Mario Draghi, l’avvocato di Solvay, difende i Pfas e mette l’UE sull’attenti.

Solvay, sanno tutti, si avvale in Piemonte delle complicità delle istituzioni locali, dal Comune alla Regione passando per la Provincia, a tacere i parlamenti e governi. Chi ha frequentato le aule di tribunale sa che Solvay si avvale di due dei più eminenti legali italiani esperti di diritto penale ambientale, titolari di studi in diverse regioni, assistenti di cattedra, premiati dalle riviste specializzate come “leader di mercato” e “avvocato dell’anno”, direttore della più autorevole rivista on line; perciò a maggior ragione la multinazionale belga li ha ingaggiati da anni come consulenti di fiducia di tutti gli stabilimenti.  La formidabile coppia, Luca Santa Maria, l’avvocato malinconico, e Dario Bolognesi, l’avvocato sorridente, guarda con sufficienza ad Alessandria come tribunale di periferia, contando sullo stato di soggezione dei giudici al colosso. E infatti i limiti del blando capo di imputazione dell’imminente processo (il secondo) lo testimoniano. Al punto che sta riflettendo con lham Kadri, presidente di  Syensqo Solvay, e con Marco Apostolo, country manager, se gli è conveniente chiedere lo spostamento del processo da Alessandria.
Ma, in aggiunta a tutti questi avvocati diretti e indiretti, ora Solvay ha messo in campo nientepopodimeno che Mario Draghi. Nessuno può stupirsi: Draghi è da sempre l’uomo della finanza e della industria, da inserire nei posti di comando, nella Banca centrale europea e nel governo eccetera. L’avvocatura di Draghi per inserire i Pfas nel suo report europeo è però segno che Solvay si sente in difficoltà. Infatti, la totalità dell’opinione pubblica italiana, comitati e associazioni, centri universitari, Arpe regionali, politici, giornali, chiede la chiusura delle produzioni Solvay di Spinetta Marengo e il divieto dei Pfas nell’uso di una sterminata pletora di prodotti industriali e di largo consumo.
 
Infatti, nel contempo, Danimarca, GermaniaPaesi Bassi, Norvegia Svezia stanno spingendo per mettere al bando in Europa la produzione e l’utilizzo dei Pfas. Che sono indiscutibilmente tossici e cancerogeni per l’uomo e l’ambiente, come sancisce la letteratura scientifica internazionale, come ha dimostrato l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC. Ma di questi, non frega nulla a Draghi per dichiararsi contrario alla messa al bando dei Pfas in Europa: la competitività viene prima della salute (che a lui auguriamo di tutto cuore), si tratti di amianto o di Pfas, ovvero di 4,4 milioni di tonnellate di Pfas nell’ambiente nei prossimi trent’anni.
 
Non stupisce, data la natura dell’uomo,  che Draghi sentenzi: “Un possibile divieto imminente di una serie di sostanze pfas avrebbe un impatto sull’uso di sostanze necessarie per la produzione di tecnologie pulite (batterie, elettrolizzatori e refrigeranti per pompe di calore) per le quali attualmente non esistono alternative”. Draghi, che di chimica pulita si intende ancor meno di economia pulita, si riferisce in particolare all’ultima creatura Pfas di Solvay, l’Aquivion,  impianto da poco inaugurato a Spinetta Marengo -con i soldi dei contribuenti italiani- da Giorgia Meloni (che così spaccia il made in Italy) e da Alberto Cirio presidente Regione Piemonte (che li ha sottratti ai monitoraggi del sangue della popolazione). Draghi, che come Santa Maria e Bolognesi, non ambisce ad una cattedra di etica e morale, replica che ha la coscienza a posto: non è pagato per occuparsi di salute (non l’ha fatto neppure da premier per il covid) bensì della competizione nei confronti della Cina dove ci sono meno rischi di restrizioni alle produzioni Pfas,  bensì, insomma,  del profitto di Solvay.
 
A Draghi, che non sa leggere le indagini epidemiologiche (eccessi di tumori, malattie della tiroide, disfunzione immunitaria e interferenza ormonale ecc.), basta appiccicare ad Aquivion l’etichetta “ad uso idrogeno verde”, riempirsi falsamente  la bocca con “transizione energetica” “energie pulite”, per serrare entrambi gli occhi sui quotidiani scarichi nell’atmosfera alessandrina, sulle ondate di Pfas nel fiume Bormida (fino al Po) e nelle falde acquifere, mentre chiudono pozzi privati e acquedotti pubblici, mentre qualunque cittadino, del sobborgo di Spinetta Marengo o del comune o della provincia di Alessandria, quando sottoposto a prelievo, rivela nel sangue presenze criminali di sostanze tossiche e cancerogene.
 
Per rallentare all’infinito le produzioni, Solvay si è affidata al miglior avvocato difensore europeo, e se Draghi chiama la Commissione Europea risponde sull’attenti: la “stretta” sui Pfas sarà la più “larga” possibile (18 mesi, anche 5 anni)  per divieti a uso abbigliamento o imballaggio o alimentare ecc., e “larghissima” per  batterie, elettrolizzatori e refrigeranti.

La faccia di Riboldi è di tolla, non d’acciaio inossidabile come quella di Draghi.

Cum  maior minor cessat. Quando c’è un difensore europeo così rilevante come Mario Draghi, un oscuro assessore alla sanità piemontese decade. Ma può sempre essere utile come imbonitore a livello locale. Così la pensava Solvay quando ha mandato Federico Riboldi in assemblea ad Alessandria. E invece, pur spalleggiato da sodali di Provincia, Asl, Arpa e Università, è stato un flop. Piangere miseria quando si tratta di investimenti sulla salute non commuove una popolazione falcidiata da morti e malati. Della quale ci si ricorda, tirati per il collo, appena  nel 2022 con 340.000 euro assegnati all’Asl per un micro biomonitoraggio (120 persone) dell’area di Spinetta Marengo. Puoi essere credibile ad annunciare un obolo di “719.000 euro che permetteranno all’Asl AL di realizzare tra il 2024 e il 2026 un progetto strategico che prevede l’aumento delle attività di salute, ambiente, biodiversità e clima, il rilancio della rete di medicina del lavoro e la ricerca attiva delle malattie professionali”? E meno male che Riboldi aveva annunciato “sono qui a metterci la faccia”. In effetti se l’ha rimessa (risate nell’auditorium quando ha definito il progetto “strategico”, anglicizzato perfino come “task force”).
 
Con quella futuribile elemosina, “cominceremo il nuovo biomonitoraggio non appena avverranno i primi prelievi per concluderlo entro 36 mesi, se possibile anche prima”, Riboldi cercava di soddisfare il mandato che Solvay gli aveva affidato: imbonire gli animi esacerbati della popolazione, prendere tempo, per favorire la dilazione dei i tempi strategici di Solvay, quegli anni che a Solvay servono per continuare a produrre Pfas senza pagare lo scotto di chiusure premature  e processi. E invece i Comitati gli hanno sbattuto in faccia: “Sai benissimo, come lo sanno bene tutte le istituzioni: da quello stabilimento, con impianti datati e ridotti a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida.” A maggior ragione dopo aver ascoltato Riboldi,  “Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Insomma, non è concepibile  un assessore che, ancora nel 2024, non ritenga inconcepibile che persista in pieno centro abitato questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale. Che lo stesso assessore senza pudore paragona  -per dolo- alla Eternit di Casale Monferrato. Ma che aspetta Godot (il governo) come ogni buon Ponzio Pilato che si rispetti.

Draghi, uno dei vari premier che hanno impedito una legge sui Pfas in Italia.

Mentre per Mario Draghi è impossibile sostituire i Pfas tossici e cancerogeni nel percorso di transizione ecologica a causa delle implicazioni economiche, invece per noi è possibile anzi necessario eliminare e sostituite questo gruppo di sostanze chimiche pericolose per la salute e conosciute come ‘inquinanti eterni’. Infatti Greenpeace Italia prosegue il suo lavoro d’indagine sulla presenza dei Pfas nelle acque potabili. Partirà dalla Toscana il prossimo 23 settembre la spedizione “Acque senza veleni” che, per cinque settimane, toccherà 220 città in tutte le regioni italiane per raccogliere campioni di acqua potabile alla ricerca di Pfas. L’obiettivo dell’organizzazione ambientalista è realizzare la prima mappatura indipendente della contaminazione a livello nazionale. Oltre a quelle già note sollevate proprio dalle inchieste di Greenpeace, per esempio in Lombardia e in Piemonte, identificare cioè nuove aree colpite nel disinteresse di molte Regioni.  (Leggi l’approfondimento)”.
 
La direttiva comunitaria 2184/2020 in Italia entrerà in vigore solo da gennaio 2026 e con un limite di 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole, molto più alto rispetto a quelli che molti Paesi si sono già imposti autonomamente. In Italia, invece, manca una legge nazionale che possa almeno limitare la presenza di Pfas nelle acque potabili. Una proposta di  legge nazionale (DDL CRUCIOLI) che ne vieti l’uso e la produzione giace da anni in Parlamento.

Consigliare a Draghi la consultazione delle quasi mille pagine dei due volumi del dossier “Pfas.Basta!” (disponibile a chi ne fa richiesta), come se egli fosse semplicemente disinformato e superficiale, è come offendere la sua malefica intelligenza.

Il Piano di emergenza energetica e climatica

All’assemblea annuale di “Elettricità Futura” il ramo di Confindustria che rappresenta il gotha delle imprese elettriche italiane, proposto dal Gruppo scientifico “Energia per L’Italia”, clicca qui, se attivato da subito e fino al 2030, vuole  eliminare l’attuale dipendenza grave dell’Italia dalle fonti fossili russe:

“3,5 milioni di case coibentate e senza più caldaie, 3 milioni di nuove auto elettriche a batteria al posto di altrettante a petrolio, e il raddoppio della quota di corrente elettrica attualmente prodotta da fonti rinnovabili. Questa trasformazione radicale andrebbe anche a cancellare almeno 27,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica ogni anno, dando un contributo sostanziale e stabile agli obiettivi climatici nazionali e internazionali”.

Quello proposto dal governo:

Se Draghi non interviene, Cingolani ci lascia in mezzo al guano.

Cingolani  ha parlato chiaro ed evidenziato che tutti i suoi detti e non detti del passato sono riconducibili ad un Ministro che sta alle politiche per l’ambiente come la volpe nel pollaio. E’ chiaro perché da quando è in carica ha parlato molto, spesso a sproposito e in modo ondivago, ma ha combinato ben poco, basta pensare che le semplificazioni proposte dopo ben due decreti legge hanno lasciato la situazione praticamente immutata. Insistiamo. Draghi deve intervenire per superare la confusione e l’inazione  del Ministro, altrimenti diventerebbero privi di effetti gli appelli in sede internazionale – anche recentissimi – affinché le crisi incombenti (energia/grano) causate dall’invasione dell’Ucraina non facciano passare in secondo piano la gravissima crisi climatica. Draghi convochi al più presto una conferenza nazionale per presentare al paese le proposte del Governo italiano per un nuovo piano energia/clima all’altezza delle sfide attuali e degli obiettivi UE, da costruire in un confronto con tutti i soggetti interessati. Clicca qui.

Si spieghi al Papa come si fa a fare il Papa e anche ai Re Magi quali sono i doni.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz porta l’oro degli aiuti per la ricostruzione – ma Zelensky vorrebbe “armi pesanti e moderne” –; il premier italiano Mario Draghi l’incenso tutto fumo del “sì all’adesione all’Ue”; il presidente francese Emmanuel Macron la mirra amara dell’incitamento a “negoziare”. Questi doni non soddisfano il figlio dello spirito santo Joe Biden che invece indica la stella cometa dell’Occidente in tutt’altra direzione: verso la “lunga guerra” che “restituirà all’Ucraina l’integrità territoriale e certamente fiaccherà la Russia”. Il vice re erode  Medvedev   li sbeffeggia come “mangiarane, wurstel e spaghetti” e avanza nel Donbass “da nove fronti diversi”. I tre re magi europei tornano annunciando il prossimo “razionamento del gas”, mentre le Borse vanno su e giù, e l’inflazione solo su.

I re magi sarebbero stati completamente scomunicati se fossero prima passati in Vaticano da papa Francesco. Contro le cui prese di posizione (clicca qui il nostro articolo  Stiamo vivendo la terza guerra mondiale.): apriti cielo, un trust di cervelli giornalistici si era già scatenato a dargli lezioni di papismo. Giancarlo Loquenzi “Ma se il Papa non distingue tra buoni e cattivi… e si adatta alla accidiosa tiritera ‘è tutto più complesso’ che pastore d’anime è?”, “Che il Papa si metta a fare l’analista geopolitico mette tristezza. Andrebbe meglio consigliato”. Mario Lavia “Non ci sono buoni e cattivi? Ma che dice il Papa?”. Claudio Velardi “Si può parlare – da un soglio tanto alto – con tale irresponsabilità? Che siamo, al bar sotto casa?”. Claudio Cerasa  “Era meglio quando i Papi non parlavano”. Mattia Feltri “La sua opinione è inutile e infantile”. E a spiegare al Papa come fare il Papa non poteva mancare il leader della corrente pacifista di Lotta Continua nonchè condannato a 22 anni quale mandante dell’omicidio di Luigi Calabresi, Adriano Sofri: “Armi, armi e ancora armi. Ecco cosa manca oggi in Ucraina. Prima lo capisce  Francesco e meglio è per lui

Spezzeremo le reni.

“Spezzeremo le reni alla Grecia”  è un celebre slogan fascista in un discorso pronunciato da Benito Mussolini a Piazza Venezia il 18 novembre 1940, ma già usato  “Spezzeremo le reni al Negus” nel 1935 per la guerra d’Etiopia. Si risolsero in clamorosi flop. In altra forma ma nella stessa sostanza “Spezzeremo le reni alla Russia” è stato usato da Mario Draghi esaltando le sanzioni e l’aumento della spesa militare per l’invio di armi. Mi sa che in questo ennesimo flop le reni  si spezzano all’economia dell’Italia e non alla Russia.  Infatti, a quanto scrive il Corriere della sera (https://www.affaritaliani.it/esteri/biden-contro-zelensky-von-ci-credeva-boom-export-per-putin-scandalo-ocse-800628.html ), “Solo nei primi quattro mesi dell’anno le entrate del bilancio russo aumentano del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dell’equivalente di 43,8 miliardi di euro (il 3,3% del prodotto lordo del Paese). Nei primi quattro mesi del 2022 l’export di petrolio e gas cresce del 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con un balzo sul 2021 equivalente a 27 miliardi di euro. Se Mosca riuscisse a mantenere lo stesso ritmo durante tutto il bilancio in corso — ipotesi non irrealistica, dato l’impatto ritardato delle sanzioni europee sul petroli — le entrate in più basterebbero a finanziare quasi tutta la spesa militare e dell’apparato repressivo da circa 100 miliardi di euro per il 2023. Anche nel caso di un embargo totale di tutti i Paesi del mondo sull’energia russa dal gennaio prossimo”.

Contro Draghi a Taranto insorge il Comitato per la salute e l’ambiente.

Draghi rivuole la grande Ilva: “Il governo intende riportare l’Ilva a quello che era quando era competitiva, era la più grande acciaieria d’Europa, non possiamo permetterci che non produca ai livelli a cui è capace di fare, a cui produce anche oggi”. Evidentemente Draghi non ha neppure sfogliato il Rapporto di valutazione di impatto sanitario dell’acciaieria di Taranto, condotto dall’Organizzazione mondiale della sanità su richiesta della Regione Puglia. L’Oms ha calcolato, infatti, che la grande Ilva che Mario Draghi ancora sogna e auspica ha avuto un impatto devastante: fra le 27 e le 43 morti premature ogni anno a causa delle sue emissioni. Il premier ignora che sono nati 600 bambini con malformazioni congenite, tra il 2002 e il 2015. Inoltre la Valutazione danno sanitario fornisce una previsione di rischio sanitario inaccettabile non solo a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio, ma anche a 6 milioni di tonnellate/anno allo stato delle attuali tecnologie. E persino scendendo a 4,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio il rischio sanitario viene valutato come inaccettabile nell’ambito dello studio Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario. Clicca qui il comunicato stampa del Comitato.

Boom di spese belliche dopo l’Ucraina.

Il governo di  Mario Draghi ha annunciato che il budget militare verrà portato al 2% del Pil entro il 2028. Secondo le stime dell’Osservatorio Milex sulla spesa militare (che differiscono parzialmente da quelle del ministero della Difesa), si passerà dai 25,8 miliardi di euro spesi attualmente a 38 miliardi di euro, con un aumento di oltre 2 miliardi all’anno. Vedi questa e le altre tabelle all’interno della Mappa della spesa militare nel mondo pubblicata da Il Fatto Quotidiano: clicca qui.

Draghi rimpinza di soldi la Russia.

E fa tirare la cinghia all’Italia. Il grande banchiere esalta ancora le sanzioni e l’invio di armi. Non vuole  ammettere che, se lo scopo originario dei provvedimenti dell’occidente era quello di far collassare l’economia russa e determinare un cambiamento al vertice, magari alimentando un colpo di Stato, non si può che considerarli un fallimento.  I russi non potranno più mangiare hamburger sotto l’insegna di McDonald’s o bersi un caffè da Starbucks, però contro Putin non solo non si stanno raggiungendo gli obiettivi politici  ma l’economia russa  sembra ben lontana dal collasso,  anche se nessuno può affermare che uscirà  rafforzata (d’altronde quale Paese, a parte gli USA, può affermarlo?). Clicca qui una analisi di Francesco Lenzi.

Continua la lotta contro il Disegno di Legge sulla Concorrenza e il Mercato.

La lotta ha coinvolto in questi mesi centinaia di realtà associative e di movimento, sindacali e politiche. Ha prodotto mobilitazioni sociali nei territori, ed è riuscita a far schierare quattro Consigli Regionali, tutti i Consigli Comunali delle più grandi città e diverse decine di Comuni medi e piccoli. Una mobilitazione diffusa e incisiva, capace di portare a casa un primo importantissimo risultato: sull’obbligo di privatizzazione dei servizi pubblici locali il governo Draghi è stato costretto a fare marcia indietro e il testo definitivo non contiene più tutti i vergognosi vincoli alla possibilità per i Comuni di autoprodurre i servizi pubblici per la propria comunità di riferimento. Un risultato che non modifica la nostra critica alla filosofia mercatista e liberista a cui s’ispira il Ddl  Concorrenza, che, in linea con le scelte di fondo di questo Governo, negli altri settori rilancia con forza liberalizzazioni e privatizzazioni. Per questo, mentre il Senato vota il Ddl Concorrenza, saremo ancora una volta in piazza. Per dire che è radicalmente altra la strada da seguire, e passa per la tutela e la riappropriazione sociale dell’acqua, dei beni comuni e dei servizi pubblici come fondamenta del progetto di un’altra società.

Marco Travaglio propone Mario Draghi come Premio Attila.

Clicca qui le motivazioni. Proposta non ammissibile per due ragioni: è in anticipo rispetto al momento delle votazioni della primavera 2023 e soprattutto, secondo il Regolamento, il premio non può essere assegnato per due anni consecutivi. Come anticipo per gli anni successivi però, è molto probabile dato che governa senza aver mai preso un voto, tanto meno dalla prossima maggioranza di astenuti.   

Draghi eroe di guerra col sangue degli altri.

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI  di Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”.

“Quel poco di buono che sta facendo in materia di aiuto umanitario è di gran lunga sopraffatto da quel tanto di folle e scellerato che sta facendo in favore della prosecuzione e dell’estensione della guerra”. “La folle e criminale decisione di inviare armi in Ucraina, in flagrante violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione, fa entrare l’Italia sia de jure che de facto nella guerra in corso, così accrescendola ed estendendola, così contribuendo a nuove uccisioni e nuove devastazioni, così cooperando a provocare nuove stragi , nuovi orrori e nuove indicibili sofferenze alla popolazione ucraina già così crudelmente martoriata”. “L’irragionevole e sciagurata decisione delle cosiddette ‘sanzioni’ non solo non ha fermato la guerra, non solo non ha inceppato la macchina delle stragi, non solo non ha dissuaso il governo russo dal perseverare nella sua furia onnicida, ma ha invece imposto nuove sofferenze e ulteriore povertà alle classi popolari, alle persone e alle famiglie già più sfruttate, rapinate, emarginate ed oppresse del nostro stesso Paese.” “Sembra che il governo non si renda conto della sofferenza e della povertà di milioni e milioni di italiane ed italiani che queste decisioni stanno precipitando in ulteriori sofferenze, ulteriore impoverimento, ulteriore paura, umiliazione ed angoscia.” “Nulla aggiungo sull’insensatezza del riarmo; sulla delittuosità dell’aumento delle spese militari quando invece il nostro paese ha estremo bisogno di incrementare le spese sociali; sull’abissale stoltezza di scelte energetiche che contribuiscono all’avvelenamento e alla desertificazione della biosfera”. Esiste l’alternativa nonviolenta alla guerra… (continua)

A chi se la prende con i pacifisti colpevoli di non tifare per la guerra.

Su  Tera e Aqua clicca qui alcune risposte

A chi la definisce “novecentesca” per rassicurarsi che rimarrà nei confini di una guerra territoriale.

A chi dice che i pacifisti se ne fregano delle vittime.

A chi ci dice che bisogna sostenere l’esercito ucraino con nuove armi sempre più letali.

A chi ci dice che il nostro è un pacifismo da divano.

A chi chiede a noi “e adesso cosa fareste se foste in Ucraina?”.  

Tera e Aqua è  un bimestrale dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, aderente al Forum Veneto Ambiente, Salute e Solidarietà

Né con la Russia né con la Nato. Fuori l’Italia dalla Nato. Fuori la Nato dall’Italia.

Clicca qui la mappa aggiornata in tempo reale di tutte le manifestazioni organizzate in Italia il 26 febbraio per la pace in Ucraina.

La posizione (dell’Italia e) dell’Europa non può essere semplicemente quella simboleggiata in questa foto. Non può essere cioè di facile allineamento agli Usa, bensì di assumere finalmente il ruolo che le compete nello scacchiere mondiale, che in questo momento dovrebbe essere quello di trattare, mediare, fra le fazioni in guerra.  Non può essere quello di giocare a fare i “buoni” titolati a dare lezioni ai “cattivi” russi, visto che Usa e Ue si sono macchiati di guerre illegali e criminali (peggio ancora se avallate dall’Onu) in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Somalia e via bombardando.

Infatti l’attacco criminale di Putin all’Ucraina è un post scriptum degli imperialismi del XX secolo. Putin parla a nome di un popolo che non dimentica nulla, tantomeno la sua vocazione nazionalista ancora frustrata dal crollo dell’Urss e dalle irresponsabili provocazioni dell’Occidente che ha fatto di tutto per umiliarlo, violando l’impegno di non allargare la Nato a Est; Biden a nome  a un popolo che non ricorda quasi nulla, salvo i tributi di sangue pagati a far guerre in giro per il mondo, perdendole drasticamente tutte dal 1945.  Noi, cittadini della cosiddetta Europa, pagheremo il solito tributo di soldi per conto terzi, passando da uno stato d’emergenza (sanitario) a un altro (bellico), a tacere del sanguinoso tributo umano delle popolazioni ucraine, indipendentiste e russe, nonché dei profughi di entrambe le parti (che respingeremo come sempre).

L’Europa resterà il vaso di coccio fra due potenze che si rafforzano a scapito nostro, perché l’Europa politica e militare non è mai nata per non dispiacere al residuato bellico della Nato (a 31 anni dalla fine del Patto di Varsavia), con alleati indecenti come la Turchia (impegnata a sterminare i curdi nel silenzio degli atlantisti); vaso di coccio finché accetteremo che lo Zio Sam faccia casini in giro lasciandoci il conto da pagare, in termini di migranti (Libia e Afghanistan), terrorismo (Iraq), affari mancati (Cina) e bollette (Ucraina).

L’Italia in Europa continuerà a contare meno di niente se politica e giornalismo si accalcano a copiare da oltreoceano le invettive contro Putin  e a dare la caccia a chi è di più o di meno amico di Putin, sol perché i loro interessi sono  di misera bottega elettorale. Servirebbero, in Italia una forza politica e in Europa una nazione, che tengano una postura più terza e meno appiattita sugli Usa. Per ora non si intravvedono.

Non restano che i Movimenti pacifisti che, pur nel loro troppo variegato e purtroppo ininfluente arcipelago (meriterà aprire un franco dibattito al riguardo),  ripartendo dalla tragedia Ucraina devono  imporre in  discussione un programma di Pace e Nonviolenza. Uscita dell’Italia dalla Nato. Smantellamento degli arsenali atomici e loro allontanamento dal Paese. Drastica riduzione delle spese militari.  

Spese militari: Draghi vuole spendere di più.

L’Italia è molto attiva nel campo militare sia all’interno che all’estero con le sue 29 missioni in 20 paesi, compresi gli alpini in Ucraina. Attualmente la spesa annuale è di circa 27 miliardi di euro. Il  Bilancio previsionale per l’acquisto di nuovi sistemi d’arma segna un balzo del 73,6% negli ultimi tre anni.  È lampante che per “trovare i soldi” per questa enorme spesa militare, si deve tagliare da altre parti: sanita, scuola, trasporti pubblici.

Draghi di Comòdo e Draghi di còmodo.

Con l’accento sulla seconda  o, “kizawi” soffre una cattiva reputazione nell’isola indonesiana.  Con l’accento sulla prima o, “Mario” gode un incomparabile prestigio nella  penisola italiana. Draghi di còmodo per il Gruppo Eni che ha chiuso l’ultimo quadrimestre con un utile di 2 miliardi di euro (+ 3.870% sul 2020), segnando profitti per 4,7 miliardi per il 2021. Mentre famiglie e piccoli medi imprenditori sono in ginocchio per le bollette luce gas. Draghi di còmodo per gli Agnelli che, dopo aver incassato 10 miliardi fino al 2012, ritirano 3-4 miliardi in 8 anni, non pagano 2-3 miliardi per l’Exit Tax  del trasloco in Olanda, ma si accordano con il Fisco per 1 miliardino. Draghi di còmodo sempre per gli Agnelli (Stellantis): 370milioni per la gigafactory delle batterie  a Termoli, 1  miliardo l’anno di incentivi per auto elettriche. Draghi di còmodo per la famiglia Benetton (Premio Attila 2018) che, dopo aver macinato profitti stellari (9 miliardi)  tramite il grande manovratore Giovanni Castellucci lesinando manutenzione e sicurezza (43 morti sul ponte Morandi), ottiene una buonuscita di 2,5 miliardi e uno sconto sugli indennizzi alle Vittime. Eccetera.

Traduzione delle parole “ripresa” e “resilienza”.

Nel lessico di Draghi, per “ripresa” si intende il trittico ‘crescita-concorrenza-competitività’, sulla base del convincimento che sia il benessere delle imprese a determinare il benessere della società. Per “resilienza” si intende la rassegnazione richiesta alla popolazione, sulla base del convincimento che questo sia l’unico, se non il migliore, mondo possibile: dalla transizione ecologica alle politiche sul lavoro, dalla riforma del fisco alle scelte su sanità e scuola, dal Ddl Concorrenza sui servizi pubblici locali alle politiche di riarmo; insomma la perseveranza con la quale si cerca di mettere in campo una nuova fase di accumulazione di profitti. Continua qui.

L’agenda Mattarella? Stracciata da Draghi & Co.

Sperticati elogi al discorso d’insediamento del nuovo settennato del Capo dello Stato. Ma dai precari alla povertà alle disuguaglianze, quel che era stato fatto è stato picconato proprio dal governo “benedetto” dal Colle. Dei punti sollevati nel discorso, quelli che riguardano la politica economica mostrano infatti che “l’agenda” non è quasi mai esistita in passato e soprattutto che il governo Draghi ha finito per stracciare anche quel che era stato fatto in quella direzione in precedenza. Clicca qui Virginia Della Sala e Carlo Di Foggia: le distanze tra le parole e la realtà.

Ma di quale crescita sta parlando Draghi?

Quasi sei milioni di persone in povertà assoluta. Quasi 11 milioni gli italiani a rischio povertà. Un occupato su 10 è povero e 1 su 4 ha un basso salario. Di contro la ricchezza delle famiglie italiane durante la pandemia è aumentata, più 100 miliardi nel solo 2020, ricchezza netta pari a 8,7 volte il reddito disponibile, più di paesi come Canada, Germania, Regno Unito e Usa.

Però al 10% delle famiglie più ricche vanno più del 20% delle risorse distribuite (1,6 miliardi), nulla invece per gli ultimi tra gli ultimi, i più fragili, quelli con reddito inferiore alla no-tax area (8.150 euro), tra questi lavoratori che hanno pagato in modo feroce la crisi: donne, giovani, part-time involontari, intermittenti. Clicca qui Tommaso Faccio.

 

Ecco come Draghi usa i fondi del PNRR.

Bilancio Difesa 2022:  oltre 25 miliardi (+8,2), per nuove armi (+13,8%). Clicca qui. Mentre niente per la sanità né per la prevenzione e i controlli urgenti per la sicurezza sul lavoro e le malattie professionali o da contaminazioni tossiche, solo soldi per grandi opere, nulla alle  bonifiche del territorio sempre a rischio alluvioni e disastri.

Transizione ecologica: Greenpeace, Legambiente e WWF bocciano il primo anno di Draghi.

Chiude in negativo il bilancio sul concreto avvio della Transizione Ecologica del governo.  Sulle scelte relative allo sviluppo sostenibile e alle due principali emergenze globali in campo ambientale, il contrasto al cambiamento climatico e la perdita di biodiversitàDraghi non ha messo in campo politiche e linee di intervento coerenti con i principi  recentemente inseriti nella Carta Costituzionale e con gli obiettivi dell’European Green Deal, né ha aperto la strada a una trasformazione sistemica per coniugare ambiente e opportunità economiche. Fallita quella rivoluzione verde che era stata annunciata come una delle priorità del nostro Paese a partire dal PNRR. 

Conseguentemente, le associazioni chiedono:  revisione del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia Clima), versione aggiornata e definitiva del Piano Nazionale per l’Adattamento al Cambiamento ClimaticoStrategia Nazionale Biodiversità (SNB) al 2030 coerente alla Strategia Europea, Piano di Azione Nazionale per la gestione sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN),  Strategia nazionale per l’economia circolare richiesta dalla Commissione Europe. Clicca qui.

Può il governo del “Premio Attila” Draghi continuare a restare fermo sui Pfas?

Il nuovo dossier della Commissione parlamentare Ecomafie guidata dal deputato M5S Stefano Vignaroli è stato perentorio: “i Pfas sono una emergenza nazionale, serve legge urgente”. Per salvare la salute dei cittadini, è necessario che il governo finalmente si muova, fissi dei limiti chiari sulle matrici ambientali di queste sostanze forever chemicals  altamente dannose, limiti invocati anche  dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Ispra.

Clicca qui il video della relazione.

La situazione in Piemonte, denuncia la Commissione, preoccupa per l’inquinamento della provincia di Alessandria causato anche dallo sversamento senza limiti di PFAS nelle falde acquifere ad opera della multinazionale belga Solvay di Spinetta Marengogià condannata due anni fa dalla Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, reati peraltro reiterati e quindi oggetto di nuovo procedimento penale.

La situazione in Veneto, a sua volta,  è stata caratterizzata dalla presenza per decenni  in provincia di Vicenza della  multinazionale Mitsubishi-Enichem che ha  inquinato – indisturbata dal potere politico – le falde acquifere e provocato moltissime patologie, anche gravi, come tumori, malattie cerebrovascolari, diabete, Alzheimer, disfunzioni tiroidee. Infatti è in corso il procedimento penale.  Secondo la commissione Ecomafie, anche nel caso veneto la bonifica procede ad un ritmo troppo lento, certo non risolta dalle barriere filtranti.

Commissione Ecomafie: “Pfas emergenza nazionale, serve una legge del governo”.

È allarmante la relazione approvata dalla Commissione d’inchiesta Ecomafie sulla diffusione dei Pfas in Italia: sono un problema nazionale e vanno affrontati con una legge che ne vieti la diffusione nell’ambiente.

Le situazioni più critiche sul fronte di questo gravissimo inquinamento industriale si trovano in Veneto e in Piemonte, con decine di migliaia di persone avvelenate per decenni. In Veneto la Miteni di Trissino è chiusa mentre in Piemonte la Solvay di Spinetta Marengo produce e inquina a tutto spiano. Nelle aree attigue le due aziende, la contaminazione è ancora oggi fuori controllo. Lo conferma Arpav in Veneto, con picchi di Pfas rilevati anche a marzo 2021 nei piezometri di Trissino, lo conferma Arpa Piemonte che continua a rilevare cC6O4 nei terreni, nella falda e nell’atmosfera. Miteni e Solvay sono accomunate anche dal fatto di essere incriminate in due processi ad Alessandria e Vicenza.

Ma la Commissione ha accertato che la diffusione dei Pfas si riscontra in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle Regioni del Nord e nel bacino del Po, ma anche in Toscana e in Lazio, dove le Arpa sonnecchiano più che altrove.  

Il governo Draghi, e in particolare il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, se il loro mandato durerà oltre il voto per il Quirinale, dovranno mettere urgentemente mano a una materia su cui gli esecutivi Letta, Renzi, Gentiloni e i due Conte, hanno latitato.

Clicca qui Il Fatto Quotidiano.

Clicca qui L’Avvenire.

Premio Attila 2021 a Mario Draghi.

In centro classifica troviamo: Acciaierie d’Italia, Baerbock Annalena, Cuttica Gianfranco, Di Maio  Luigi, Salvini Matteo, Movimento Cinquestelle, Provincia di Alessandria, Regione Veneto, Sogin, Solvay, TELT, Tirreno Power, Beppe Grillo, Giovanni Toti, Luca Zaia, Giampaolo Bottacin, Legambiente Veneto, Tav Valsusa, W.T.E. Alcuni sono molto votati nel proprio territorio, perciò per il 2022 si può pensare a istituire anche Premi Attila a livelli provinciali e regionali.

Mario Draghi

Premio Attila 2021. Premio Ambiente e Premio Pace

Il più votato in assoluto è Mario Draghi. Il responso è che  Supermario  non merita né la presidenza del Consiglio né della Repubblica. Il suo governo infatti  è stato un fallimento, non si capirebbe perciò a quale titolo dovrebbe salire al Quirinale. Questo è il responso della votazione.  I primi che lo seguono  in graduatoria sono  tutti suoi ministri, a scalare: Roberto Cingolani, Patrizio Bianchi, Francesco Figliuolo, Roberto Speranza e Renato Brunetta.

Il “Governo dei migliori” il  “Governo dei miracoli” viaggia a tutto vapore verso il suo iceberg istituzionale di fine gennaio. Non c’è stato Il miracolo per il quale era stato messo sull’altare un anno fa, in  forma irrituale ed extraparlamentare cioè svincolato dalla ricerca del consenso democratico. Anzi. Avrebbe dovuto “risanare” il Paese dalla grande epidemia e insieme stabilizzare la società politica suturandone le fratture con l’esorcismo della Grande Coalizione, e ha fallito su entrambi i fronti. Oggi, nell’intrecciarsi del “liberi tutti” e della “caccia alle streghe” siamo nel pieno di un’ondata senza precedenti quantomeno per numero di contagi. E mai come ora le forze politiche appaiono divise tra loro e frantumate al proprio interno.

Il banchiere Mario Draghi per dieci, fatali, anni ha guidato la privatizzazione dei beni pubblici degli italiani: servendo, tra gli altri, due governi Amato, due Berlusconi, uno D’Alema. Il risultato non è stata una

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Al secondo posto Roberto Cingolani.

Il più votato in assoluto, dopo Draghi, è Roberto Cingolani. Nessuno ha capito perché Beppe Grillo ha indicato Cingolani come ministro della Transizione ecologica dando l’ok al governo Draghi, fatto sta che il ministro-scienziato-manager (in aspettativa) di Leonardo è riuscito a inimicarsi tutti, ambientalisti e 5Stelle. Al suo ministero regna il caos, la parte “green” del Pnrr disegna un transizione a misura delle grandi imprese (pubbliche) di cui ha ripreso i progetti e a cui ha sveltito l’iter autorizzativo. Il, per così dire, Cingolani-pensiero è stato perfino peggio: pasdaran del nucleare e la scelta degli “ambientalisti radical chic” come nemici giurati.

Il più grande equivoco del governo Draghi, l’equivoco verde: doveva essere il protagonista della svolta, la

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Al terzo posto Patrizio Bianchi

Patrizio Bianchi in un anno non è riuscito  a recuperare spazi e docenti per tenere in classe, distanziati, gli alunni. L’incaponimento del ministro dell’Istruzione nel voler riaprire la scuola il 10 gennaio dimostra soltanto totale mancanza di cognizione sulle dinamiche didattiche. Con i mezzi di trasporto stracolmi, con le aule affollate, senza distanziamento adeguato, senza sistemi di aerazione, si replica la situazione degli ultimi giorni di dicembre, prima della chiusura natalizia: i tanti contagi, quarantene e tamponi hanno determinato un caos tale per cui la didattica è rallentata fino quasi a fermarsi. Della sicurezza e della salute dei ragazzi, delle loro famiglie e di chi lavora nella scuola gli importa realmente?

Il 10 gennaio si torna in classe, in teoria. A nulla è valso l’appello  del presidente dell’Associazione nazionale

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Al quarto posto Francesco Paolo Figliuolo

Quando si presenta attorniato dai militari in uniforme, il Comm. Str. Gen. C. A. F. P. F.  diventa subito una macchietta in mimetica nazionale, pancia in dentro e petto in fuori. Militari in uniforme da combattimento: significa che sono in missione armata. Eppure  sta svolgendo un incarico civile per conto del governo italiano: dovrebbe  vestirsi con abiti civili. Ci si può vestire in uniforme da combattimento per andare a fare delle vaccinazioni? La scelta di vestirsi in quel modo vuole comunicare qualcosa. Ed è un qualcosa che non piace. Perché sopra di lui c’è un generalissimo.

Quando inizia il passaggio delle consegne, dalle mani di Domenico Arcuri alle sue, il generale Francesco

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Al quinto posto Roberto Speranza

Speranza è la foglia di fico con cui Draghi si copre con la mano sinistra. E’ considerato uno dei membri più in vista della sinistra italiana e, a sfatare il detto che a sinistra ormai si trovano soltanto piccoli lavoretti a tempo determinato,  è invece  il ministro più longevo: da quasi quattro anni  ministro della salute, dottore, non in medicina ma con 110 e lode in scienze politiche,  anzi con un successivo dottorato di ricerca in storia dell’Europa mediterranea, poi a Londra per iscriversi alla London School of Economics.

Da Ministro della Salute, Roberto Speranza affronta l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19, è quello che in televisione ci mette la faccia.  Durante la pandemia ha scritto un libro intitolato “Perché guariremo“, che al momento dell’uscita è stato ritirato dalle librerie in concomitanza di un aumento generalizzato dei contagi. Sostiene da sempre la necessità di una riforma del Servizio Sanitario Nazionale

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Al sesto posto Renato Brunetta

Si rischia di non colpirlo, Brunetta, se si spara ad altezza d’uomo. Meglio dunque evitare la satira in quanto c’è chi indica addirittura Renato Brunetta a sostituire Draghi come primo ministro.

Solo un fannullone ministro della Funzione Pubblica, proprio mentre i contagi esplodono, può licenziare  una circolare supercazzola sullo smart working che recita testualmente: “Ogni amministrazione può

(continua cliccando qui da pagina 16 a 20)

Il Premio Attila è nel suo genere dal 2004 la più alta onorificenza italiana che incorona vincitori i nostri figli peggiori: industriali, politici, amministratori che nel corso dell’anno si sono particolarmente distinti a danno dell’ambiente, della salute e della pace.  La “Rassegna dei Premi Attila dal 2004”  (pagine 140) è esaurito in stampa ma disponibile on line a chi ne fa richiesta a movimentolotta.maccacaro@gmail.com  

Aiutaci a fermare Draghi.

Il Governo Draghi vuole aprire una nuova stagione di privatizzazioni nonostante il chiaro insegnamento della pandemia. Il Disegno di Legge per la #concorrenza, di cui si sta avviando la discussione al Senato, punta a rilanciare la cessione ai privati di tutti i servizi pubblici locali, acqua compresa.
L’art. 6 di questo provvedimento rischia di mettere una pietra tombale sull’esito referendario del 2011 cancellando la volontà popolare.  Aiutaci a fermarlo!

Firma anche tu la petizione

STOP al DDL Concorrenza, NO alle privatizzazioni. Per l’acqua pubblica e i beni comuni

Salvini vuole inaugurare una nuova stagione dell’atomo in Italia. Il sondaggio dice che…

In vista del Referendum annunciato da Salvini per reintrodurre le centrali nucleari in Italia, abbiamo anticipato la mappa dei territori che il futuro governo di centrodestra  proporrebbe  papabili ad ospitarle.

Matteo Salvini riteneva  che il suo referendum avrebbe vinto a mani basse, a differenza di quelli antinucleari del 1987 e del 2011. Abbiamo così promosso un sondaggio per verificare quali popolazioni siano maggiormente entusiaste ad accogliere le nuove centrali e il deposito nazionale delle scorie radioattive vecchie e nuove. Ebbene, ad oggi, dalle comunità locali non ci è pervenuta nessuna autocandidatura, neppure una (solo insulti). Il leader leghista allora si impegnerà in un lungo tour regione per regione per convincere una anzi più cittadinanze che non dobbiamo perdere l’occasione dei miliardi europei che pioverebbero dall’inclusione del nucleare (e del gas fossile) nell’elenco degli investimenti sostenibili, la cosiddetta “tassonomia UE” appena proposta. In questa campagna nazionale, che promette anche il taglio delle bollette fra dieci anni, si è offerto di accompagnarlo il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, che, con l’autorevolezza che gli deriva da Mario Draghi, da tempo sostiene  nucleare  e gas fossile come soluzione alla crisi climatica.

Il capogruppo della Lega onorevole Riccardo Molinari che, in coppia con Federico Fornaro l’altrettanto capogruppo LeU peraltro ex fervente nuclearista, sta battendo il territorio alessandrino opponendosi all’ubicazione quivi del deposito scorie nazionale, nega ogni disaccordo col suo capitano spiegando di essere anche lui a favore delle centrali PURCHE’ distanti dal suo collegio elettorale.

Ponte Morandi, con Draghi siamo ancora un paese normale?

A proposito di “metodo Genova”,  con Autostrade per l’Italia, lo Stato rischia di perderci due volte perché dopo la tragedia del Ponte Morandi non solo si accinge a sborsare fior di miliardi alla Atlantia della famiglia Benetton per comprare la concessionaria prima che il processo faccia chiarezza sulle sue responsabilità nel crollo. Ma rischia pure di essere esposto al pagamento dei risarcimenti dovuti in caso di condanna della stessa. Lo scrive la Corte dei Conti al ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che aveva sottoposto alla magistratura contabile l’atto transattivo sottoscritto dal governo con Aspi per chiudere il contenzioso aperto dopo la tragedia, ricevendo come risposta una sonora bacchettata, per non dire una bocciatura. “Il crollo del Morandi avrebbe dovuto imporre allo Stato un rigore esemplare nel punire chi, per avidità, ha consentito quella tragedia. Invece siamo di fronte ad accordi poco trasparenti tra chi ha la responsabilità del crollo e lo Stato.” è il commento del senatore di Alternativa Mattia Crucioli “In un Paese normale, i vertici di un ministero che mente su una cosa come questa sarebbero costretti a dimettersi. Se poi mentissero per nascondere accordi lesivi per lo Stato, il loro operato sarebbe oggetto di attenzione da parte della magistratura. Vediamo se dopo la cura Draghi siamo ancora un Paese normale”. Clicca qui.

Il 4 dicembre è il No Draghi Day.

Sindacalismo di base e tante realtà sociali scenderanno in piazza per dire NO ai licenziamenti e alle privatizzazioni, per lottare contro le diseguaglianze, per lottare contro la precarietà e per la piena occupazione, per forti investimenti per scuola, sanità, trasporti, previdenza pubblica e casa, contro le spese militari e le missioni all’estero, a favore di una necessaria spesa sociale.
Clicca qui l’elenco delle città con i luoghi di ritrovo per le manifestazioni, e alcuni link con info e comunicati.

Cara Ursula Von Der Leyen.

Presidente della Commissione Europea, firma anche tu la petizione che si oppone al recovery plan del governo Draghi nel quale  viene spacciata per “economia circolare” la produzione di biogas e di bio-metano a partire dalla coltivazione e fermentazione di colture intensive (mais, sorgo, triticale) e di rifiuti organici differenziati per produrre “bio-metano sostenibile”.

Draghi all’assalto dei servizi pubblici locali.

Era atteso da tempo. Faceva parte delle stringenti “condizionalità” richieste dalla Commissione Europea per accedere ai fondi del Next Generation Eu. Era uno degli assi portanti per i quali Draghi è stato definito da Confindustria “l’uomo della necessità”. Era fortemente voluto dalle lobby finanziarie. Ed è arrivato il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato. Un nuovo bastimento carico di privatizzazioni. I media mainstream ancora una volta dirottano l’attenzione dalla sostanza del provvedimento, concentrata nell’art. 6: la privatizzazione dei servizi pubblici locali e la definitiva mutazione del ruolo dei Comuni. Continua qui.

Draghi va avanti sulla strada dell’Autonomia Differenziata.

il governo ha inserito nella NADEF (Nota di aggiornamento al DEF Documento Economia Finanze) un DDL per l’attuazione dell’Autonomia Differenziata. La materia inserita addirittura nel Collegato la si sottrae a qualunque dibattito reale nel Paese e alla possibilità di sottoporla poi eventualmente a referendum. In una situazione del Paese che ha visto e vede i disastri della prima regionalizzazione nella sanità, ai quali si è sommata l’incapacità delle Regioni ad assicurare sicurezza nelle scuole e nei trasporti; in una situazione che vede aumentare ogni giorno di più le diseguaglianze tra i territori e all’interno dei territori stessi, dal nord al sud del Paese. Clicca qui la Mozione L’Assemblea Nazionale dei Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti.

Draghi decide dove costruire il Deposito nazionale delle scorie nucleari.

Per decidere il sito del  futuro Deposito nazionale delle scorie nucleari, Sogin (la società pubblica per lo smantellamento degli impianti nucleari) aveva annunciato l’avvio del  Seminario nazionale previsto nel processo di consultazione pubblica per la realizzazione dell’impianto (legge 31 del 2010). Dovrebbe aver discusso le osservazioni (di enti locali, aziende, associazioni e cittadini) arrivate dai territori dove -secondo la Cnapi del 5 gennaio scorso, la Carta delle aree potenzialmente idonee- dovrebbe sorgere il Deposito: 67 siti in 7 regioni, Piemonte, Toscana, Lazio, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Dovrebbe essersi tenuto un webinar con manager Sogin, esperti e operatori stranieri. Dovrebbero essersi tenuti incontri nelle regioni coinvolte.

Sogin aveva annunciato che il  Seminario si conclude il 24 novembre, dunque fra pochi giorni, in modo che  il 15 dicembre siano pubblicati gli atti finali. Dunque, sulla base dei lavori del Seminario, la Sogin ha già pronta a Carta definitiva delle aree idonee per il deposito, la Cnai. In base a questa, spetta al governo individuare il sito definitivo. Tale Carta dovrebbe già essere nelle mani dei ministri di Mario Draghi. Se ne sta discutendo?

Dentro il consiglio dei ministri, le posizioni sul nucleare sono sufficientemente contrapposte. Il  ministro per la Transizione ecologica Cingolani con le sue dichiarazioni (a parte gli insulti agli ecopacifisti) non ha trovato di meglio che contraddire il risultato dei referendum popolari del 1987 e del 2011. Il “nuovo nucleare” riacceso da Stefano Cingolani – fissione e mini-reattori di ultima generazione  (Smr, Small Modular Reactors) – non dispiace a Matteo Salvini tentato dalla lobby degli interessi del nucleare e della conservazione nel campo delle politiche innovative nell’ambiente e nell’energia.

Di opposto avviso dovrebbe essere il Movimento Cinque Stelle. Il condizionale è d’obbligo, anche se le posizioni di Beppe Grillo sono chiare. Si veda a proposito il libro “Storia del nucleare” di Lino Balza (disponibile a chi ne fa richiesta). Vero è che Cingolani è stato voluto da Grillo, ma pregnante resta il ruolo decisivo che il fondatore M5S svolse a sostegno delle lotte dei  Movimenti nel 2011, coadiuvati   dall’allora giovane avvocato Mattia Crucioli, oggi senatore.

Lino Balza. Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Sì, Draghi, ce l’aveva con te, ce l’abbiamo con te.

Back better, bla, bla, bla. Green economy, bla, bla, bla. Net zero, bla, bla, bla. Net zero entro il 2025. 2050, bla, bla, bla”: così Greta Thunberg demolisce  la politica contro il cambiamento climatico fin dai primi secondi del suo discorso alla conferenza Youth4Climate di Milano.

“Non ce l’aveva con me” ha detto Mario Draghi. Invece Greta Thunberg si stava rivolgendo proprio contro la politica, quella del bla bla bla, che era seduta al tavolo di presidenza,  la politica del governo Draghi. Le accuse di Greta sono passate da un orecchio all’altro del cosiddetto ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che con il suo “piano bla bla bla” la stava ascoltando. E che ha annuito ipocritamente come Draghi, ovviamente contestato dai giovani delegati “radical chic” arrivati a Milano da tutto il mondo per partecipare all’iniziativa «Youth4Climate», l’appuntamento che apre e anticipa la Pre-COP26, con cui le Nazioni Unite preparano il summit di Glasgow sul climate change il prossimo mese. Nelle orecchie ipocrite di Draghi sono scivolate le parole dell’ispiratrice del movimento Fridays for Future: ci invitate ai vostri summit ma annegate le nostre speranze, sentiamo solo parole, bla bla bla, non ci avete mai ascoltato, fate finta, stiamo andando velocemente nella direzione sbagliata, questo è un tradimento. Con le nostre lotte eco pacifiste, da loro definite radical chic, lo continuiamo a dire al governo e ripetiamo con Greta: ”Non possiamo permettere al potere di decidere cosa sia la speranza. La speranza non è un qualcosa di passivo, non è un bla bla bla. La speranza vuol dire la verità, vuol dire agire. E la speranza viene sempre dalla gente. Noi vogliamo giustizia climatica, e la vogliamo ora». Clicca qui l’intervento integrale di Greta Thunberg. Dal 30 settembre al 3 ottobre queste parole riecheggiano al corteo studentesco con dibattito, al Climate March e al Climate Camp e con l’assemblea conclusiva.

La paralisi del Governo sulle rinnovabili la paghiamo doppio.

In bolletta e con i disastri climatici. Il governo non vuole rinunciare al gas fossile, vuole  mantenere lo status quo o persino strizzare l’occhio al nucleare, all’idrogeno blu e ad altre “false soluzioni”, piuttosto che mettere in discussione gli  interessi delle aziende estrattive come l’Eni.  Questa non è transizione ecologica, è finzione ecologica. Firma qui la petizione.

Per Cingolani gli affari vengono prima della salute dei cittadini.

Per Salvini basta il commento di Vauro. Per Cingolani (che insulta gli ecopacifisti) serve qualche parola in più, indirizzata a Draghi: clicca qui l’Osservatorio sulla transizione ecologica-PNRR. Il presidente del Consiglio Draghi condivide le dichiarazioni del suo ministro per la Transizione ecologica? Il quale anziché dedicarsi anzitutto ai compiti per arrivare a mettere sotto controllo le emissioni climalteranti non trova di meglio che contraddire il risultato del referendum popolare del 2011 che ha bocciato con il 60% dei voti la proposta del governo Berlusconi di reintrodurre il nucleare civile. Per di più era il secondo referendum vinto dal No al nucleare civile, visto che il primo nel 1987 aveva portato alla chiusura di tutte le centrali esistenti in Italia. Se non lo fa Draghi,  spieghi  Grillo a Cingolani che non si va contro un doppio pronunciamento popolare ma che il suo compito  non è tenere bordone alla lobby degli interessi del nucleare e della conservazione nel campo delle politiche innovative nell’ambiente e nell’energia, bensì è dedicarsi seriamente alla transizione ecologica e all’attuazione del PNRR, cercando di seguire le linee della Commissione europea anziché scegliere il ruolo di frenatore e sabotatore.

Cingolani vende fumo. Il ministro e la lobby sono  fuori tempo.

Sostenere il nuovo nucleare – fissione e SMRs – Cingolani non tiene  ben chiaro in mente che servirà ancora qualche decennio perché possa contribuire alla decarbonizzazione. Nel frattempo le rinnovabili continuano la loro corsa e costituiscono una soluzione economica e di rapida implementazione per abbattere le emissioni: senza considerare il contributo dell’idroelettrico, nel 2019 hanno superato il nucleare per elettricità prodotta, raggiungendo in meno di 15 anni – il loro sviluppo su larga scala è iniziato verso il 2007 – quello che il nucleare ha ottenuto in 50. A Cingolani non risulta  quindi chiaro che  è necessario accelerare gli investimenti nelle rinnovabili: la decarbonizzazione non può aspettare. Clicca qui.

Il modello di transizione ecologica di Cingolani – Draghi (e Grillo?).

Il problema, per il ministro (grillino?), è che “il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e di ambientalisti oltranzisti, ideologici: sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati”. Altrimenti il suo modello è il Piano di ripresa scritto dal suo Ministero al quale spetta circa il 40% dei fondi del Recovery Fund. Tale piano, commenta Marco Palombi, non è altro che un copia-incolla, una non libera rielaborazione di progetti già presentati da grandi imprese a cui  viene assegnata una corsia velocissima per le autorizzazioni: la riconversione delle raffinerie per produrre carburanti (waste to fuel dell’Eni); lo stoccaggio di CO2 (sempre Eni a Ravenna); mega-impianti per rinnovabili in aree industriali (Enel); gasdotti ovunque  compresi i due per la Sardegna bocciati dall’Autorità per l’energia; i poteri sull’end of waste, cioè quali rifiuti smaltire e come, attribuiti alle Regioni (Confindustria Ambiente).

Cingolani e Draghi (e Grillo?) ritengono che la transizione energetica consista nel far pagare allo Stato gli investimenti in gas – che resta un fossile, anche travestito da idrogeno – di grandi aziende e affidarsi al laissez-faire paesaggistico e industriale, altrettanto sussidiato, quanto alle rinnovabili. Dunque gli inceneritori di rifiuti diventano opere strategiche per la transizione, si possono autorizzare un po’ di trivellazioni in mare o buttare lì che sul nucleare bisogna essere pragmatici, guardare ai numeri e alle tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante (mature fra 40 anni).

Gli eventi disastrosi confermano: altro che “Green Deal”, il Pnrr è un vero attacco all’ambiente.

Invece di puntare davvero alla transizione ecologica, il piano destina le risorse a progetti con fonti fossili e alle grandi opere, grazie agli “sblocca cantieri” modello Berlusconi. Per evitare che la “cascata di miliardi” si traduca in nuovi sfasci ambientali e sociali occorre (continua)

Gli ecopacifisti dalla parte di Grillo o di Conte? O di nessuno dei due?

Molta parte del movimento ecopacifista aveva posto fiducia elettorale nel Movimento Cinque Stelle. Ora, davanti ai suoi parlamentari, Beppe Grillo ha ammesso di averlo deluso. Dopo aver inventato due governi Conte di due colori opposti (ma nessuno ecopacifista), ha toccato il fondo dell’impotenza e della sudditanza   nell’ammucchiata del governo Draghi. Tutti gli organi di stampa ferocemente  restano da oltre 12 anni contro Grillo e da tre contro Giuseppe Conte; a favore di Conte ma contro Grillo c’è solo il Fatto Quotidiano. Eppure è innegabile che il Movimento inventato dal “visionario”, dopo che questi ha definito “ecologisti” tanto Mario Draghi che Roberto Cingolani, non solo è inchiodato alla metà del suo consenso originario, ma addirittura è sull’orlo della scissione. Non è chiaro se la rottura fra Grillo e Conte si fonda sulla presa di coscienza di Grillo che il governo Draghi è tutt’altro che il governo della “transizione ecologica”, e che dunque occorre uscire dalla maggioranza (tramite una mozione di sfiducia contro Cingolani) e infine ritornare prima della fine della legislatura ai principi fondativi (ecopacifismo, no due mandati, ecc. ). Oppure se il dissidio è solo una lotta di potere personale nel corso della  definitiva trasformazione di un Movimento rivoluzionario in un Partito tradizionale. La parola degli attivisti è spenta da tempo, mentre tra i parlamentari l’attaccamento alle poltrone spiega le scelte di governo, dal Conte 1 in avanti.

Vogliamo essere l’alternativa alle scelte del governo Draghi.

La costruzione della Società della Cura ha coinvolto, in  un inedito percorso di convergenza fra realtà associative e movimenti, oltre 400  realtà collettive e oltre 1300 persone. Partendo dal Manifesto “Uscire dall’economia del profitto, costruire la società della cura”, abbiamo prodotto “Il nostro dono di Natale” del 22 dicembre 2020 con la rivendicazione di misure urgenti per l’emergenza e l’indicazione su dove trovare le risorse, nonché  il nostro Recovery Planet, alternativo al PNRR del Governo Draghi, consegnato con una mobilitazione davanti a Montecitorio il 26 aprile scorso. Pur in tempi di pandemia, abbiamo attraversato, rafforzandole e rafforzandoci, tutte le mobilitazioni sociali di questi mesi. Ci siamo incontrati, ci siamo confrontati, abbiamo fatto importanti passi avanti…abbiamo costruito percorsi collettivi (gruppi di affinità, tavoli di lavoro) e ci siamo radicati in molti territori. Tutti/e protesi a contribuire a costruire un’alternativa di società. Abbiamo davanti a noi un periodo che si presenta difficile e forse drammatico: le scelte messe in campo dai governi sembrano voler rimuovere i profondi insegnamenti che ci ha trasmesso la pandemia, per riprodurre, dentro un quadro ancor più autoritario, le politiche che ci hanno portato al disastro sociale ed ecologico. Il nostro prossimo appuntamento collettivo sarà a Genova nelle giornate del 19 e 20 luglio, dove terremo un’assemblea nazionale e un’assemblea internazionale dei movimenti, per confrontarci dentro una rete ancora più ampia su come preparare un autunno di mobilitazione sociale, e dove saremo di nuovo in Piazza Alimonda per ricordare la ferita aperta di Carlo Giuliani, ragazzo

Un primo bilancio sul governo Draghi, al di là del coro estasiato dei grandi media.

Assembramento senza mascherina

Da questo articolo (clicca qui) estrapoliamo alcuni capitoli riguardanti ambiente e salute.

Ambiente. La transizione a misura di grandi imprese. La transizione ecologica, per come disegnata nel Pnrr e nei decreti collegati, è in sostanza una ristrutturazione del sistema industriale a misura di (grande) impresa, peraltro lautamente sussidiata dallo Stato (vedi la Valutazione d’impatto ambientale da concedere subito e con priorità ai progetti più grandi). Di fatto si punta a modificare il mix energetico usato con un occhio di riguardo al gas (un fossile) e spesso secondo progetti già inseriti dai grandi gruppi nei loro piani industriali: i molti gasdotti che in futuro forse serviranno per l’idrogeno misto (Snam) e il progetto di cattura della CO2 (l’Eni nelle piattaforme di Ravenna) ne sono gli esempi più eclatanti. Non mancano scelte di fondo che il ministro Roberto Cingolani non ha mai discusso in pubblico: citeremo solo il caso degli inceneritori, bizzarramente inseriti tra gli impianti sottoposti ad autorizzazione veloce per gli obiettivi fissati dal Pniec (piano per il clima), che teoricamente sarebbe focalizzato sulla riduzione delle emissioni climalteranti.

Grandi opere. Tanto Tav e torna la legge obiettivo. Con le “semplificazioni”, il ministro Enrico Giovannini si è dotato del potere di gestire le faraoniche (e spesso inutili) opere infrastrutturali sul modello della legge Obiettivo. Oltre al ritorno dell’“appalto integrato” (progettazione ed esecuzione dell’opera allo stesso soggetto), ispirato alla legge dei tempi di Silvio Berlusconi – travolta dalle inchieste e definita “criminogena” da Raffaele Cantone – è la procedura lampo per le “opere di particolare complessità e rilevante impatto”: una lista affidata a un “comitato speciale” che – con Soprintendenza e Commissione Via altrettanto “speciali” – delibera in 45 giorni esprimendo “pareri lampo” che hanno effetto di “variante urbanistica”, aggirando Comuni e stazioni appaltanti. La lista, destinata a crescere, oggi conta 10 mega opere: dall’Alta velocità Palermo-Catania alla Roma-Pescara fino alla diga “foranea” di Genova. Il fiore all’occhiello è però l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria (10 miliardi stanziati nel fondo “complementare” al Pnrr, che ne mette altri 25): trattasi del completamento ideologico del Ponte sullo Stretto di Messina, su cui Giovannini ha non a caso riaperto il dibattito.

Covid. Il Caos eterologa e le giravolte sui vaccini. A maggio il governo si è fatto bocciare dal Garante della Privacy il Green pass: tra le altre cose, non era chiaro chi potesse accedere ai dati sanitari e si demandava parte della disciplina a regolamenti, di rango inferiore alla legge. Tra il 9 e il 16 giugno, dopo varie correzioni, è arrivato l’ok. Nel frattempo si fa avanti e indietro su AstraZeneca. Il 12 maggio il Comitato tecnico scientifico dà via libera alle Regioni sugli Open Day a base di AZ per i “volontari” dai 18 anni in su benché da marzo, per quanto autorizzati senza limiti d’età da Ema e Aifa, i vaccini a vettore virale siano “raccomandati” solo per gli over 60 a seguito delle trombosi rare che hanno indotto alcuni Paesi a eliminarli. Dopo gli appelli di medici e scienziati e la tragedia della 18enne ligure Camilla, l’11 giugno arriva lo stop: AZ vietato agli under 60 anche per le seconde dosi. Come in altri Paesi, i richiami si faranno con i vaccini Pfizer e Moderna, mentre per Johnson & Johnson resta solo la “raccomandazione”. Una settimana dopo, mezzo dietrofront: gli under 60 possono fare AZ col parere del medico.

Sud preso in giro: l’alta velocità aiuta i costruttori e i più ricchi.

Con il Pnrr arrivano miliardi per infrastrutture costosissime, senza stime di traffico e con effetti ambientali negativi. Al Meridione serve occupazione stabile in settori avanzati, invece le linee Av favoriscono, a costi enormi pagati da tutti, una piccola minoranza di persone che viaggia, dell’ordine del 5 per 1.000. E sono viaggiatori che hanno molta fretta, non certo i cittadini a più basso reddito del Sud. A cui servono buoni servizi ordinari di trasporto, per i loro spostamenti quotidiani per studio e lavoro. Clicca qui.

Draghi cala definitivamente la maschera.

Comitato tecnico di Draghi: una dichiarazione di guerra all’ambiente e alla democrazia. Arrivano le nomine di ultra-liberisti a guardia del PNRR e delle riforme collegate. Rivela così ancora una volta il suo vero disegno di ritorno al passato.  Non ci si poteva attendere di meglio da un Presidente del Consiglio che nel 2011, 50 giorni dopo il referendum sull’acqua, ha scritto nero su bianco che andava fatta una riforma volta alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Clicca qui.

Recovery plan italiano in aperta violazione dei trattati europei.

Nel testo inviato alla commissione europea del Recovery Plan o P.N.R.R. del governo Draghi, a fronte di un ipotetico fondo europeo da 196 miliardi di euro per la “transizione ecologica”, il budget previsto per l’economia circolare è di soli 2,1 miliardi di euro, pari a meno dell’1 % del totale! Nonostante questo, tutti i giorni i media riportano le dichiarazioni di ministri, sottosegretari e parlamentari che ci spiegano come l’obiettivo centrale per la sostenibilità dei processi produttivi sia l’economia circolare e la de-carbonizzazione della produzione di energia attraverso fonti rinnovabili (non le biomasse, il metano o l’idrogeno prodotto dal metano). Occorre precisare che l’economia circolare serve a ridurre le importazioni di materie prime dall’estero, attraverso il recupero di “materia prima secondaria” dal riciclaggio dei rifiuti differenziati. Distruggere la materia per recuperare un quarto di energia è del tutto opposto al principio della circolarità decisa dall’U.E. Nel recovery plan del governo Draghi viene spacciata per “economia circolare” la produzione di biogas e di bio-metano a partire dalla coltivazione e fermentazione di colture intensive (mais, sorgo) e di rifiuti organici differenziati per produrre “bio-metano sostenibile”! Invitiamo quindi a firmare questa petizione… clicca qui.