<<“Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto”, in merito all’occupazione e al rilancio industriale. “In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti”. Peggio, “è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”. Chissà se la manager Lucia Morselli, posta a capo di Acciaierie d’Italia dalla multinazionale ArcelorMittal, querelerà pure lui, il ministro Adolfo Urso, dopo l’informativa al Senato con cui ha dato il benservito al gestore straniero degli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure. Parole sferzanti, inequivocabili, tali da confutare il mucchio di fandonie sui conti riportati in pareggio, sugli impianti rinnovati, sui dipendenti in sicurezza e la scomparsa delle emissioni nocive che negli anni scorsi venivano raccontate da questo giornale e pochi altri. Ora che il governo fa sue queste verità, compresa l’accusa a Mittal di aver mantenuto il controllo sulla più grande fabbrica italiana solo per sbarrare la strada ai concorrenti, resta da chiedersi: perché ci avete messo tanto? Non sono troppi 15 mesi per denunciare la disastrosa situazione ereditata – è vero – dai governi precedenti?>>. Continua a leggere il commento di Gad Lerner. Ora si passa ad una specie di ri-nazionalizzazione, ovvero ri-privatizzazione coi soldi dello Stato.
Categoria: Arcelor Mittal
Ilva una vergogna nazionale.
Guarda il video Sopravvivere sotto l’ex Ilva, Tamburi di morte a Taranto
Lo Stato Italiano continua a non tutelare la salute e i diritti dei tarantini. La nuova condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è una sorta di conferma a quanto già contenuto nella prima sentenza che sulla gestione della vicenda dell’ex Ilva, inchiodò il governo di Roma. A quasi quattro dalla condanna della Cedu e a quasi dieci dal sequestro degli impianti, insomma, la salute dei tarantini è ancora a rischio. Siamo di fronte a una vergogna nazionale. Clicca qui Peacelink. Domenica 22 maggio a Taranto saremo di nuovo in piazza Garibaldi alle ore 17 per riaffermare il diritto alla vita e alla dignità dei cittadini esposti a rischi sanitari inaccettabili.
Cancro accettabile a Taranto.
l’ILVA avrebbe a Taranto un impatto cancerogeno accettabile. Acciaierie d’Italia contesta dubbi sia di carattere giuridico che di natura tecnica rispetto alla Valutazione Danno Sanitario (VDS) 2021 che prevedeva un rischio cancerogeno inaccettabile nella popolazione del quartiere Tamburi con una produzione a 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio. In buona sostanza la VDS – condotta per mesi tramite un confronto fra i tecnici dell’azienda e quelli della Regione Puglia e dei ministeri competenti – non sarebbe scientificamente corretta perché sovrastimerebbe l’impatto cancerogeno dell’inquinamento dell’ILVA. Clicca qui.
“Aria invidiabile a Taranto”.
Oggi il Sole 24 Ore parla di “aria invidiabile” a Taranto commentando la graduatoria delle concentrazioni di polveri sottili in Italia. Chi ha scritto queste cose sul Sole 24 Ore dovrebbe spiegarci come mai dal 2011 al 2019 siano morte a Taranto 1020 persone in più nei tre quartieri vicini all’area industriale rispetto all’atteso calcolato su base regionale. Chi scrive sul Sole 24 Ore ignora, evidentemente, che la composizione chimica delle polveri sottili (pm10, pm2.5) ne determina l’impatto sanitario. Per cui non basta calcolarne la concentrazione in microgrammi a metro cubo se a parità di microgrammi gli impatti sanitari sono differenti, a seconda che siano polveri da traffico o polveri di origine industriale.
E se fosse vero che al quartiere Tamburi di Taranto c’è aria invidiabile, l’articolista potrebbe fare affari acquistando le case che si svendono a prezzi irrisori.
Alessandro Marescotti Presidente Peacelink
Lo Stato vìola il diritto alla vita dei tarantini.
La recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Environmental Research clicca qui con significatività statistica conferma un eccesso di mortalità sulla regione (1020 decessi in eccesso dal 2011 al 2019) nei tre quartieri più vicini all’area industriale di Taranto. E ci spinge a chiedere azioni risolutive perché è evidente, dai dati pubblicati, che ogni anno che passa muoiono troppe persone che hanno la sola colpa di vivere troppo vicine alla ciminiere dell’Ilva. Una palese violazione del diritto alla vita che lo Stato avrebbe il dovere di proteggere.
Nubi grigie in un cielo rossastro è lo scenario tarantino consegnato ai Ministri.
Oltre 60 foto che ritraggono Taranto in ogni angolazione. In ogni scatto ci sono i fumi dell’ex Ilva. Ora quelle fotografie dell’inquinamento sono sul tavolo dei Ministri. Sono state inviate dall’Associazione dei genitori tarantini che da sempre chiedono la chiusura dello stabilimento. Si tratta di immagini raccolte da semplici cittadini negli ultimi 3 mesi che evidenziano la colorazione rossastra del cielo o nubi grigie che sovrastano l’area degli impianti siderurgici. Con riferimento alla chiusura delle aree di produzione a caldo di Genova e Trieste, si legge nella lettera, si chiede come il Governo intenda giustificare la continuazione della produzione di acciaio, per mezzo del carbone, a Taranto. Quando si potrà tornare a credere nelle istituzioni che dovrebbero prendere seriamente in considerazione come tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino? E chi pagherà i danni? – Scrivono i genitori tarantini. Clicca qui.
Va fermata l’area a caldo dell’Ilva.
Clicca qui il video davanti alla Prefettura.
Nell’esposto, presentato alla Prefettura nonché alla Procura della Repubblica di Taranto, da Peacelink e Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto (clicca qui), è stato denunciato il pericolo permanente e immanente riconducibile all’attuale attività inquinante dell’ex Ilva che è continuativa e, per di più, autorizzata senza alcuna considerazione dell’impatto sanitario che tale inquinamento comporta. Infatti, come dimostra la ricca serie di documenti scientifici e tecnici acclusia è del tutto evidente che a Taranto esista una massiccia emissione di sostanze inquinanti da parte dello stabilimento a cui corrisponde un rischio sanitario inaccettabile. Siamo quindi in presenza di un rischio sanitario-ambientale che ci porta a richiedere il fermo della produzione dell’area a caldo dello stabilimento in quanto al danno ambientale è associato un danno sanitario scientificamente acclarato e certificato.
“Andremo avanti con la nostra battaglia”.
Contro la sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito la prosecuzione delle attività dell’ Ilva.
Clicca qui il video con il presidente di Peacelink.
Alessandro Marescotti, il professore per la pace e l’ambiente.
Professore di lettere in una scuola superiore a Taranto, fondatore di PeaceLink e autore di vari libri, dal 2005 Marescotti si è occupato tenacemente dell’inquinamento causato dell’acciaieria ex Ilva, contribuendo al maxi processo Ambiente Svenduto. Insignito del “Premio Honoris Causa” per Giornalismo d’Inchiesta, Marescotti è anche referente del progetto Ecodidattica.
Marescotti, qual è il suo stato d’animo dopo la sentenza? La sensazione è quella di partecipare ad una lotta di Resistenza, con la forza nonviolenta della ragione, insieme a tanti altri concittadini. Una lotta dal basso, per la salute e l’ambiente. Purtroppo il Consiglio di Stato ha negato lo spegnimento dell’area a caldo (richiesta dall’ordinanza del sindaco di Taranto). Una sentenza favorevole alle ragioni aziendali. Ma noi andiamo avanti, ancora più determinati. Clicca qui l’intervista.
Il governo continua a non tutelare i diritti umani della popolazione esposta all’inquinamento dell’Ilva di Taranto.
Dopo tutte le riprovevoli violazioni, addirittura a fronte di tre importanti gravi novità:
la nuova valutazione di danno sanitario (VDS);
la persistenza di eccessi di mortalità anche recenti;
i gravi effetti neurotossici di piombo e arsenico sui bambini.
Clicca qui il Comitato Cittadino per la salute e l’ambiente di Taranto.
Ministro Cingolani, la batteria dell’Ilva va fermata.
Il tempo dell’attesa e delle proroghe è finito e – di fronte all’acclarata persistenza di un rischio cancerogeno inaccettabile – è ora di dare un chiaro segnale a chi non mette a norma gli impianti.
Il prossimo 30 giugno arriva a scadenza il termine ultimo per la messa a norma della batteria 12 della cokeria ILVA. E’ la più grande batteria di distillazione del carbon coke ed è quella su cui maggiormente di concentravano le aspettative di rispetto delle prescrizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Nonostante le proroghe questa grande batteria è fuori norma.
La nostra richiesta si basa su considerazioni ambientali (delle quattro prescrizioni tre non sono state attuate) e sanitarie. (uno scenario emissivo (6 milioni di tonnellate annue di acciaio) a cui corrisponde un eccesso di rischio cancerogeno inaccettabile).
Clicca qui la lettera al Ministro.
Il rischio sui risarcimenti sarebbe l’ultima beffa per i tarantini.
Miliardi di euro in sanzioni e provvisionali. Una montagna di denaro che si rischia a Taranto di vedere mai. Nonostante le condanne inflitte dal Tribunale di Taranto, il rischio della beffa è concreto per le quasi mille parti civili costituite nel processo “Ambiente svenduto” come vittime dell’ ex Ilva. La sentenza della Corte d’assise, infatti, oltre ai 280 anni di carcere inflitti agli imputati, tra i quali Fabio e Nicola Riva e l’ex presidente della Puglia, Nichi Vendola, ha stabilito anche le somme che gli imputati dovranno versare immediatamente alle parti civili, in attesa che la sentenza diventi definitiva e su quella venga avviato un processo civile che possa quantificare l’ammontare del risarcimento. Una sorta di anticipo che si aggira complessivamente intorno agli 8 milioni di euro, tra 5 e 100mila euro a testa, ma per capire come potrà andare a finire, basta studiare la storia recente di un vecchio processo che vide condannato definitivamente Emilio Riva, l’ex patron dell’acciaio scomparso nel 2014. La sentenza “Ambiente svenduto” copre il periodo 1995-2013, dopo il quale non possono che essere sempre definite “criminali” le condizioni dell’area a caldo dell’ex Ilva, a tutto il 2021. Clicca qui.
Ilva, prima di tutto va fermata l’attuale produzione inquinante e insicura per i lavoratori.
Da sempre per l’Ilva Alessandro Marescotti è il punto di riferimento del Movimento di lotta per la salute Maccacaro. Clicca qui l’intervista al fondatore di Peacelink: l’ambientalista che per primo si è battuto contro l’Ilva e i suoi 210 chili di veleni l’anno (diossina ecc.) per ogni cittadino di Taranto. Fu denunciato per procurato allarme. In questi anni, dalla sinistra non ha mai avuto la solidarietà di nessuno. La sinistra è rappresentata da Nichi Vendola, nella sentenza condannato per concussione a 3 anni e 6 mesi di reclusione per le pressioni sull’Arpa Puglia affinché ammorbidisse la sua linea dura contro l’Ilva Clicca qui il commento della sua ex portavoce. Marescotti conferma: “I pm ci ascoltavano, la politica ci considerava allarmisti”. Poi annuncia: “Presenteremo un nuovo esposto sul periodo 2013-oggi, non considerato dalla sentenza”.“ Finora sono esistiti due stati paralleli: i governi e i magistrati”. Nonché i sindacati e altre associazioni ambientaliste che vorrebbero continuare a produrre acciaio per garantire i livelli occupazionali. “La sentenza può portare a un movimento unitario, cioè la riconversione senza acciaio». Taranto è incompatibile con la produzione di acciaio? Neanche con la decarbonizzazione o i forni elettrici? “Genova ha rifiutato i forni elettrici per le scorie radio: si tratta di una tecnologia sorpassata. Per quanto riguarda la decarbonizzazione noi non siamo mai stati contrari ma mettiamo due condizioni: che sia sostitutiva e non aggiuntiva con la produzione tradizionale e che sia anticipata da una Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (Viias). Non c’è un pregiudizio ma penso anche che la produzione di acciaio verde non abbia più mercato. E comunque prima di tutto va fermata l’attuale produzione inquinante e insicura per i lavoratori”.
Dopo la sentenza il governo ancora non decide la chiusura dell’aerea a caldo dell’Ilva.
La sentenza è la grande vittoria della cittadinanza attiva che con le sue lotte e le sue denunce ha saputo raccogliere le prove del disastro ambientale. E ancora una volta la domanda al governo è: per la chiusura servono ulteriori certezze sull’impatto che questa industria ha avuto e avrebbe in futuro sulla salute della popolazione tarantina? Clicca qui.
C’è giustizia a Brindisi. Adesso tocca a Genova (ponte Morandi), Vicenza e Alessandria (Pfas)?
Questa sentenza rappresenta una svolta storica sul piano giudiziario per la città di Taranto. E non solo, speriamo. Questa sentenza è un macigno sulle azioni del Governo: non saremmo un Paese credibile e giusto se all’interno del PNRR, a partire dall’ex Ilva, non si avviasse una vera transizione ecologica che parta dalla chiusura immediata dell’area a caldo dell’acciaieria (confiscata dalla sentenza e in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato).
Per l’Ilva di Taranto, al processo “Ambiente svenduto” durato cinque anni, per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, avvelenamento di sostanze alimentari, corruzioni in atti giudiziari, omicidio colposo e altre imputazioni, la Corte di Assise di Brindisi condanna a vario titolo: 22 anni di reclusione a Fabio Riva e 20 al fratello Nicola; 21 anni e 6 mesi a Girolamo Archinà responsabile delle relazioni istituzionali e definito dall’accusa come la “longa manus” dei Riva verso istituzioni e politica; 21 anni a Luigi Capogrosso direttore dello stabilimento; 18 anni e 6 mesi a Lanfranco Legnani, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli e Agostino Pastorino considerati una sorta di “governo ombra” dei Riva; 3 anni e 6 mesi a Niki Vendola ex governatore della Puglia accusato di concussione aggravata in concorso; 3 anni a Gianni Florido ex presidente della Provincia e a Michele Conserva ex assessore provinciale all’ambiente per concussione, 15 anni e 6 mesi a Lorenzo Liberti ex consulente della procura; 2 anni per favoreggiamento a Giorgio Assennato ex direttore di Arpa Puglia; 5 anni e 6 mesi a Francesco Perli avvocato dei Riva; eccetera per un totale di 47 imputati (44 persone fisiche e 3 società); trasmissione degli atti alla procura per l’ipotesi di falsa testimonianza per l’ex arcivescovo della diocesi di Taranto Benigno Papa. Insomma una bella associazione a delinquere industriale, politica, amministrativa, legale, ecclesiale.
Clicca qui i giornali:
La storia dell’ILVA dal 2005 al 2021.
Come è nata l’indagine Ambiente Svenduto.
Tutto parte dalle analisi sul pecorino contaminato da diossina, consegnate da PeaceLink in Procura a Taranto nel 2008; nei tre anni precedenti erano stati acquisiti i dati delle emissioni di diossina dell’ILVA. Nel 2012 vengono consegnate alla magistratura le perizie. Si attende adesso la sentenza.
2021 – il TAR, con una sentenza storica, dispone che gli impianti dell’area a caldo vanno fermati perché malfunzionanti e pericolosi; la questione passa al Consiglio di Stato; i cittadini si trasferiscono a Roma con le croci bianche delle vittime dell’inquinamento in attesa della sentenza, il Consiglio di Stato temporeggia in attesa della sentenza del processo ILVA, che sta per arrivare a conclusione; i pubblici ministeri chiedono condanne con pene fino a 28 anni di reclusione. Clicca qui la storia.
Clicca qui un commento di SlaiCobas.
A Roma per la chiusura immediata dell’area a caldo dell’Ilva.
Dare a Taranto lo stesso diritto alla salute di Genova e Trieste dove l’area a caldo è stata fermata. Rispettare la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che condanna lo Stato italiano per la questione Ilva, sentenza già menzionata nell’ordinanza di chiusura del Sindaco di Taranto e nella sentenza del Tar di Lecce, che si chiede al Consiglio di Stato di confermare. L’area a caldo è la principale fonte di rischio di malattie e morte. Gli studi epidemiologici nazionali ed internazionali provano il nesso di causalità tra emissioni ed eventi patologici. Clicca qui i partecipanti e l’organizzazione della manifestazione del 12 e 13 maggio a Roma. Pieno sostegno, da sempre, del Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
Sempre più morti nei quartieri vicini all’acciaieria.
Basta un solo dato relativo al 2019: 181 decessi in più rispetto all’atteso confrontando i quartieri di Taranto più esposti all’inquinamento con il dato regionale. Dati più analitici si trovano nel comunicato scaricabile da questo link . Lo studio completo si può scaricare da qui
Nel 2020 gli eccessi di mortalità statisticamente significativi a Taranto sono stati del +25% nel quartiere Tamburi e del +20% nel quartiere centrale della città, il Borgo.
Manifestazione nazionale genitori tarantini: spegnere ILVA.
A Roma il 13 maggio: Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto, associazione Genitori Tarantini ETS, Peacelink, ISDE, Comitato Quartiere Tamburi, Donne Futuro per Taranto libera, Liberiamo Taranto, Lovely Taranto, Giustizia per Taranto, Associazioni Miticoltori. A sostegno della sentenza del TAR di Lecce che imponeva entro 60 giorni lo spegnimento degli impianti siderurgici in quanto altamente inquinanti e fonte di grave pericolo per la salute dei cittadini, sentenza su cui si deve esprimere il Consiglio di Stato dopo il ricorso presentato da Arcelor Mittal. Clicca qui.
Fascismo aziendale.
Consideriamo che lo Stato è ri-entrato nel capitale dell’azienda dell’acciaio. Ebbene, nell’ArcelorMittal di Taranto, di fatto statale, un lavoratore è stato licenziato dalla direzione perché aveva pubblicato un post su Facebook, col quale invitava a seguire una fiction televisiva che faceva eco alla grave situazione ambientale della fabbrica e della città
Negli anni cinquanta Giuseppe Di Vittorio chiamava fascismo aziendale quel regime autoritario nei luoghi di lavoro che non solo imponeva alle lavoratrici ed ai lavoratori l’oppressione di durissime condizioni di sfruttamento, ma colpiva la libertà di pensiero e di espressione, imponendo loro di non manifestare e di nascondere le loro opinioni. Oggi quel fascismo aziendale sta tornando e si sta diffondendo in questo clima politico. Clicca qui.
Ilva di Taranto, l’Europa ribadisce: “L’Italia è ancora inadempiente”
Le autorità italiane devono “garantire che il funzionamento attuale e futuro dell’acciaieria non continui a comportare rischi per la salute dei residenti locali e per l’ambiente”. Il Consiglio europeo deplora la mancanza di informazioni” da parte del governo italiano, attese un anno fa, in merito all’esecuzione della sentenza del 24 gennaio 2019 con cui la Cedu ha condannato il nostro Paese per le violazioni commesse a danno dei tarantini nella gestione della più grande acciaieria d’Europa. Intanto per il futuro dell’area a caldo si dovrà attendere l’udienza di merito fissata per il 13 maggio dal Consiglio di Stato. Clicca qui.
Ilva di Taranto, l’Europa ribadisce: “L’Italia è ancora inadempiente”
Le autorità italiane devono “garantire che il funzionamento attuale e futuro dell’acciaieria non continui a comportare rischi per la salute dei residenti locali e per l’ambiente”. Il Consiglio europeo deplora la mancanza di informazioni da parte del governo italiano, attese un anno fa, in merito all’esecuzione della sentenza del 24 gennaio 2019 con cui la Cedu ha condannato il nostro Paese per le violazioni commesse a danno dei tarantini nella gestione della più grande acciaieria d’Europa. Intanto per il futuro dell’area a caldo si dovrà attendere l’udienza di merito fissata per il 13 maggio dal Consiglio di Stato. Clicca qui.
ll Consiglio di Stato non spegne l’ex Ilva. Noi andiamo avanti nella battaglia.
La prosecuzione dell’attività costituisce pericolo di vita per i lavoratori e per cittadini e determina rilevanti danni all’ambiente, in violazione di quanto previsto dalla Costituzione. Invece il Consiglio di Stato ha deciso di accogliere la richiesta di sospensiva dell’ordinanza del Tar di Lecce che convalidava la decisione presa un anno fa dal sindaco di Taranto che intimava ad ArcelorMittal e all’Ilva in Amministrazione straordinaria di spegnere l’area a caldo dello stabilimento siderurgico. L’udienza di merito è invece programmata per il 13 maggio. Per nulla sorpreso della decisione il sindaco Rinaldo Melucci certo di riuscire a fermare l’area a caldo dello stabilimento siderurgico, «con ogni mezzo possibile, ogni giorno sarà una pena per loro e per chi intenderà danneggiare ancora la vita dei tarantini e interferire con la svolta della città». «Nessuna sorpresa, nessuna variazione sul percorso che abbiamo impostato con l’intera comunità – ha dichiarato – e quand’anche gli esiti dell’udienza di maggio del Consiglio di Stato dovessero prevaricare l’aspirazione di mezzo milione di cittadini e i diritti fondamentali sanciti dal Tar di Lecce con l’ordinanza di spegnimento dei forni, noi andremo avanti in ogni grado di giudizio, anche in sede europea.” Anche la Regione si era costituita nel giudizio amministrativo dinanzi al Consiglio di Stato schierandosi a sostegno delle tesi del Comune di Taranto, ricordando di aver già impugnato il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017 con il piano valevole come autorizzazione integrata ambientale per l’ex Ilva, stabilimento oggi gestito da ArcelorMittal, ricorso che pende tutt’ora dinanzi al Tar del Lazio. Non solo, lo stabilimento non risulta neppure adeguato alla decisione della Commissione Europea del 28 febbraio 2012.
Bonifiche ancora a zero.
Su 41 Siti di interesse nazionale, quelli in cui i procedimenti di bonifica sono fermi allo 0% sono 13 per quanto concerne i terreni , e 16 per quanto riguarda la falda. Il totale è di oltre 200mila ettari tra terra e mare contaminati a causa delle attività antropiche svolte nel corso del XX secolo e, in alcuni casi, ancora in essere. Questa è l’eredità lasciata dai grandi gruppi industriali di un tempo, poi convogliati in società come Eni, Edison, Enel, Total, Api, Arvedi, Snia, Caffaro, Solvay, ArcelorMittal. (continua)
Della chiusura dell’Ilva di Taranto.
Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso di ArcelorMittal. Clicca qui il decreto.
Il Tar ordina la chiusura degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva.
ArcelorMittal, ovvero lo Stato che è co-proprietario, ovvero il Governo, ricorrerà al Consiglio di Stato? Benché sia in corso il processo (derivato dall’inchiesta “Ambiente Svenduto”) per i gravi danni inferti alla salute della popolazione, con gli eccessi di mortalità documentati dalle perizie epidemiologiche e ampiamente sottolineati in questi giorni dal PM. Il Governo deve prendere atto che l’Ilva non è compatibile con la vita e con la città, e decidere che il Recovery Plan finanzi la riconversione dei lavoratori ILVA impiegandoli in attività di bonifica, di utilità sociale e di riqualificazione territoriale. Occorre chiudere definitivamente l’area a caldo senza generare disoccupati, così come è avvenuto a Genova e a Trieste. Il razzismo ambientale deve finire: la salute dei cittadini di Taranto deve valere quanto quella dei cittadini di Genova e di Trieste. Dunque il ministro della Transizione Ecologica cominci a non fare ricorso contro la sentenza del Tar. Clicca qui.
Ilva. Nessuna illusione la “soluzione Taranto”.
Porta ugualmente a esuberi e a nessuna soluzione per salute e ambiente Clicca qui il commento dello Slai Cobas.
Ilva. Quello che il Governo non dice sul nuovo accordo con Arcelor – Mittal.
Una operazione propagandistica del governo sulla pelle dei tarantini e dei contribuenti italiani. Vincono le condizioni poste da ArcelorMittal: senza il dissequestro degli impianti inquinanti se ne andrà senza pagare penali. Torna l’acciaio di Stato? Tramite una operazione in perdita economica, senza prospettive di riconversione e di tutela della salute. Addirittura ci sarà la somma degli inquinamenti degli impianti vecchi con quelli nuovi. Intanto il Processo Ilva si concluderà come l’ennesimo Delitto Perfetto consumato nel tribunale (vedi il libro omonimo di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia) e perpetrato dalla classe politica connivente e collusa? Clicca qui l’intervista di PeaceLink a Radio Radicale.
ILVA. Accordo governo-arcelor dalle tasche degli italiani e sulla pelle della popolazione tarantina.
Clicca qui “PeaceLink: quello che il governo non dice sul nuovo accordo con ArcelorMittal”.
Clicca qui “Peacelink: Con il nuovo accordo l’Ilva inquinerà di più”.
Clicca qui “L’accordo fra Governo e ArcelorMittal per Peacelink brucia ricchezza senza creare occupazione”.
L’ILVA produce di meno ma inquina di più: chiudere immediatamente l’area a caldo.
+ 128% di benzene nel 2020 rispetto al 2019 nel quartiere Tamburi di Taranto. Al perimetro dello stabilimento siderurgico.: +215% per benzene, +48% per PM10, +30% per PM2,5, tutti cancerogeni. PeaceLink (clicca qui) invita il Sindaco di Taranto, il Presidente della Provincia e il Presidente della Regione a inviare alla Commissione Europea e alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) tutta la documentazione ufficiale per sottolineare l’incompatibilità con la salute pubblica dell’attuale area a caldo dell’ILVA. Basta con le parole, con le solite parole trite e ritrite che annunciano un equilibrio fra produzione e salute che non viene mai dimostrato e mai raggiunto, ma che verrà anzi ancora più aggravato se si dovesse giungere a raddoppiare la produzione (8 milioni di t/a), come vorrebbero i sindacati e il governo. Lo diciamo chiaramente: dati alla mano ed evidenze scientifiche ormai acclarate ,chiunque chiede di proseguire con la produzione dell’area a caldo è responsabile, materialmente o moralmente, di tutti gli eventuali danni sanitari che si verificheranno.
Ilva. Regione e Comune per la chiusura dell’area a caldo, Uil contraria.
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano, convocano il governo per costituire il Tavolo che giunga all’accordo che “dovrà contenere le previsioni necessarie per addivenire alla chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo dell’acciaio”. Cioè il contrario dell’accordo tra Invitalia (il Governo) e ArceloMittal che prevede, accanto alla decarbonizzazione, anche il mantenimento della micidiale area a caldo. Per la UIL invece la chiusura è populismo. Non salute.
In tutte le scuole finestre aperte anti covid, chiuse a Taranto anti Ilva.
La normativa anti-Covid dispone un costante ricambio dell’aria nelle scuole per evitare eventuali contagi dovuti al ristagno ma, al contrario per i ‘Wind days‘, a Taranto è opportuno tenere le finestre chiuse per limitare l’entrata delle polveri ILVA. Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente sottolinea che è preciso dovere del sindaco dichiarare la necessità di fermare dell’area a caldo dell’ILVA. Per combattere il Covid che si diffonde nelle scuole va fermata la produzione inquinante che fa salire il PM10 nelle aule che vanno arieggiate. Clicca qui Peacelink.
ILVA, per la serie “I disastri ambientali del ministro Costa”, generale gallonato con cinque stelle.
Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto accusa: “Eravamo ansiosi di vedere che lei cambiasse la situazione. E invece no. Lei continua, come i suoi predecessori, nel solco dei decreti salva-ILVA“. Le sue due proroghe all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ai gestori dello stabilimento ILVA concedono altro tempo alla procedura di messa a norma degli impianti posti sotto sequestro penale dalla magistratura. Siamo di fronte a una procedura colabrodo, più volte non rispettata, che scredita le istituzioni italiane agli occhi dell’opinione pubblica e del resto del mondo. Come se non bastasse ha emanato altri due decreti salva-ILVA: ha prorogato la messa a norma del trattamento delle acque reflue di acciaieria e di cokeria del siderurgico ArcelorMittal, e il rispetto del termine per la copertura dei nastri trasportatori del carbone e del minerale di ferro, prevista dall’AIA. E così i salva ILVA sono passati da 12 a 14. Il 4 luglio 2020 si è alzata una nuvola di polvere impressionante che attesta come tutte le prescrizioni di contenimento delle polveri risultino inattuate e generano picchi di inquinamento registrati dalle centraline ARPA . “Le vogliamo chiedere una valutazione di tutti gli impatti ambientali e sanitari che i ritardi e le non ottemperanze hanno causato al territorio e alla popolazione residente. Le chiediamo di far redigere un calcolo dei danni sanitari di tutte le proroghe AIA concesse. Il Comitato ribadisce la propria posizione che è quella soprattutto della chiusura immediata degli impianti ILVA sotto sequestro penale”.
Clicca qui il documento del Comitato. Leggi i drammatici articoli correlati.
Regionali Puglia, a Taranto c’è clima di disincanto.
Forse c’è solo una parola che può riassumere efficacemente la situazione attuale. E quella parola è disincanto. Siamo ormai oltre la protesta, oltre la rabbia, oltre la delusione. Siamo al disincanto verso un M5S che non ha mantenuto le promesse. Siamo al disincanto politico, ossia a quello stato dell’animo di chi si sente ormai vaccinato dal virus dell’illusione. Un amaro disincanto. Dall’Ilva, alla Tap, alla Tav, agli F-35, il Movimento aveva promesso due anni fa cose che oggi ha accantonato. Ma se questa è la situazione nell’area del M5S, non va meglio la situazione per il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (continua Peacelink).
Egregio Presidente Giuseppe Conte, adesso basta con l’llva.
“Perseverare è diabolico quando si parla di una fantomatica ‘produzione strategica per la nazione’; anche quando quella ‘produzione’ continua ad essere una perdita economica che porterà alla catastrofe nazionale; soprattutto quando quella‘ produzione’ regala morte, malattia, disperazione”. […] “E’ il momento di cambiare strada, di chiudere la vecchia fabbrica della morte e di riconoscere a Taranto un giusto risarcimento, a partire dall’istituzione di una no-tax area e un piano di bonifica e riconversione economica studiato da professionisti di riconosciuto talento, avvalendosi di forza lavoro principalmente tarantina”. Continua a leggere la Lettera dei Genitori Tarantini al premier Conte e sottoscrivila (a genitoritarantini.ta@gmail.com) come già fatto da migliaia di cittadini. Clicca qui.
Comitato Taranto a Conte: non sprecare fondi su ArcelorMittal.
“Il Just Transition Fund, lo strumento della transizione verde del Recovery Fund, è stato tuttavia fortemente ridimensionato e noi riteniamo che le risorse rimanenti non possano essere sprecate in un’impossibile rilancio dell’Ilva”. È un passaggio della lettera che oggi il Comitato cittadino per la salute e l’ambiente a Taranto ha inviato al premier Giuseppe Conte. “Non vogliamo – si legge nell’appello a Conte – che il Just Transition Fund divenga la stampella per far proseguire ancora di qualche mese l’agonia dell’Ilva concedendo abilmente ad ArcelorMittal fondi europei e aiuti di stato. Clicca qui l’appello.
Lettera aperta al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: Occorre aggiornare lo Studio sugli effetti delle esposizioni ambientali e occupazionali a Taranto. Il Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente chiede che lo studio epidemiologico su Taranto, consegnato al Tribunale di Taranto nel 2012 e poi proseguito grazie alla Regione Puglia, venga aggiornato per verificare e quantificare con precisione i danni sanitari causati dall’ILVA. Clicca qui.
Dossier “L’impero Mittal”.
Clicca qui una relazione del prof. Di Marco. Nella prima parte parla del rapporto tra il capitale e il suo Stato, quindi tra mercato mondiale e il suo Stato; nella seconda vediamo le conseguenze di tutto questo sulle sorti della classe salariata cioè sulla sorte dei lavoratori.
No soldi pubblici per salvare l’Ilva.
Lo Stato non può farsi carico delle perdite di ArcelorMittal. La fabbrica non è sostenibile né dal punto economico né da quello ambientale e sanitario. Se lo Stato ritiene che sia utile salvare la produzione gettando ulteriori miliardi di soldi pubblici in un’azienda che cade a pezzi e senza futuro, allora è necessario che le organizzazioni tarantine e la cittadinanza scendano in strada per raccontare le alternative sostenibili e gli interventi di riconversione che si potrebbero attivare con tali investimenti pubblici. Clicca qui il video con Alessandro Marescotti.
Il contratto firmato dal governo con ArcelorMittal è nefasto: contrasta con il diritto alla salute e alla vita e, ancora una volta, viola i diritti umani di un’intera popolazione.
Il governo – nel suo tentativo di evitare l’implosione dell’ILVA – gioca la carta della disperazione: sposta al 2025 il termine della messa a norma degli impianti. La Corte Costituzionale aveva di fatto “chiuso un occhio” sul primo decreto salva-ILVA contando sul fatto che i lavori di messa a norma sarebbero stati rapidissimi. Quello che sta avvenendo è invece l’esatto contrario: ben dieci anni di ritardo vengono previsti! Quante vittime lascerà sul campo un ritardo di questa portata? L’accordo prevede tale proroga nonostante la VIIAS (Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario) certifichi la pericolosità degli impianti in funzione che causano un rischio sanitario “non accettabile” agli attuali livelli produttivi di 4,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Come farà il governo a garantire un rischio sanitario accettabile prospettando un aumento della produzione da 4,7 a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio? Come farà il governo a dimostrare che da qui in poi non vi saranno vittime in questo prolungarsi del percorso di messa a norma degli impianti? E solo chi si fa illusioni può pensare che l’accordo apra le strade ad un roseo futuro per i lavoratori di Taranto. La prospettiva è che ArcelorMittal vada via da Taranto pagando una penale da 500 milioni ma avendo acquisito il clienti dell’ILVA. E lasci al governo il compito di trovare un improbabile sostituto. Clicca qui PeaceLink: Non vi fate abbindolare. Il vero scopo del nuovo piano è quello di dare altri due anni di tempo per la messa a norma degli impianti. Intanto la gente muore
In piazza a Taranto a chiedere il fermo degli impianti ILVA.
Il 26 febbraio la manifestazione di cittadini attivi, genitori e bambini, ma anche lavoratori consapevoli. Clicca qui PeaceLink.
A Taranto scenderemo in piazza il 26 febbraio, perché le madri e i padri non abbandonano mai i loro figli.
Ci saremmo aspettati che gli impianti pericolosi, inquinanti, economicamente fallimentari, li avrebbe spenti il Governo per tutelare i bambini di Taranto e invece li stava spegnendo Mittal. Ma il Governo lo ha impedito, costringendo ArcelorMittal a inquinare ancora, a provocare a Taranto un rischio sanitario inaccettabile per migliaia di persone. Clicca qui la Lettera a Giuseppe Conte: “Lei, che è docente di diritto, sa che lo Stato deve incarnare almeno la diligenza del “buon padre di famiglia”. Ma che buon padre di famiglia è quello che espone i suoi figli a un rischio sanitario inaccettabile ? Lei farebbe così con i suoi figli?”.
Sentenza di sblocco del forno 2 Ilva: preferibili i rischi per la salute rispetto alla perdita di quote di mercato.
L’analisi della sentenza di Gianmario Leone con un drastico commento di “Tarantocontro”: clicca qui.
Clicca qui Taranto il riesame non spegne l’altoforno 2.
Le scorie di armi chimiche non considerate nella bonifica dell’Acna.
Alla luce dei documenti dei Servizi Segreti inglesi, contenuti nei National Archives, desecretati dopo la fine della guerra fredda, e da un esame del materiale contenuto nel Centro di Documentazione “Patrizio Fadda” di Monesiglio, appare indispensabile rivedere tutto il progetto di bonifica (conformità del sito? spostamento dei rifiuti?) compresi i 250 milioni di euro quantificati per il risarcimento del danno ambientale. Clicca qui Ilvo Barbiero.
Con l’immunità penale aumentati i decessi a Taranto.
Più l’indagine Ilva si avvicina ai quartieri Tamburi, Paolo VI e Borgo, più si alza la mortalità. Clicca qui Paola Casella.
Tu sei favorevole a fermare gli impianti Ilva fuori norma e pericolosi?
Il VIIAS certifica un rischio sanitario inaccettabile anche ai ridotti livelli produttivi del 2019. Campagna di pressione sui parlamentari italiani perché prendano a cuore il futuro e la salute dei bambini di Taranto, in quanto la vicenda viene spesso presentata solo in termini economici, senza alcun riferimento ai valori essenziali della vita e della salute. Questi sono i dati ISS di incidenza dei tumori a Taranto rispetto agli altri comuni della provincia jonica. Clicca qui Peacelink.
I bambini dell’oncologia: “Chiudete l’Ilva”.
Clicca qui il video delle Iene.
La Caporetto ILVA: perdite esorbitanti e licenziamenti inaccettabili.
1) E’ impossibile rendere competitiva una fabbrica viziata da gigantismo. Il punto di pareggio costi/ricavi a Taranto è a 7 milioni di tonnellate/anno mentre nel 2018 ne ha prodotti 4,7.
2) ArcelorMittal richiede una “cura da cavallo” che non risolleverà lo stabilimento ma che lo farà definitivamente stramazzare morto per terra.
E allora la domanda è: possibile che questa cosa chi governa non l’abbia capita?
L’impressione è che nessuno la voglia capire per mera convenienza politica. Occorrerebbe prendere atto che l’ILVA sta affondando e che l’unico modo per salvare i lavoratori è preparare le scialuppe di salvataggio, non rimanere sulla nave che si inabisserà.
Ilva tra incudine e martello.
Il giudice rigetta la richiesta di proroga dell’altoforno 2. Clicca qui il Corriere di Taranto.
La stampa ha anticipato quello che dovrebbe essere “l’ultimo” piano presentato dal governo ad ArcelorMittal. Clicca qui Il Messaggero.
“E’ una catastrofe continuata” rammenta la figlia del lavoratore morto per un tumore da lavoro, al quale è stata intitolata la piazza antistante il Petrolchimico. Clicca qui.
Ilva: conflitto tra lavoro e salute, conflitto tra padroni e operai, conflitto tra operai e popolazione.
Una storia vista tante volte in Italia per le fabbriche della morte.
Accordo con AcelorMittal? Smantellare l’impianto, risanare il sito e ricostruirlo altrove? Tenerne in vita solo una parte e cercare soluzioni alternative – il risanamento del sito – per le maestranze “superflue”? Chiuderlo come Icmesa, Acna, Farmoplant ecc.? Che fare: clicca qui Guido Viale.
Nazionalizzare: la macchina assassina non può restare ai privati. Clicca qui Marco Revelli.
Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino. Il dibattito di questi giorni oscura ancora una volta la sentenza della Corte dei diritti dell’Uomo che condanna lo Stato Italiano. La posizione critica di PeaceLink nella situazione attuale della trattativa Conte-Mittal clicca qui.
Il coraggio di dire la verità sull’Ilva.
I governi hanno delegato ad AcelorMittal la scelta scomodissima di chiudere l’ILVA: clicca qui Alessandro Marescotti Peacelink.
La prosecuzione della produzione di acciaio a Taranto non è l’unica scelta possibile: clicca qui ISDE Italia
L’Ilva uccide, non garantisce l’occupazione: clicca qui Marco Bersani Attac Italia
Cala la produzione ILVA e calano i dati dell’inquinamento: clicca qui il monitoraggio
Nazionalizzare l’Ilva significa.
Nazionalizzare l’Ilva significa ridurne le dimensioni, bonificarla, convertire l’area in altre produzioni e servizi. C’è chi non è d’accordo. E chi è d’accordo ma non ha il coraggio di dirlo.poli
Clicca qui Massimo Giannini, Marco Revelli, Turi Palidda, Franco Astengo, Doriana Goracci, IlSole24Ore, Slai Cobas, CARC, (nuovo) partito comunista italiano, Proletari comunisti, Avvocatura democratica.