Boom di spese belliche dopo l’Ucraina.

Il governo di  Mario Draghi ha annunciato che il budget militare verrà portato al 2% del Pil entro il 2028. Secondo le stime dell’Osservatorio Milex sulla spesa militare (che differiscono parzialmente da quelle del ministero della Difesa), si passerà dai 25,8 miliardi di euro spesi attualmente a 38 miliardi di euro, con un aumento di oltre 2 miliardi all’anno. Vedi questa e le altre tabelle all’interno della Mappa della spesa militare nel mondo pubblicata da Il Fatto Quotidiano: clicca qui.

L’invio armi alimenta guerra, razzismo e fame.

“Nella sua dichiarazione per la Giornata mondiale dell’ambiente il Presidente della Repubblica tra l’altro ha detto: ‘La scellerata guerra che sta insanguinando l’Europa con l’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina sta provocando una conseguenza inevitabile sulla capacità di rispettare l’agenda degli impegni assunti per contrastare il cambiamento climatico ed evitare così le ulteriori crisi umanitarie conseguenti’ E ha detto bene. Peccato che non si sia opposto all’illegale, incostituzionale invio di armi italiane ad alimentare quella guerra, quelle stragi, quella criminale follia. Peccato che Mattarella  non si sia opposto alle insensate, scellerate, catastrofiche iniziative guerresche e razziste del governo italiano e dell’Unione Europea che invece di contrastare la guerra e le stragi le favoreggiano, le incrementano, le estendono, contribuendo a far morire innumerevoli innocenti e mettendo nel più  grave pericolo l’umanità intera.”  (Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera).

Siamo ad un passo dalla guerra nucleare.

Putin: schiacceremo le nuove armi missilistiche Usa come noci. Fino a quando tutti useranno i noccioli delle atomiche. Clicca qui padre Ernesto Balducci, quando rifletteva che dinanzi alla prospettiva della catastrofe atomica si fa più serrato il confronto tra gli utopisti, noi, secondo i quali è possibile, in ragione della stessa smisuratezza del pericolo, uscire una volta per sempre dalla civiltà della guerra, e i realisti, secondo i quali il bene della pace, anche oggi come sempre, può essere custodito solo dall’equilibrio delle forze in campo.

2 giugno 2022 festa della Repubblica, Mattarella dichiara guerra alla Russia.

“Una  soluzione diplomatica  non può  che prescindere dal ritiro della Russia. La guerra finisce con il ritiro degli occupanti e con il ripristino della integrità territoriale, grazie ai nuovi missili di Biden. Clicca qui TGLa7. Dunque la pace si otterrà solo con la sconfitta di Putin. La dichiarazione davanti al corpo diplomatico di tutto il mondo, non invitati gli ambasciatori russi. La telecamera inquadra in prima fila  ad applaudire il ministro degli esteri Luigi Di Maio con Mario Draghi, in rappresentanza di tutti gli italiani disponibili -per la pace- a invio armi e tirate della cinghia.

Non è la prima volta che Mattarella calza l’elmetto. Anzi, Il 24 marzo 1999, la seduta del Senato riprende alle 20,35 con una comunicazione dell’on. Sergio Mattarella, allora vice-presidente del governo D’Alema (Ulivo – Pdci – Udeur): «Onorevoli senatori, come le agenzie hanno informato, alle ore 18,45 sono iniziate le operazioni della Nato». In quel momento, le bombe degli F-16 del 31° stormo Usa, decollati da Aviano, hanno già colpito Pristina e Belgrado. E stanno arrivando nuove ondate di cacciabombardieri Usa e alleati, partiti da altre basi italiane. In tal modo, violando la Costituzione (artt. 11, 78 e 87), l’Italia viene trascinata in una guerra, di cui il governo informa il parlamento dopo le agenzie di stampa, quando ormai è iniziata. L’ex comunista Massimo D’Alema era stato convocato a Washington dove il presidente Clinton gli aveva proposto: «L’Italia è talmente prossima allo scenario di guerra che non vi chiediamo di partecipare alle operazioni militari, è sufficiente che mettiate a disposizione le basi». D’Alema gli aveva orgogliosamente risposto «ci prenderemo le nostre responsabilità al pari degli altri paesi dell’Alleanza», ossia che l’Italia avrebbe messo a disposizione non solo le basi ma anche i propri cacciabombardieri per la guerra alla Jugoslavia. Ai bombardamenti parteciperanno infatti 54 aerei italiani, attaccando gli obiettivi indicati dal comando Usa.

Mentre è ancora in atto la guerra contro la Jugoslavia, il governo D’Alema partecipa a Washington al vertice Nato del 23-25 aprile 1999, che rende operativo il «nuovo concetto strategico»: la Nato viene trasformata in alleanza che impegna i paesi membri a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza». Da qui inizia l’espansione della Nato ad Est. In vent’anni, dopo aver demolito la Federazione Jugoslava, la Nato si estende espandendosi sempre più a ridosso della Russia. E arriviamo alla guerra in Ucraina, avviata nel 2014 e ancora in corso. Clicca qui Il Manifesto. 

Confermata la manifestazione del 2 giugno. No Base, né a Coltano né altrove.

La nuova base militare, giurano la Difesa e il sindaco di Pisa, non sarà dentro il Parco di San Rossore. Ma la soluzione prospettata dal decreto appena firmato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini è un trucco mediatico: nessuna garanzia, le autorità  rifletteranno su una soluzione alternativa allo scempio dei 70 ettari nel parco, ma la nuova base camuffata potrebbe ancora coinvolgere Coltano e in particolare edifici pubblici dismessi.

Putin: piano di pace italiano fasullo in presenza delle sanzioni.

Putin risponde alla telefonata di Draghi:  “La Russia sta diventando  più forte grazie alle sanzioni. Rubare i beni di qualcuno non ha mai portato a nulla di buono, soprattutto a chi lo fa”. Dopo aver dato del “poliziotto” a Biden, Putin ha assicurato a  Draghi la fornitura di gas, e per quanto riguarda la crisi alimentare ha sostenuto  che è l’Ucraina a bloccare l’apertura di corridoi umanitari per le navi. Soprattutto ha ribadito che darà l’ok ai corridoi via mare per il grano da Mariupol solo se saranno revocate le sanzioni. Nel frattempo Mosca sta guadagnando dalla crisi alimentare di cui molti Paesi sono vittime.

La questione dei territori e dei confini ucraini.

Nel vastissimo territorio ucraino, dove ci sono molte minoranze, si profila verso Est una popolazione russofona, diversa sotto l’aspetto storico, politico, culturale. Dopo il capitolo emblematico della Crimea, annessa dalla Russia dopo il referendum del 2014, è stato certo un errore di Kiev non concedere uno statuto autonomo al Donbass. In entrambi i casi l’indipendenza tempestiva avrebbe ratificato quelle differenze che non potevano essere cancellate e avrebbe forse evitato il conflitto. Adesso le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, riconosciute dalla Federazione Russa, vengono in fondo fagocitate dall’invasione. L’Europa, che era nata per superare le nazioni e garantire la coabitazione tra popoli, assiste invece impotente a una sorta di guerra civile fratricida. Proprio da qui si può però ripartire, da un canto mettendo radicalmente in discussione sovranità e integrità territoriale, dall’altro mirando ai grandi obiettivi politici della pace e della convivenza.

Solidarietà internazionale al reggimento Azov.

Accusata, tra il 2014 e il 2016 nella guerra del Donbass in risposta ai  secessionisti filo-russi, di crimini di guerra e tortura, tra gli altri dall’OSCE, dall’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, e da Human Rights Watch, la formazione neonazista è stata legalizzata dal regime di Kiev. Dai media italiani in più trasmissioni e tg i miliziani del Reggimento Azov  sono stati presentati come eroi anche attraverso le testimonianze delle loro mogli. Questa solidarietà non è venuta meno dopo che si sono arresi nell’acciaieria Azovstal a Mariupol, seppur siano stati perfino accusati  di  aver bloccato nei sotterranei delle acciaierie centinaia di civili, impedendo loro di mettersi in salvo e utilizzandoli come “scudi umani”. Così commenta il sarcasmo di Vauro:

Eroe o genocida?

Le immagini della resa del battaglione Azov sono state diffuse dai media russi. Si vedono gli ucraini sfilare in mutande, alcuni di loro hanno tatuaggi a prova del loro credo politico: svastiche, soli neri, aquile del Terzo Reich e simboli celtici. Ci sono poi gli scatti dei militari salendo su dei bus. Vanno nei territori controllati dai russi dove saranno portati davanti a una giuria russa. Un processo “inevitabile” secondo Denis Pushilin, leader dei separatisti del Donetsk, perché si tratta di “una richiesta dei cittadini e della società”. Il comandante degli Azov, Denis Prokopenko, nella foto,  è stato portato via con un mezzo speciale. “I residenti lo odiavano e volevano ucciderlo per le numerose atrocità commesse” ha spiegato il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. Zelenski lo decora come eroe nazionale,  per i filo russi  del Donbass è un nazista genocida.

Ne valeva la pena?

Il Pentagono comunica che “difficilmente i russi verranno respinti dal Donbass e dal Sud” e avvia colloqui con Mosca per trattare in base non ai sogni, ma alla realtà. Ma va? Purtroppo lo “sconfitto” Putin s’è preso ciò che voleva e se lo terrà, come i veri esperti dicevano fin da subito. Prima o poi, con calma, qualcuno si domanderà se valesse la pena lasciar massacrare fisicamente mezza Ucraina dai russi ed economicamente l’Europa intera e mezzo mondo dalle auto-sanzioni per giungere a conclusioni già chiarissime qualche migliaio di morti fa. E magari chiederà scusa a chi passava per putiniano solo perché non mandava il cervello all’ammasso.

Irrealistica la vittoria sulla Russia.

Pensare che l’Ucraina possa sconfiggere la Russia e riconquistare tutti i territori, compresa la Crimea, “non è un obiettivo realistico“. Il motivo è che la Russia resta “troppo forte” e che Vladimir Putin “ha investito troppo prestigio personale nell’invasione per fare marcia indietro“. In un editoriale pubblicato il 19 maggio dal titolo “La guerra in Ucraina si sta complicando, e l’America non è pronta“, il New York Times esprime tutti i suoi dubbi e la sua preoccupazione per il conflitto che si protrae ormai da tre mesi. L’articolo è firmato dall’Editorial Board, ovvero dal gruppo di giornalisti opinionisti che lavorano al Nyt. Rappresenta il loro pensiero condiviso, frutto del dibattito, di ricerche e delle informazioni raccolte da esperti. 

Continua su Il Fatto.

Tera e Aqua di giugno, monografico su guerra e nonviolenza.

Se clicchi qui ti appare Tera e Aqua di giugno-luglio 22 monografico su guerra e nonviolenza 

 – In prima pagina c’è anche l’annuncio della nascita dell’agenzia dei consumatori (basta digitare consumo.it) curata da Franco Rigosi, Giulio Labbro Francia, Maurizio Ercole, Paolo Stevanato, Michele Boato.  

–  e l’annuncio di un importante Forum  alla vigilia dei Referendum sulla giustizia del 12 giugno, che si tiene su Zoom Mercoledì 8 giugno alle 21 con la partecipazione di  Marco Boato e Teresa Lapis

20 anni dal Forum Sociale Europeo.

10.11.12.13 NOVEMBRE 2022 Firenze

QUALE EUROPA AL TEMPO DELLA GUERRA, DEL COLLASSO ECO-CLIMATICO, DELLE DISEGUAGLIANZE, DELLA CRISI DEMOCRATICA:

il ruolo e le responsabilità degli attori sociali di fronte alle emergenze dell’oggi.

Clicca qui il senso dell’iniziativa, il programma, come aderire e partecipare.

“Nazionalismo e guerra tra nazisti buoni e nazisti cattivi”.

Il battaglione Azov.

I paradossi nella narrazione della guerra in Ucraina tra propaganda patriottica, militarismo e la messa in scena di uno scontro di civiltà tra est e ovest:  questo dibattito lo trovate sulla newslettera di Doriella&Renato (clicca qui).

Un altro dei dibattiti organizzati in Valsusa questa settimana è titolato “Guerra, nonviolenza, decrescita”:   Il portato di morte e distruzione di questa guerra è destinato a sconvolgere l’assetto del mondo. Sotto le macerie sono finiti i fragili equilibri geopolitici stabilitisi dopo l’89, le gerarchie di potere tra istituzioni politiche e il complesso industriale-militare, gli scambi economici transnazionali, i pur modesti impegni fin qui assunti in campo ambientale, fino alle stesse relazioni pacifiche di convivenza tra i popoli che vengono ora sospinti dalla propaganda bellicista dei governi su campi opposti. Come fermare la catastrofe? Come riuscire a far emergere dal fallimento di questo mondo un’altra idea di società? Su quali valori potrà basarsi il riscatto delle ragioni della vita? Il percorso del dibattito ci porterà all’incontro di Venezia del 7-8-9-10 settembre sulla decrescita (www.venezia2022.it).  

Crisi energetica ambientale militare.

22 maggio ore 15 mobilitazione alla centrale nucleare di Caorso. Stacchiamo la spina a questo sistema. Fermiamo il rilancio del nucleare civile e militare. Smascheriamo la truffa della tassonomia verde.

A fine maggio il Parlamento Europeo sarà chiamato a ratificare la decisione della commissione europea d’inserire il gas e l’energia da fissione nucleare nella tassonomia verde, ossia la lista di fonti considerate sostenibili e finanziabili sul mercato, propedeutiche alla cosiddetta “transizione ecologica”….. L’intensificazione della competizione multipolare – sfociata nell’escalation bellica in Ucraina – viene colta dall’Unione Europea come occasione per accelerare il proprio processo di rafforzamento e indipendenza. La guerra in Ucraina sta provocando conseguenze pesantissime che peggiorano ulteriormente la vita nei paesi europei e che mostrano le problematiche e le responsabilità dei paesi occidentali. Il nostro governo, come i governi dei paesi UE, con una retorica guerrafondaia fortissima, continuano ad inviare armi, soffiando sul fuoco di una guerra potenzialmente mondiale e aumentando il carovita. Sappiamo bene che una della cause di questo conflitto è proprio la crisi energetica e delle materie prime che mostra quanto la questione ecologica sia centrale e non rimandabile….. Il 20 maggio si riuniscono a Venaria i Ministri Esteri del consiglio d’Europa: alcuni dei responsabili diretti di questa crisi che discutono su politica estera e guerra, alla faccia di “Torino città della pace, Torino città del bello” e della retorica di queste ultime settimane propinateci dall’ennesimo grande evento. Costruiremo una piazza in risposta! Contro il tentativo di scaricare i costi di questa crisi militare e energetica verso false soluzioni, rubandoci presente e futuro, è compito di noi giovani ragionare collettivamente per opporci fermamente al riarmo e alla falsa soluzione del nucleare.

In Sardegna è in atto una aggressione armata della Nato.

7 nazioni della Nato, 4000 soldati, 65 navi e decine tra sottomarini, elicotteri, mezzi aerei e di terra hanno  dato il via all’esercitazione internazionale Mare Aperto che imperversa sui mari e le coste sarde ma anche sul Tirreno centro meridionale. Dicono che chi è contro la NATO sta con Putin: questa guerra è diversa dalle altre perché è vicina, ma è l’ennesima guerra tra predatori, tra due blocchi imperialisti che mostrano i muscoli per guadagnare una posizione più forte, mentre a morire sono, come sempre, soprattutto i civili. Noi sardi lo sappiamo bene: l’occupazione militare della Sardegna è  una delle dimostrazioni più esplicite del dominio coloniale che martoria la nostra terra. Devasta l’ambiente, sottrae enormi porzioni di territorio a terra e a mare che potrebbero avere ben altro utilizzo, produce una monocultura economica che si riverbera come ricatto occupazionale: impedisce forme altre di sussistenza, provoca la miseria,  sfruttamento per un tozzo di pane, inquinamento e malattie. Per questo vi invitiamo a condividere e partecipare alla prossime mobilitazioni in preparazione e alla manifestazione contro l’occupazione militare promossa dall’assemblea contro la presenza militare in Sardegna di Cagliari che si terrà a Sant’Anna Arresi il 22 maggio. Clicca qui.

Torna di nuovo la guerra giusta.

Se non sei ancora abbonato ad “Azione nonviolenta”, clicca qui per leggere:

Voci dirette dai movimenti pacifisti di Ucraina e Russia.  Le campagne e le iniziative del Movimento Nonviolento, dall’obiezione alla guerra all’incontro con il Papa.  La situazione degli obiettori di coscienza in Europa.  Come sostenere la resistenza civile in Ucraina.  Come sostenere i disertori in Russia.

Report generale Società della Cura.

Clicca qui il Report della “Società della Cura” che si prepara per il 2 giugno  con le manifestazioni nazionali e locali  contro la base di Coltano che dovranno  diventare una giornata di mobilitazione generalizzata contro la guerra. Altri appuntamenti.  2- 5 giugno un Festival su pacifismo e azione non violenta nel quartiere San  Lorenzo a Roma. Cascina Cuccagna a Milano: “Terra e pace. Agroecologia e sovranità alimentare per la giustizia climatica e sociale: per un mondo senza guerre. Il gruppo Migrazioni Società della Cura ha aderito e partecipa a “Sulla stessa rotta”, carovana virtuale per i diritti dei migranti, la cui tappa romana sarà il 21 maggio.  18 maggio: riunione del Gruppo Femm della Società della Cura – il pensiero del femminismo antibellicista e antimilitarista su pace e guerra. Il 28-29 maggio a Roma, presso lo spazio Metropoliz in via Prenestina 913, il 3′ Congresso sulla salute. A  fine giugno seminario su vertenze operaie, decrescita e economia solidale. Appello dei movimenti kurdi contro la ripresa degli attacchi turchi nel Nord Iraq e Nord della Siria. – Campagna di raccolta firme per una ICE europea per la fine del commercio illegale dei prodotti delle colonie. Campagna contro l’assedio di Gaza, che dura da 15 anni nella indifferenza generale. Il  Collettivo di Fabbrica Gkn  ha elaborato un documento con diversi punti e con alcune proposte specifiche per nuovo quadro di mobilitazioni a partire da fine giugno. 

Venti di guerra dall’Ucraina alla Somalia.

Biden ha firmato un ordine che autorizza i militari a schierare ancora una volta centinaia di forze per le “operazioni speciali “all’interno della Somalia, in gran parte annullando la decisione di  Trump di ritirare quasi tutte le 700 truppe di terra che erano state di stanza lì. I contrasti tra i diversi imperialismi creano ogni giorno pretesti per alimentare venti di guerra: vedi l’Ucraina. L’Africa è un  continente dove la rapina delle risorse energetiche spinge alla spartizione delle aree direttamente controllate/occupate dalle potenze imperialiste, Italia compresa (il suo interesse strategico, che coincide con i profitti dell’ENI, è nel Mediterraneo Allargato, nel Sahel fino al Corno d’Africa, con la base militare di Gibuti). La Somalia  è un paese sempre più impoverito mentre la siccità sta causando una pesante carestia per le masse già afflitte dal carovita, vittime dell’oppressione straniera e del terrorismo di matrice islamista.

Portuali a Genova contro nuova nave carica d’armi.

Sulla saudita  Bahri Hofuf anche elicotteri da guerra per il trasporto di truppe. Dopo segnalazioni e richieste di accesso agli atti, gli attivisti di Calp, Usb e The Weapon Watch si sono rivolti alla magistratura con un esposto.  E così tornano a fare sentire la loro voce i portuali che da anni si battono per fermarle. “Abbiamo visto passare di tutto, mitragliatrici, container pieni di esplosivo, carri armati”.

Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra santa senza fine della Nato.

…“I neonazisti che combattono a fianco delle truppe regolari ucraine, e in particolare quelli asserragliati nell’acciaieria Azovstal, sono chiamati con nomi più benevoli: vengono presentati come eroici partigiani, difensori ultimi dell’indipendenza ucraina. Zelensky che inizialmente voleva liberarsi dei neonazisti oggi dipende dalla loro resistenza e li elogia. La loro genealogia viene sistematicamente occultata e anche i giornalisti inviati tendono a sorvolare, ricordando raramente che nel Donbass questa maledetta guerra non è nata nel 2022 ma nel 2014, seminando in otto anni 14.000 morti. Oppure si dice che il battaglione Azov è una scheggia impazzita, certo pericolosa ma non diversa da roba tipo Forza Nuova in Italia. Invece il battaglione Azov è tutt’altra cosa: è un reggimento inserito strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo i tumulti di Euromaidan e ha legami organici con i servizi (Sbu, succedaneo ucraino del sovietico Kgb). Così come sono tutt’altro che schegge le formazioni neonaziste o i partiti vicini al battaglione: su cui Washington e la Nato puntarono durante la rivoluzione colorata di Euromaidan, perché Kiev rompesse con Mosca. Sono strategicamente cruciali perché la guerra per procura Usa-Nato-Mosca continui senza scadenza”.

Clicca qui Barbara Spinelli,  che prosegue documentando: “Lo Stato li lasciò impuniti di  torture e trattamenti inumani, proibiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” e commenta : “Queste violenze andrebbero rievocate, nel giorno che commemora la vittoria sovietica del ’45 e quella che Mosca chiama ‘grande guerra patriottica’. La chiamano così anche i commentatori occidentali, per dissimulare il fatto che fu una vittoria che liberò dal nazismo l’Europa intera, con gli alleati occidentali, e che costò alla Russia almeno 30 milioni di morti”. Spinelli conclude: “Il riarmo e l’allargamento a Est della Nato, uniti all’impudenza delle dimenticanze storiche, hanno creato tra Russia ed Europa un fossato quasi incolmabile, politico e anche culturale. A questo servono l ‘abbaiare occidentale alle porte della Russia’ denunciato dal Papa, l’oblio dello ‘spirito di Helsinki’, la russofobia in aumento. Sono misfatti che non giustificano la brutale aggressione russa del 24 febbraio, ma che certo l’hanno facilitata. Che spingeranno la Russia, per molto tempo, a prender congedo da un’Europa che sempre più crede di progredire confondendo i propri interessi con quelli statunitensi”.

Putin sta a Zelensky come gli oligarchi russi stanno agli ucraini.

Si distinguono da altre categorie di super ricchi per il controllo che esercitano sull’economia e per il rapporto privilegiato con le istituzioni statali. Compongono, insomma, l’élite finanziaria e imprenditoriale del capitalismo. Usare il termine per indicare, in tono spregiativo, soltanto i miliardari russi è mistificante. La peculiarità russa, se vogliamo cercarla, consiste nell’anarchia economica e nella rapidità con cui, dopo il crollo dell’Urss, è avvenuta la privatizzazione dell’economia. Che si è tradotta, com’è noto, in un gigantesco furto di risorse e di beni comuni da parte di uomini senza particolari meriti e, spesso, provenienti dall’apparato. I governi americani ed europei hanno salutato come una vittoria del «mondo libero» la caduta dell’Unione sovietica e sono stati ben contenti di stringere accordi con i nuovi padroni.

In Ucraina le cose sono andate, più o meno, allo stesso modo. Gli oligarchi (circa cento) controllano l’80% delle ricchezze di un paese che, ancora nel 2019, era tra i più arretrati dell’ex Urss. In un report del Parlamento europeo dell’11 febbraio 2021, sono documentati i motivi che rendono difficile, in tempi brevi, l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Si parla di illegalità, dell’influenza degli oligarchi sulla politica, di corruzione, di mal funzionamento della giustizia, di mancanza di libertà di stampa, di campagne d’odio e fenomeni d’intolleranza verso femministe, Lgbt, rom. Non siamo proprio davanti a un modello di democrazia, senza nulla togliere naturalmente alla solidarietà nei confronti del popolo ucraino, vittima dell’aggressione della Russia di Putin.

Gaetano Lamanna

Non basta sciogliere la Nato.

Prima bisogna  inviare forze di interposizione nonarmata e nonviolenta sotto la guida dell’Onu per fermare subito le stragi e le devastazioni; per l’immediato cessate il fuoco e l’immediato inizio di negoziati di pace che facciano cessare tutte le uccisioni. Ancora prima bisogna soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla guerra; inviare aiuti umanitari per sostentare l’esistenza di chi non può o non vuole fuggire, e per ricostruire prima possibile e meglio possibile le strutture e i servizi necessari alla vita quotidiana. Subito dopo  bisogna scogliere la Nato braccio armato dell’azione militare statunitense. Sciogliere la Nato è la cosa di gran lunga più efficace che i paesi europei possano fare oggi per la pace e per salvare innumerevoli vite. Clicca qui la posizione del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”: struttura nonviolenta attiva dagli anni ’70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali; struttura nonviolenta che oltre trent’anni fa ha coordinato per l’Italia la più ampia campagna di solidarietà con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano “La nonviolenza e’ in cammino”. Da alcuni mesi è particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l’illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell’intero mon! do vivente, da 46 anni prigioniero innocente, ecc.

Gentilissima Presidente von der Leyen,

“Lei guida la Commissione che prende cruciali decisioni per l’intera Unione Europea, ed essendo io un cittadino di uno dei paesi dell’Unione, lei di fatto prende decisioni anche per me, che non l’ho delegata. E poiché alcune decisioni prese recentemente dall’Unione Europea mi sembrano semplicemente sciagurate e fin catastrofiche, le scrivo per chiederle di revocarle e di promuovere invece una diversa politica, che sia rispettosa delle vite umane, protesa a salvare le vite umane, e coerente con le carte dei diritti dell’Onu, della stessa Unione Europea, dei singoli paesi che l’Unione compongono”.  Clicca qui la lettera aperta del  “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” alla Presidente della Commissione Europea.

Marcia della pace Comiso-Niscemi.

In tre tappe da lunedì 9 a mercoledì 11 maggio. L’iniziativa, voluta dalla Fondazione degli Archi e dalla Fondazione Gesualdo Bufalino, è denominata MARCIA DEL SOLE ed intende protestare contro le guerre per proporre una alternativa nonviolenta…. Clicca il programma sulla newslettera di Doriella&Renato, dove anche tutte le altre iniziative No Tav dalla Valsusa.

Le guerre cominciano anche dalla Sardegna.

“Le basi militari in Sardegna sono sempre state una presenza invasiva e una dimostrazione oggettiva di come le guerre comincino anche da questa terra. Attualmente, oltre 30.000 ettari del territorio sono occupati dallo Stato, dai suoi militari e dai suoi poligoni. Contro questa imposizione c’è, tuttavia, una lotta che ancora oggi resiste e che accomuna tutte le persone che rifiutano e che vogliono sabotare l’esistenza delle basi. Di ciò è emblematico il taglio delle reti, che trova la sua efficacia nel permettere l’invasione dei poligoni interrompendo le esercitazioni”. Il 22 maggio manifestazione contro la base militare di Teulada, corteo antimilitarista a Sant’Anna Arresi (SU).

I fondi del PNRR per basi militari nei parchi naturali.

Prosegue la mobilitazione contro il progetto della base militare  a Coltano nel Parco regionale di San Rossore:  73 ettari recintati per costruirci 440 mila metri cubi di edifici tra cui una pista per elicotteri, due poligoni di tiro, caserme, centri di addestramento, laboratori e altre strutture di servizio per i militari. Il progetto non sarebbe  sottoposto ai vincoli ambientali della zona in quanto “opera destinata alla difesa nazionale”. L’area ambientale  protetta è già caratterizzata da una forte militarizzazione, tra cui la base di Camp Darby, il più importante deposito di armi statunitensi nella penisola e hub strategico fondamentale nel controllo del Mediterraneo, oggi oggetto di lavori per oltre 40 milioni di euro e della costruzione di una ferrovia per il collegamento diretto col porto di Livorno. I fondi per Contano  provengono dal PNRR, cioè dalla finta transizione ecologica. Clicca qui.

Draghi eroe di guerra col sangue degli altri.

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI  di Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”.

“Quel poco di buono che sta facendo in materia di aiuto umanitario è di gran lunga sopraffatto da quel tanto di folle e scellerato che sta facendo in favore della prosecuzione e dell’estensione della guerra”. “La folle e criminale decisione di inviare armi in Ucraina, in flagrante violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione, fa entrare l’Italia sia de jure che de facto nella guerra in corso, così accrescendola ed estendendola, così contribuendo a nuove uccisioni e nuove devastazioni, così cooperando a provocare nuove stragi , nuovi orrori e nuove indicibili sofferenze alla popolazione ucraina già così crudelmente martoriata”. “L’irragionevole e sciagurata decisione delle cosiddette ‘sanzioni’ non solo non ha fermato la guerra, non solo non ha inceppato la macchina delle stragi, non solo non ha dissuaso il governo russo dal perseverare nella sua furia onnicida, ma ha invece imposto nuove sofferenze e ulteriore povertà alle classi popolari, alle persone e alle famiglie già più sfruttate, rapinate, emarginate ed oppresse del nostro stesso Paese.” “Sembra che il governo non si renda conto della sofferenza e della povertà di milioni e milioni di italiane ed italiani che queste decisioni stanno precipitando in ulteriori sofferenze, ulteriore impoverimento, ulteriore paura, umiliazione ed angoscia.” “Nulla aggiungo sull’insensatezza del riarmo; sulla delittuosità dell’aumento delle spese militari quando invece il nostro paese ha estremo bisogno di incrementare le spese sociali; sull’abissale stoltezza di scelte energetiche che contribuiscono all’avvelenamento e alla desertificazione della biosfera”. Esiste l’alternativa nonviolenta alla guerra… (continua)

Obiezione di coscienza alla guerra.

Una Campagna coordinata dal Movimento Nonviolento. Tutti possono firmare: clicca qui. Tutte le guerre hanno lo stesso volto di morte, in Ucraina come in Afghanistan, nello Yemen come in Siria. Torti e ragioni, aggressori e aggrediti, si mescolano e precipitano insieme nel baratro. Per fermare la guerra bisogna non farla. Per cessare il fuoco bisogna non sparare. È questo il senso profondo dell’obiezione di coscienza: difendere la vita, la libertà, la giustizia, con la nonviolenza che è vita, libertà, giustizia. Da oggi c’è la possibilità di dichiararsi obiettori alla guerra firmando la  Dichiarazione che sarà poi consegnata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, allo Stato Maggiore dell’Esercito: non contate su di me se volete coinvolgervi nella guerra con più armi, più spese militari, più violenza.

Zelensky vieta ai media ucraini di trasmetter la Via Crucis di Papa Francesco.

media nazionali ucraini non l’hanno trasmessa per protestare contro la decisione di affidare la XIII stazione a una giovane russa e a una sua coetanea ucraina, in segno di riconciliazione tra i due popoli. Irina e Albina, le due giovani, hanno puntualmente svolto la loro parte della funzione. “Ciascuno, nel proprio cuore, preghi per la pace nel mondo” è stato detto immediatamente dopo, in un momento di particolare commozione. 

Posso aggiungere che al  popolo ucraino è capitata la più tragica sventura: avere  Putin come nemico e Zelensky come “amico”?

Lino Balza.

La Pace in Marcia alla vigilia della Festa della Liberazione e sul palco del Primo Maggio.

Domenica 24 aprile 2022, vigilia della Festa della Liberazione,  Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità. FERMATEVI! La guerra è una follia. E’ urgente l’apertura di un negoziato multilaterale serio, strutturato, concreto, onesto e coraggioso, sotto l’autorità delle Nazioni Unite. Per salvare la povera gente che è rimasta sotto le bombe. Per scongiurare la catastrofe atomica. Per impedire l’esplosione di una nuova devastante crisi sociale e ambientale. Basta con la propaganda di guerra! Fermiamo la circolazione dell’odio e dell’inimicizia. Siamo solidali con gli ucraini e con tutte le vittime di tutte le guerre dimenticate che continuano a insanguinare il mondo. Chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, « L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Si svolgerà quest’anno ad Assisi, in piazza San Francesco, la manifestazione nazionale di CGIL, CISL e UIL in occasione del Primo Maggio. Al centro dell’iniziativa i temi della pace, del lavoro e della crescita del Paese.

Le sanzioni alla Russia? Un’arma spuntata secondo l’ISPI.

Intanto la guerra rischia di portare l’Italia in recessione economica. L’ISPI è un prestigioso istituto di ricerca sulla politica internazionale. Ha rilasciato un dossier sull’efficacia delle sanzioni sulla Russia. Il quadro è sconfortante: sono un’arma “spuntata”. La Russia ha facilmente aggirato molte sanzioni con triangolazioni verso i tanti paesi che non hanno aderito alle sanzioni lanciate dalla Russia e dall’Unione Europea. L’81% delle nazioni nel mondo non hanno seguito la NATO nel sanzionare la Russia. Non solo: le entrate per il gas sono aumentate e la Russia oggi ha più risorse economiche di prima grazie al gas diventato merce ricercata e pertanto pregiata. Proprio perché la guerra ha ridotto il flusso del gas, ecco che i prezzi sono schizzati alle stelle.

Zelensky, inoltre, pur chiedendo all’Europa di non comprare il gas russo, di fatto acquista il gas russo. Lo fa non direttamente da Putin ma dall’Europa che lo compra dalla Russia e lo rivende all’Ucraina. Quindi anche l’Ucraina finanzia la guerra del suo nemico. E le banche? Le banche russe tagliate fuori dal circuito mondiale sono solo una parte. Clicca qui.

E mentre ci viene presentata in televisione una Russia economicamente in ginocchio, la realtà è diversa. Il rublo ha riacquistato quota dopo una flessione dovuta ai primi giorni di guerra e ora è ai livelli pre-guerra. In conclusione: la teoria secondo cui sarebbe in corso – grazie alle sanzioni dell’Occidente – un tracollo dell’economia russa non ha riscontro nelle analisi dell’ISPI. Viceversa l’Italia sta per avvicinarsi alla recessione. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha delineato vari scenari: «Nel secondo scenario, la crescita 2022 scenderebbe ulteriormente all’1,6%, e all’1% nel 2023. Nello scenario più severo, nel 2023 saremmo in recessione conclamata. Numeri che spaventano, spaventano in maniera molto forte». 

L’Italia comanderà la Nato in Iraq. Chiediamo invece che esca da quel pantano.

La NATO  (North Atlantic Treaty Organization, Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord)  fu istituita nel 1949 in funzione difensiva: garantire la sicurezza del mondo occidentale dalla minaccia comunista (vera o presunta che fosse), ovvero reagire ad un attacco dell’Unione Sovietica  in Europa o in America settentrionale (art. 5 del Trattato). L’URSS e gli Stati  satelliti  risponderanno nel 1955 con il Patto di Varsavia.

Quale funzione collettiva contro la Russia ha  giustificato l’intervento della Nato  in Bosnia, Erzegonia (1995-2004), Kosovo (1999), Afghanistan (2001-2021), Libia (2011)?  In realtà la Nato è uno strumento militare e politico degli USA nel mondo. 

Quando il 20 marzo 2003 gli Usa invasero (la seconda guerra del petrolio) l’Iraq, migliaia di manifestazioni e proteste si tennero in tutto il mondo, al punto che il New York Times definì l’opinione pubblica mondiale l’unica “superpotenza” in grado di contrastare gli Stati Uniti.  Gli effetti pratici furono irrilevanti. L’Italia all’invasione fornì appoggio politico e logistico, e poi partecipò con un contingente “di pace” di 3.200 uomini e 33 morti (governi Berlusconi, Prodi).

L’Italia  è presente sul territorio iracheno da quasi vent’anni: tra il 2003 e il 2006 le truppe italiane furono impegnate nella missione Antica Babilonia, segnata dalla strage di Nassiriya. Fu poi parte attiva della prima Nato Training Mission Iraq, tra il 2004 e il 2011, ed entrò nuovamente in forze in Iraq nel 2014 con l’operazione Prima Parthica, nell’ambito della missione internazionale Inherent Resolve, avviata dalla coalizione globale contro Isis.

L’ormai prossima assunzione italiana del comando della Nato in Iraq, senza una minima discussione pubblica, amplierebbe la nostra missione da 500 a 4.000 uomini trasformandola di fatto in missione di combattimento.  L’Iraq infatti è un paese nel quale si combatte da tempo una parte del conflitto che oppone Stati Uniti e Iran. Un conflitto combattuto tramite terze parti e giocato con cinismo sulla pelle di donne e uomini iracheni e che tiene in ostaggio il Paese da anni. In questo pantano di un rinvigorito terrorismo, il rischio concreto è che l’Italia, sostituendo gli Stati Uniti, rimanga invischiata nella lotta per il controllo dell’Iraq, e con la conseguenza, tra l’altro, di nuovi gravi rischi anche per la sicurezza delle organizzazioni umanitarie italiane che operano in Iraq

War on terror: 900mila morti in venti anni.

Come in Ucraina , sul piano formale e sostanziale l’Afghanistan fu un’invasione. Con l’obiettivo di difendere la sicurezza nazionale e di cambiare un regime. La ammantammo degli stessi principi con cui un’invasione precedente, quella sovietica del 1979, aveva ammantato la sua: diritti delle donne, distribuzione della ricchezza, istruzione, sviluppo. I sovietici se ne andarono dopo dieci anni con oltre 14mila soldati e circa 800mila mujahedin uccisi e con un bilancio di vittime civili tra gli 800mila e i 2 milioni. Noi ce ne andammo il 15 agosto scorso con un bilancio di oltre 200mila morti: 4mila soldati Usa e alleati, 70mila soldati afghani, 52mila guerriglieri e – tra Afghanistan e Pakistan – almeno 70mila vittime civili, una cifra probabilmente per difetto. Lasciammo inoltre un Paese, è bene ricordarlo, dove sette afghani su dieci vivevano ancora sotto la soglia di povertà proprio a causa del conflitto. Il costo totale di vent’anni di War on terror (Afghanistan, Iraq, Siria) è stato valutato in 900mila morti e 8 trilioni di dollari. Logica (e risultati) della guerra. Clicca qui Il Manifesto.

Tregua pasquale proposta da papa Francesco.

L’umanità intera sostenga la tregua pasquale proposta da papa Francesco e persuada ad accoglierla il governo russo aggressore, il governo ucraino e gli altri governi coinvolti nella guerra.

L’umanità intera faccia proprio questo appello a “una tregua pasquale”; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no!, una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”.
L’umanità intera faccia sentire la sua voce e persuada il governo russo aggressore, il governo ucraino e gli altri governi coinvolti nella guerra ad accogliere questo appello in nome del bene comune dell’umanità. Ogni giorno in piu’ di guerra altri esseri umani vengono uccisi, ogni giorno in più di guerra nuovi massacri e nuovi abomini vengono commessi, ogni giorno in più di guerra avvicina il rischio della guerra nucleare che può sterminare l’intera famiglia umana.
Cessino immediatamente tutte le uccisioni, le atrocità, le devastazioni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite è il primo dovere.

Il paradosso del gas e l’invio di armi.

IL PARADOSSO DEL GAS. Zelensky invoca l’embargo energetico contro la Russia mentre Kiev continua a rifornirsi da Putin. Nemmeno la guerra ha interrotto il flusso di metano da Mosca all’Ucraina. Ufficialmente gli acquisti da Gazprom si sono interrotti nel 2015, dopo l’invasione della Crimea. Da allora, infatti, Kiev acquista gas da Slovacchia, Ungheria e Polonia. Peccato che il metano fornito da quegli Stati arrivi sempre dalla Russia, ma l’Ucraina lo compra a un prezzo scontato grazie alla mediazione dei vicini europei.

“ARMI A KIEV? RISCHIO DI GUERRA TRA USA E RUSSIA”. L’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, in un’intervista a Newsweek, lancia l’allarme sulla possibile terza guerra mondiale. Un conflitto con gli americani, infatti, coinvolgerebbe anche i Paesi dell’Alleanza atlantica. Secondo il diplomatico del Cremlino, le forniture di armi e munizioni all’Ucraina sono “pericolose e provocatorie”, al punto da portare “gli Stati Uniti e la Federazione Russa sulla via del confronto militare diretto”.

Le posizioni dei pacifisti ucraini.

Continuare i colloqui di pace con la Russia nonostante le pressioni militari all’interno e all’estero.

Non esiste alternativa ragionevole alla de-escalation e alla soluzione non violenta del conflitto tra Russia e Ucraina e del conflitto tra Occidente e Oriente.

Fare un’indagine internazionale oggettiva sulle morti di massa.

Indagare i crimini di guerra e assicurare alla giustizia  i colpevoli, non importa da che parte abbiano combattuto.

Condanniamo la politica statale di obbligo di persone maschi al servizio militare in Ucraina e Russia. Ogni persona pacifica ha il diritto di non combattere.

Clicca qui il documento completo.

A chi se la prende con i pacifisti colpevoli di non tifare per la guerra.

Su  Tera e Aqua clicca qui alcune risposte

A chi la definisce “novecentesca” per rassicurarsi che rimarrà nei confini di una guerra territoriale.

A chi dice che i pacifisti se ne fregano delle vittime.

A chi ci dice che bisogna sostenere l’esercito ucraino con nuove armi sempre più letali.

A chi ci dice che il nostro è un pacifismo da divano.

A chi chiede a noi “e adesso cosa fareste se foste in Ucraina?”.  

Tera e Aqua è  un bimestrale dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, aderente al Forum Veneto Ambiente, Salute e Solidarietà

A chi giova che la guerra continui e la pace ritardi.

E così con la guerra si è alla resa dei conti. L’Europa dovrà pagare di più la quota Nato, comprando ovviamente più armi e aerei da caccia Usa, e anche più gas americano. Tutto a beneficio delle corporation e del complesso militar-industriale. E’ la ricetta di Biden, tentato di prolungare un conflitto che logora Putin e riempie le casse americane. Un mondo perfetto per “esportare” ancora una volta la democrazia”. Una analisi economica di Alberto Negri su Il Manifesto: clicca qui 

Promuovere una altrettanto “grande manifestazione di solidarietà e impegno per la pace” pure a Donetsk o Lugansk.

Leopoli

Non per polemica ma per esporre un punto di vista: Non mi risulta che dopo la marcia di Sarajevo sotto assedio nel ’92 ci sia stata una marcia sotto le bombe a Belgrado nel ’99, pur se sui ponti di Belgrado qualche distintivo con il “Target” si sia all’epoca visto.

Eppure, la popolazione di Belgrado, Pancevo, Kragujevac non aveva allora colpe maggiori di quella di Sarajevo o Bihac.

Per non ripetere sempre gli stessi errori, e proprio nel nome della “diplomazia dei popoli”, dopo Leopoli non sarebbe giusto e perfino politicamente corretto promuovere una altrettanto “grande manifestazione di solidarietà e impegno per la pace” pure a Donetsk o Lugansk, in sostegno delle popolazioni aggredite e bombardate dal 2014 da bande paramilitari e mercenarie organizzate, armate ed addestrate da Nato, UE e Israele? Oppure si ritiene strabicamente che nel Donbass ci stiano i cattivi e a Leopoli i buoni, come allora a Belgrado e Sarajevo, supportando così di nuovo la stessa Italia guerrafondaia (Mattarella era allora vice-Presidente del Consiglio di D’Alema, che oggi traffica armi con la Colombia per conto di Leonardo-Fincantieri), stavolta con conseguenze ancora più tragiche di quelle che già abbiamo subito da allora, con una crisi balcanica mai risolta e che oggi si inasprisce in tandem con la questione ukraina, con una Bosnia ridotta a fucina jihadista e un Kosovo trasformato in immensa base Nato con l’oppio intorno a minacciare di nuovo la Serbia?

Jure Eler

“Non vogliono la guerra ma la fanno”.

Noi pacifisti nonviolenti, ignorati e giudicati con sufficienza anche da tanta parte dei media, non siamo passivi e non siamo equidistanti tra aggrediti e aggressori, ma non ci limitiamo a ripetere luoghi comuni: sosteniamo per esempio i nonviolenti russi e ucraini, che si oppongono con coraggio al pensiero dominante nei loro paesi e non chiedono sostegni militari per le loro patrie. Il movimento pacifista ucraino, per bocca del suo portavoce Yurii Sheliazhenko, docente alla KROK University a Kiev, ha scritto: « Per risolvere l’attuale conflitto militare a due binari, Ovest vs Est e Russia vs Ucraina, nonché per fermare qualsiasi guerra ed evitare guerre in futuro, dovremmo usare tecniche di politica nonviolenta, sviluppare una cultura di pace e educare alla pace le prossime generazioni. Dovremmo smettere di sparare e iniziare a parlare […]Sarebbe meglio resistere ai comportamenti sbagliati senza violenza e aiutare le persone fuorviate e militanti a comprendere i benefici della nonviolenza organizzata.» In verità il metodo nonviolento non è conosciuto, studiato e sviluppato, mentre quello violento militarista è di istintiva immediatezza ed ha alle spalle strutture collaudate e foraggiate con i soldi dei contribuenti.

Arrendendosi all’aggressore? Certo che no. Ma, pur comprendendo le giuste ragioni di sovranità e autodeterminazione dell’Ucraina, ritengo sconveniente combattere militarmente contro il prepotente nemico russo che bombarda l’Ucraina. Oggi mezza Ucraina è distrutta. E allora chiedo: non sarebbe stato meglio (e ancora oggi sarebbe meglio) concedere qualcosa dell’integrità territoriale, rinunciare all’ingresso nella Nato, accettare di essere uno stato neutrale, magari smilitarizzato?

Clicca qui l’intervento  del presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione branca italiana dell’IFOR (International Fellowship of Reconciliation)

Tra i pacifisti ci sono anche i nonviolenti.

Il Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera:

“Alle competenti magistrature affinchè intervengano  per quanto di competenza. Esposto contro la decisione del governo italiano di inviare armi in Ucraina, così contribuendo alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, in flagrante violazione dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Una decisione incostituzionale ed assassina. La decisione del governo italiano di inviare armi in un paese in cui una guerra è in corso, armando una delle parti belligeranti (la parte aggredita che legittimamente resiste all’invasione ma che ha commesso l’errore di aver scelto una sanguinosa resistenza armata anzichè una resistenza nonviolenta che sola avrebbe potuto essere efficace e vittoriosa, ed avrebbe salvato innumerevoli vite ed impedito immani distruzioni) è immorale e illegale. Tale sciagurata decisione contribuendo alla guerra, rendendo quindi lo stato italiano effettivamente partecipe della guerra e delle uccisioni di cui essa consiste, invece di adoperarsi per la pace e per salvare le vite che la guerra minaccia e distrugge, costituisce una flagrante violazione dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Sia chiaro una volta per tutte: soccorrere le vittime è un dovere, provocare ulteriori uccisioni è un crimine. Inviando armi l’Italia non salva le vite, contribuisce alle stragi ed estende la guerra, una guerra che può facilmente diventare un conflitto mondiale che potrebbe porre fine all’umanità, come ha più volte denunciato in queste settimane la voce tanto autorevole quanto inascoltata del pontefice cattolico.

(continua)

Leopoli come Sarajevo trent’anni fa.

Parte dall’Italia per concludersi il 2 aprile, con destinazione Leopoli, la più grande manifestazione di solidarietà e impegno per la pace in Ucraina finora organizzata in Europa. Sullo sfondo, c’è un’idea a metà tra realtà e utopia: replicare in Ucraina quanto accadde a Sarajevo nel 1992, quando il popolo della pace marciò nella città assediata. Una grande carovana di veicoli – circa una sessantina tra furgoni, minivan e auto – provenienti da numerose città italiane varcherà la frontiera a Gorizia intraprendendo un lungo viaggio fino al confine polacco-ucraino per esprimere vicinanza alle vittime e invocare la mediazione politica per un cessate il fuoco immediato. A bordo del convoglio ci saranno oltre duecento esponenti della società civile non violenta in rappresentanza di decine di realtà della galassia del pacifismo e della nonviolenza che hanno aderito all’appello “Stop the war now” lanciato nelle settimane scorse dall’associazione Papa Giovanni XXIII. Nel gruppo ci sono organizzazioni cattoliche come i Beati costruttori di pace, Pax Christi, Comboniani, Focolari e la Pro civitate christiana di Assisi ma anche laiche come Cgil, Arci, Un ponte per, Libera e Gruppo Abele. Inizialmente era prevista anche la partecipazione di un gruppo di deputati e senatori del Parlamento italiano, ma poi non si è concretizzata.

La missione di pace porterà aiuti per la popolazione sotto forma di beni alimentari e materiali sanitari per un valore complessivo che si aggira intorno al milione di euro. Tutto raccolto grazie alle donazioni. I sessanta autoveicoli della carovana faranno ritorno in Italia domenica 3 aprile con a bordo più persone possibile: la capacità di carico è di circa trecento profughi, tra bambini, donne e anziani. In queste ore sono in corso trattative con gli ospedali della città per far uscire dal Paese bambini malati da affidare alle strutture sanitarie italiane. L’iniziativa non avrà soltanto un carattere umanitario: «Vogliamo far vedere l’altra faccia dell’Europa, quella che non crede nell’invio di armi e strumenti bellici ma vuole portare aiuti di altro genere ». La cosiddetta “diplomazia dei popoli” si rimette dunque in moto, proprio come fece esattamente trent’anni fa a Sarajevo, con la marcia dei cinquecento che raggiunse la città bosniaca sotto le bombe.