A chi conviene la guerra.

Perché Trump, una volta eletto, ha mostrato fin da subito palese ostilità sia nei confronti di Gaza che dei suoi abitanti, ulteriore sostegno al controverso leader israeliano e ormai palese vicinanza strategica con gli interessi di Putin? Perché vuole evitare la terza guerra mondiale come ha detto pubblicamente a Zelensky? Perché l’Unione Europea sta sostenendo un piano di riarmo del vecchio continente di circa 800 miliardi di Euro? Per proteggere i suoi cittadini? E perché il presidente francese Macron offre a questi ultimi di estendere il proprio cosiddetto ombrello nucleare? Per tenerli al sicuro e scongiurare la guerra? In altre parole, è la pace che hanno a cuore costoro e più che mai coloro che sono alle loro spalle? Clicca qui.

Europa e Russia non hanno alcun motivo per farsi la guerra.

Ursula von der Leyen è stata un pessimo ministro della Difesa tedesco e ora una pessima presidente della Commissione europea .
Per Jeffrey Sachs (già direttore dell’Earth Institute alla Columbia University) il conflitto in Ucraina è figlio dell’arroganza statunitense, un tragico errore frutto di 30 anni di politiche fallimentari che miravano all’espansione della Nato a est. Ma ora che l’America di Trump ha deciso di chiudere la ferita, la leadership europea sembra in preda alla coazione a ripetere e persiste su posizioni massimaliste che tendono a prolungare lo scontro. Arrivando fino a evocare lo spettro della deterrenza nucleare. L’Europa e la Russia non hanno alcun motivo per farsi la guerra se non per il bellicismo di una certa leadership europea, residuo della strategia di allargamento della Nato voluta dagli Stati Uniti tra il 1994 e il 2024. Clicca qui

Trump putiniano, anche lui. Tra poco anche Meloni.

Entrambi con pollice recto.
“Dittatore senza elezioni, Zelensky farebbe meglio a muoversi in fretta o non gli rimarrà un Paese”.  “Un dittatore mai eletto”, “un comico mediocre” che “rifiuta di indire elezioni, è molto giù nei sondaggi ucraini (4%)e l’unica cosa in cui è stato bravo è l’aver suonato Biden come un violino”. “Be’, sei stato lì per tre anni. Avresti dovuto chiuderla dopo tre anni. Non avresti mai dovuto iniziarla. Avresti potuto fare un accordo”. “Pensateci, un comico di modesto successo ha convinto gli Stati Uniti d’America a spendere 350 miliardi di dollari, per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non avrebbe mai dovuto iniziare, ma una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e Trump, non sarà mai in grado di risolvere”. Anzi, “Zelensky  ammette che metà dei soldi che gli abbiamo inviato sono mancanti”, “probabilmente vuole mantenere in funzione il treno della cuccagna”.  In passato Donald Trump lo aveva già definito sarcasticamente come “il miglior piazzista sulla terra: ogni volta che viene in Usa se ne va con 60 miliardi.
 
Torna ad attaccarlo Elon Musk: “Zelensky non può affermare di rappresentare la volontà del popolo ucraino a meno che non ripristini la libertà di stampa e smetta di cancellare le elezioni!”.”In America teniamo elezioni presidenziali ogni quattro anni, anche in tempo di guerra. Abbiamo tenuto elezioni durante la guerra civile. Abbiamo tenuto elezioni durante la seconda guerra mondiale. Prima che il presidente Zelensky decida di fare di nuovo la predica al presidente americano, dovrebbe tenere elezioni anche lui”. .
 
Zelensky ha replicato dando ad entrambi dei putiniani. L’epiteto era stato ripetuto per anni nei confronti dei pacifisti che sostenevano trattative, piuttosto che l’invio di armi di Meloni & Co. per “una guerra  fino all’ultimo ucraino”.
 
Musk gli ha risposto: “Trump ha ragione a ignorare Zelensky e a decidere per la pace indipendentemente dalla disgustosa e massiccia macchina per la corruzione del presidente ucraino che si nutre dei cadaveri dei suoi soldati. È disprezzato dal popolo ucraino, motivo per cui si è rifiutato di indire le elezioni”.

Aspettando Trump. Guerra fino all’ultimo. All’ultimo ucraino.

Fake news su X. 

I ministri degli Esteri dell’Unione europea  hanno varato il 15° pacchetto di aiuti per l’Ucraina e nuove sanzioni per Mosca. Per la guerra, iniziata ormai quasi tre anni fa con l’invasione russa, non sembra ci siano prospettive di tregua. Per la prima volta, il Consiglio Ue ha deciso oggi di imporre misure restrittive contro 16 persone e tre entità per rispondere alle attività destabilizzanti della Russia contro l’Ue, i suoi Stati membri e i suoi partner. Tra le designazioni si conta anche l’Unità GRU 29155, un’unità segreta dell’agenzia di intelligence militare russa (GRU), nota per il suo coinvolgimento in omicidi stranieri e attività di destabilizzazione come attentati e attacchi informatici in tutta Europa. Sul fronte opposto, il presidente russo Putin accusa Kiev di compiere un nuovo “crimine” abbassando l’età della leva dai 25 ai 18 anni, come chiesto dagli Usa. “Anche se l’abbassassero a 14 anni, non cambierà la situazione sul campo di battaglia”. Putin ha anche puntato il dito contro gli Stati Uniti: “Nella loro volontà di indebolire il nostro Paese, di infliggerci una sconfitta strategica, gli Usa continuano a pompare il regime illegittimo di Kiev di armi e soldi, inviano mercenari e consulenti militari, incoraggiando l’escalation del conflitto”. 

Marco Rubio un disastroso Segretario di Stato.

L’unica area in cui potrebbe esserci qualche speranza è di porre fine alla guerra in Ucraina, dove Rubio si è avvicinato alla posizione di Trump. Ma in tutti gli altri punti caldi del mondo, è probabile che Rubio renda i conflitti ancora più accesi o ne dia inizio a nuovi:
 
1.       La sua ossessione per il cambio di regime a Cuba affonderà ogni possibilità di migliori relazioni con l’isola.
2.       Applicare il suo modello anti-Cuba al resto dell’America Latina renderà nemici molti dei vicinUSA.
3.        Crede che gli Stati Uniti e Israele non possano sbagliare e che Dio abbia dato la Palestina a Israele.
4.       La sua profonda inimicizia verso l’Iran alimenterà la guerra di Israele contro i suoi vicini e potrebbe portare a una guerra con l’Iran.
5.       È debitore dei grandi capitali, dall’industria delle armi alla lobby israeliana.
6.        È così ostile nei confronti della Cina che la Cina lo ha sanzionato due volte.
7.       Sa che le sanzioni sono una trappola, ma non sa come uscirne.
8.        Vuole reprimere la libertà di parola negli Stati Uniti.
 
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Presto per attribuire… il premio Nobel per la pace a Trump.

I precedenti di Donald Trump nel primo mandato della sua presidenza (2017-2021)
 
Ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO);
minacce contro gli stati membri che hanno votato a favore di risoluzioni anti-israeliane;
tagli ai fondi destinati a un’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, fondata 72 anni fa;
ritiro dall’accordo di Parigi del 2016 sui cambiamenti climatici, definiti una bufala;
 minaccia di “distruggere totalmente” uno stato membro delle Nazioni Unite, la Corea del Nord;
riduzione del  bilancio annuale delle Nazioni Unite di 285 milioni di dollari per il 2018-2019;
tentativo di  far saltare l’accordo nucleare iraniano del 2015.
 
Le promesse elettorali
Ritiro  dal trattato di Parigi sul clima;
drastico taglio del sostegno alla guerra in Ucraina;
definizione dell’ONU come un’istituzione corrotta, defunta e paralizzata;
notevole indebolimento delle Nazioni Unite e delle sue agenzie;
seguendo l’esempio di Israele, taglio di  tutti gli aiuti all’UNRWA nelle attuali terribili condizioni di Gaza;
opposizione anche al più piccolo collegamento con la Palestina;
forte sostegno filo-israeliano;
confronto bellicoso con l’Iran.

Come sopravvive la “democrazia” nella “mediacrazia” USA.

Siamo stati tutti bombardati dai risultati del mediatico, miliardario, velenoso scontro bipolare delle presidenziali USA 2024. Speriamo che questo triste spettacolo serva da sveglia per coloro che chiamano “democrazia” l’elezione “diretta” di un capo, diretta nel senso di direttamente controllata da concentrazioni di denaro e di potere. La democrazia in America sopravvive solo grazie alla miriade di istituzioni e referendum locali. Avvenire ha avuto il modo di ricordarcene l’importanza prima e più di altri media, per questo ne consigliamo la lettura.

Per la pace, alleanza possibile tra papa Francesco e Trump?

Non sembra ipotizzabile, leggendo su Other News Bernardo Barranco, noto sociologo, analista religioso, economista e scrittore messicano. Clicca qui.
L’estremismo ultraconservatore di Trump, tanto istrionico quanto imprevedibile, collegherebbe il suo ruolo nella storia americana addirittura a un mandato divino.
Il cristianesimo di Trump sarebbe definito cristoneofascismo: alleanza tra l’estrema destra legittimata dal capitalismo e movimenti cristiani fondamentalisti che trovano l’appoggio di importanti gerarchi della Chiesa cattolica ed evangelici, i quali sarebbero quasi tutti gli avversari di papa Francesco, critico implacabile del neoliberismo.

Gli USA impongono la legge del più forte.

Ma sono ancora il più forte? Per quanto tempo ancora? Per ora, stanno imponendo il loro ordine mondiale incentrato sui  Paesi dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Cinque sono gli indiscutibili successi.  1. Tutti hanno ritenuto che le minacce all’egemonia occidentale provengano dalla Cina e dalla Russia. 2. I loro partner e alleati hanno accettato di aumentare la spesa militare fino al 2% o più del PIL, con il riarmo della Germania, un triste ricordo per i francesi e altri Paesi europei. 3. Allineare quasi tutti i Paesi della NATO contro l’aggressione russa, estendendola a Svezia e Finlandia. 4. Aumentare l’influenza del comando militare dell’Asia-Pacifico coinvolgendo Australia, Regno Unito e Washington nell’AUKUS, che aggiungerà sottomarini nucleari a Canberra. 5. Il riarmo del Giappone, l’unico Paese che ha subito gli orrori di due bombe atomiche e che preoccupa seriamente la Cina e i coreani a causa del suo passato coloniale, insieme a una maggiore cooperazione militare degli Stati Uniti con le Filippine, oltre alle 30.000 truppe dispiegate dal 1953 in Corea del Sud.

I critici ritengono invece che questi successi della “dottrina Trump” non siano nuovo ordine mondiale bensì disordine. (continua).

C’è anche un ambientalismo di destra?

Prendendo le distanze da certo ambientalismo  razzista xenofobo e neofascista, per l’Italia c’è chi afferma autorevolmente (clicca qui) che “Erroneamente la causa ambientalista è fatta passare per uno degli asset ideologici della sinistra,” mentre “L’ambiente non è di destra né di sinistra. E se è vero che è mancata una collaborazione tra destra e i temi ambientali, etichettare i conservatori come negazionisti del cambiamento climatico è sbagliato”. “Diciamo sì al profitto, ma solo nel rispetto dei diritti dei lavoratori, dei diritti umani e dell’ambiente”. Il “nemico” del conservatorismo ambientale è senz’altro, nelle parole degli ambientalisti di destra, quella che viene definita un’ideologia ambientale “de-umanizzata, globalista, antinazionale, secolarizzata”, a favore di interventi legislativi dall’alto e sovranazionali e di una riconversione industriale radicale e a scapito dei lavoratori e delle identità nazionali. I ragazzi dei Fridays For Future (e ancor più quelli di Extinction Rebellion) finiscono nel mirino, per manifestazioni definite “sessantottine” e ideologiche, a cui la destra contrappone “un’educazione culturale ed educativa che nasca dalle scuole e dalla famiglia”. Invece l’ambientalismo di destra è senz’altro un ambientalismo che ha le sue radici nel cattolicesimo, mentre  papa Francesco è accusato di “flirtare”… con culture pagane.

Campagna Stop TTIP.

Conferenza stampa alla Camera: clicca qui. Il governo respinga anche  l’offensiva di Trump per un nuovo trattato transatlantico come e peggio del TTIP, fermi il CETA con il Canada bocciandone la ratifica fermando, così, trattati discutibili come l’EU-Vietnam  e il pericolosissimo EU-Mercosur che premia con una facilitazione commerciale l’attacco di Bolsonaro all’Amazzonia e al clima.

Il Piano di Trump in Palestina deve essere respinto, l’Europa si opponga alla neo-apartheid.

Il piano di finta pace in Palestina di Trump elude tutte le risoluzioni Onu. Ai palestinesi sarebbe concesso di chiamarsi Stato ma a condizione che mai diventi uno Stato autentico. Non sarebbero edificate altre colonie, ma nessuna delle esistenti sarebbe smantellata o assoggettata al nuovo Stato: resterebbero parte di Israele e connesse ad esso tramite esclusive vie di trasporto controllate dalla potenza occupante. Israele avrebbe la sovranità militare sull’intera area palestinese, controllerebbe lo spazio aereo a ovest del Giordano e a quello aereo-marittimo di Gaza, nonché i confini del nuovo Stato. Le risorse naturali sarebbero cogestite. La futura Palestina dunque sarebbe una riserva per pellerossa, un Bantustan, una serie di enclave palestinesi incuneate nella Grande Israele. La valle del Giordano sarebbe comunque annessa ad Israele “per motivi di sicurezza”. Il piano inoltre negherebbe perfino il diritto al futuro Stato di fare appello alle istituzioni internazionali tra cui la Corte penale internazionale. Verrebbe vietato ai suoi cittadini di rivolgersi a qualsiasi organizzazione internazionale senza il consenso di Israele, e sarebbe bandito qualsiasi provvedimento, futuro o pendente, che mettesse in causa  “Israele o gli Usa di fronte alla Corte penale internazionale, la Corte internazionale di giustizia o qualsiasi altro tribunale”.  Questa pace dei vincitori, conclude Barbara Spinelli, dovrebbe essere respinta dagli Stati Europei, non solo a parole. Non limitandosi a ripetere “Due Stati-Due popoli”, mantra svigorito e ora accaparrato/pervertito da Trump. Bensì difendendo le leggi internazionali e rifiutando di considerare come antisemitismo ogni critica all’occupazione israeliana.

Uscire dall’Iraq e dal Libano. Uscire dalla Nato. Via dall’Italia le basi USA. Articolo 11 della Costituzione.

Gli Stati Uniti perseguono da circa un ventennio con criminale determinazione una strategia di destabilizzazione permanente  del Medio Oriente: l’invasione nel 2003 dell’Iraq lasciata nel caos da 17 anni, i raid in Libia del 2011 contro Gheddafi insieme a Francia e Gran Bretagna, la guerra per procura in Siria contro Assad ed in Yemen, le monarchie del Golfo e la Turchia impegnate, insieme ai jihadisti, a contrastare prima di tutto l’influenza iraniana e poi anche quella russa. L’obiettivo di Washington era ed è quello di polverizzare gli stati arabi e musulmani, e oggi gli hezbollah in Libano,  che in qualche modo possano opporsi a Israele, il guardiano degli Usa nella regione, e all’Arabia Saudita, il maggiore cliente petrolifero  di armamenti Usa. Gli iracheni hanno intimato ai nostri 900 soldati di andarsene. Nel Sud del Libano c’è UNIFIL, i circa 10mila militari della forza multinazionale di interposizione delle Nazioni Unite. Il comandante è un italiano, il generale Stefano Del Col; anche il contingente più grande, 1.068 donne e uomini, è italiano. Serve una grande azione diretta e nonviolenta per la pace: clicca qui.

A Manchester suona l’Isis, nel Mediterraneo suonano i governi occidentali.

Secondo l’aberrante fanatismo Isis, sarebbero “i bambini uccisi dalle bombe inglesi a Mosul vendicati con i bambini crociati ammazzati a Manchester”. E Trump promette di proteggerci dal terrorismo fomentando guerre e vendendo armi? Non è così che si elimina il terrorismo: gli risponde papa Francesco.
Clicca qui il generale Fabio Mini, già capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa ecc., esperto di strategia militare e questioni geopolitiche.

Il filorusso Trump ci porterà alla guerra contro la Russia?

Il fatto che i Cruise contro Assad siano partiti da portaerei americane della VI Flotta con comando a Napoli, mette in rilievo che l’Italia, è una fondamentale piattaforma di lancio della strategia militare Usa/Nato responsabili di una situazione di conflitto sempre più pericolosa, a cui si aggiungono le ambizioni della Russia di Putin. Noi, “popolo della pace”, non possiamo starcene con le mani in mano mentre infuria la “guerra mondiale a pezzetti” (copyright papa Francesco), aumentando il rischio sottostante di una catastrofica guerra nucleare. (Continua con Alfonso Navarra).

Il 2016 è l’anno record per l’incremento della temperatura e nell’Artico la situazione è drammatica.

Si va verso il picco delle emissioni? Non solo per l’arrivo della presidenza Trump che rallenterà la crescita delle rinnovabili, ma per l’accelerazione sul fronte dei fossili che determinerà una riduzione dei prezzi di gas e petrolio e per l’allontanamento dell’adozione di una carbon tax.
Quali le variabili in gioco? Clicca qui una analisi di Gianni Silvestrini.