Ue, allarme sul bisfenolo: “Un rischio per milioni di persone”.

Pfas e bisfenoli allarme interferenti endocrini.

Il “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” ha denunciato, anche alla magistratura, con esposti dal 2009, l’utilizzo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo del Bisfenolo insieme ai Pfas: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo- ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA”. Abbiamo ripetutamente riproposto la denuncia negli anni: si vedano gli articoli correlati, ma né magistrati né amministratori si sono mossi.

Anche ora, settembre 2023, l’Agenzia Ue per l’ambiente rilancia l’allarme sul bisfenolo A. Secondo l’Aea, l’esposizione della popolazione europea alla sostanza chimica, che viene utilizzata in contenitori alimentari in plastica e metallo, bottiglie riutilizzabili e anche nei tubi dell’acqua potabile, “è ben al di sopra dei livelli accettabili di sicurezza sanitaria” e “rappresenta un potenziale rischio per la salute di milioni di persone“. L’allarme di Aea si aggiunge al parere dell’Agenzia Ue per le sostanze chimiche, l’Echa, che ha classificato il bisfenolo A come tossico per la riproduzione, e alla decisione dell’Efsa di ridurre di oltre 20mila volte la dose quotidiana tollerabile per la sostanza. Aea ha incrociato il limite aggiornato da Efsa con i risultati di uno studio di biomonitoraggio condotto in 11 Paesi europei mettendo in evidenza come fino al 100% del campione era esposto al bisfenolo “al di sopra delle soglie di sicurezza per la salute”.

Il Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli, da noi promosso, vieterebbe l’uso, la commercializzazione e la produzione di Bisfenolo e di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplinerebbe la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo.

Insieme alla “class action”, prepariamo in magistratura una “azione collettiva inibitoria” nei confronti dei comportamenti omissivi e complici di Comune (che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni), Provincia (che rilascia le Autorizzazioni) e Regione Piemonte (che non sottopone la popolazione a monitoraggio ematico): è diventata drammatica la situazione ambientale e sanitaria inferta ad Alessandria dalla Solvay di Spinetta Marengo, incurante della condanna in Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica nonchè del nuovo processo, impassibile alle censure di Onu e Commissione Ecomafie. Infatti Pfas e Bisfenolo sono paradossalmente “soltanto” la punta di un immenso iceberg di sostanze tossiche e cancerogene che piovono da 72 ciminiere.

Dal nostro Sito, alcuni articoli correlati:

Allarme. C’è anche il Bisfenolo a Spinetta nel cocktail con i Pfas.

Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.

Nel cocktail con i Pfas c’è anche il Bisfenolo.

Confermato: nel cocktail Solvay con i PFAS c’è anche il Bisfenolo.

Il Bisfenolo della Solvay senza autorizzazione e monitoraggi.

Bisfenolo: l’Europa chiede un taglio netto. Solvay lo mette addirittura nel cocktail con i Pfas.

Finalmente una Legge che metta al bando in Italia Pfas e Bisfenolo. Il nodo della chiusura Solvay.

Per Pfas e Bisfenolo sia fissato LIMITE ZERO nelle acque.

Studio tedesco: il bisfenolo contamina i cibi in scatola.

Il Bisfenolo passa nella placenta e raggiunge il cervello del feto.

Gravi rischi per la salute derivanti dall’esposizione alimentare del Bisfenolo.

I biberon al bisfenolo.

Pfas e Bisfenolo riducono la qualità dello sperma, il volume dei testicoli e la lunghezza del pene.

J’accuse. Morti e ammalati sulla coscienza dei sindaci di Alessandria.

Nello J’accuse del Movimento di lotta per la salute Maccacaro a magistratura e politica (clicca quiemergono le enormi responsabilità delle Istituzioni piemontesi. Infine, del sindaco Giorgio Abonante.

“La chiusura dello stabilimento, seguita da un’immediata bonifica dell’area è l’unica via efficace per evitare di assistere a decenni di morti”: è l’ennesimo commento del Comitato Stop Solvay a seguito dell’incontro che un gruppo di cittadini dell’associazione “Ànemos” ha avuto con il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e dirigenti e tecnici del Comune. Anche Ànemos, come riferisce il settimanale Il Piccolo, ha chiesto al sindaco una “ordinanza che imponga alla Solvay di cessare immediatamente la produzione delle sostanze inquinanti”. “Immediatamente: senza aspettare l’ipotetico 2026 della Solvay di auto cessazione di ‘quasi tutti i Pfas’ (dopo averne sostenuto per anni l’innocuità)”. Ciò alla luce -sottolinea l’ex assessore Claudio Lombardi delle indagini epidemiologiche e delle indagini ambientali aria-acqua-suolo non solo riferite ai vecchi e nuovi PFAS che a iosa svolazzano con cloroformio e fluoroclorocarburi, senza scuotere le coscienze. Infatti, Giorgio Abonante ha eluso completamente questo impegno, sgusciando ancora una volta come una anguilla.

Il sindaco prende in giro la popolazione. Di fatto, ha preso in giro i presenti “Condivido le vostre preoccupazioni” lavandosene le mani come Ponzio Pilato “Solleciterò Regione e Asl a intervenire”, proprio perché sa che non tocca a loro emanare l’ordinanza. Anzi, è in palese malafede quando si inventa su facebook che “Regione, Asl e Arpa hanno sancito in modo netto” per iscritto? “come in questo momento non ci siano gli elementi sufficienti per imporre divieti, chiusure”. Anzi, si nasconde dietro la scusa che manca una legge nazionale sui Pfas. Insomma non fa altro che prendere tempo a prescindere dagli allarmi scientifici nazionali e internazionali. Altro che “vaso di coccio ma in buona fede”.

Come ad Alessandria non bastassero esaustivi già lustri e lustri di sentenze, e la bonifica omessa, e la mole di indagini accumulatesi. Non sarebbero esaurienti per questo sindaco  neppure conferme recenti, come  il monitoraggio ambientale condotto da Arpa nel periodo marzo 2022 – marzo 2023 con tanto di presenza di cC6O4  nel Comune di Alessandria e addirittura nel Comune di Montecastello, né esaurienti i monitoraggi effettuati su uova e vegetali nel periodo 2021 – 2022 a cura della Regione Piemonte in collaborazione con ASL AL, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta nell’ambito del tavolo regionale Ambiente, Clima e Salute e su specie ittiche a valle del polo industriale di Spinetta Marengo a cura dell’IRSA-CN, e neppure la scoperta di nuove discariche.

Nello J’accuse, la colpevolezza del sindaco è senza attenuanti:

Ad oggi, il polo chimico Solvay di Spinetta Marengo, malgrado la sentenza di Cassazione, non è ancora stato bonificato né in terra né in cielo né in acqua per la “maledetta ventina” di inquinanti (cromo esavalente, cloroformio, cromo totale, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, tricloroetilene, triclorofluorometano, diclorodifluorometano, diclorofluorometano, nichel, antimonio, arsenico, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometanofluoruri in concentrazione addirittura da 2.946 a 57.404 μg/l ecc. eccetera) anzi ha aggravato il delitto e lo ha esteso in provincia. Né per queste violazioni -dolose- è stato aperto un nuovo processo. Neppure dopo il disastro ecosanitario dei Pfas acclarato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche.

Ad oggi, la strategia industriale di Solvay si regge su una penetrate attività lobbistica in politica, sorretta quanto basta da una poderosa propaganda mediatica (addirittura della presidente Ilham Kadri in persona), da noi regolarmente e ripetutamente demolita. Per ciò: scoperte fantascientifiche col biossido di titanio.  Per ciò: la fantasiosa truffa mediatica dei ciclopici filtri che sarebbero in grado a Spinetta di rilevare e trattare, gestire e monitorare i contaminanti Pfas nelle falde e nelle reti idriche. Ovviamente non nell’atmosfera. Anzi i filtri dovrebbero poi essere inceneriti. La multinazionale prometterebbe “zero tecnico” delle emissioni di Pfas (C6O4, ADV) negli scarichi di acqua con tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO) e alle tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Per ciò, altra luna nel pozzo: VolontariamenteSolvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”.  Per ciò: i misteriosi “sostituti dei Pfas a impatto zero”. Il corollario di questa inconsistente propaganda sono La bonifica è a buon punto”, “Il sistema di tutela ambientale dentro e fuori lo stabilimento è ok”Insomma, la strategia Solvay è profitti immediati, prendere tempo e fare proselitismo istituzionale e mediatico. Quindi è chiarissima è la volontà di non chiudere gli impianti.

Ad oggi, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti dentro e fuori il Comune, come imporrebbe il principio di precauzione alla massima autorità sanitaria locale: infatti gli studi già compiuti dimostrano che nella popolazione c’è una grave sofferenza sanitaria rispetto al resto della provincia e della regione: si muore di più per le molte e note patologie associate a Pfas e altre molecole prodotte dalla Solvay e da questa immesse nell’ambiente da decenni, come provato da ripetute indagini ambientali.

A maggior ragione dopo l’indagine dell’Università di Liegi. Dunque il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria locale, non imponendo -come invece avvenuto nel mondo in analoghe condizioni- l’urgenza che sia fermata la fonte d’esposizione alla popolazione, si consegna all’accusa di omissione di atti di ufficio. Infatti Abonante sa, dalle campagne di analisi dell’Arpa, che su Spinetta Marengo dal cielo piovono 5 microgrammi ogni giorno di Pfas per ogni metro quadrato, e nell’acqua 52 microgrammi per litro di C6O4. Dunque fa solo il gioco della Solvay -che persegue di procrastinare le produzioni secondo i propri profitti- il pretestuoso rinvio dell’ordinanza a dopo ulteriori studi epidemiologici per determinare un presunto nesso causa-effetto (Pfas causa di patologie), quando invece il nesso causale è acquisito scientificamente e internazionalmente. Va da sé che sempre maggiori studi saranno utili per individuare cure e per determinare l’entità dei risarcimenti.

Infatti l’associazione PFAS/patologie è dimostrata da una mole spaventosa di ricerche esistenti in letteratura scientifica; l’epidemiologia dimostra le associazioni, sui rapporti di causa indaga la tossicologia; i riferimenti di letteratura costituiscono la legge generale, i casi locali la confermano con significatività statistica: lavoratori e cittadini alessandrini esposti hanno una frequenza di patologie maggiore di coloro che non sono esposti a PFAS. Nella scienza una certezza assoluta non esiste ma è altrettanto vero che esiste una altissima probabilità del rapporto di causa fra l’esposizione e PFAS tale da escludere il falso positivo.

Ad oggi, la Regione Piemonte, in complicità con sindaco e azienda, rinvia anzi evita il monitoraggio del sangue a tutta la popolazione, il cui esito sarebbe sentenza capitale per Solvay. Queste storiche omissioni di atti di ufficio appaiono tanto più gravi alla luce del drammatico campionamento Pfas del sangue di lavoratori e cittadini che abbiamo nel 2022 commissionato all’Università di Liegi. L’estensione dello screening ematico fornirebbe dati utili ad individuare strategie efficaci di prevenzione e cura ma anche, in sede processuale, fornirebbe ulteriori dati per valutare in solido le responsabilità e i danni di Solvay nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

La storia delle lotte dal 1990 in Italia contro i Pfas è compresa nelle circa 500 pagine del Dossier “Pfas. Basta!” a cura di Lino Balza del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. E’ disponibile a chi ne fa richiesta.

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Nuovi picchi record di benzene a Taranto.

Il benzene è altamente cancerogeno. Il picco odierno elevatissimo è stato preceduto nei giorni scorsi da un intervento dell’Arpa Puglia all’interno dello stabilimento siderurgico ILVA. I controlli hanno potuto riscontrare criticità poi segnalate agli enti competenti. La notte del 31 luglio si è registrato un record assoluto per Taranto: 85 microgrammi a metro cubo come picco (media oraria). Clicca qui.

Anche la propaganda inquina.

Solvay di Spinetta Marengo si affida alla propaganda per arginare la sempre più insistente richiesta di cessazione immediata dei famigerati PFAS. Attualmente, da un lato punta sull’iniziativa “Fabbriche aperte”, col terzo rendez-vous di fumo senza arrosto: “una visita guidata alla barriera idraulica, all’impianto di Trattamento Acque di Falda (TAF) e un successivo laboratorio di ascolto e dialogo”, rinfreschi e applausi dei giornalismi inclusi, “al fine di rafforzare  lo spazio di confronto tra l’azienda e la popolazione locale per comprendere come funziona la rete di pozzi che costituisce la barriera idraulica a protezione dello stabilimento e del territorio circostante”.

Dall’altro, l’Arpa pubblicizza sui giornali che “Il Laboratorio Specialistico Piemonte Sud Est si arricchisce di una apparecchiatura d’avanguardia, di importanza fondamentale per poter tracciare le vie di diffusione di queste sostanze non solo nelle matrici liquide, e nell’acqua, ma anche nei suoli. Quel “si arricchisce” è di involontario quanto macabro umorismo. Non a caso applaude il sindaco di Alessandria Giorgio Abonante all’unisono con l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati, entrambi, come noto, da sempre oltremisura “impegnati   nella direzione della ricerca per il controllo dei livelli di inquinamento sul nostro territorio”. Come Solvay, peraltro. Una mano lava l’altra.

Non solo i Pfas anche i Bisfenoli e uccidono.

Ancora una volta rilanciamo l’allarme. Avevamo cominciato ad Alessandria  anni fa con esposti a Procura-Prefetto-Arpa. L’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. Sul nostro Sito c’è ampia documentazione.

Questa volta riprendiamo un articolo dalla Toscana (clicca qui) dal titolo: “Allarme contenitori cibi: c’è il bisfenolo A

Anche i Bisfenoli e non solo i Pfas uccidono.

Il Bisfenolo è ingrediente chiave per plastiche e resine.  Come è noto, dopo i nostri esposti a Procura-Prefetto-Arpa, l’Arpa aveva confermato quanto avevamo denunciato: alla Solvay di Spinetta Marengo nel cocktail con i PFAS (PFOA, C6O4, ADV) tra gli interferenti endocrini c’è anche il Bisfenolo nelle sostanze in uso. In un quarto esposto, clicca qui, avevamo segnalato la risposta della sorpresa Arpa: la Solvay ammetteva l’uso del Bisfenolo AF (non si sa se autorizzato e tanto meno monitorato n.d.r) ma non del Bisfenolo A. A nostra volta, ribadivamo che “Dal punto di vista di danni alla salute, non vi è alcuna differenza tra Bisfenolo A e Bisfenolo AF [tra 2,2-Bis(4-idrossifenil) propano e 2,2-Bis(4-idrossifenil) esafluoropropano, secondo la Nomeclatura IUPAC International Union for Pure and Applied Chemistry]”.

Ebbene, dopo un accurato esame delle evidenze scientifiche e alla luce dei contributi ricevuti da una  pubblica consultazione,  le conclusioni della nuova valutazione dell’ Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) hanno confermato l’allarme tossico e cancerogeno del Bisfenolo A e hanno abbassato la Dose giornaliera di tollerabilità (Dgt ovvero la quantità che può essere ingerita quotidianamente per tutta la vita senza rischi sensibili per la salute) di circa 20mila volte. Dai 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo al giorno stabiliti nel 2015 a 0,2 nanogrammi (2 miliardesimi di grammo).

La UE aveva già vietato la produzione di  biberon in policarbonato. Alcuni stati europei avevano già introdotto ulteriori restrizioni nazionali: la Francia ha bandito il Bisfenolo in tutti gli imballaggi e i materiali a contatto con gli alimenti, Danimarca e Belgio hanno bandito il bisfenolo A in materiali a contatto con alimenti per lattanti e bambini piccoli, la Svezia lo ha vietato in rivestimenti e vernici di articoli e imballaggi per alimenti destinati a lattanti e bambini piccoli.  

In Italia il bisfenolo è utilizzabile nella fabbricazione industriale di prodotti in policarbonato per beni di consumo comuni, quali stoviglie di plastica riutilizzabili, bottiglie per bevande, attrezzature sportive, CD e DVD, ovvero in resine epossidiche per il rivestimento interno dei tubi dell’acqua e dei contenitori in latta di alimenti e bevande, e anche nel rivestimento degli scontrini di vendita.

Nuovo esposto sui PFAS alla Procura della Repubblica di Alessandria.

Presentato al Procuratore capo Enrico Cieri dal “Movimento di lotta per la salute Maccacaro” (16° esposto, 7 aprile 2023, via PEC): clicca qui. Oggetto: emissioni inquinanti in atmosfera. Infatti, come conosciuto nei monitoraggi, dalle 72 ciminiere dello stabilimento e dai 15.000 punti di perdite incontrollate fuoriescono sostanze inquinanti tossiche e cancerogene PFAS: PFOA, ADV, C6O4, Acido Fluoridrico, Acido CloridricoNH3, Alcoli, Anidride fosforica (P2O5), Composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di Potassio (KOH) NOx, CO2, SOx, Polveri. Composti fluorurati (c2f4, c3f6, c4f8): 107 kg/giorno; 40 t/anno.

In questo micidiale cocktail, per il PFOA, l’ADV e il cC6O4 di produzione Solvay di Spinetta Marengo, che dal cielo ricadono sulla popolazione ogni giorno per 5 microgrammi per ogni metro quadrato, richiamiamo l’attenzione della Procura su

  1. Pubblicazione scientifica di ARPA e UNIVERSITA’ di Torino “Prevenzione in Corso”, fascicolo 9, gennaio 2022. (clicca qui).
  2. Studio ARPA Deposimetri a Spinetta Marengo: i risultati delle prime attività sperimentali gennaio 2023 (clicca qui).

Rimarcate le responsabilità nel disastro ecosanitario delle amministrazioni locali: Comune, Provincia, Regione. In particolare del sindaco che non emette ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Inquinamento da Pfas, Lucca e Pisa le zone più colpite in Toscana.

Da un’inchiesta internazionale la mappa interattiva della concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche in Europa: torna l’allarme per gli ‘inquinanti eterni’

 Vincenzo Brunelli – 27 Marzo 2023 – https://www.luccaindiretta.it/cronaca/2023/03/27/inquinamento-da-pfas-lucca-e-pisa-le-zone-piu-colpite-in-toscana/341574/

Le punte dell’Iceberg Pfas sono, come noto da decenni, il Veneto con la Miteni di Trissino (VI) e il Piemonte con la Solvay di Spinetta Marengo, unica produttrice in Italia (AL), con relativi processi penali. Emergono sempre più, dove le ARPA sono attive, criticità diffuse nella penisola. I giornalisti francesi di Le Monde hanno realizzato una mappa interattiva europea, costruita da uno studio internazionale (The Forever Pollution Project ***) raccogliendo e organizzando dati da diverse fonti, pubbliche e private (in Italia le testate Radar Magazine e Le Scienze) che mostra i luoghi in Europa in cui è stata accertatauna contaminazione da Pfas da parte di autorità ambientali (come le Arpa in Italia).

Tant’è che all’inizio di febbraio 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha pubblicato una proposta di divieto di produzione e suo di tutti i Pfas, infatti l’unico rischio accettabile è uguale a zero. Tra le nazioni promotrici del divieto figurano Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia, ma non l’Italia! Rivendicazione per l’Italia subito ribadita da Greenpeace: “Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Esortiamo il governo, il parlamento e i ministeri competenti ad assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili”. Cioè in pratica il Disegno di Legge presentato dall’ex senatore Crucioli di concerto con Legambiente, Movimento di lotta Maccacaro e Comitato Stop Solvay. Di seguito, il particolare della mappa riguardante l’Italia:

E per quanto riguarda la Toscana, andando a leggere i dati di Arpat si capisce che “il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in presenta residui di Pfas, con due “zone rosse” quella di Lucca e quella di Pisa, oltre a Castagneto Carducci in provincia di Livorno e alcune zone di Massa.

*** The Forever Pollution Project, è un’indagine transfrontaliera a cui hanno partecipato 18 redazioni da tutta Europa, tra cui Le Monde (Francia), Süddeutsche Zeitung, Ndr e Wdr (Germania), The Investigative Desk e Nrc (Paesi Bassi) e Radar Magazine Le Scienze (Italia),Datadista (Spagna), Knack (Belgio), DeníkReferendum (RepubblicaCeca), Politiken (Danimarca), Yle (Finlandia), Reporters United (Grecia), Latvijas Radio (Lettonia), Srf Schweizer Radio und Fernsehen (Svizzera), Watershed ,The Guardian (Regno Unito).

ARPA: i Pfas C6O4 e ADV in atmosfera ricadono sul Spinetta Marengo.

Si tratta di uno studio innovativo, definito da un approccio rigoroso e coerente secondo i principi della ricerca scientifica universalmente riconosciuti dall’Agenzia piemontese. Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) aveva evidenziato la presenza di Pfas nelle uova degli uccelli: i risultati odierni costituiscono un dato oggettivo che unisce la sorgente dell’inquinamento -Solvay- e i suoi effetti su Spinetta Marengo, ovvero su tutti i possibili anelli della catena alimentare.

Quali sono le sorgenti di queste emissioni atmosferiche inquinanti? Facili le risposte.  Arrivano dai camini del polo chimico. Dal risollevamento della terra vicino allo stabilimento. Dalle discariche.

Va da sé che C6O4 e ADV sono respirati dagli abitanti: disciolti nella nebbia, nella pioggia, nel pulviscolo atmosferico, nelle famigerate polveri sottili. Il sindaco Giorgio Abonante lo sa ma fa finta di niente.

In Regione Piemonte dalla padella alla brace?

Il presidente di Regione Piemonte, Alberto Cirio e l’assessore regionale all’Ambiente, Matteo Marnati, hanno emesso il decreto di nomina del nuovo direttore generale di Arpa Piemonte: Secondo Barbero, che fino ad oggi ha ricoperto il ruolo di Direttore del Dipartimento “Rischi Naturali e Ambientali” in seno ad Arpa. Sostituisce Angelo Robotto: il timore per Alessandria è che addirittura venga rimpianto, se nelle prime dichiarazioni l’attenzione di Barbero è rivolta all’inquinamento da traffico piuttosto che al disastro ambientale della Solvay di Spinetta Marengo, tant’è che neppure era presente al Convegno sulla spinosa questione della Fraschetta trattato dalle commissioni distrettuali Ambiente e Sostenibilità del Rotary.

L’ARPA: ad Alessandria Pfas in acqua, in aria, in suolo (e dunque nel sangue).

Dall’anno scorso Arpa Piemonte, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha avviato un’attività sperimentale di monitoraggio delle deposizioni di PFAS nella zona di Spinetta Marengo, in prossimità del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. Cioè il trasferimento di queste sostanze tossiche e cancerogene dai camini all’atmosfera e dall’atmosfera con ricaduta al suolo, alla vegetazione, all’acqua. Attraverso la loro presenza in aria, i pfas si accumulano nella catena alimentare: un dato che va collegato quindi a un altro studio della regione Piemonte in base al quale nell’aprile 2022 era emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico.

Il monitoraggio è stato avviato attraverso il posizionamento di due punti -insufficienti- di controllo in via Genova e in strada Bolla.  I risultati hanno evidenziato cC6O4 e ADV N2, con valori mediamente sempre maggiori presso la postazione di via Genova, e in alcuni campioni anche la presenza di PFOA, PFBA e PFNA con valori prossimi al limite di quantificazione (LOQ).

Inoltre l’Arpa ha completato per il 2022 i campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo ed aggiornati gli esiti con i dati di giugno: INQUINAMENTO DA PFAS “ADV N2” A GIUGNO 2022 oltre 55.000 nanogrammi/litro all’interno del sito, e oltre 5.000 all’esterno. Clicca qui.

Neppure questi dati convincono il sindaco a emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

I Pfas sono una calamità ambientale e sanitaria: intervenga il Parlamento.

Egr. Onorevoli e Senatori,

già nella trascorsa legislatura è stato presentato dall’ex senatore Mattia Crucioli un DISEGNO DI LEGGE CHE METTE AL BANDO I PFAS IN ITALIA. (clicca qui).  Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione dei perfluoroalchilici (PFAS) nonché degli innumerevoli prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Accoglie in ciò le censure di Commissione interparlamentare ecomafie e Commissariato Onu, insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, dunque dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi (emblematico l’ecocidio veneto perpetrato dalla Miteni di Trissino).

Al bando, ovviamente, la produzione. In Italia l’unico stabilimento che produce i Pfas è la Solvay di Spinetta Marengo in Alessandria, da dove proprio fin dagli anni ’80 è partita la nostra denuncia contro gli inquinamenti. Ad Alessandria il sindaco potrebbe, dovrebbe, fermare con ordinanza gli impianti che producono e utilizzano i Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e li scaricano in aria/acqua/suolo: nell’immediato, perché intercorreranno i tempi processuali prima che tribunali di Vicenza e Alessandria provvedano alle sanzioni e ai risarcimenti.

Però, nel richiamare il precedente dell’amianto, È L’INTERVENTO LEGISLATIVO A LIVELLO NAZIONALE INNANZI TUTTO NECESSARIO E URGENTE, perché l’emergenza Pfas è oramai conclamata dalle Arpa in Veneto, Piemonte, Lazio, Trentino, Lombardia ecc.

Onorevoli e Senatori,

per valutare l’urgenza sanitaria di intervenire, vi invitiamo di ascoltare, dalla viva voce del dottor Vincenzo Cordiano, la relazione di ISDE Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (clicca qui). La relazione, corredata  di esemplari tabelle esplicative, mostra quanto queste sostanze, i Pfas vecchi e nuovi, siano bioaccumulabili e indistruttibili, tossiche e cancerogene, come si accumulino nei tessuti umani, in particolare polmoni, reni, tiroide ecc., quanto siano individuate da tutti gli studi epidemiologici nazionali e internazionali, per inequivocabile nesso causale, come agenti di malattie e morti per cancri a rene, testicoli, tiroide, ecc. nonché come interferenti endocrini già a livello embrionale e puberale, eccetera.  La drammaticità è sottolineata dalla relazione nel fornire una guida clinica per la prevenzione sanitaria. Ma, ATTENZIONE, ONOREVOLI E SENATORI, LA PREVENZIONE PRIMARIA TOCCA AL PARLAMENTO. 

Per ulteriori approfondimenti, è a vostra disposizione (come di tutti coloro che ci faranno richiesta) il Dossier “Pfas. Basta!”: in oltre 350 pagine è una piccola enciclopedia che racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, Governo, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.  La lunga storia dei PFAS (PFOA e C6O4 e ADV) è tratta in breve da stralci dei libri “Ambiente Delitto Perfetto” (Barbara Tartaglione – Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e “L’avventurosa storia del giornalismo di Lino Balza”, nonché del Sito “Rete Ambientalista Movimenti di lotta per la salute, l’ambiente, la pace e la nonviolenza” www.rete-ambientalista.it gestito dal “Movimento di lotta per la salute Giulio A. Maccacaro”.

Il filo rosso, doloso, che lega i processi Pfas di Alessandria e Vicenza.

La testimonianza resa al processo di Vicenza dal maresciallo Manuel Tagliaferri, del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri, ha fornito elementi di innegabile interesse anche per gli investigatori che indagano sull’inquinamento Solvay a Spinetta Marengo. C’è infatti un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas): Miteni a Trissino (Vicenza) e Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria). In particolare, le due società chimiche hanno collaborato per anni nella produzione del Pfas, il cC6O4, che ha contaminato il sangue e le falde acquifere veneti e piemontesi, rendendosi complici dei reati commessi. 

Secondo i verbali Arpa, nel 2013 Miteni produceva senza autorizzazione il C6O4 (sperimentato nel centro di ricerca Solvay di Bollate) che sarà poi ritrovato sia nel sangue dei cittadini sia nelle acque potabili di tre province venete. E già nel 2009 era stato trasferito da Spinetta a Trissino il direttore Luigi Guarracino (ancora non condannato nei processi di Bussi e Spinetta), e così Miteni agirà come ditta in conto terzi per SolvayInfatti già dal 2010 Miteni deteneva la scheda di produzione fornitale da Solvay e nel 2011 il consiglio di amministrazione di Miteni approvava il contratto con Solvay Solexis. Dopo di che, i dirigenti Solvay visitano l’impianto Miteni per discutere su come ampliare la produzione del loro nuovo prodotto, che doveva essere ancora registrato come imporrebbero le norme europee, e che avrebbe dovuto avere l’autorizzazione e sottostare al monitoraggio ambientale delle istituzioni. Nel 2011 vengono spedite da Spinetta Marengo a Trissino quasi cinque tonnellate di resina di cC6O4, lavorata e riconsegnata al mittente.

Con il fallimento Miteni del 2018 l’intera produzione di cC6O4 è allocata ufficialmente a Spinetta nel 2020. E i dieci anni di rifiuti C6O4 di Trissino? Miteni nel 2018 spedisce in provincia di Alessandria camion cisterna della ditta Getras alla società Nuova Solmine che non ha l’autorizzazione ambientale per la lavorazione di rifiuti Pfas. L’Arpa Piemonte ha rilevato nelle acque dello Scrivia decine di nanogrammi di Pfas per ogni litro di acqua. Oltre ad aver ricevuto i carichi della Miteni, la Nuova Solmine collabora anche con Solvay. La tracciabilità dei rifiuti deve essere presentata nella richiesta di autorizzazione integrata ambientale da ottenere per intraprendere alcune attività pericolose. Attualmente Solvay Solexis non ha ancora ottenuto questa autorizzazione, che non è stata più discussa dal 27 gennaio 2022 nella Conferenza dei servizi dove istituzioni e ditte si confrontano e redigono l’autorizzazione.

Già nell’anno 2011 il C6O4 è rintracciato nel sangue degli operai esposti e nel 2013, l’anno del verbale di Arpa, la media nel sangue degli operai è 16 nanogrammi per milligrammo. Purtroppo il filone sanitario non rientra nel processo di Vicenza (come successe nel processo di Alessandria conclusosi in Cassazione) ma fa parte di un’inchiesta aperta nel 2020 e chiusa di recente, sempre condotta dal Nucleo ecologico dei carabinieri di Treviso, sulla sorveglianza interna allo stabilimento, gestita per oltre trent’anni dal medico Giovanni Costa.

Costa è un elemento centrale del filo rosso che lega Solvay con Miteni. Perfettamente al corrente dei rischi per la salute, al punto che nel 2000 partecipava al gruppo internazionale di monitoraggio composto dalle otto maggiori produttrici di Pfas, e sovvenzionato da Solvay con oltre 100mila dollari. Mentre rassicurava i lavoratori e sfuggiva ad un nostro confronto pubblico, dai suoi computer i carabinieri hanno sequestrato i dati 2005 sui rischi sanitari degli operai della multinazionale Dupont negli Usa più volte costretta a risarcire per centinaia di milioni i cittadini ammalati per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, nonché relazioni del 2006 e 2007 del tenore: “Per il Pfos gli studi dimostrano tossicità per lo sviluppo prenatale nel ratto e nel coniglio. Sono state inoltre osservate diminuzioni significative del peso corporeo fetale e aumenti significativi di anomalie esterne e viscerali, ossificazione ritardata e variazioni scheletriche”. “Emerge la correlazione significativa tra i bambini nati con livelli più elevati di Pfos e Pfoa e la diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza cranica”.

Nuovi allarmi Pfas in Lombardia.

In Lombardia, nel monitorare i conseguenti impatti sui corpi idrici fluviali, l’Arpa ha rilevato i Pfas in 6 su 25 depuratori delle acque reflue Si aggiungono ai rilevamenti nelle acque superficiali e sotterrane, con approfondimenti anche su percolati e piezometri più significativi della rete delle discariche.

Si tratta dei depuratori di Lurano (Bergamo, scarico nel fiume Serio-canale Gronda Sud), Mortara (Pavia, scarico nel torrente Erbognone), Casalmaggiore (Cremona, scarico nel canale Dugale Casumenta), Belgioioso (Pavia, scarico nella roggia Molina- Cavo Sesso), Manerbio (Brescia, scarico nel Mella), Olgiate Olona (Varese, scarico nel fiume Olona).

“Non hanno colore, non hanno sapore e neppure odore. Non segnano l’acqua di scie schiumose o nereSi chiamano Pfas” scrivono allarmati i giornali lombardi “e sono trovati dall’Arpa nelle acque di fiumi, laghi e bacini irrigui, Po, Olona, Lambro, Serio e Adda”. Non è una sorpresa, in una regione che alla Solvay di Bollate ospita il Centro ricerche per la produzione dei PFAS tossici e cancerogeni. Tant’è che da sotto Milano scorrono i pfas C6O4

In Italia il più grave inquinamento da PFAS in Europa.

L’abbiamo portato alla luce alla Commissione parlamentare Ecomafie e alla Commissione speciale Onu su diritti umani e sostanze e rifiuti tossici. Sono cinque le Regioni ufficialmente coinvolte: Veneto, Lazio, Piemonte, Lombardia e Toscana. Il nostro Paese registra il più grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in Europa. Punte dell’iceberg: Veneto (ex Miteni di Trissino) e Piemonte (Solvay di Spinetta Marengo), due i processi penali in corso.  

Un disegno di legge in discussione al Senato prevede soglie massime di sversamento nelle acque, ma per scienziati e attivisti, invece, l’unico limite accettabile è pari a zero: in acque, suolo e atmosfera. Così come prevede, infatti, il Disegno di Legge presentato in Senato dall’ex senatore Crucioli che mette al bando i Pfas in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta), la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque), l’uso (alle concerie venete e toscane dunque) di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi. Perciò è ferocemente avversato da Confindustria.

In Piemonte, il primo presupposto per l’attuazione del “DDL Crucioli “è la fermata delle produzioni Solvay di Alessandria. (clicca qui Pfas. Basta! ). A nulla è valso il processo conclusosi in Cassazione nel 2019, pur se proprio da Alessandria nel 2008 partì la campagna nazionale contro i Pfas.

Nel Veneto, non solo Miteni, chiusa nel 2013, è responsabile della contaminazione delle falde acquifere ma anche il distretto della concia di Arzignano, come ammesso dalle stesse organizzazioni di categoria della concia nel documento relativo al progetto di programma per il risanamento del Fratta Gorzone.

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Per quanto riguarda la Toscana, l’argomento è tornato alla ribalta grazie all’annuario riferito al 2021 che pubblica tutti i dati sull’ambiente con una parte dedicata ai Pfas, sottolineandone i drammatici danni alla salute. Cosa scrive Arpat sul suo sito web ufficiale su Pfas e salute: ce lo riferisce LuccainDiretta (clicca qui): il 70 per cento delle stazioni in acque superficiali e il 30 per cento delle stazioni in acque sotterranee monitorate in Toscana presenta residui di queste sostanze. In particolare “Arpat individua nel territorio toscano, quali fonti di origine dei Pfas, il comparto tessile della provincia di Prato e un distretto conciario di valenza internazionale a Santa Croce sull’Arno e San Miniato Fucecchio, in provincia di Pisa. Inoltre, Arpat ritiene come probabili fonti di pressioni anche gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e industriali e le discariche di rifiuti”.

In Lombardia avevamo sollecitato un intervento della magistratura in merito alla situazione ambientale e sanitaria attorno al centro di Bollate ove Solvay ha sviluppato le ricerche sul cC6O4 e altri simili Pfas”. Dall’ Arpa la conferma: sotto Milano scorrono Pfas, composti chimici tossici, cancerogeni e altamente persistenti. In particolare scorre un composto prodotto in esclusiva della multinazionale belga Solvay, il C6O4, che sfugge alle depurazioni e rifluisce nel parco agricolo di Milano sud. Risalendo al tessuto idrografico della città si vede come il C6O4 si diluisca nella rete fognaria, e scorrendo verso sud esca all’estremo opposto della città, probabilmente nel parco agricolo di Milano sud: area naturale protetta sede di diversi presidi Slow Food. L’Arpa riferisce alla Commissione Ecomafie che la presenza di C6O4 è stata riscontrata nei fiumi Olona e Po.

In Lazio l’Arpa ha riferito alla Commissione Ecomafie di aver registrato nel corso degli anni per le acque superficiali i superamenti Pfas degli standard di qualità ambientale-media annuale. In particolare per il fiume Astura (il corso d’acqua lambisce la discarica di Borgo Montello e presenta una deteriorata qualità ambientale), i canali Rio Martino e Moscarello (vicino a entrambi insistono attività industriali), il fiume Sacco.

“Monitoraggio rafforzato” per lo scaricabarile Solvay-Sindaco.

Il colpevole del disastro ecosanitario della Fraschetta sappiamo tutti chi è, ne vediamo l’ombra con la pistola fumante ma non possiamo farne il nome. Questa in sintesi è la visione espressa dalla responsabile Arpa dell’Epidemiologia Ambientale, Cristiana Ivaldi, alla Commissione Sicurezza e Ambiente del Comune di Alessandria presieduta da Adriano Di Saverio nella veste di chi aiuta il sindaco Giorgio Abonante a prendere tempo piuttosto che adottare una ordinanza di chiusura delle produzioni tossicocancerogene della Solvay di Spinetta Marengo, come invece gli viene chiesto dagli ambientalisti.

I metodi per rinviare le responsabilità ad altri tempi e altri decisori, sono sempre gli stessi: la corsa agli ostacoli e lo scaricabarile. PRIMA di arrestare il colpevole, dice la dottoressa, PRIMA di affermare un nesso causale, PRIMA di dichiarare una correlazione tra sostanze contaminanti e malattie, PRIMA ci vorrebbe un biomonitoraggio rafforzato, PRIMA si applicano altri modelli di studioPRIMA si fanno campioni biologici con una anamnesi dettagliata, PRIMA si studiano le abitudini di vita.

Perché PRIMA, dottoressa? Non sono sufficienti, per dare il nome a chi impugna la pistola fumante, i ripetuti monitoraggi Arpa aria acqua suolo delle emissioni di sostanze scientificamente dimostrate come tossicocancerogene? e in parallelo (clicca qui) ben 8 ultra decennali indagini epidemiologiche? di cui una della stessa Ivaldi (tumori epatici e delle vie biliari 30% in più nel raggio di 3 chilometri dal polo chimico, il doppio tra i residenti di Spinetta eccetera)? Sono più che sufficienti, sono “robusti”.

Il nesso causale tra Solvay e malattie/morti, dunque, non è composto di congetture, di sospetti, di indizi vari, bensì, purtroppo, di dati di fatto collegati fra loro, di prove sedimentate nel tempo. Dunque, il sindaco, la massima autorità sanitaria locale, se non altro per l’elementare principio di precauzione, dovrebbe emettere una ordinanza di fermata degli impianti inquinanti, una ordinanza temporanea PRIMA di realizzare quello che Ivaldi definisce “Un biomonitoraggio che conferirebbe una rappresentazione più robusta”. Perché PRIMA? Perché, come spiega la dottoressa, Questo studio complesso dovrebbe coinvolgere altri enti: Università, Asl, Regione.  Serve l’intervento di vari enti, con ruoli e compiti ben definiti. Si tratta di studi costosi, che richiedono molte persone da ingaggiare per avere consistenze statistiche. Servono molte risorse e una disponibilità importante di finanziamenti. Più soggetti vengono coinvolti, più robusta è la coorte che si analizza più i risultati saranno confidenti e ineccepibili. I costi? Non voglio fare ipotesi ma per studi simili si parla di qualche centinaio di euro a soggetto che fa parte della coorte”. Moltiplicati per decine di migliaia di soggetti, fate i conti voi. Moltiplicate anche il numero di anni.

Non sembra anche a lei, dottoressa Cristiana Ivaldi, che la suddetta corsa ad ostacoli servirebbe, anche a questo sindaco, per scaricare il barile dell’ordinanza alle calende greche? Nel frattempo si muore?

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

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Esiste una persona, minimamente informata e in buona fede, che non ritenga dimostrato che attorno al polo chimico di Spinetta Marengo ci si ammala e si muore di più, molto di più, rispetto a tutto il resto del territorio? Non lo dimostrano, in coscienza, le date sulle lapidi dei cimiteri?’ Non lo dimostrano, in scienza, le indagini epidemiologiche del disastro sanitario che, sotto la nostra spinta, si sono in questi decenni susseguite e accentuate di gravità? Non lo dimostrano, in scienza, le indagini ambientali del disastro acqua-aria-suolo che, sotto la nostra spinta, si sono susseguite in questi decenni in costante anzi progressiva gravità?   Non sono la dimostrazione del “rapporto causa/effetto”?  L’ “effetto” della enorme morbilità cioè non coincide con la “causa” della presenza dello stabilimento, da venti anni gestito dalla Solvay?

Esistono, invece, persone disinformate e in mala fede. Pullulano soprattutto fra i politici e la cerchia scientifica anzi burocratica da loro nominata. Stiamo parlando di Alessandria e dell’esemplare connubio tra consiglio comunale e Asl. Leggiamo, clicca qui, la cronaca dell’interlocuzione fra Commissione Sicurezza e Ambiente e Asl. E’ la fotografia in rilievo dell’ipocrisia di personaggi che non vogliono prendere alcuna decisione e per perdere tempo fanno il gioco dello scarica barile, palleggio di responsabilità scaricate di volta in volta su altre schiene, salvi i rimpalli.

Usano la tattica usuale in tribunale degli avvocati degli inquinatori: dimostrate che quel preciso tumore è stato provocato proprio da quella precisa sostanza e non da altre, addirittura in quel preciso momento. Paradossale è l’esempio amianto e mesotelioma: ormai è inoppugnabile (come per i PFAS) la relazione scientifica eppure è da dimostrare penalmente che la fibra killer si sia introdotta nell’organismo della Vittima proprio durante la permanenza   di quel direttore e non dei precedenti o dei seguenti. 

Dunque, il sindaco di centrosinistra Giorgio Abonante scarica sul presidente commissione da lui nominato, Adriano Di Saverio, medico estetista. Amletico, Di Saverio scarica sull’Asl. Il direttore generale Asl, Luigi Vercellino, un amministrativo senza competenze mediche, nominato dal centrodestra regionale, scarica sull’Arpa e la Regione Piemonte: “Per assicurarci che l’attività del sito non pregiudichi la situazione in termini di inquinamento ambientale, lo facciamo attraverso il monitoraggio Arpa. Devono essere messi sul campo progetti speciali. Il campo di analisi è complesso. Non è un lavoro così semplice e scontato, occorre incrociare dati e sostanze. Serve la forte regia centralizzata di Regione Piemonte. Tocca alla Regione assegnare compiti e risorse. Al momento non ci sono altre risorse attribuite.” A sua volta, il direttore sanitario Asl nominata da Vercellino, Sara Marchisio, rimarca: “L’argomento è complesso, gli studi epidemiologici non sono brevi”. Lo sappiamo da decine di anni.  Dovremmo aspettarne altrettanti?

Sì, però senza allarmarsi troppo, tranquillizza l’inossidabile responsabile servizio prevenzione e sicurezza Asl Giuseppe Fracchia: Abbiamo effettuato sopralluoghi dentro lo stabilimento insieme ad Arpa, per valutare l’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici. Dai dati in nostro possesso non emergono situazioni di particolare attenzione”. Ben diversa e drammatica è stata la valutazione dell’indagine dell’Università di Liegi. La differenza consiste nel fatto che l’Asl prende per buone le analisi consegnatele da Solvay controllato-controllore.

D’altronde monitoraggi ematici di massa, lavoratori e popolazione, deve finanziarli la Regione, il cui presidente leghista, Alberto Cirio, imprenditore agricolo specializzato nella produzione di nocciole nelle Langhe, però non vuole andare oltre ai “340mila euro stanziati per valutare nell’area a sud-ovest dello stabilimento la presenza di pfas negli alimenti animali e vegetali e definire le soglie. Il complesso progetto durerà due anni”. E il monitoraggio della popolazione? Luigi Icardi, laurea in economia, perciò nominato da Cirio assessore alla sanità, si fida di Fracchia e si lamenta di essere a corto di fondi statali, per cui passa la patata bollente a Giorgia Meloni, che avrà ben altro da pensare che al Disegno di Legge Crucioli di messa al bando dei Pfas.

THE END. E tutti -i politici- vissero felici e contenti.

Eppure, basterebbero le ormai conosciutissime decennali indagini ambientali e sanitarie per emettere un’ordinanza di chiusura delle produzioni da parte del sindaco Abonante, massima autorità sanitaria locale, sembra dire il veterano consigliere comunale Vincenzo Demarte, adesso che è passato all’opposizione come Forza Italia. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e di buona fede dei politici, si legga, tratto dalla suddetta cronaca giornalistica, il Nota bene in calce.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Nota bene. Per valutare il grado di consapevolezza del disastro ecosanitario e la buona fede dei politici, si legga dalla cronaca giornalistica quanto segue: <<La Commissione Consiliare era stata aperta dallo stesso presidente Di Saverio che, nella sua introduzione, aveva accennato ai “cinque tipi di inquinamento ambientale” che insistono sulla zona del Polo Chimico: “Un inquinamento antico da cromo esavalente, nichel, antimonio, arsenico nelle falde e terreni, l’inquinamento da cloroformio nelle acque superficiali, con conseguenti ricadute sulle cantine e sui seminterrati, l’inquinamento da vari tipi di pfas nelle falde acquifere del Bormida e del pozzo di Montecastello, l’inquinamento aereo con acido cloridrico, fluoridrico e pfas, e l’inquinamento delle falde acquifere con composti chimici di vario tipo. Vogliamo fare luce su questo problema complesso, vogliamo tutelare i cittadini, ragionarci su senza preconcetti e pregiudizi, senza partito preso, chiedendo aiuto alla scienza. Il sindaco Giorgio Abonante ha già detto che bisogna rompere questo impasse, servono certezze e occorre procedere con nuove fasi dell’indagine epidemiologica. Il problema dell’inquinamento del polo chimico risale addirittura a un secolo fa, col coinvolgimento di aria, acqua e terra, oggi ci sono più problemi stratificati. Nell’ultimo decennio si sono susseguiti studi di Asl e Arpa, oltre a quello più recente dell’Università di Liegi che ancora deve però essere validato”.

“A marzo 2017” ha proseguito Di Saverio “fu presentato uno studio sul rischio ambientale e sanitario della popolazione di Spinetta, realizzato da Arpa, Asl Alessandria e Azienda Sanitaria Locale Torino3. Riguardava gli anni dal 1996 al 2014, rispetto alla morbosità, ai ricoveri e alla mortalità nella zona della Fraschetta. Emersero delle criticità rispetto a patologie oncologiche e non. A dicembre 2019 venne presentato un altro studio di Arpa e Asl, una analisi di un gruppo di persone residenti vicino al polo chimico, fino a 3 mila metri. In questo caso si registrò un incremento del rischio ricoveri, nel periodo 2001-2017. Negli stessi giorni ci fu un altro studio dell’Asl sulla mortalità dei residenti entro un raggio di 3 mila metri dal polo, dal 1996 al 2016. Emersero delle criticità significative rispetto alla morbosità e alla mortalità. Dopo il covid, nel 2022 è stato pubblicato uno studio di Arpa sul monitoraggio di pfas nell’aria e nell’acqua della Fraschetta. Ad agosto 2022 c’è stato quello sul monitoraggio delle acque di falda, con la scoperta di pfas presenti oltre la barriera idraulica. Ad aprile di quest’anno, da uno studio della regione Piemonte, è emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico. Poi c’è lo studio dell’Università di Liegi, con criticità e valori anomali tutti da confermare. Inoltre, è in corso lo studio “Scenarios”, promosso dall’Università del Piemonte Orientale, che coinvolte 24 strutture europee, compreso l’Ospedale di Alessandria, che vuole far luce sugli pfas”.>>

L’ASL di Alessandria fa acqua da tutte le parti.

PFAS nei pozzi d’acqua potabile? Ma Asl non ci fornisce i dati

Controlli puntuali, e i tecnici scrivono: “Sforamenti puntuali nel tempo dei valori soglia”

23 Settembre 2022  IL PICCOLO DI ALESSANDRIA MONICA GASPARINI

ALESSADRIA – Qual è la salute dei pozzi dell’alessandrino? Che tipo di controlli vengono effettuati? L’azienda sanitaria locale dispone analisi per la ricerca di PFAS sulle acque dei pozzi che riforniscono la rete idrica di Alessandria?

Ci sono pozzi che si trovano poco distante dall’area interessata dalla contaminazione, e alcuni lungo la traiettoria della falda e del fiume Bormida, per questo motivo abbiamo chiesto all’Asl quali sono i punti esaminati, quali sono le sostanze che vengono cercate (oltre ovviamente a quelle previste per legge la potabilità dell’acqua) e, soprattutto, quali sono i risultati di questi due anni di controlli.

Non siamo ancora riusciti a farci consegnare il dato numerico dei risultati di quei campioni, sembra che in questi due anni i report non siano ancora stati compilati in modo comprensibile. Abbiamo avuto rassicurazioni, però, che nell’arco di due settimane potremo averli e quindi pubblicarli.

La risposta di Asl. Intanto, di seguito, pubblichiamo la risposta che Asl ci ha inviato. Affermazioni che lasciano intendere come alcune sostanze siano state trovate nei pozzi controllati (non sappiamo quali, dove e in che misura) e che si siano verificati “sforamenti puntuali”.

“Il Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN) di ASL AL effettua il monitoraggio dei punti di prelievo della rete idrica della zona di Alessandria anche per PFAS e altri composti nocivi – scrivono – Le analisi vengono eseguite da ARPA e, ad oggi, evidenziano valori riferibili ad una contaminazione di fondo dell’ecosistema che viene considerata diffusa nei territori antropizzati.

Le attività di monitoraggio gestite dal SIAN consistono in un piano di campionamento ad hoc riferite ai PFAS, eseguito su base mensile che riguardano una serie di pozzi da cui vengono prelevate acque destinate ad essere immesse nelle reti idriche del territorio. I campionamenti prevedono sia l’acqua del pozzo prima di essere trattata dal gestore per la potabilizzazione, sia direttamente dalla rete idrica di distribuzione prima di essere consegnata all’utenza finale.

Tale piano di campionamento, condiviso con ARPA Piemonte, comprende anche pozzi che vengono campionati al fine di costituire un elemento di confronto per quei pozzi e quelle reti idriche in cui i contaminanti sono riscontrabili, seppur in minime tracce. Grazie a questa attività è anche possibile aumentare la precisione circa i confini delle aree in cui eventuali contaminanti possono essere presenti.

I parametri di valutazione dei dati che emergono dall’attività di monitoraggio sono costituiti sulla base delle indicazioni contenute nei pareri dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), emessi negli ultimi anni (2015 e seguenti), e delle agenzie ambientali e sanitarie di riferimento a livello globale.

​​Sulla base di tali indicazioni, sforamenti “puntuali” nel tempo dei valori soglia di specifici PFAS, vengono considerati nel contesto dell’andamento registrato nell’anno solare considerato“.

In penale le accuse di dolo a Solvay. Ma bisogna aprire anche cause civili per risarcire le Vittime.

In tutti gli esposti (ben 15) alla Magistratura di Alessandria depositati  fin dal 2009, ho sempre accusato Solvay del reato di dolo, ovvero volontà cosciente di arrecare danno altrui. E’ emblematico che in mensa l’acqua proveniva dal pozzo sotto lo stabilimento, quando l’azienda era pienamente  consapevole (occultando e contraffacendo  anche le informazioni alle autorità) che le concentrazioni del cancerogeno cromo esavalente (8203 ug/L) nelle acque sotterranee erano talvolta più di 1600 volte superiori agli standard italiani. A tacere del PFOA e di altri 20 veleni. E’ emblematico che  dal rubinetto degli uffici al  piano terreno bevevo quell’acqua, mentre al piano superiore, riservato ai dirigenti, era apposto il cartello “acqua non potabile”. 

Nel nuovo processo l’accusa è emblematica quando nel capo di imputazione si parlerà di PFAS. Per sintesi, facciamo riferimento alla recente indagine svolta dalla équipe d’ #Investigation) ,  dalla quale  emerge che Solvay ha contaminato le popolazioni italiane e americane con i Pfas: i documenti interni del gigante chimico mostrano che l’azienda belga ha perfino sostituito i Pfas controversi con altri altrettanto tossici e cancerogeni. La multinazionale lo sapeva e ha continuato a usarli per più di 15 anni.

Anzi, Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di  2938 µg / l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10  µg /l (In USA  il limite di legge delle acque potabili è 0,016  µg /l.)  Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902  µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni  pfas ADV e C6O4.

Infatti, ancor prima di aver smesso di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei  topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati  all’EPA, mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).

Sul suolo americano, Solvay deve affrontare 25 cause legali. Si riferiscono tutte all’uso di PFASQualche mese fa il tribunale ha emesso una ordinanza che  permette di intentare un’azione collettiva per milioni di persone il cui sangue contiene PFAS.  Al punto che il 20 giugno 2022, Solvay ha annunciato con grande clamore la sua intenzione di eliminare gradualmente l’uso di PFAS a livello globale entro il 2026. Decisione fasulla per Spinetta, che abbiamo già drasticamente commentato (clicca qui Senza il Disegno di legge Crucioli, la strategia della Solvay è vincente.ma che diventa vincente senza il DDL che mette al bando i Pfas in Italia.

In Italia due processi penali (Alessandria e Vicenza) si occupano (anche) di Pfas. E’ tempo di aprire processi civili, ispirandoci  a quelli americani.

Recentemente abbiamo pubblicato la lunga storia delle indagini epidemiologiche sul territorio di Alessandria, in particolare sulla Fraschetta, dove sorge il polo chimico di Spinetta Marengo. A confermare i precedenti, l’ultimo, a  fine 2019, è uno studio epidemiologico pubblicato dall’ARPA, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, raccogliendo i dati dei ricoveri ospedalieri tra il 2001 e il 2017, e  confrontando la popolazione del sobborgo spinettese  con quella del vicino capoluogo di Alessandria situato a più di 3 km di distanza. Gli abitanti di Spinetta, a partire dai bambini, corrono un rischio maggiore di sviluppare malattie endocrine, tumore al fegato, tumore ai reni, ipertensione, malattie respiratorie, patologie cardiovascolari eccetera. Il nesso causale, tra le sostanze chimiche Solvay e le malattie,  è confermato dall’ Indagine del sangue della popolazione effettuata dall’Università di Liegi (clicca qui Le analisi del sangue parlano chiaro: la popolazione di Spinetta Marengo è contaminata da Pfas.).

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Con l’Università di Liegi a Spinetta Marengo

Vergognosa ordinanza del sindaco di Alessandria.

Sostanze ad alto rischio tossico e cancerogeno, composti organo clorurati, in particolare Cloroformio, Tetracloruro di Carbonio, Tetracloroetilene e Tricloroetilene  da tempo provengono dalla falda e migrano dal suolo sotto le abitazioni attorno alla Solvay? L’Arpa li campiona e l’Asl ne allarma la dannosità per i soggetti esposti?

Studi epidemiologici (Università di Liegi) misurano l’avvelenamento dei tossici e cancerogeni Pfas nel sangue della popolazione?

Ebbene, Giorgio Abonante emette una ordinanza, come gli compete quale massima autorità sanitaria locale.

Ordina alla Solvay di sospendere da subito le produzioni che originano i suddetti inquinamenti, chiuderle in attesa di eventuali  ulteriori e specifiche indagini? Ordina analisi del sangue di massa?

Invece no, l’ordinanza dirama alle famiglie già di mezza Spinetta  delle  misure di precauzione  da adottarsi nei locali interrati di pertinenza delle loro abitazioni, una più grottesca dell’altra: non andare in cantina, tantomeno a fumare o a consumare cibi, procurarsi dei ventilatori, non custodirvi altre sostanze chimiche, non riscaldarle, non fare buchi sul pavimento, non tinteggiare le pareti… Pazzesco.

Vergognoso. Stiamo parlando di un Comune che per anni niente affatto sta obbligando Solvay alle efficaci definitive bonifiche, né a tal fine indirizza all’Arpa adeguate  campagne di monitoraggio sulle matrici ambientali acqua-aria-suolo dei composti clorurati e fluorurati, e neppure all’Asl di epidemiologia, men che meno ordina analisi del sangue di massa ai cittadini e ai lavoratori.

Allegata (clicca qui) l’ordinanza pilatesca: chi non la ritiene vergognosa alzi la mano.

Pfas anche in Toscana: fiumi e mari. Vanno fermati in tutta Italia con il Disegno di legge Crucioli.

L’inquinamento da Pfas in Toscana è legato principalmente ai distretti tessile, vivaistico e conciario: nelle acque superficiali  è presente una contaminazione bassa ma diffusa mentre nelle acque sotterranee  si inizia a evidenziare la loro presenza. Anche in Toscana dunque, dopo Veneto Piemonte Lombardia (Miteni di Trissino e concerie, Solvay di Spinetta Marengo e Bollate), i Pfas sono ritrovati da ARPAT nel Serchio, nel Versilia, nell’Usciana, nell’Elsa, nel Bisenzio e nell’Ombrone.

Inoltre, dalla Versilia a Capalbio, dal 2020 al 2022, da Arpat sono stati ritrovati a varie concentrazioni di Pfas in tutti i delfini piaggiati  lungo il litorale toscanoche tra l’altro attestano  una capacità di questi inquinanti di attraversare la membrana encefalica, come dalle analisi dell’università di Siena insieme ai veterinari dell’Izslt che compiono la necroscopia, acquisendo anche i parametri morfometrici di base (lunghezza totale, peso, sesso, età) e codificando lo stato di conservazione.

Nessuna sorpresa, perché questi tossico cancerogeni -indistruttibili e accumulabili negli organismi viventi- imperversano soprattutto acqua-aria-suolo delle aree circostanti i siti di produzione e lavorazione.  Ma non solo. Sono ovunque nell’ambiente perché i Pfas vengono impiegati dagli anni cinquanta nelle lavorazioni di numerosi prodotti di largo consumo giornaliero: pentole antiaderenti teflon, impermeabilizzanti per tessuti goretex; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi eccetera.

Contro questa calamità mondiale (neppure l’acqua piovana  è più potabile) Vi è una unica soluzione definitiva in Italia: l’approvazione (ormai per la prossima legislatura, ammesso che qualche forza politica lo riproponga) del  Disegno di Legge del senatore Mattia Crucioli (clicca qui) che detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti,  insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Solvay: tutte le istituzioni sapevano del sangue contaminato dei lavoratori.

L’indagine epidemiologica dell’Università di Liegi (clicca qui) è contestata da Solvay. Questi i punti salienti della sua replica del 18 agosto 2022, che commentiamo punto per punto.

“Dal 2004 Solvay effettua il biomonitoraggio di tutti i lavoratori potenzialmente esposti ai PFAS …”.

E’ la prima volta che Solvay fa pubblicamene questa ammissione. Le analisi del sangue privatamente eseguite dall’azienda erano state rivelate dal nostro esposto in magistratura nel 2009, documentate con alcuni referti dei valori inusitati di PFOA rilevati, chiedendo perciò analisi pubbliche sia per i lavoratori che per i residenti.

“I risultati delle analisi vengono comunicati annualmente in modo dettagliato e trasparente a tutti i dipendenti e alle rappresentanze sindacali, oltre che agli Enti pubblici di controllo competenti.”

La rivelazione è clamorosa. Comune, Asl, Arpa, Provincia, Regione, sarebbero stati in possesso dei dati da otto anni. Non ne avrebbero mai fatto cenno alla popolazione  per rassicurarla o, viceversa, per avviare indagini sierologiche pubbliche per lavoratori e dipendenti. L’affermazione è sconcertante rivolta all’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi.

“I risultati di più di 5.000 analisi non destano alcuna preoccupazione dal punto di vista clinico-tossicologico. La sorveglianza medica pluriennale, continua e costante dei dipendenti non indica correlazioni con effetti patologici associati all’esposizione professionale ai PFAS.”.

Questa indagine epidemiologica -tale è definibile perché mette in relazione i valori ematochimici con le eventuali malattie (insomma il rapporto causa/effetto)- andrebbe portata a conoscenza del mondo scientifico internazionale, perché contesta l’infinità di studi che hanno dimostrato la correlazione dei Pfas con le più gravi patologie: al sistema immunitario, infertilità, gravidanza, interferenti endocrini, cancri  ai tesaticoli  eccetera. A maggior ragione perché le analisi Solvay si riferiscono al PFOA, messo al baldo dalla Convenzione di Stoccolma per la sua indiscussa morbilità. Solvay non solo avrebbe controllato i valori Pfas nel sangue  ma anche provveduto alle visite mediche di ogni specialità clinica. E tutti i lavoratori sarebbero risultati in piena salute. 

“Ricordiamo inoltre che Solvay ha recentemente annunciato l’impegno per eliminare volontariamente l’uso dei fluorotensioattivi (un tipo di PFAS utilizzato come additivo) globalmente: entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi presso il suo stabilimento di Spinetta Marengo (AL)“.

Uno scrupolo che sarebbe… eccessivo alla luce della situazione idilliaca descritta. In realtà si tratta dell’ennesima menzogna.  Rivelatrice del dolo di questa azienda. Infatti ho depositato un esposto alla procura di Alessandria (clicca qui).  Il quattordicesimo.

Lino Balza Movimento di lotta perla salute Maccacaro.

Cloroformio nelle cantine: chiudere le produzioni o le cantine?

L’Arpa ha riscontrato cloroformio e altri inquinanti non solo sparati dalle ciminiere ma anche la loro presenza  nelle cantine delle abitazioni di Spinetta Marengo: la falda che scorre sotto il sobborgo rilascia i veleni addirittura in superficie e lo fa, secondo gli studi e le analisi di Arpa, introducendo i suoi vapori anche attraverso le fondamenta delle case. “Sicuramente interverremo,” promette il sindaco Giorgio Abonante “porremo delle condizioni di uso delle cantine in modo tale che le persone sappiano che se non le rispettano rischiano la salute”. Abbiamo capito bene? Il sindaco non ha intenzione di vietare a Solvay gli scarichi in falda degli inquinanti bensì di disciplinare l’accesso delle cantine agli abitanti. Distribuendo cartelli “PERICOLO DI CLOROFORMIO. MUNIRSI DI MASCHERINE ” da apporre all’ingresso delle cantine?

Inquinamento, il mistero del cromo esavalente nel pozzo: vietato l’uso dell’acqua.

Cromo esavalente nel pozzo di cascina Montemerla, a Tortona. Lo hanno rilevato i campionamenti dell’Arpa e la quantità era tale da dover vietare l’uso dell’acqua. Il cromo esavalente è considerato uno dei più pericolosi inquinanti e in grado di diffondersi rapidamente essendo solubile. L’amministrazione comunale, insieme a Gestione Acqua, ha fatto arrivare acqua potabile alle due famiglie e a giorni sarà installata anche una cisterna poiché i tempi per risolvere questo nuovo problema ambientale non saranno brevi. Da dove arriva il cromo esavalente? Comune e Arpa al momento non hanno alcuna certezza. Clicca qui Giampiero Carbone su La Stampa.

Per quanto riguarda la dubbia origine del tossico e cancerogeno,  sarebbe geologicamente  clamoroso che fosse da una falda proveniente da Spinetta Marengo, dove Solvay ha subìto condanna in Cassazione per inquinamento falde e omessa bonifica, bonifica per altro ad oggi non ottemperata.   

L’effetto soporifero della Solvay sulle amministrazioni di Alessandria.

Cambierà qualcosa dopo il cambio di colore della Giunta di Alessandria? Quella di centrodestra per sette mesi era riuscita ad evitare interventi pur dopo essere stata allertata dall’Arpa che i campionamenti avevano evidenziato che il Cloroformio della Solvay non solo era (tra gli altri gas) nell’aria all’interno e all’esterno dello stabilimento  ma saliva perfino dalle cantine delle case di Spinetta Marengo. A sua volta l’Asl aveva rilanciato l’allarme sulle gravi conseguenze per la popolazione, ma il Comune aveva impedito ogni tavolo tecnico per affrontare l’emergenza e monitorarla ulteriormente. Clicca qui.

Il nuovo sindaco Giorgio Abonante non era  preparato a vincere le elezioni (con la fiducia di 1 alessandrino su 5) e neppure si era mostrato preparato ad affrontare la questione Solvay, ed ora è impegnato a inventare una squadra e a contrattare gli assessorati. Perciò il tempo continua a trascorrere, sulla pelle dei cittadini. Diciamo che lo storico effetto soporifero della Solvay sui politici è indotto dal… Cloroformio.

Non c’è paragone di serietà ed efficienza tra l’Epa e le Arpe. Esempio i PFAS.

Cioè tra l’ EPA Agenzia per la protezione dell’ambiente del governo federale degli Stati Uniti, e l’ISPRA Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale con le ARPA regionali.

Afferma l’EPA: “Affrontare la contaminazione da PFAS è una parte fondamentale della missione dell’EPA di proteggere la salute umana e l’ambiente. Questa importante missione non può essere raggiunta senza comunicare efficacemente con le comunità, gli individui, le imprese, i media e i partner, statali e locali sui rischi per la salute noti e potenziali associati a queste sostanze chimiche. Quando l’EPA comunica il rischio, l’obiettivo dell’Agenzia è fornire informazioni significative, comprensibili e utilizzabili a molti destinatari”.

“Nuove informazioni scientifiche evidenziano sempre più che gli effetti negativi sulla salute possono verificarsi a livelli di esposizione alle sostanze chimiche PFAS PFOA e PFOS molto più bassi di quanto si pensasse in precedenza. L’EPA è impegnata in approcci basati sulla scienza per proteggere la salute pubblica dall’esposizione a queste sostanze chimiche, anche aggiornando rapidamente gli avvisi sulla salute dell’acqua potabile con nuovi approcci sottoposti a revisione paritaria e sviluppando rapidamente regolamenti nazionali sull’acqua potabile primaria per questi contaminanti”.

“Comunicare sugli effetti sulla salute dell’esposizione ai PFAS è impegnativo, ma è importante affermare chiaramente che esiste un corpo di ricerca sostanziale e in crescita che indica che i PFAS sono dannosi per la salute umana. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, gli  studi sulla salute umana hanno già dimostrato che i PFAS possono influenzare la crescita, l’apprendimento e il comportamento di neonati e bambini più grandi, ridurre le possibilità di una donna di rimanere incinta, interferire con gli ormoni naturali del corpo, aumentare i livelli di colesterolo, influenzare il sistema immunitario e aumentare il rischio di alcuni tipi di cancro.”

Pfas allarme mondiale. In Usa nuovi limiti di mille volte più bassi.

Sempre maggiore l’allarme. Precedendo la pubblicazione del regolamento nazionale sulla potabilità delle acque, prevista per l’autunno di quest’anno, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha annunciato quali saranno i nuovi limiti per le sostanze perfluoro alchiliche, cioè gli ormai tristemente noti (e ubiquitari) Pfas. L’avviso sanitario, di valenza transitoria, riduce drasticamente le concentrazioni accettabili degli acidi Pfoa e Pfos che passeranno dalle attuali 70 parti per trilione per entrambi a 0,004 e 0,02 parti per trilione, rispettivamente. Prime misure anche contro i derivati più moderni che stanno sostituendo i Pfas.

Insomma, stabilire 0.004ppt ossia 0.004ng/L. per il PFOA: praticamente è come dire che non deve esserci! Che senso ha che in Veneto lo “zero tecnico”, che è definito come un limite strumentale, si ferma a 5ng/l. Zero limiti inoltre deve valere per l’intera classe dei PFAS, non per singola molecola.

Limiti zero è quanto si propone il disegno di legge presentato dal senatore Mattia Crucioli, fortemente osteggiato dalla Confindustria perchè  detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia, superando l’insufficiente regolamentazione europea. Vieta la produzione (dunque li chiude a Spinetta Marengo ), vieta la commercializzazione (della monopolista Solvay dunque),  vieta l’uso (alle concerie dunque)  di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili  e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti,  insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

La questione Pfas è all’ordine del giorno. “L’ExtraTerrestre”, il settimanale ecologista del Manifesto, le ha appena dedicato una ampia inchiesta di Maria Cristina Fraddosio (clicca qui un articolo che cita le nostre posizioni). Per un approfondimento è disponibile per chi ne fa richiesta il Dossier “Pfas. Basta!”:  una piccola enciclopedia che in oltre 430 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021-2022 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comuni, Provincie, Regioni, Governi, Asl, Arpa, Sindacati, Magistratura e Giornali.

Pomigliano d’Arco terza area più inquinata in Europa centrale.

Tra le migliaia di stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria presenti in Europa, l’Arpac – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania e l’European Environment Agency hanno stimato che l’area di Pomigliano d’Arco è tra le tre aree più inquinate in Europa centrale per media giornaliera. 

Per capire il livello d’inquinamento è presente una legenda sul sito di Aqicn in cui si presentano cinque colori che rappresentano l’indice di qualità dell’aria: buono (verde), moderato (giallo), malsano per gruppi sensibili (arancione), malsano (fucsia), molto malsano (viola) e pericoloso (vinaccia).
L’area di Pomigliano d’Arco (secondo i valori attuali ndr.) presenta un valore numerico di media pari a 187 ma, in meno di un’ora, l’indice è salito a 201.

Con i suoi 42mila abitanti circa, Pomigliano d’Arco è un comune della città metropolitana di Napoli famoso per il suo polo industriale, tra i più grandi e sviluppati dell’Italia meridionale. Nell’area industriale sono presenti, tra gli altri, lo stabilimento Gian Battista Vico di Stellantis, il centro Elasis, lo stabilimento della Leonardo (ex Alenia Aermacchi) e quello dell’Avio (General Electric), oltre ad aver ospitato negli anni sessanta il primo aeroporto della Campania.
Da sottolineare che vicino l’area di Pomigliano c’è anche il polo industriale di Acerra. Entrambe le zone, sembrerebbero – secondo i dati – le principali artefici dei livelli inquinati dell’aria in Campania.

Pfas. Funzionari Arpa in aula come testimoni o come imputati?

Le vicende processuali Pfas di Alessandria e Vicenza si incrociano e appaiono paralleli i comportamenti  delle Agenzie Regionali di Protezione Ambientale del Veneto e del Piemonte. Solo di recente si intravvede un ravvedimento  ma  per lustri le condotte omissive dell’Arpa piemontese a favore della Solvay di Spinetta Marengo  sono state oggetto delle nostre pubbliche critiche.  Analogamente  per quanto riguarda l’Arpa veneta nei confronti della Miteni di Trissino, al punto che ci si chiede se oggi essa in tribunale dovrebbe sedere sul banco degli imputati piuttosto che comparire fra i testimoni.

Infatti, nella relazione della Commissione parlamentare Ecomafie, il nuovo Procuratore vicentino aveva evidenziato che i carabinieri NOE avevano accertato che la negligente Arpav addirittura preavvertiva Miteni delle  presunte ispezioni, contribuendo attivamente quindi ad eluderle,  ma che poi il trascorso PM aveva inspiegabilmente archiviato la denuncia e i gravi reati di favoreggiamento e smaltimento rifiuti.

L’Arpav dunque sarebbe stata collusa con i vertici e i dirigenti di Miteni, Mitsubishi e Icig, accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, disastro innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e bancarotta fraudolenta. L’inquinamento delle falde si è protratto senza soluzione di continuità quanto meno dal 1966 fino  al fallimento della ditta di Trissino, nel 2018.

Siccome l’inchiesta è stata archiviata (ma si chiede di riaprila),  Alessandro Bizzotto,  già responsabile Arpav  del servizio controlli del dipartimento di Vicenza e dell’area di Arzignano,  sarà ascoltato in aula come un comune testimone nel  dibattimento davanti ai dieci giudici della  Corte d’Assise presieduta da Antonella  Crea (giudice a latere Chiara Cuzzi). Una giuria composta in maggioranza da donne: c’è maggiore speranza nella giustizia. 

Frattanto la situazione sul piano ambientale e su quello della salute si aggrava. Oltre al fatto che non esistono prospettive certe per la bonifica, si infittiscono gli studi internazionali (per ultimo il poderoso studio europeo Edc-MixRisk) consultabili sul nostro Sito www.rete-ambientalista.it .

Pfas non solo nelle falde ma anche in atmosfera nel cocktail dei veleni tossico cancerogeni.

Un cocktail strettamene correlabile alle rilevanti eccedenze di patologie anche tumorali emerse dalle indagini epidemiologiche condotte sulla popolazione della Fraschetta. Si tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati  possono raggiungere i 110 kg. A loro volta, i Pfas superstiti oggi sono ADV7800 e cC6O4: solo di quest’ultimo l’Arpa ha svolto campionamenti  su acque di condensa con risultati estremamente allarmanti: 5060 nanogr/litro da confrontarsi con il limite proposto nel collegato ambientale di 500 nanogr/litro.

Il cloroformio è solo uno dei cancerogeni clorurati e fluorurati scaricati in atmosfera dalla Solvay: tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica , composti Iodurati, Zn, Idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, composti fluorurati. Ad esempio, nell’ultima campagna di monitoraggio novembre-dicembre dell’Arpa, si conferma che il cloroformio è stabilmente presente e in aumento:  all’interno della Solvay e attorno allo stesso polo chimico. 

Giallo Pfas, uno spettro aleggia su Arpa e magistrati.

Chissà se la Procura di Alessandria si sta ispirando al processo di Vicenza, perché anche nel capoluogo piemontese negli anni passati opacità sono state adombrate al cadere nel vuoto dei nostri esposti in magistratura ed enti di controllo.

Tremano i corridoi: una annotazione bollente redatta dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico potrebbe inguaiare l’agenzia ambientale e alcune toghe mentre si vocifera di pressioni «indicibili» e di un fascicolo inaccessibile che toglie il sonno a pezzi da novanta dell’economia, della politica e delle istituzioni, che temono che quel faldone d’inchiesta «stranamente» archiviato possa a trasformarsi «in un vaso di Pandora». All’origine c’è l’indagine Noe sui controlli che Arpa Veneto preannunciava tempestivamente alla Miteni di Trissino affinchè risultasse “pulita”,  e il relativo carteggio che potrebbe mettere in guai seri i funzionari di Arpav  ma anche i magistrati che l’hanno archiviato.

Quel carteggio si lega indissolubilmente alle conclusioni cui, sull’affaire Pfas, è giunta in sede parlamentare la Commissione bicamerale Ecomafie: le ipotesi di reato erano da brivido perché più soggetti a vario titolo erano finiti sotto indagine per “rivelazione di segreto d’ufficio, abuso in atti d’ufficio, rifiuto in atti d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici commesso dal pubblico ufficiale, favoreggiamento personale”. Dunque l’archiviazione appare strana. Tanto che sia la condotta dei funzionari pubblici quanto quella dei magistrati potrebbero  essere bersaglio di un esposto in sede penale da parte degli ambientalisti e oggetto di confronto in sede di Commissione giustizia. Su questa vicenda, infatti, gravano ombre dal passato: gli esposti nel 2017 e 2018 di “La terra dei Pfas” e “Greenpeace” caduti nel vuoto.

Chi vuole approfondire clicchi qui.

Commissione Ecomafie: “Pfas emergenza nazionale, serve una legge del governo”.

È allarmante la relazione approvata dalla Commissione d’inchiesta Ecomafie sulla diffusione dei Pfas in Italia: sono un problema nazionale e vanno affrontati con una legge che ne vieti la diffusione nell’ambiente.

Le situazioni più critiche sul fronte di questo gravissimo inquinamento industriale si trovano in Veneto e in Piemonte, con decine di migliaia di persone avvelenate per decenni. In Veneto la Miteni di Trissino è chiusa mentre in Piemonte la Solvay di Spinetta Marengo produce e inquina a tutto spiano. Nelle aree attigue le due aziende, la contaminazione è ancora oggi fuori controllo. Lo conferma Arpav in Veneto, con picchi di Pfas rilevati anche a marzo 2021 nei piezometri di Trissino, lo conferma Arpa Piemonte che continua a rilevare cC6O4 nei terreni, nella falda e nell’atmosfera. Miteni e Solvay sono accomunate anche dal fatto di essere incriminate in due processi ad Alessandria e Vicenza.

Ma la Commissione ha accertato che la diffusione dei Pfas si riscontra in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle Regioni del Nord e nel bacino del Po, ma anche in Toscana e in Lazio, dove le Arpa sonnecchiano più che altrove.  

Il governo Draghi, e in particolare il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, se il loro mandato durerà oltre il voto per il Quirinale, dovranno mettere urgentemente mano a una materia su cui gli esecutivi Letta, Renzi, Gentiloni e i due Conte, hanno latitato.

Clicca qui Il Fatto Quotidiano.

Clicca qui L’Avvenire.

Solvay Alessandria. Relazione Ecomafie incompleta.

La Commissione parlamentare Ecomafie, con voto unanime, chiede l’intervento del governo affinchè fermi la produzione e l’utilizzo dei Pfas nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo. Azione necessaria  in quanto la Provincia di Alessandria, benché invitata -nella imminente “Conferenza dei servizi” del 27 gennaio- a ritirare l’illegale autorizzazione (AIA del 2021) di 60 tonnellate annue di C6O4, è assodato che agisce per conto della Regione Piemonte, e che a sua volta la Regione esegue per conto della multinazionale Solvay. Stante inoltre la complicità del Comune, anch’esso a guida della Lega.

Infatti la Regione non finanzia all’Arpa i biomonitoraggi ambientali e sanitari, in particolare tramite completamento delle già drammatiche indagini epidemiologiche e con speciale attenzione alla presenza di Pfas nel sangue dei lavoratori e dei cittadini (da noi rivendicate almeno dal 2009 anche con tanto di esposti alla magistratura). Malgrado il freno a mano, e gli arbìtrii nei controlli, l’Arpa ha comunque evidenziato (vedi mappe prodotte) l’espansione del C6O4 delle falde acquifere superficiali e profonde: con crescente avvelenamento a decine di chilometri dallo stabilimento, avendo perfino la Provincia consentito di cento volte  il superamento dei limiti indicati dall’Istituto Superiore della Sanità e tendenti allo zero (zero assoluto, secondo noi). Non sfugge alla Commissione l’impatto sull’intero bacino Padano. E neppure che in presenza di Pfas è pericolosa perfino la vaccinazione anti covid.

I PFAS sono emessi da Solvay anche nell’atmosfera di Spinetta. Implementa la Relazione Ecomafie l’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi (clicca qui): “I Pfas forniscono il loro contributo al cocktail di sostanze tossiche e cancerogene che gli abitanti della Fraschetta si respirano H24. Si tratta di centinaia di chili emessi ogni giorno visto che i soli composti fluorurati  possono raggiungere i 110 kg: vedi i dati dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata dalla Provincia nel 2010. Addirittura l’AIA non prescrive nulla per i PFAS, i quali quindi vengono emessi in atmosfera senza passare attraverso sistemi di depurazione in rilevanti concentrazioni: come lo provano le indagini condotte da ARPA nei primi mesi del 2020”.

Lombardi nella sua relazione al convegno di Legambiente aveva concluso: ”Solvay sorge nel cuore di un centro densamente abitato sul quale esercita un impatto ambientale estremamente negativo ed inoltre è «sito Seveso» a rischio di incidente disastroso. In tali condizioni è arduo se non impossibile garantire sicurezza e salute a popolazione e lavoratori. L’unica soluzione auspicabile per coniugare salute e lavoro è la chiusura delle lavorazioni chimiche e la trasformazione del sito in Centro di Ricerche per bonifiche ambientali ‘non produttivo’ e quindi non inquinante e non pericoloso”.

La drammatica situazione sanitaria e ambientale di Alessandria è oggetto delle nostre lotte e materia del procedimento penale avviato per  disastro ambientale e omessa bonifica. Se ne è occupata di recente anche  l’ispezione Onu. Il disastro, oltre alla Commissione Ecomafie, preoccupa soprattutto le popolazioni alessandrine… e anche l’opinione pubblica con sensibilità più (clicca qui) o meno (clicca qui) marcate. 

 

Non esistono tecnologie di smaltimento del pfas C6O4.

Dunque, secondo tutte le Arpa, nei territori veneti, piemontesi e lombardi  i Pfas C6O4 scorrono nei corsi d’acqua, nelle acque sotterranee e nelle falde. Attualmente è imputata la Solvay, che a Bollate ha gli impianti di ricerca per la tossica e cancerogena sostanza, e a Spinetta Marengo la produce scaricandola fino al Po.

Il C6O4,  miscela multi-componente di diastereoisomeri del composto ammonio di fluoro acetato,  classificata  come “PFAS di nuova generazione”,  ha appunto gli stessi effetti del tristemente famoso Pfoa, ma trattandosi di una molecola più corta gli organismi vegetali e animali (compreso il nostro) la assorbono più rapidamente.

A maggior ragione, si è posto dunque il problema di chiudere gli impianti autorizzati dalla Provincia di Alessandria, ma anche l’altro grande  scoglio riguarda lo smaltimento dei Pfas: praticamente impossibile al momento. Laura Valsecchi, ricercatrice del CNR, è  chiara: “Il C6O4, non dovrebbe essere prodotto visto che non esistono tecnologie di smaltimento”.

Insomma, si tratta di un problema gravissimo e urgente per la salute degli italiani oltre che per l’ambiente. Ancora una volta multinazionali come la Solvay continuano ad arricchirsi mettendo a rischio interi territori. E governo e istituzioni locali non intervengono, quando non sono addirittura complici.

Il Bisfenolo della Solvay senza autorizzazione e monitoraggi.

Dannoso  anche a bassissime dosi.

Il Movimento di lotta per la salute Maccacaro ha denunciato, anche con esposti alla magistratura https://www.edocr.com/v/rkl0edx8/bajamatase/esposto-4-bisfenolo  , l’utilizzo nello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo del Bisfenolo: “…questa sostanza senza autorizzazione AIA è da parte della  multinazionale belga -tra i principali produttori nel mondo di Bisfenolo-  ben conosciuta da decenni e volutamente non evidenziata per la sua pericolosità all’ARPA, la quale infatti non l’ha mai cercata nelle analisi a tutela (ASL) della salute delle popolazioni”.

 Orbene, la recente  Direttiva UE 2020/2184, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, cambia la normativa per l’analisi delle acque potabili al fine di monitorare sostanze e composti classificati come contaminanti emergenti che rappresentano  rischio per la salute umana.

In particolare, stabilisce: “Il Bisfenolo (A) è una sostanza chimica usata per produrre plastiche e resine. E’ da anni classificato come interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo dell’organismo. L’esposizione a questa sostanza chimica di sintesi è stata correlata in alcuni studi con la comparsa di malattie o disturbi quali infertilità, obesità diabete e cancro. Il limite è stato fissato a 2.5 ug/l” (2,5 milionesimi di grammo per litro d’acqua).

Per Solvay l’Arpa conferma l’allarme cloroformio dell’Igiene Pubblica Asl.

Confermate  due verità.  La prima è che il cloroformio è stabilmente presente e in aumento a fine anno 2021:  all’interno della Solvay  (nell’area di stoccaggio si è passati da 63.1 microgrammi al metro cubo di maggio-giugno ai 277 di settembre) e attorno allo stesso polo chimico.  La seconda è che questo cancerogeno si sposta  in base alla direzione del vento e dunque le concentrazioni cambiano da via a via dell’abitato di Spinetta Marengo,  nonché di volta in volta a sud ovest (frazione Molinetto), e/o a  nord-est (verso di sobborghi alessandrini di  Lobbi, Filippona e San Giuliano Nuovo) e/o a nord-ovest  (Comuni di Castellazzo Bormida e Casal Cermelli), infine da verificarsi verso il centro urbano di Alessandria.

Il cloroformio è solo uno dei cancerogeni clorurati e fluorurati scaricati in atmosfera dalla Solvay: tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene,  acido fluoridrico, acido cloridrico, ammoniaca, alcoli, anidride fosforica (P2O5), composti Iodurati (C4F8I2), Zn, Idrossido di potassio, NOx, SOx, polveri, composti fluorurati. Questo elenco è tratto dall’autorizzazione AIA 2010 concessa a Solvay dalla Provincia di Alessandria: ogni giorno dalle 72 ciminiere e camini  vengono immessi nell’aria più di 100 Kg di composti fluorurati (40 tonnellate all’anno); a questi si aggiungono le altre sostanze elencate e le cosiddette “emissioni fuggitive” cioè le 15.000 piccole e grandi perdite che accusano gli impianti. Per la maggior parte di queste sostanze non è definito un valore limite in quanto non è previsto che le persone debbano vivere respirando tali composti di sintesi che non esistono in natura. E infatti correttamente ASL non menziona limiti di sorta ma enfatizza la pericolosità dell’esposizione, esempio il cloroformio.

Se tra le matrici ambientali consideriamo in termini esponenziali oltre all’aria anche acqua e suolo, a buon conto si consolidano le richieste di chiusura degli impianti Solvay: clicca qui  Anche Legambiente chiede la chiusura della Solvay di Alessandria | Notizie in Controluce. Diranno la loro le popolazioni con il Referendum popolare.

Solvay e Miteni producevano C6O4 prima di ottenere l’autorizzazione.

Per la Miteni di Trissino l’autorizzazione arrivò solo nel 2014: se ne sta dibattendo al processo di Vicenza. Per la Solvay di Spinetta Marengo se ne occuperà il tribunale di Alessandria con un ritardo di almeno 14 anni, da poi che il C6O4 l’avevo denunciato con un primo esposto addirittura nel 2009. Già in quell’anno ragguagliavamo -con dati scientifici internazionali-  la nocività dei tre Pfas: PFOA (presto eliminato), C6O4 e ADV, cioè di sostanze tossiche e cancerogene persistenti nell’ambiente, metabolizzati dal corpo umano, bioaccumulabili. Denunciavamo gli scarichi nelle acque e la contaminazione nel sangue dei lavoratori. Sia Miteni che Solvay erano perfettamente coscienti dei danni prodotti ai lavoratori e ai cittadini, e li nascondevano.  In Veneto il nostro allarme fu colto solo a Miteni chiusa. Ad Alessandria la Provincia ha fatto finta di non conoscere che Solvay da anni produceva C6O4 senza autorizzazione  e addirittura nel 2021 gli ha concesso AIA Autorizzazione Integrata Ambientale con un aumento della produzione pari a 60 tonnellate l’anno.

Mentre il Governo aveva promesso -senza mantenere- “Limiti Zero Pfas”, solo a ottobre 2021 la Regione Piemonte ha fissato i valori limiti allo scarico dei Pfas nei corpi idrici superficiali (fiume Bormida cioè fino all’Adriatico), limiti peraltro cinque volte maggiori di quelli veneti fissati nel 2014 (0,5 microgrammi per litro); anzi la Regione regala a Solvay per adeguarsi altri nove mesi di tempo rispetto all’autorizzazione AIA del febbraio 2021.

La situazione è ulteriormente drammatica considerando che le analisi svolte da ARPA rilevano cC6O4  e  l’ADV  che in abbondanza fuoriescono dallo stabilimento Solvay e contaminano  non solo Spinetta ma in progressione  tutti  i  territori  idrogeologicamente  a  valle del sito.

Di conseguenza, Legambiente  ha  presentato  ricorso  al TAR  in cui chiede  l’annullamento  della  autorizzazione di  Solvay per produzione  e utilizzo  di ADV e cC6O4 per 5 motivi  di illegittimità; nonché ha inviato a Solvay (e per conoscenza alla Procura della Repubblica) formale diffida a  rendere  pubbliche  le  informazioni  ambientali  e  sanitarie,  a cessare l’immissione  di inquinanti  nell’ambiente riducendo  i rischi di incidente rilevante, a  bonificare  l’area  dagli  inquinanti  pregressi. Clicca qui. Nella sostanza stiamo parlando di chiusura degli impianti.

Il cancerogeno Cloroformio è in aumento nell’atmosfera di Alessandria. Chiudere impianti Solvay.

Già famoso per il “picco” del 2009, spesso balza agli onori delle cronache per le sue “fughe” sul territorio del martoriato alessandrino. Per l’incremento dell’ultimo biennio, il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Al, a firma dei due medici dirigenti, con un documento ora lancia un nuovo allarme agli Enti locali, notoriamente “cloroformizzati”, affinchè invece intervengano con urgenza ad individuare le sorgenti primarie e secondarie di rilascio di cloroformio della Solvay di Spinetta Marengo, eliminare le perdite alla fonte  e le contaminazioni nelle matrici acqua e terreni. I campioni sono stati prelevati in 15 punti dell’abitato di Spinetta, 4 all’interno del perimetro dello stabilimento, rilevando l’esposizione della cittadinanza, soprattutto bambini e gravide, e di tutti i lavoratori, non solo gli addetti agli impianti. I medici sollecitano anche la pubblicazione dei risultati relativi alla campagna di      monitoraggio effettuata dall’ARPA. Nel cocktail di sostanze tossiche e cancerogene, sottolineano, fa la sua parte il cloroformio – inalato e ingerito e anche assorbito per via cutanea – per gli effetti tumorali, sul sistema neurologico e disfunzioni epato-renale, infertilità, aborti e malformazioni.

Alla luce dell’ondata di cloroformio, l’ex assessore comunale Claudio Lombardi, che al convegno di Legambiente “Ultimatum a Solvay” nella sua relazione-requisitoria aveva dichiarato le condizioni ambientali e sanitarie di Alessandria insostenibili con la presenza dello stabilimento di Spinetta Marengo, ora chiede chiaramente di chiusura degli impianti.

Limiti zero Pfas nel sangue: non si discute!

Tira e molla e lascia andare. Si discutono i limiti di contaminazione dei PFAS nelle acque. Chi tira come noi: devono essere zero. Chi molla come i governi e le amministrazioni giocando sulle percentuali: 0,1 % si e no 0,5% sì e no. Chi come Solvay se ne frega dei limiti. Meno attenzione c’è sui limiti Pfas in atmosfera dimenticando che, in numerosa compagnia, dall’acqua i pfas vanno in aria e ritornano in acqua, passando nello stomaco e nei polmoni di uomini e animali, nelle foglie e nelle radici.

Non sarebbe  perciò ammissibile  non parlare  dei Pfas nel sangue. I Pfas sono veleni tossico cancerogeni che non esistono in natura, li ha inventati l’uomo. Dunque  gli zero virgola nel sangue sono avvelenamenti. Punto e basta.  Dove le analisi li rintracciano: dunque bisogna eliminare consumi e produzioni. Ma Solvay non vuole rinunciare ai profitti e continua in Spinetta Marengo a produrre C6O4 e ADV  con la complicità della provincia di Alessandria. Ciò è criminale quando il contesto sanitario è quello delle indagini epidemiologiche:  tumori a Spinetta sono  fino al 50% superiori rispetto al resto della città. Clicca qui La Stampa.

Da lustri, e da almeno 14 anni con formali esposti, sto chiedendo alla Magistratura di intervenire. Mi ripeterò venerdì 8 ottobre  al Convegno organizzato da Greenpeace, Legambiente e Movimento di lotta per la salute Maccacaro: una Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv) con interventi anche di esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di  Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente,  IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas.  Alla conferenza sarà propedeutica venerdì 1° ottobre alle ore 20,45 la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Continuano a crescere i Pfas (PFOA C6O4 ADV) nelle falde di Alessandria, sia all’interno che all’esterno della Solvay.

Valori di concentrazione altissimi nelle acque superficiali, sia nei valori massimi che nei minimi, e soprattutto per il cC6O4, ma già compromessi i sottostanti livelli intermedi e addirittura profondi. Attenzione. I valori soglia  “generosamente” (dovrebbero essere zero) indicati dal Ministero dell’Ambiente per il PFOA sono 0,5 µg/L e 0,1 µg per interazione acque superficiali. I valori soglia di cC6O4 e ADV -che dovrebbero essere ancora più bassi-  non sono presi in considerazione dal Ministero. 

I dati Arpa, riferiti alla campagna di monitoraggio di giugno-luglio 2021, evidenziano che all’interno del sito Solvay di Spinetta Marengo, per quanto riguarda il  livello più superficiale della falda (livello A): il  PFOA raggiunge il valore massimo di 68 µg/L (valore minimo 1,11 µg/L); il cC6O4 ha fatto registrare, tra i piezometri controllati da Arpa, la concentrazione massima di 739 µg/L (valore minimo 0,25 µg/L); in area interna è presente anche il composto ADV, con una concentrazione massima di 60 µg/L (concentrazione minima 0,24 µg/L). Limitatamente ai piezometri controllati da Arpa a dicembre 2020, i valori maggiori – nel livello più superficiale della falda (livello A) – erano stati registrati in uno stesso piezometro posto nel settore occidentale dello stabilimento (cC6O4 109, 41 µg/L e PFOA 21,7 µg/L). Rispettivamente, dunque,  di sette volte e di tre volte in più nel 2021 rispetto al 2020.  Addirittura un piezometro ha misurato 2 mg/l di cC6O4  !!

Per quanto concerne il livello intermedio dell’acquifero (livello B), i dati Arpa evidenziano internamente al sito la presenza di PFOA (valore massimo 0,47 µg/L), ADV (valore massimo 1,01 µg/L) e cC6O4 (valore massimo 0,45 µg/L). Infine, nel livello più profondo dell’acquifero (livello V), i dati Arpa mostrano presenza di ADV (0,15 µg/L) e cC6O4 (0,24 µg/L), valori che indicano una compromissione che sarà oggetto di ulteriore verifica.

Sempre più allarmante infine  il dilagare dei PFAS nel territorio all’esterno dello stabilimento:  nel livello più superficiale della falda il PFOA già supera abbondantemente e costantemente  il valore di 0,5 μg/L, il cC6O4 arriva a concentrazioni di  2,55 μg/L, il composto ADV-N2 a  concentrazioni  di 6,35 μg/L. Secondo Legambiente i dati pubblicati da Arpa relativi alle acque di falda dell’area che circonda lo stabilimento mostrano come i Pfas abbiano raggiunto un’area assai estesa della Fraschetta, già fino al Comune di Montecastello; il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa,  l’ADV addirittura di 63 volte.

Sugli scarichi in Bormida  (clicca il video) fa testo la relazione della dottoressa Laura Valsecchi di IRSA-CNR (clicca qui)

Last but not least stiamo verificando l’esposto alla magistratura di Milano per quanto riguarda  la situazione ambientale e sanitaria attorno al centro di Bollate  dove Solvay ha sviluppato le ricerche sul cC6O4 e altri simili PFAS.

Movimento di lotta per la salute Maccacaro.

Manifestazioni No Pfas davanti ai Tribunali di Alessandria e Vicenza.

Greenpeace, Legambiente, Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro in azione.

INVITO CONFERENZA STAMPA

Giovedì 16 settembre 2021, h.10.30, davanti  al Tribunale di Alessandria, Corso Crimea,

Greenpeace Gruppo Locale di Alessandria, Legambiente Ovadese-Valle Stura e Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro invitano i/le giornalisti/e alla conferenza stampa per illustrare le serate culturali “Pensando un Futuro Alessandrino + Sostenibile” del  1 e 8 ottobre, Casa di Quartiere, via Verona, Alessandria.

E’ previsto il collegamento con la manifestazione che si tiene a Vicenza davanti al Tribunale dove sarà in corso l’udienza del processo PFAS-Miteni (processo gemello di Alessandria in fase di avviamento).

Le serate culturali si svolgeranno in due giorni.

Venerdì 1° ottobre ore 20,45 con la proiezione del film “The Devil We Know”(2018), documentario investigativo della regista Stephanie Soechtig sui rischi per la salute derivanti dall’acido perfluoroottanoico: il famigerato PFAS PFOA ben noto nelle drammatiche vicende di Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo.

Venerdì 8 ottobre ore 20:45 con Conferenza di approfondimento scientifico sui PFAS (Pfoa, C6O4 Adv). Interverranno esperti nazionali, medici, scienziati, avvocati e attivisti di  Greenpeace Italia, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente,  IRSA-CNR Istituto di ricerca sulle acque, Pfas Land, WWF, Mamme No Pfas,  Movimento di Lotta per la Salute Maccacaro.

Dal Dossier “PFAS. Basta!” pag. 266

Solvay: né processi né monitoraggi fermeranno i Pfas a Spinetta Marengo.

Solvay si fa beffe della Magistratura

La multinazionale belga mostra nessunissima intenzione di eliminare i famigerati Pfas: si nasconde dietro la Lega,  si fa beffe della condanna della Corte di  Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, prende in giro  l’Arpa e sfida la Procura di Alessandria ad aprire finalmente il nuovo processo. 

L’Arpa, nel monitoraggio giugno-luglio 2021, ha di nuovo evidenziato per i Pfas valori ben superiori ai limiti previsti dalla legge: i dati allarmano che all’esterno del sito – nel livello più superficiale della falda – il Pfoa supera il valore di 0,5 μg/L in molti punti (il limite è di 0,1 µg/L per le acque superficiali e le sotterranee che interagiscono con quelle superficiali); il cC6O4 a sua volta ha fatto registrare, tra i piezometri controllati, la concentrazione massima di 2,55 μg/L; e sempre in area esterna è presente anche il composto ADV-N2, con una concentrazione massima di 6,35 g/L. Questi dati evidenziano come il cC6O4 (quello appena ri-autorizzato dalla Provincia) si allarga nell’area della Fraschetta al punto di spingersi addirittura già fino al Comune di  Montecastello dove ha contaminato e determinato la chiusura del pozzo dell’acquedotto.

Anche il livello intermedio dell’acquifero è stato raggiunto da Pfas, continua Arpa: i dati evidenziano in un piezometro esterno al sito la presenza di PFOA (1,08 μg/L) e ADV-N2 (0,22 μg/L), dunque il fatto che i Pfas abbiano raggiunto profondità tra i 30 e i 60 metri è ancora più preoccupante, perché, a quel livello, gli interventi di bonifica sono estremamente difficili e dispendiosi.

Per la multinazionale invece,  questi allarmanti dati  segnalerebbero comunque “il continuo miglioramento generale della situazione e  i superamenti dei limiti del C6O4 sono  un residuo causato dell’evento di precipitazione imprevedibile e di carattere eccezionale del 2019” (eventi che invece i metereologi prevedono ormai come norma). L’ottimismo ostentato da Solvay è completamente contraddetto da  Marta Scrivanti direttore Arpa Alessandria: i valori di cC6O4 e Pfoa del 2021 si mantengono, in generale, dello stesso ordine di grandezza di quelli del 2020, con fluttuazioni puntuali in aumento.

Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’Adv, pfas “a catena lunga”, addirittura di 63 volte. Il Pfoa dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente di questa sostanza. Arpa non ne fornisce il valore limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgr/litro quasi ad adombrare che 0,5 sia il limite. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ed inoltre cosa significa “superiore a…”: può essere 0,51 ma anche 10 ma anche 100. Da Arpa noi pretendiamo relazioni tecniche che specifichino i punti del prelievo per poter capire quanto esteso è l’inquinamento, che fornisca dati in base ai quali Solvay è stata autorizzata dalla complice Provincia a riprendere la produzione del cC6O4. Né si dimentichi che  all’appello mancano ancora i dati, quelli dell’area interna allo stabilimento.

Il Dossier “Pfas. Basta!” del Movimento di lotta per la salute Maccacaro  è disponibile on line a chi ne fa richiesta. In 267 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, governo, Asl, Arpa, sindacati, magistratura e giornali. Tutti i nostri libri sono stampati a spese degli autoriIl ricavato è interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma di Casale Monferrato. Il Dossier è esaurito in stampaPer la versione digitale, occorre comunicare a movimentolotta.maccacaro@gmail.com l’indirizzo mail e l’avvenuto versamento (minimo euro 20) sul conto IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 (specificando causale) oppure tramite PayPal lubaja2003@yahoo.it.

Solvay: né processi né monitoraggi fermeranno i Pfas a Spinetta Marengo.

Solvay si fa beffe della Magistratura

La multinazionale belga mostra nessunissima intenzione di eliminare i famigerati Pfas: si nasconde dietro la Lega, si fa beffe della condanna della Corte di  Cassazione per disastro ambientale e omessa bonifica, prende in giro  l’Arpa e sfida la Procura di Alessandria ad aprire finalmente il nuovo processo.

L’Arpa, nel monitoraggio giugno-luglio 2021, ha di nuovo evidenziato per i Pfas valori ben superiori ai limiti previsti dalla legge: i dati allarmano che all’esterno del sito – nel livello più superficiale della falda – il Pfoa supera il valore di 0,5 μg/L in molti punti (il limite è di 0,1 µg/L per le acque superficiali e le sotterranee che interagiscono con quelle superficiali); il cC6O4 a sua volta ha fatto registrare, tra i piezometri controllati, la concentrazione massima di 2,55 μg/L; e sempre in area esterna è presente anche il composto ADV-N2, con una concentrazione massima di 6,35 g/L. Questi dati evidenziano come il cC6O4 (quello appena ri-autorizzato dalla Provincia) si allarga nell’area della Fraschetta al punto di spingersi addirittura già fino al Comune di  Montecastello dove ha contaminato e determinato la chiusura del pozzo dell’acquedotto.

Anche il livello intermedio dell’acquifero è stato raggiunto da Pfas, continua Arpa: i dati evidenziano in un piezometro esterno al sito la presenza di PFOA (1,08 μg/L) e ADV-N2 (0,22 μg/L), dunque il fatto che i Pfas abbiano raggiunto profondità tra i 30 e i 60 metri è ancora più preoccupante, perché, a quel livello, gli interventi di bonifica sono estremamente difficili e dispendiosi.

Per la multinazionale invece,  questi allarmanti dati  segnalerebbero comunque “il continuo miglioramento generale della situazione e  i superamenti dei limiti del C6O4 sono  un residuo causato dell’evento di precipitazione imprevedibile e di carattere eccezionale del 2019” (eventi che invece i metereologi prevedono ormai come norma). L’ottimismo ostentato da Solvay è completamente contraddetto da  Marta Scrivanti direttore Arpa Alessandria: i valori di cC6O4 e Pfoa del 2021 si mantengono, in generale, dello stesso ordine di grandezza di quelli del 2020, con fluttuazioni puntuali in aumento.

Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’Adv, pfas “a catena lunga”, addirittura di 63 volte. Il Pfoa dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente di questa sostanza. Arpa non ne fornisce il valore limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgr/litro quasi ad adombrare che 0,5 sia il limite. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ed inoltre cosa significa “superiore a…”: può essere 0,51 ma anche 10 ma anche 100. Da Arpa noi pretendiamo relazioni tecniche che specifichino i punti del prelievo per poter capire quanto esteso è l’inquinamento, che fornisca dati in base ai quali Solvay è stata autorizzata dalla complice Provincia a riprendere la produzione del cC6O4.

Sulla bonifica Pfas si muove il Partito Democratico.

Ma non quello piemontese. I consiglieri regionali veneti invece con un’interrogazione accusano la Giunta di non intervenire sulla bonifica del sito Miteni di Trissino: “si conclude la caratterizzazione dell’intera area oppure la messa in sicurezza sarà limitata alla sola barriera idraulica?”. Chiudere la partita con la sola barriera idraulica è insufficiente: l’ha detto anche il Commissario straordinario di Arpa Veneto davanti alla Commissione parlamentare Ecomafie  poiché non riesce a trattenere l’inquinamento derivante dal terreno sottostante il sito Miteni. E’ la stessa situazione di Alessandria, sottolineano i consiglieri, dove  la Corte di Cassazione sentenziò la condanna per disastro ambientale colposo; però la Solvay di Spinetta Marengo ancora oggi non ha provveduto alla bonifica -riparare le perdite e soprattutto rimuovere i terreni compromessi- bensì ha allestito la barriera idraulica come l’intervento meno efficace e meno costoso.

L’Arpa piemontese trascinata da quella veneta a uscire dal torpore.

Il commissario straordinario di Arpa Veneto, Luca Marchesi, è riuscito a concludere con il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robottoun accordo per una collaborazione tecnico-scientifica per studi su acque reflue civili e aria in ambienti indoor e outdoor in materia di determinazione di sostanze perfluoroalcheliche (PFAS), e  per studi ed indagini virologiche sperimentali connesse all’epidemia da Sars-Cov-2. 

Ad Alessandria è la Solvay ad organizzare il consiglio comunale.

Prima parte dell’intervento di Lino Balza al Consiglio comunale di Alessandria del 15 giugno 2021 sui PFAS
Seconda parte dell’intervento di Lino Balza al Consiglio comunale di Alessandria del 15 giugno 2021 sui PFAS

Solvay ha preparato un servizio di propaganda aziendale e ha  commissionato al Comune di Alessandria di mandarlo in onda tramite convocazione di un apposito Consiglio comunale. Per lo show in streaming di martedì 15 giugno, Solvay ha confezionato cinque spot pubblicitari, con tanto di immagini, filmini e voci fuori campo, affidati ad una team di “esperti scientifici”, in realtà volti noti debitamente prezzolati per presentarsi quali “consulenti” in tutti processi penali: grazie alla loro “credibilità scientifica” hanno contribuito non poco alla condanna di Solvay per disastro ambientale conclusasi in Cassazione, e si ripropongono, fortunatamente, per il prossimo imminente procedimento penale. Nei processi non è prevedibile la falsa testimonianza per i consulenti, mentre rischia l’attuale direttore dello stabilimento di Spinetta Marengo, che però, come per tutti i direttori, fa conto che la condanna (sempre lieve) di reclusione per inquinamento -al posto degli amministratori- è lautamente  compensata dalla  retribuzione.

A sua volta il Comune, quale comprimari del truffaldino spettacolo pubblicitario, ha convocato i responsabili locali di Arpa e Asl che, per… brevità di esposizione, omettono di fornire i dati delle indagini epidemiologiche (record di morti per tumori) e delle indagini idrogeologiche (falde inquinate e acquedotti chiusi). C’è da dire che non tutti i funzionari dei sedicenti Enti di controllo appaiono utili idioti perché ad alcuni per i servizi resi si aprono le porte per promozioni in Regione.

Solvay ha stretto un patto d’acciaio con la Lega che regge le amministrazioni di Comune, Regione e Provincia. Del Comune abbiamo detto. La Regione evita di ordinare  i monitoraggi ecologici e sanitari ai quali invece l’omologa Veneto ha pur provveduto. Alla Provincia compete il ruolo di punta: autorizzare i cancerogeni Pfas (C6O4 e ADV), messi al bando in tutto il mondo, a inquinare aria e acqua fino alla foce del Po.

Solvay, non a torto, dà per sicura vincente la coalizione di destra: nel dibattito del cosiddetto “Consiglio comunale aperto” è palese l’assenza di una opposizione degna di questo nome, vuoi perché nella sudditanza a Solvay il PD ha la coda di paglia di trascorse maggioranze (perfino accusate in tribunale da Solvay di riscuotere tangenti da Montedison), vuoi perché un blando M5S rischia di azzerare quel poco di consenso raccolto localmente (vanificando il grande lavoro che sta facendo il parlamentare Zolezzi). Anche sui Pfas la sponda sindacale è una frana da quando la CGIL nel 2002 zittì la propria allarmante denuncia.

Il geologo nazionale di Legambiente, Andrea Minutolo, ha felicemente sintetizzato lo stato d’animo disgustato degli ambientalisti di fronte allo spettacolo comunale: un allestito banchetto di matrimonio (tra Solvay e politica) al quale siamo stati invitati e che respingiamo. Un banchetto comunque fra pochi intimi, consumato lontano dalla popolazione, ma per la pubblicità del quale  Solvay punta sulla compiacenza dei giornali (chi non ricorda le intercettazioni telefoniche della procura?).

Nel cosiddetto dibattito la cosa che impressiona di più è l’ignoranza. Regna sovrana fra i consiglieri nell’aula, tra chi si esprime con analfabetismo lessicale o con vuoti giri di parole fiorite. Negli interventi premettono tutti “sono ignorante” e lo dimostrano non avendo la minima conoscenza di cosa produce Solvay, come, quali rischi, quali danni, quanti morti e ammalati, quanti bambini. Non sanno neppure come si pronuncia: dicono Solvei. Invano avevo chiesto al Sindaco di stampare e distribuire ai consiglieri il nostro dossier “Pfas. Basta!” (250 pagine). Invano avevo invitato i consiglieri ad ascoltare l’impressionante udienza alla Camera del professor Carlo Foresta: uno scienziato internazionale, piuttosto che quei contafrottole dei consulenti Solvay. Ignoranti erano e ignoranti sono rimasti, affascinati dallo show Solvay, considerando il mio intervento una provocazione: cliccalo in audio sopra oppure qui in trascrizione. Non si può pensare che un Consiglio comunale siffatto produca un ordine del giorno che chiede la revoca dell’autorizzazione e la chiusura dei PFAS.

E’ Toti che ruba lo stipendio?

Riceviamo crescenti apprezzamenti per la Lista (siamo a 32mila utenti!)  ma anche mail con “cancellami”. C’è però un “cancellami” che è clamoroso, per non dire scandaloso. Quello dell’ARPAL della Liguria. L’acronimo ARPA sta per Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente. Quella ligure, con altre 21 ARPA e ISPRA, compongono il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) istituito dalla legge 132/2016. Cioè l’ARPAL è pagata dai contribuenti italiani per svolgere oltre alle funzioni tradizionali di “controllo e vigilanza”, compiti di monitoraggio, elaborazione e diffusione dei dati ambientali nonché l’elaborazione di proposte tecniche: limiti di accettabilità, standards, tecnologie ecologicamente compatibili, verifica dell’efficacia “tecnica” delle normative ambientali ecc. Onde intervenire prontamente, nel monitoraggio, dunque l’ARPA Ligure dovrebbe porre la più scrupolosa attenzione a tutte le segnalazioni e informazioni che le provengono dal territorio, dunque massima attenzione ad una Lista,  la nostra, della Rete. Invece no: “cancellami”. E’ l’iniziativa di un funzionario, oppure del direttore dell’Arpal, oppure del presidente della Regione Liguria? Chiunque sia, ruba lo stipendio.

I rapporti tra la politica e i padroni dell’Ilva.

A p. 22 della rivista “Il Ponte” vi sono le dichiarazioni di Vendola del 2011 su Riva. Basta leggere la sua affettazione  di stima per Emilio Riva e ricordare che l’anno successivo Riva viene arrestato per disastro ambientale. Si spiega come nel 2010, la Regione Puglia annegò il drammatico rapporto dell’Arpa invece di fermare la cokeria o ridurne la produzione, e fornì l’assist a Berlusconi per eliminare il limite per il micidiale benzo(a)pirene. E nel 2011 la Regione, sempre contro l’Arpa,  è partecipe all’infame autorizzazione  che consentiva all’ILVA di non coprire i parchi minerali e di aumentare per di più la capacità produttiva. Tra una risata e l’altra con Archinà, uno dei  principali artefici delle morti per tumore dei bambini, Vendola lo rassicura: “Dica a Riva che il presidente non si è defilato”.  Vendola è stato condannato per concussione aggravata in concorso con Archinà. (continua)