, acqua, assistenza medica. In Cisgiordania, si legge nel comunicato, “continuano e aumentano le azioni terroristiche dei coloni, appoggiati dall’esercito israeliano”, con decine di migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie case.
È una denuncia che accusa il silenzio e la complicità delle democrazie occidentali nel genocidio e nella deportazione dei palestinesi. Di fronte a questa catastrofe umanitaria, la sinistra sindacale della CGIL richiama tutte le forze democratiche e pacifiste a una mobilitazione nazionale, unitaria, per difendere il diritto del popolo palestinese a vivere nella propria terra e ad avere uno Stato, nel rispetto del diritto internazionale.
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Più di 14 milioni di persone, di cui circa la metà ebrei e l’altra metà palestinese, vivono tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Il primo regime, entro i confini dello Stato sovrano d’Israele, è una democrazia permanente con una popolazione di circa 9 milioni di persone, tutti cittadini israeliani. Il secondo regime, nei territori conquistati da Israele nel 1967, è un’occupazione militare “temporanea” imposta a circa cinque milioni di cittadini palestinesi. Inoltre, centinaia di migliaia di coloni ebrei risiedono in insediamenti permanenti a est della linea verde, vivendo come se fossero nella parte ad ovest del confine. Continua…
Perché Trump, una volta eletto, ha mostrato fin da subito palese ostilità sia nei confronti di Gaza che dei suoi abitanti, ulteriore sostegno al controverso leader israeliano e ormai palese vicinanza strategica con gli interessi di Putin? Perché vuole evitare la terza guerra mondiale come ha detto pubblicamente a Zelensky? Perché l’Unione Europea sta sostenendo un piano di riarmo del vecchio continente di circa 800 miliardi di Euro? Per proteggere i suoi cittadini? E perché il presidente franceseMacron offre a questi ultimi di estendere il proprio cosiddetto ombrello nucleare? Per tenerli al sicuro e scongiurare la guerra? In altre parole, è la pace che hanno a cuore costoro e più che mai coloro che sono alle loro spalle? Clicca qui.
Un rapporto accusatorio pubblicato dalla ong Human Rights Watch (HRW) rivela il catastrofico impatto dell’offensiva militare israeliana sulle donne incinte e sui neonati a Gaza, documentando gravi carenze di cure mediche, allarmanti incrementi di aborti spontanei e condizioni devastanti per i parti. Clicca qui.
Nonostante il cessate il fuoco, il governo di Tel Aviv non ha deposto le armi e dopo la Striscia di Gaza sta ora cercando di liquidare il problema palestinese in Cisgiordania; anche se il mondo continua, colpevolmente, a girare la testa dall’altra parte, la società civile continua a mobilitarsi in sostegno della causa palestinese. PARTECIPANO BDS ITALIA – ASSOPACE PALESTINA – PAX CHRISTI – UN PONTE PER – PONTI NON MURI. Clicca qui.
I 1.078 firmatari denunciano il genocidio e chiedono di tagliare i ponti con le istituzioni israeliane che non lo condannano.
Il 7 ottobre 2023 Hamas ha compiuto un attacco terroristico in Israele, uccidendo più di 1.200 persone su una popolazione di 9,5 milioni, tra cui oltre 800 civili e almeno 33 minorenni, e ferendone altri 5.400. L’attacco ha portato anche alla cattura di 248 ostaggi, circa 100 dei quali ancora detenuti a Gaza. Da allora il governo israeliano ha lanciato una violenta risposta di genocidio contro la popolazione palestinese di Gaza, sotto gli occhi della comunità internazionale.
Alla fine di ottobre 2024 le vittime identificate avevano raggiunto quota 43.061, tra cui oltre 13.735 bambini, 7.216 donne e 3.447 anziani, con oltre 100.000 feriti, su una popolazione di 2,3 milioni. Migliaia di altre vittime rimangono disperse, sepolte sotto le macerie. L’esercito israeliano sta infliggendo ai civili palestinesi non meno che l’equivalente di un 7 ottobre ogni dieci giorni, e lo fa da più di un anno.
Si è tenuta la giornata nazionale di boicottaggio a Carrefour, un’iniziativa lanciata da BDS Italia* per denunciare le complicità di Carrefour con il genocidio in corso a Gaza e il sistema di apartheid israeliano. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica e fare pressione affinché Carrefour interrompa collaborazioni con aziende coinvolte nella colonizzazione illegale israeliana.
Carrefour è accusata di complicità attraverso partnership con aziende israeliane come Electra Consumer Products e Yenot Bitan, entrambe coinvolte nella colonizzazione illegale. Una filiale Carrefour risulta aperta a Modi’in-Maccabim-Re’ut, una colonia illegale secondo il diritto internazionale. Inoltre, a maggio 2023, Carrefour ha stretto collaborazioni con sei start-up israeliane che operano nei settori dell’intelligenza artificiale e della cybersecurity. Non solo: l’azienda è accusata di sostenere l’esercito israeliano fornendo gratuitamente razioni alimentari, aggravando il genocidio in corso a Gaza.
* BDS Italia – sezione italiana per il movimento a guida palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
La dimensione della misericordia, dell’accoglienza e della pace, è stata messa da parte nel mondo occidentale: ha scelto sciaguratamente la via delle armi per la soluzione dei conflitti, ha privilegiato il riarmo al disarmo, tagliando le spese sociali, in particolare quelle per l’istruzione e per la salute.
Ha preferito chiudere i porti e le frontiere, respingere i profughi che fuggono dalle guerre e i migranti costretti a lasciare le loro dimore a causa delle carestie, dei cambiamenti climatici, della devastazione delle foreste. L’Europa chiusasi in fortezza, come se fosse assediata da eserciti, ha fatto sì che il Mediterraneo diventasse un enorme cimitero.
Il Parlamento italiano ha emanato leggi che riducono il migrante irregolare a delinquente, e creato i CpR, centri di detenzione peggiori delle carceri. Un ministro del governo ha impedito a navi piene di naufraghi, salvati da morte sicura, di approdare al porto più vicino, lasciandoli per giorni e giorni in condizioni disumane. Salvini, Il ministro del nostro Paese che “difende i confini” dall’ “invasione” di naufraghi, negando il diritto umano al soccorso in mare e sequestrando persone innocenti che non hanno commesso alcun crimine, è assolto dal giudizio di un tribunale umano. Non potranno essere assolti, tuttavia, lui e il Paese che rappresenta, da ogni coscienza umana che crede nella giustizia.
Un’ Europa che non si adopera per mettere fine al massacro genocida che si perpetua nella Striscia di Gaza, dove decine di migliaia di bambine/i sono vittime innocenti, come può dirsi cristiana, come può celebrare il Natale?
Nel frattempo, si accumulano altre prove che Gaza non sta subendo solo un assalto che viola la legge e i diritti umani, ma uno storico genocidio. Secondo Airwars, un’organizzazione che monitora le vittime civili: “Il danno ai civili dal primo mese della campagna israeliana a Gaza è incomparabile con qualsiasi campagna aerea del 21° secolo”. La visione di diversi mesi di sforzi di ricerca è integrata dalle confessioni e dalle testimonianze del personale militare israeliano. Il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato resoconti di soldati dell’IDF che hanno prestato servizio a Gaza, affermando che i civili, persino i bambini, vengono trattati come combattenti. Il regime di uccisioni arbitrarie, persino competitive, è stato descritto come “il selvaggio West sotto steroidi”.
Queste descrizioni non si limitano a descrivere metodi di combattimento legali e militari, ma descrivono anche uccisioni, carestie, mutilazioni, torture e traumi psicologici impossibili da comprendere.
Queste indagini rivelano le permutazioni del dolore che può essere inflitto a una popolazione civile. Piccoli corpi spezzati, bambini in putrefazione, cadaveri appiattiti, fosse comuni, quartieri rasi al suolo e il dolore selvaggio, selvaggio dei parenti in lutto. È uno spettacolo di massacro. Tutto si svolge in bella vista, trasmesso in streaming e pubblicato da cittadini e giornalisti palestinesi, assistito da estranei e descritto dagli stessi israeliani.
Nonostante le prove schiaccianti che abbiamo davanti a noi, ancora nulla cambia. La guerra continua. Cose che sembravano delle svolte, come la prima udienza della Corte internazionale di giustizia (ICJ), ora sembrano esercizi di osservazione. Perfino il Papa viene tacciato di antisemitismo.
È scritta in arabo, ebraico, italiano, la Dichiarazione congiunta dei tre movimenti (CPT – Palestine, Mesarvot – Israel e Movimento Nonviolento – Italia) che lavorano insieme come gruppo misto per l’obiezione alla guerra. Da oggi il documento (che non è il solito appello, ma un’assunzione di responsabilità e impegno) viene diffuso a livello internazionale anche in inglese. Clicca qui.
“La deplorevole e fanatica organizzazione Amnesty International ha ancora una volta prodotto un rapporto inventato, completamente falso e basato su menzogne”, ha affermato il ministero degli Esteri israeliano in una nota, aggiungendo che è invece l’attacco senza precedenti di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 a dover essere considerato “genocida”. “Israele si sta difendendo, agendo nel pieno rispetto del diritto internazionale”, ha affermato il ministero.
L’organizzazione per i diritti umani invita la comunità internazionale a non agire come “complice” di questi crimini.
Con un documento di 300 pagine, il rapporto di Amnesty “dimostra che Israele ha commesso atti proibiti dalla Convenzione di Ginevra, con l’intento deliberato di distruggere i palestinesi a Gaza. Questi atti includono uccisioni, lesioni fisiche o mentali gravi, infliggere deliberatamente ai palestinesi di Gaza condizioni di vita calcolate per portarli infine alla distruzione fisica. Mese dopo mese, Israele ha trattato i palestinesi di Gaza come un gruppo subumano indegno di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, dichiara Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International.Amnesty International denuncia “attacchi deliberati contro civili e infrastrutture civili (…) L’uso di armi ad alto potenziale esplosivo in aree densamente popolate”, ostacoli alla consegna di aiuti umanitari nel territorio e lo sfollamento forzato del 90% della sua popolazione.
Cosa viene definito genocidio?
La Convenzione di Ginevra sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, adottata nel 1948, definisce il genocidio come “atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.
Questa non è la prima volta che lo Stato a maggioranza ebraica si trova ad affrontare accuse di aver commesso un “genocidio” a Gaza, provenienti dall’Onu, da alcuni governi, come il Sud Africa, e da altre indagini da parte di organizzazioni civili, tra cui Human Rights Watch. Almeno quattro rapporti hanno concluso che Israele ha perpetrato il genocidio a Gaza.
44.000 uomini, donne e bambini, non pensano più. Amen. Ma questi tre bambini pensano che sia genocidio, e con loro intere future generazioni di palestinesi. E noi con loro. E con noi l’umanità tutta. Invece Benjamin Netanyahu dice che non è genocidio questo israeliano, bensì sono genocidio i 1.200 israeliani uccisi il 7 ottobre 2023 da Ḥamās. Cioè il genocidio non si misura in quantità bensì in qualità. Di conseguenza, dice Bibi, che lui non è criminale di guerra da catturare, come vorrebbe all’unanimità la Corte penale internazionale dell’Aia, per “crimine di guerra con uso della fame come metodo bellico; e crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti inumani”; non solo autorizzato attacchi indiscriminati contro civili: li hanno anche, intenzionalmente, ridotti alla fame, alla sete e alla morte per mancanza di cure”; “privato la popolazione civile a Gaza di oggetti indispensabili per la loro sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicinali e forniture mediche, carburante ed elettricità”.
Come si fa, dice Bibi, a confronto dell’olocausto di ebrei a Auschwitz o Dachau, definire genocidio appena 2,3 milioni di palestinesi internati per decenni nel campo di concentramento a cielo aperto di Gaza? definire genocidio l’invasione a 2,3 milioni di palestinesi con appena 1,9 milioni di sfollati (peraltro tutti complici di Hamas bambini compresi) necessariamente devastando da un anno quartieri, ospedali, moschee e chiese cristiane, scuole, università e infrastrutture essenziali? definire genocidio appena 44.000 (finora) uccisi anche se, inevitabilmente, con la più ampia percentuale di morti fra zero e 14 anni? Mica valgono un rabbino a Abu Dhabi (moldavo ma pur sempre ebreo).
Dunque, dice Bibi, considerato tutto ciò, è vergognoso che la Corte penale internazionale dell’Aia ce l’abbia con lui, anzi con Israele, certamente non perché autori di massacri e torture, bensì per antisemitismo. Chi è contro Israele, Papa compreso, è automaticamente antisemita, mosso unicamente da odio razzista. Di ceppo semitico sono sia gli ebrei che i palestinesi, però, dice Bibi, il genocidio esiste solo se commesso contro il popolo eletto da Dio (Yahweh e non Allāh), incarnato nella Grande Israele, dal Giordano al Mediterrraneo.
Eppoi, dice Netanyahu, noi, Israele e Stati Uniti, ce ne sbattiamo dell’ONU: sono 49 i veti Usa alle bozze di risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU relative a Israele. Noi neppure riconosciamo la giurisdizione della Corte penale internazionale dell’Aia, dei 124 Stati che la compongono. Fra cui l’Italia. Il cui governo sempre si genuflette a USA e dunque a Israele: Salvini rifiuta l’obbligo arrestarmi e mi invita in Italia a braccia aperte, sfidando le piazze… “antisemite”.
Se non ci fossero stati gli “incidenti di Torino”, i giornali e TV telemeloni non avrebbero speso una parola sulle quaranta manifestazioni pacifiche in tutta Italia per il “no Meloni day” degli studenti (clicca qui). Striscioni e slogan anche molto duri contro la capa del governo e contro il ministro Giuseppe Valditara, identificato con i modelli autoritari delle destre. E per i palestinesi di Gaza e contro Israele. “Soldi alla scuola e non alla guerra”; “Studenti in rivolta contro repressione, genocidio e merito”. “Contro un governo di fascisti e sionisti”. Vernice rossa sui cartelli con i volti di Meloni, di Valditara e della ministra dell’Università Anna Maria Bernini per rappresentare “le mani sporche di sangue per il genocidio del popolo palestinese”. Vernice bianca sull’asfalto per scrivere “Ministero della guerra”. Ma insomma niente di grave.
Naturalmente però si parla solo di Torino. Soprattutto per un fumogeno, forse un petardo, lanciato verso le forze dell’ordine in piazza Castello, davanti alla Prefettura: 15 poliziotti sono finiti all’ospedale Oftalmico con un’intossicazione, sembra da cloro. I manifestanti hanno bruciato un fantoccio del ministro Valditara, sono entrati nel Museo del Cinema nella Mole Antonelliana e sul balcone, al primo piano, hanno strappato il tricolore nazionale per sostituirlo con una bandiera palestinese. Altre “irruzioni” le hanno fatte nei fast food accusati di rapporti troppo stretti con Israele. Al Burger King davanti a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, hanno imbrattato le vetrine: “Boycott”, “Non comprate qui sono sionisti”, “Burger King finanzia l’esercito israeliano”. Le immagini dei soldati israeliani che mangiano gli hamburger della catena statunitense fanno da mesi il giro del mondo sui social, del resto le ha diffuse la società stessa con messaggi inequivocabili: “Rafforziamo la nazione Israele, i nostri team stanno lavorando diligentemente per continuare a donare migliaia di pasti ai nostri eroi, condoglianze alle famiglie delle vittime”. Che non erano, con tutta evidenza, i civili di Gaza. C’è stato qualche spintonamento con i commessi che tentavano di liberare il locale, come al vicino McDonald’s dove qualche studente ha anche lanciato ai lavoratori i dolci presi da una vetrina. Tutto qui.
L’ultimo Rapporto delle Nazioni Unite clicca qui racconta i progressi di Israele nella sua Campagna Genocida a Gaza. Israele è intenzionato, si legge, a espellere i palestinesi, ricolonizzare Gaza e sferrare un attacco decisivo contro la Cisgiordania.
I video mostrano inseguimenti e pestaggi, tifosi del Maccabi Tel Aviv finiti a terra e presi a calci nelle strade di Amsterdam, aggressioni da parte di giovani per lo più arabi, almeno di origine, una trentina di contusi, cinque dimessi dagli ospedali, fermati 62 loro assalitori, dei quali alcuni trattenuti in stato di arresto. Ma anche gli ultras israeliani, hanno fatto la loro parte, fin dalla sera prima come si vede in un video: uno di loro si arrampica su una palazzina occupata di Amsterdam per tirare giù una bandiera palestinese, che poi viene bruciata; in un altro gli ultrà nella metropolitana cantano slogan in cui dicono che “non servono scuole per Gaza perché non ci sono più bambini a Gaza”. Inneggiano al loro esercito: “Finisci il lavoro”. Altrettanto, Casa Pound si sono ripetuti a Bologna.
Dentro e fuori gli stadi in tutto il mondo ormai qualunque pretesto è buono per scatenare la violenza tra le opposte fazioni, che di sportivo non hanno nulla, giovani che vanno lì per sfogarsi, urlare, picchiare, neanche la guardano la partita.
Per i fatti di Amsterdan è risuonato il termine “antisemita”. E’ usato impropriamente, per ignoranza o malafede. Semiti è un termine che si riferisce a tutti quei popoli che parlano, o hanno parlato, lingue del ceppo semitico, cioè gli Arabi, gli Ebrei, gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo–Fenici, e dal punto di vista meramente linguistico anche gli Abissini. Semiti sono anche i Palestinesi. Ma il termine è famoso, grazie al nazifascismo e con accezione razzista, riferito agli ebrei. In verità, oggi sarebbe più pertinente, definire le manifestazioni Pro Palestina come “antisioniste” o “antisraeliane” (Israele è lo stato più odiato nel mondo dopo gli Usa), piuttosto che “antisemite” o anche solo “antiebraiche”, considerato che gli ebrei israeliani sono minoranza nel mondo.
Carlo De Benedetti, Corriere della sera : “Israele ha commesso un fallo di reazione. Gaza è stata una reazione eccessiva”. Prima del 7 ottobre, la situazione era così tranquilla.
A differenza delle organizzazioni ebraiche che sostengono acriticamente lo Stato di Israele, al Parlamento di Bruxelles è stata presentata sulle orme della statunitense Jewish For Peace, la Rete ebraica europea per la Palestina, che ha visto l’adesione di vari gruppi rappresentanti organizzazioni antirazziste della società civile europea e palestinese, per esprimere “Not in my nime” l’opposizione al genocidio e alla pulizia etnica, all’occupazione coloniale e all’apartheid di Israele in Palestina.
Hanno liberamente manifestato in tutto il mondo, meno che in Italia (e Israele)
La Costituzione risponde alle due domande.
E’ lecito o no manifestare in piazza a favore della Palestina e/o contro Israele?
Sì, lo è: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” (art. 21) e “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi” (art. 17).
È lecito vietare una manifestazione a favore della Palestina?
No, non è lecito. Né pro o contro Palestina, Israele, Hamas, Hezbollah, Ucraina, Russia, Corea del Nord o del Sud, Madagascar, Mussolini, Hitler, Stalin, Pol Pot, Kim Jong-un, i vaccini, i semafori, gli autovelox e quanto altro venga in mente.
No, non è lecito, quindi la Questura di Roma, il Viminale e il Tar Lazio che hanno vietato la marcia pro-Pal e anti-Israele hanno violato la Costituzione, perché per manifestare pro o contro qualsiasi causa, anche la più orrenda o strampalata, non occorre alcuna autorizzazione preventiva: “Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” (art. 17).
E “comprovati” vuol dire comprovati, non inventati o immaginati o sognati in base al gradimento o allo sgradimento del governo di turno per gli slogan che si presume verranno espressi dai manifestanti.
Tutto questo, prima. Durante e dopo la manifestazione. Se qualcuno commette reati (violenze, minacce, odio razziale, apologie o istigazioni di reato), lo si denuncia o – se previsto dalla legge – lo si arresta.
Titolo e commento di Travaglio sono condivisibili fino alle virgole.
Quando pensi che si sia toccato il fondo, leggi Repubblica e ti rincuori: c’è ancora molto da scendere, o da scavare. La rappresaglia iraniana dopo la strage israeliana del 31 luglio a Teheran per uccidere Haniyeh, capo politico di Hamas, non c’era stata, grazie alle pressioni di Usa e Russia. Ma dopo la strage israeliana di Beirut per uccidere anche Nasrallah, leader di Hezbollah, è arrivata: un morto (palestinese) e qualche ferito in Israele. Improvvisamente il direttore Molinari, che s’era distratto un attimo per un anno sui 42 mila morti ammazzati a Gaza e sulle migliaia di morti ammazzati (più un milione di profughi) in Libano, ha riscoperto il valore anche di una sola vita umana e ha titolato il suo editoriale: “Se la morte viene dal cielo”. I titoli con il “se” introducono un’ipotesi che spetta al lettore completare: qui ci sta un bel “…dipende da chi sgancia i missili dal cielo e da chi c’è sotto”.
Ma il meglio viene con il commento di Stefano Folli. Che, anziché denunciare l’impunità garantita dall’Occidente allo sterminatore Netanyahu, il doppio standard sulle sue innocenti invasioni e su quelle indecenti di Putin, l’afasia balbettante e inconcludente del Pd che vota la dichiarazione di guerra alla Russia e non osa proporre il ritiro dell’ambasciatore da Israele e qualche straccio di sanzione economica e militare, attacca i dem per la ragione opposta: sono troppo antisraeliani perché non chiedono di vietare il corteo pro Pal di Roma, già peraltro vietato dal governo (ma una vera opposizione il governo lo previene). Infatti Folli già sa che vi si invocherà “lo stesso proposito messo in atto 80 anni fa dai nazisti di Kappler” e si “inneggerà al terrorismo”. Quello arabo, s’intende, perché quello israeliano già lo giustifica il suo giornale. Del resto, come ebbero a dire B. e i neocon, quella araba è una civiltà inferiore. E non solo quella. Folli testuale: “Le migliaia di morti civili a Gaza sono una tragedia che scuote le coscienze. Ma le scuote solo in Occidente, dove esiste una civiltà giuridica e un senso di umanità”. E certo, tra i baluba del mondo arabo, ma anche del resto dell’Asia, in Africa, in Centro e Sud America, quando ammazzano decine di migliaia di civili, per metà bambini, si brinda a champagne. E le coscienze non si scuotono perché chi non ha la fortuna di stare in Occidente una coscienza non ce l’ha: e forse neppure un’anima. Di certo non ha senso di umanità: non si tratta di uomini, ma di bestie. Non resta che continuare a civilizzarli, per quel poco che capiscono, a suon di guerre e bombe, per esportare ovunque i nostri valori di democrazia, umanità e soprattutto civiltà giuridica. Se poi si ostinano a non imparare e organizzano una manifestazione, gliela vietiamo. Siamo o non siamo i buoni?
Sarah Friedland, regista americana, ha detto che stava ricevendo il premio Luigi De Laurentiis per il miglior primo film, nel ‘336esimo giorno del genocidio di Israele a Gaza e nel 76esimo anno di occupazione’. Clicca qui.
La sentenza storica della Corte internazionale di giustizia(ICJ) ha stabilito che “gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, e il regime ad essi associato, sono stati creati e vengono mantenuti in violazione del diritto internazionale”. La corte ha stabilito che gli obblighi di Israele ai sensi del diritto internazionale includono “l’evacuazione di tutti i coloni dagli insediamenti esistenti” e il pagamento di una restituzione a tutti coloro che sono stati danneggiati dalla sua occupazione illegale.
Il presidente israeliano Netanyahu ha liquidato con aria sprezzante la sentenza della corte affermando che “la nazione ebraica non può essere un occupante nella propria terra”. Questa è esattamente la posizione che la corte aveva respinto, stabilendo che l‘invasione militare e l’occupazione dei Territori Palestinesi Occupati da parte di Israele nel 1967 non gli davano il diritto di insediare lì il proprio popolo, annettere quei territori o renderli parte di Israele.
Forse nessuna crisi incarna più chiaramente il fallimento dell’ONU e del sistema internazionale dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, invasi nel 1967 per 57 anni. Nello stesso momento in cui gli Stati Uniti hanno armato Israele fino ai denti, hanno posto il veto a 46 risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU che richiedevano a Israele di rispettare il diritto internazionale, chiedevano la fine dell’occupazione o la creazione di uno stato palestinese, o ritenevano Israele responsabile di crimini di guerra o di insediamenti illegali.
A fronte di questo stato di cose, alcuni ricercatori tentano una risposta alla domanda: Il mondo può salvare la Palestina dal genocidio israelo-americano? (clicca qui).
La marcia per la pace ad Assisi per riaffermare il no all’escalation.
Il mondo è sull’orlo di un precipizio. La guerra in Ucraina, con il rischio sempre più concreto di un’escalation nucleare, e la drammatica situazione a Gaza, dove la popolazione civile, in particolare bambini e donne, subisce indicibili sofferenze, ci ricordano l’urgenza che la voce della pace si alzi più forte che mai.
“Tra cataste di cadaveri senza nome e un numero spaventoso di feriti senza speranza di ricevere cure adeguate per mancanza di mezzi. E i più piccoli in cerca di un perché che non c’è. Amputati in sale operatorie buie, senza elettricità, con antidolorifici e antibiotici centellinati. E non esiste un dopo.”
Una straordinaria testimonianza di Federica Jezzi, chirurgo pediatrico di Medici Senza Frontiere a Gaza. Clicca qui.
Mezzo milione di bambini morti in Iraq nel ’96 non sono stati “troppi” per Madeleine Albright segretaria di stato Usa. 695 civili israeliani uccisi nel raid di Hamas il 7 ottobre sono considerati “troppi” da Benjamin Netanyahu primo ministro di Israele. 40mila palestinesi, tra cui 14mila bambini (metà non identificati), non sono considerati “troppi” da Netanyahu, anzi è “tremendamente positivo” il rapporto 40 a 1 fra vittime palestinesi e vittime israeliane. Sono considerati «far too many», davvero troppi, da Kamala Harris, candidata presidentessa degli Stati Uniti.
Davvero troppi 40 mila (186mila secondo la rivista medica inglese Lancet)? Esattamente a che punto diventano «troppe» le vittime civili? Quale sarebbe un numero non eccessivo di persone ammazzabili? Qual sarebbe la soglia statistica oltre la quale i «danni collaterali» diventano crimini?
Clicca qui una riflessione di Alessandro Portelli su Il Manifesto.
Clicca qui Abdaljawad Omar pubblicato su Mondoweiss (con il titolo completo Perché l’assassinio dei leader di Hamas e Hezbollah da parte di Israele non fermerà la resistenza).
Mappa della Grande Israele descritta nella Genesi 15:18-21
Il verdetto della Corte di giustizia dell’Onu ordina che Israele deve smantellarle le colonie ebraiche in Cisgiordania in quanto illegali, e risarcire per l’occupazione. Per la Corte, infatti, “l’occupazione è de facto un’annessione attuata attraverso una sistematica discriminazione, segregazione e apartheid a danno dei palestinesi”.
Il verdetto non fa neppure notizia, non tanto perchè la sentenza è “consultiva e non vincolante”, ma perchè Israele non ha mai obbedito ad una risoluzione dell’Onu e neppure riconosce la Corte di giustizia internazionale. Anzi, ha reagito rivendicando che la Cisgiordania altro non è che “la terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria” e proponendosi perciò una annessione di diritto oltre all’attuale di fatto. Insomma una parte della “Grande Israele”.
Anche i giornalisti italiani hanno ricevuto l’ordine di non parlare più di Gaza, proprio nel momento in cui la rivista medica britannica “The Lancet” ha fatto una “stima conservativa” di 186.000 morti a Gaza, l’8 per cento della sua popolazione prebellica, e mentre Israele continua a bombardare le scuole dell’ONU che accolgono i rifugiati, 70 per cento delle quali sono state distrutte, sei solo negli ultimi dieci giorni, uccidendo centinaia di bambini. L’ordine proviene dalla democrazia americana che ha provveduto a silenziare tutte le voci dissenzienti. Già diversi mesi fa la CNN aveva provveduto a licenziare tutti i suoi conduttori arabi. Il New York Times, come tutte le grandi testate, ha ridotto il massacro in corso a una nota a piè di pagina. Lo scorso mese il Congresso americano ha persino approvato una norma che vieta al Dipartimento di stato di citare le statistiche sui decessi fornite dal Ministero della Salute di Gaza. Rashida Tlaib, unica rappresentante palestinese al Congresso, ha così commentato: “Stiamo osservando il governo di apartheid israeliano compiere un genocidio a Gaza in tempo reale e questa norma è un tentativo di nasconderlo”.
3 luglio 2024. Nel suo rapporto statistico quotidiano, il Ministero della Salute Palestinese aggiorna lo sterminio di Gaza: nelle ultime 24 ore Israele ha commesso 3 massacri contro famiglie nella Striscia di Gaza, provocando 28 morti e 125 feriti arrivatinegli ospedali nelle ultime 24 ore. Il bilancio del genocidio è salito a 37.953 morti e 87.266 feriti dallo scorso 7 ottobre.
Varchi del porto bloccati e traffico in tilt a Genova per la manifestazione pro Palestina indetta da varie sigle tra cui i portuali del Calp, l’assemblea contro la guerra, i sindacati Si.Cobas e Usb e varie altre associazioni. Per i manifestanti il porto di Genova è il transito “da dove passano massicciamente le armi che contribuiscono al massacro del popolo palestinese” per cui “bloccando il porto di Genova, simbolicamente blocchiamo la guerra nella sua configurazione logistica”.
Continua a Torino la protesta di studentesse e studenti pro Palestina che hanno bloccato gli ingressi del rettorato del Politecnico, dove si sarebbe dovuto tenere il Consiglio di amministrazione dell’ateneo dopo le elezioni della scorsa settimana.
Dagli studenti e studentesse: “Stamattina alle 8:30 abbiamo bloccato gli ingressi alle sedi amministrative del Politecnico, in occasione della riunione del CDA dell’Ateneo prevista per la tarda mattinata di oggi.
Questa azione avviene in risposta all’incrinarsi delle trattative che da un paio di settimane erano state intavolate tra una delegazione di senatori e un gruppo di student3 occupanti. Ieri durante il quarto incontro del tavolo di trattativa abbiamo assistito ad una drastica operazione ricattatoria nei nostri confronti. I senatori ci hanno minacciat3, dicendoci di dover per forza sottostare a tutte le loro condizioni per avere in cambio la convocazione di un Senato Accademico straordinario; senza nemmeno darci la certezza che in tale sede sarebbe passata la mozione riscritta da loro, contenente dei punti già molto al ribasso rispetto alle nostre richieste. Di fatto non è stata una trattativa, ma una richiesta impositiva di liberazione degli spazi, senza nessuna concessione concreta dalla loro parte.
Durante il blocco di oggi, in cui chiediamo ancora una volta in modo pacifico una presa di posizione chiara da parte del Politecnico riguardo al genocidio e un chiaro segnale verso demilitarizzazione dei proprio accordi di ricerca, è avvenuta ancora una volta una smisurata risposta repressiva, in cui uno studente isolato è stato aggredito da quattro guardie private, strattonato e schiacciato contro la porta mentre cercava di allontanarsi.
Nonostante il persistente silenzio istituzionale, le intimidazioni e i ricatti, la nostra richiesta rimane chiara, vogliamo un senato accademico straordinario il prima possibile, in cui venga discussa la mozione con le nostre richieste”.
“Sono senza parole di fronte a gioventù ignorante della storia che va in università a gridare l’accusa di genocidio nei confronti di Israele, è una bestemmia” : sostiene la senatrice a vita Liliana Segre.
Invece per gli studenti, e non solo, con genocidio, secondo la definizione adottata dall’ONU, si intendono «gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». A parte 75 anni di atti di sterminio in Palestina, replicano gli studenti, non bastano gli attuali numeri di morti (in maggioranza bambini) e di distruzioni nella strisciolina di Gaza? Quale è il numero minimo per Segre?
Oggetto: Re: Ragazzi, pronti ad andare a combattere in Ucraina?
Ho letto con interesse quanto scritto, ma non mi è chiaro quale posto
hanno le bandiere palestinesi nel celebrare il 25 aprile dato che non
hanno nulla a che vedere con la liberazione dal nazifascismo e che,
strano non venga mai ricordato, gli arabi della Palestina mandataria
erano alleati di Hitler.
Mi chiedo se la strumentalizzazione politica annotata nell’ultima parte
dell’articolo debba essere vista proprio nella presenza palestinese che
con questa storia non ha niente a che fare. Certo sarebbe interessante
coinvolgere popoli che stanno cercando l’indipendenza come i curdi, gli
armeni i saharawi, per farne solo alcuni esempi.
Disponibile al dialogo e al confronto, ringrazio per avermi permesso
questa riflessione.
Cordiali saluti.
Silvia Guetta PhD
Associate Professor in General and Social Pedagogy
– _Member of Italian Delegation IHRA_ (International Holocaust
Remembrance Alliance)
– _Director of Post-__Academic Course of Holocaust Education_ UNIFI
_- Associate Member of _ _UNESCO Transdisciplinary Chair in Human
Development and Culture of Peace- UNIFI_
– _Member of Kindness Network – Municipality of Florence_
Department of Education, Languages, Intercultures, Literatures and
Psychology
University of Florence
via Laura, 48 – 50121 Florence (Italy)
Benchè la Procura della Corte Penale Internazionale abbia chiesto il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant contestando sia crimini di guerra, sia crimini contro l’umanità. L’atto di accusa evidenzia che le prove raccolte “dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le zone di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza umana.
Ciò è avvenuto attraverso l’imposizione di un assedio totale su Gaza che ha comportato la chiusura completa dei tre valichi di frontiera, Rafah, Kerem Shalom ed Erez, a partire dall’8 ottobre 2023 per periodi prolungati e poi limitando arbitrariamente il trasferimento di rifornimenti essenziali – compresi cibo e medicine – attraverso i valichi di frontiera dopo la loro riapertura. L’assedio ha incluso anche l’interruzione delle condutture idriche transfrontaliere da Israele a Gaza – la principale fonte di acqua potabile per i gazawi – per un periodo prolungato a partire dal 9 ottobre 2023, e l’interruzione e l’impedimento delle forniture di elettricità almeno dall’8 ottobre 2023 fino a oggi.
Ciò è avvenuto insieme ad altri attacchi contro i civili, compresi quelli che facevano la fila per il cibo; all’ostruzione della consegna degli aiuti da parte delle agenzie umanitarie; agli attacchi e alle uccisioni di operatori umanitari, che hanno costretto molte agenzie a cessare o limitare le loro operazioni a Gaza. (…)
Questi atti sono stati commessi come parte di un piano comune per usare la fame come metodo di guerra e altri atti di violenza contro la popolazione civile di Gaza come mezzo per (…) punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, percepita come una minaccia per Israele. Gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza, sono acuti, visibili e ampiamente noti (…) Tra questi, la malnutrizione, la disidratazione, le profonde sofferenze e il crescente numero di morti tra la popolazione palestinese, tra cui neonati, altri bambini e donne”.
Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione, ma, quali che siano gli obiettivi militari, conclude il Procuratore “i mezzi scelti da Israele – ovvero causare intenzionalmente morte, fame, grandi sofferenze e gravi lesioni al corpo o alla salute della popolazione civile – sono criminali.”
Vengono definiti atti di genocidio quelli commessi con “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto”, come ad esempio un gruppo nazionale, etnico, religioso o razziale. Partendo da questa definizione, lo scorso 29 dicembre, il governo sudafricano ha presentato alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia un’istanza contro Israele, riguardante la presunta violazione da parte di Israele degli obblighi derivanti dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del delitto di genocidio, in reazione al violento attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Tra le prove utilizzate dal Sudafrica per sostenere la denuncia presso la Corte ci sono anche i dati raccolti da Amnesty International, che ha documentato in modo schiacciante crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi da Israele nei suoi intensi bombardamenti contro la Striscia di Gaza: attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, attacchi indiscriminati e altri attacchi illegali, trasferimenti forzati di civili e punizioni collettive contro la popolazione civile. Nella denuncia del Sudafrica, vengono citate le ricerche di Amnesty International secondo le quali il sistema israeliano di dominazione e oppressione ai danni dei palestinesi costituisce apartheid. Il 26 gennaio, la Corte ha emesso delle misure cautelari, mentre ci vorrà molto più tempo per analizzare l’accusa di presunto genocidio commesso ai danni del popolo palestinese.
Con 15 voti a favore e due contrari, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito sei misure cautelari, tra cui l’obbligo per Israele di astenersi da atti contemplati dalla Convenzione sul genocidio, di prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio, nonchè di adottare misure immediate ed efficaci per garantire l’assistenza umanitaria ai civili nella Striscia di Gaza. In modo cruciale, la Corte ha anche ordinato a Israele di conservare le prove del genocidio e di presentare entro un mese una relazione dettagliata alla Corte su tutte le misure adottate in conformità con la sua disposizione. La decisione della Corte internazionale di giustizia di emanare misure cautelari in risposta alla denuncia di genocidio presentata dal Sudafrica contro Israele rappresenta un passo significativo che potrebbe contribuire a salvaguardare la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata, evitandole ulteriori sofferenze e danni irreparabili. Ma soprattutto dimostra che c’è ancora speranza per la giustizia internazionale.
Il Procuratore presso la Corte penale internazionale (CPI)chiede mandati di arresto per esponenti di spicco di Hamas e israeliani con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità per gli attacchi del 7 ottobre contro Israele e la successiva invasione a Gaza. Rispettivamente: per il leader Yahya Sinwar, il capo politico Ismail Haniyeh e il leader del braccio armato Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, meglio conosciuto come Mohammed Deif e per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Clicca qui un giudizio di Alessandro Orsini su Netanyahu, (accusato di “avere causato lo sterminio, di avere causato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, di avere deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto”), nel quale sostiene che “scaricare tutte le colpe su di lui è la strategia cognitiva autoassolutoria tipica dell’uomo eurocentrico. Le democrazie occidentali sono corresponsabili della tragedia dei palestinesi. Dire che Netanyahu ne è il solo responsabile è un’affermazione anti-scientifica”.
Se non impossibile, o poco probabile, comunque è realizzabile in tempi assai lontani, se riflettiamo (clicca qui) su questa ricostruzione storica del colonialismo anglo ebraico in Palestina, sulla ultra-decennale storia di oppressione economico-politica, che gli economisti critici chiamano “teoria della dipendenza” (lo “sviluppo” delle nazioni ricche deriva dall’attiva creazione di “sottosviluppo” in quelle povere), ovvero su come la struttura economica della periferia (Palestina) è stata trasformata per soddisfare le esigenze del centro (Israele). Prova ne sia il Pil di Israele: già il doppio di quello palestinese nel 1967, oltre 14 volte tanto nel 2022, in valori assoluti oggi è quasi 20 volte quello palestinese.
Alessandro Orsini, docente universitario, scrittore e opinionista per varie trasmissioni tv e giornali, già collaboratore dell’ambasciata di Israele, è stato denunciato dal presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun, per istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, con riferimento a una presunta “propaganda antisemita”. Essa consisterebbe in questi post sui social apertamente anti israeliani: “Lo sterminio di un popolo sarà sempre possibile fino a quando ci saranno persone come Netanyahu”; “Il governo Netanyahu è una delle dittature più brutali e razziste del mondo” (8 ottobre 2023); “Tra Netanyahu e Isis non esiste nessuna differenza. Entrambi massacrano i bambini di religione diversa (…)” (14 ottobre 2023); “Netanyahu è diventato ufficialmente il più grande massacratore di bambini innocenti dopo Hitler” (15 ottobre 2023); “Israele non è una democrazia. Nessuna democrazia include l’apartheid nel proprio sistema politico e il terrorismo di Stato” (19 ottobre 2023). Prima domanda: chi è contro Israele perché sarebbe antisemita (razzista anti ebraico)? Seconda domanda: perché i cittadini italiani di religione ebraica debbono sempre e comunque essere dalla parte di Israele?
I movimenti studenteschi che protestano contro la guerra in Israele hanno legami con gli ex brigatisti rossi. E per di più si rischia di tornare alla violenza del terrorismo rosso (non quello nero, di matrice fascista) degli anni ‘70 e ‘80. Sono queste le tesi allarmanti sostenute in un documento riservato che l’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia ha inviato martedì sera ai vertici e dirigenti del partito per dare la linea sulle proteste nel mondo studentesco contro la guerra nella Striscia di Gaza. Si parte dagli esempi delle ultime manifestazioni che hanno impedito al giornalista David Parenzo e al direttore di Repubblica Maurizio Molinari di partecipare a incontri nelle università. E adesso ci si mettono anche i Senati accademici.
Condizioni igienico-sanitarie disastrose, blocco e inefficienza degli aiuti: a Gaza l’emergenza epidemica si somma ai bombardamenti: 342 i medici feriti o addirittura uccisi, 100 quelli arrestati o fermati, 106 le ambulanze distrutte o danneggiate, il 16% per cento dei bambini soffre di grave malnutrizione (ne sarebbero morti già dieci secondo UNICEF perché non mangiano e non bevono), 265.000 affetti da infezioni all’apparato respiratorio, 70.000 da malattie della pelle, 210.000 casi di diarrea, 80.000 i casi di epatite A. Gaza da campo di concentramento a celo aperto è diventato un campo di sterminio con i mezzi più atroci. Clicca qui.
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta (clicca qui), avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.
L’appello, firmato anche da Edith Bruck, non solo l’aperta condanna dei crimini di guerra compiuti da Israele in reazione al criminale pogrom di Hamas del 7 ottobre – di fatto un’atroce vendetta contro l’intera popolazione palestinese – ma ribadisce che essere contro questa guerra non può essere considerato una forma di antisemitismo pur in un contesto, compreso il nostro paese, dove l’antisemitismo cresce e trova nuova forza. Clicca qui.