Nessuna regione italiana si salva dai Pfas. Il Piemonte.

Si allunga l’elenco: Veneto, Toscana, Trentino, Marche, Sicilia, Emilia Romagna. Dopo la Lombardia, un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici, dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte  interessi  anche Torino e provincia: oltre 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata, e non solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico Solvay  di Alessandria sobborgo Spinetta Marengo, unico produttore in Italia, individuato fin dal 2007 (studio europeo Perforce) principale fonte di Pfoa nel bacino del Po e  del brevettato C6O4 (dati  recenti di ARPA Piemonte) non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera  con  una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato  in pieno centro di Spinetta.

Alla richiesta atti di Greenpeace, solo 10 enti, pari al 23% del totale, hanno inoltrato copia delle analisi effettuate, addirittura adducendo come ragione dei mancati controlli la specifica istanza di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabileDei 671 campioni analizzati tra il 2019 e il 2023, nel 51% è stata riscontrata la presenza di PFAS, con le maggiori positività nella provincia di Alessandria. In questa area cinque comuni, ubicati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro, nonchéMontecastello con 470 nanogrammi, però  solo a Montecastello il sindaco ha chiuso l’acquedotto.

Dall’analisi dei dati condivisi dal gruppo Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) che gestisce la rete idrica di 291 comuni, emerge la presenza di PFAS in 77 comuni, il 26,5% del totale. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di PFASPer le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Colpisce la presenza rilevante di cC604 (brevetto esclusivo  Solvay) in quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea, a Bardonecchia situata a circa 1.300 metri d’altezza e 96 nanogrammi a Gravere, a oltre mille metri di altitudine.

Parallelamente alla richiesta dei dati agli enti pubblici, Greenpeace  ha raccolto e analizzato  15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi  per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi per bambini, evidenziando  la presenza di PFAS in 5 campioni: 120 nanogrammi per litro ad Alzano Scrivia (AL), 73 a Castelnuovo Scrivia (AL), 70 a Guazzora (AL),  19 a Tortona (AL), 12 a Galliate (NO).

Consulta la mappa con i dati relativi al Piemonte.

Schiume di Pfas nelle acque.

Queste immagini (clicca il video) sono uguali a quelle che ho denunciato negli anni ’90 per gli scarichi del polo chimico di Spinetta Marengo nel fiume Bormida, affluente del Tanaro, a sua volta del Po, fino all’Adriatico.

La schiuma è acido solfonico, perfluoroottansolfonico base di perfluoroottansolfonato, ovvero Pfos, il tipo di Pfas che è stato da poco tempo messo al bando in parte del mondo, e che nel 2023 ad Alessandria i cittadini, come me, se lo sono ritrovato nel sangue dall’indagine svolta dall’Università di Liegi, e che chiedono i danni alla Solvay.  

Dal Brasile, queste immagini attuali si riferiscono ad un camion che si è schiantato in un burrone, a Serra Dona Francisca, e ha finito per scaricare litri di acido solfonico in  un ruscello, il Rio Seco, che sfocia nel fiume Cubatão, le cui acque riforniscono 34 quartieri del comune di Joinville , 600mila abitanti privati di acqua potabile.

Lo stesso tipo di schiuma, è stato ritrovato anche nei mari. 

Pfas letali ancora più cotti che crudi.

Basta bollire gli alimenti per eliminare i Pfas? Tutt’altro. Nel cibo cotto i Pfas sono presenti in misure decine di volte superiori a quanto avviene nello stesso alimento crudo. A dimostrarlo è uno studio condotto dall’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr, principale ente pubblico di ricerca italiano. I ricercatori hanno prelevato acqua dalla falda inquinata tramite il pozzo di un’abitazione della zona rossa del vicentino. Con l’acqua prelevata sono stati lessati pasta, riso, carote, patate e carne di manzo. Tutto questo analizzando acqua e cibi prima e dopo la cottura. Ebbene la concentrazione di pfas nell’acqua aumenta al crescere del tempo di ebollizione, invece di calare come molti credevano, e gli inquinanti, con la cottura, passano negli alimenti. In proporzione più alta per pasta e il riso, che assorbono più acqua.

Secondo Greenpeace Italia  «per tutelare la collettività non basta erogare alla popolazione acqua pulita, è necessario il divieto dell’uso e della produzione dei perfluorati sull’intero territorio nazionale». 

Arcinoti i reati di inquinamento della Solvay.

Per questo scarico di Pfas, in Usa gli inquinatori hanno dovuto pagare 1,18 miliardi di dollari. E’ identico a quello della Solvay in Bormida: da me denunciato nel 2009 e nel 2010 anche con videointervista: ripresa più volte in convegni, come questo del 2019: clicca qui. Sarà anche questa una testimonianza al prossimo processo. 

Nell’esposto alla Procura segnaliamo che “Solvay sostiene di aver cessato il pfas cancerogeno PFOA nel 2013, mentre ad oggi continua a scaricarlo in aria e acqua, tant’è che nel febbraio 2020, l’IRSA, l’istituto di ricerca sull’acqua, preleva campioni nel punto di scarico delle acque reflue industriali nel fiume Bormida, e misura le concentrazioni di PFOA, peraltro di 2938 µg/l, 29 volte al di sopra della soglia fissata dalla Regione Piemonte 0,10 µg /l (In USA il limite di legge delle acque potabili è 0,016 µg /l.)

Tant’è che nel marzo 2020, una campagna di monitoraggio dell’aria condotta dall’ARPA ha mostrato che il PFOA è stato trovato anche nella ricaduta atmosferica degli impianti. Tant’è che il 17 marzo 2022 una scienziata (che lavora per il Centro Nazionale e Ricerche CNR e per l’Istituto di Ricerca sull’Acqua IRSA) misura che il PFOA è ancora presente nel suo campione (0,1902 µg /l), mescolato con i nuovi (in realtà utilizzati da ameno 15 anni) cancerogeni pfas ADV e C6O4.

Infatti, ancor prima di aver smesso (o finto) di utilizzare il PFOA, Solvay aveva introdotto l’ADV nella sua produzione già alla fine degli anni ’90, vedi il nostro esposto del 2009, e già nel 2006 i sospetti di tossicità erano confermati nel fegato dei topi di laboratorio, ma la multinazionale attenderà fino al 2011 prima di comunicare questi studi secretati all’EPA americana , mentre sta usando ADV anche in Italia. Ma c’è di peggio in fatto di dolo. Nel 2019 Solvay fornirà all’EPA un documento che dimostra che l’ADV è entrato nel sangue dei suoi lavoratori in due diverse fabbriche per più di 10 anni. La multinazionale ha smesso di usarlo nel luglio 2021 nella sua struttura di West Deptford, mentre l’ADV è ancora utilizzato da Solvay in Italia a Spinetta Marengo! E viaggia in acqua e aria (ma Solvay promette zero dal 2026).

Oltre che per la Procura, i reati sono pubblicati anche su numerosi giornali, esempio clicca qui.

Pfas e acque potabili in Lombardia, Greenpeace: contaminato un terzo delle fontanelle.

Il nuovo rapporto “PFAS e acque potabili in Lombardia, i campionamenti di Greenpeace Italia” rende pubblici gli esiti di un monitoraggio condotto in tutte le province lombarde: le analisi di un laboratorio indipendente evidenziano che 11 campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di Pfas nelle acque potabili di diversi comuni lombardi nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese (Qui la mappa dei campionamenti), precisamente in  fontane pubbliche in parchi giochi o vicino a scuole primarie,  dunque in “punti sensibili” esposti alla contaminazione dei minori i soggetti a maggior rischio.

In alcuni casi si superano i livelli previsti dalla Direttiva comunitaria e in altri i valori di sicurezza per la salute adottati in altre nazioni, sottolineando il fatto che, in base alle conoscenze scientifiche più recenti, i PFAS sono pericolosi per la salute anche a concentrazioni estremamente basse e inferiori a quelli fissati dalla Direttiva europea (100 nanogrammi per litro). Comunque, questo limite è superato a Caravaggio e Mozzanica, in provincia di Bergamo, e a Corte Palasio e Crespiatica, in provincia di LodiTra 12 nanogrammi litro (Pontirolo Nuovo, Bergamo) e 54 nanogrammi litro (Mariano Comense, Como). A Capriolo, Somma Lombardo, Mariano Comense, via Civitavecchia e via Cusago a Milano: concentrazioni superiori ai valori più cautelativi per la salute umana vigenti in Danimarca o proposti negli Stati Uniti.

Greenpeace Italia ha presentato sei esposti destinati alle Procure lombarde di riferimento  per adottare i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione di acque contenenti Pfas alla popolazione”.

I Pfas nelle acque potabili del Lodigiano.

Soprattutto alla luce dei casi di Crespiatica e Corte Palasio, dove in due occasioni sono stati rilevati i valori più alti di Pfas, l’ATS, Azienda Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano, ha replicato che questi valori non sono ritenuti tali da dichiarare una situazione di allarme sul piano della sicurezza sanitaria.

Greenpeace aveva  lanciato  l’allarme dopo test effettuati nei due Comuni dell’OltreAdda nell’ambito del rapporto “Pfas e acque potabili in Lombardia” basato su 31 campionamenti delle acque. Crespiatica (fontana del cimitero) era risultato il secondo punto più inquinato: 1.840 nanogrammi per litro, ben oltre la soglia dei 100 nanogrammi per litro prevista dalla direttiva europea del 2020. Alcune procure hanno chiesto degli approfondimenti alle autorità pubbliche.

Pfas nell’acqua potabile, preoccupazione tra i cittadini di Capriolo.

Greenpeace ha segnalato Capriolo come il Comune bresciano col più alto livello di Pfas nelle acque potabili, “in diversi punti, in particolare Pfoa, al parchetto di via Vittorio Emanuele”.

Organizzate dal Gruppo del Monte guidato da Claudio Volpi, oltre 200 persone hanno affollato la Sala Paolo VI dell’oratorio alla presenza di Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna sull’inquinamento di Greenpeace Italia, di Sara Valsecchi e Stefano Polesello del Cnr Irsa (Istituto Ricerca Sulle Acque), della giurista ambientale dell’Università di Padova, Claudia Marcolungo.

Non hanno convinto le rassicurazioni del sindaco Luigi Vezzoli, che aveva interpellato Acque Bresciane garantendo che su tutto il territorio un monitoraggio continuo.

Un sensore luminescente per rilevare i PFAS nelle acque.

Si tratta di un sensore luminescente sviluppato da scienziati esperti di chimica e scienze ambientali dell’Università di Birmingham, in collaborazione con scienziati dell’Istituto federale tedesco per la ricerca e i test sui materiali.  Peccato che non sia utilizzabile per i rilevamenti nelle acque potabili. Infatti il sensore (tramite un piccolo chip d’oro combinato con complessi metallici di iridio) è in grado di rilevare 220 microgrammi di PFAS per litro d’acqua, dato che lo rende utile all’analisi solamente delle acque reflue industriali… per dosare e intervallare gli sversamenti. Per l’acqua potabile, invece, occorre maggior sensibilità, così da rilevare livelli di PFAS nell’ordine dei nanogrammi

Parlamento e Comuni tradiscono il referendum per l’acqua pubblica.

Alla fine del 2023 sono scaduti molti affidamenti diretti della gestione (in house providing) del Servizio Idrico Integrato: la privatizzazione incombe. Tranne poche eccezioni, come ad esempio l’eccellenza di Acqua Bene Comune Napoli, nel resto del Paese manca ancora quel gestore pubblico che consenta il rinnovo diretto – fuori dalla concorrenza di mercato – dell’affidamento della gestione dell’acqua. E’ la logica conseguenza del tradimento della volontà popolare chiaramente espressa nel Referendum del 2011: fuori l’acqua dal mercato e dal profitto! Grandi responsabilità pesano sul Parlamento complice l’inerzia di molti sindaci e consigli comunali che per legge hanno il dovere di governare il Servizio Idrico Integrato. Clicca qui l’appello per la gestione dell’acqua bene comune.

Monitoraggio PFAS nelle acque potabili del Friuli Venezia Giulia.

Riceviamo e pubblichiamo (clicca qui) la Interrogazione a risposta orale n. 51 (CAPOZZI) “Monitoraggio PFAS nelle acque potabili del Friuli Venezia Giulia” che così conclude: “LETTI i risultati di analisi effettuate dai gestori e dalle autorità sanitarie lombarde su campioni di acqua destinata ad uso potabile condotte dal 2018, rese pubbliche da Greenpeace Italia, in cui sarebbe stata ravvisata la presenza di PFAS in quasi il 20% dei campioni; Tutto ciò premesso e considerato, interroga la Giunta per sapere: 1) se nei campioni di acque potabili destinate al consumo umano, analizzate nella nostra Regione dal 2018 in poi, siano stati ricercati i ‘PFAS totali’ e la ‘Somma di PFAS’ e quali siano i risultati, riscontrati”.

Pfas in Svizzera, in quasi la metà delle acque sotterranee.

Nel Canton Ticino,  a Sant’Antonino si beve acqua minerale a causa del pozzo che fornisce il 90% del fabbisogno idrico del Comune, una fonte indispensabile ma contaminata dai composti chimici PFAS. Un inquinamento causato dal cantiere AlpTransit del tunnel ferroviario del Monte Ceneri. Anche il comune di Capriasca è colpito dalla contaminazione.

Lo studio dell’UFAM ha evidenziato tracce di PFAS in quasi la metà delle acque di falda svizzere, e  nel caso del Prà Tiro oltre i limiti attualmente vigenti in Svizzera di 3 microgrammi al litro. Nello studio dell’ACCS, invece, cinque diversi laboratori cantonali hanno analizzato 564 campioni provenienti da tutto il Paese e dal Liechtenstein, che coprono l’approvvigionamento di acqua potabile del 70% della popolazione. In 306 non si trovavano tracce, mentre in cinque casi si superava il valore di 0,1 microgrammi per il totale di 20 PFAS, valido nell’UE e anche la Svizzera – dal 2026 – dovrebbe rendere vincolante. Da notare che la Commissione UE propone di abbassare ulteriormente e di molto la soglia, a 0,0044 µg/l per la somma di 26 PFAS.

Del tema delle PFAS doveva occuparsi la puntata di Patti Chiari bloccata da un provvedimento super cautelare il 29 settembre

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Clicca qui il Report della  riunione Coordinamento Nazionale

Presenti: Comitato Milanese Acqua Pubblica, Comitato Acqua Pubblica Torino, Comitato Acqua Pubblica Ferrara, Coordinamento Regionale Acqua Bene Comune Emilia Romagna, Comitato Acqua Pubblica Varese, Comitato Acqua Pubblica Napoli, Segreteria Operativa Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua, Comitato Acqua Pubblica Salerno, Comitato Acqua Bene Comune Provincia di Lecce, Comitato Acqua Pubblica Rieti, Gruppo Internazionale, Comitato Acqua Pubblica Mazara del Vallo.

L’acqua sempre più al centro della crisi climatica.

L’acqua sempre più al centro della crisi climaticaA tracciare un quadro della situazione è Legambiente con numeri e dati presentati al V Forum Acqua: dal 2010 al 31 agosto 2023 nella Penisola su 1.855 eventi meteorologici estremi, ben il 67% ha visto per protagonista la risorsa idrica con 667 allagamenti, 163 esondazioni fluviali, 133 danni alle infrastrutture da piogge intense, 120 danni da grandinate, 85 frane da piogge intense, 83 danni da siccità prolungata. Tra le regioni più colpite: Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia-Romagna con 120. Tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena 10, Torino 10. Clicca qui.

L’area rossa delle acque potabili inquinate dai Pfas in Lombardia.

Lo ammette finalmente la Regione Lombardia dopo che a maggio l’indagine di Greenpeace diffuse un report dal quale emergeva la situazione anomala e di rischio per la salute pubblica che univa i due Comuni del lodigiano (Crespiatica e Corte Palasio), e dalle amministrazioni locali e dai gestori del servizio piovvero rassicurazioni e smentite. In quel report, Greenpeace metteva in evidenza la situazione di rischio riscontrata anche in altri due Comuni, stavolta della provincia di Bergamo (Caravaggio e Mozzanica), per i quali però la Regione non ha provveduto ai campionamenti

Greenpeace, nel frattempo, ha proseguito con i campionamenti di un laboratorio indipendente e annuncia di aver presentato esposti a 6 procure lombarde, quelle di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese, affinchè siano adottati i provvedimenti cautelari necessari ad impedire il protrarsi della somministrazione delle acque alla popolazione. “Undici campioni su 31, pari a circa il 35% del totale, rivelano la presenza di Pfas nelle acque potabili di fontane pubbliche, spesso collocate in parchi giochi o in prossimità di scuole primarie: 100 nanogrammi per litro a Caravaggio, Mozzanica, Corte Palasio. A Crespiatica, superati i mille nanogrammi per litro”. In presenza di concentrazioni analoghe, oltre 20 Comuni veneti furono inseriti dalla Regione nella “area rossa”. 

Greenpeace sostiene l’urgenza che governo e parlamento varino in tempi un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas sul territorio nazionale e obblighi a riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze, come già chiedeva il Disegno di Legge “Crucioli”.

Coordinamento Nazionale del Forum Acqua.

Cliccando qui, potete leggere il Report  della riunione del  Coordinamento Nazionale Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Alcune  decisioni operative e appuntamenti:

organizzare un’assemblea nazionale nella prima metà di novembre, sostenere la manifestazione del 7 Ottobre indetta dalla CGIL e dalle realtà sociali, partecipare agli appuntamenti del Movimento Europeo per l’Acqua (EWM – European Water Movement).

L’acqua radioattiva di Fukushima in mare tramite un tunnel sottomarino.

L’acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare distrutta dal devastante tsunami seguito allo spaventoso terremoto dell’11 marzo 2011 sarà scaricata in mare tra la fine di agosto e settembre attraverso un tunnel sottomarino. L’acqua immagazzinata è stata trattata attraverso un processo denominato Advanced Liquid Processing System (ALPS) per rimuovere quasi tutta la radioattività, a parte il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno difficile da separare dall’acqua. Circa 1,3 milioni di tonnellate di acqua immagazzinate in enormi serbatoi saranno diluite con acqua di mare, per limitare la concentrazione di trizio, e   gradualmente rilasciate a 1 km dalla costa attraverso un tunnel sottomarino.

Il governo giapponese negli ultimi anni ha lavorato a lungo in diplomazia su un piano di scarico per avere meno critiche possibili. Con il beneplacito di Usa e Corea del Sud, a luglio 2023 è arrivato l’ok dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il via libera è però criticato da Cina e Hong Kong che hanno minacciato di vietare le importazioni di pesce da 10 prefetture giapponesi.

Il treno della sinistra perso o ritrovato dal PD?

“Il momento in cui la sinistra italiana ha perso il suo ultimo treno è stato il referendum sull’acqua pubblica, giugno 2011”. Ebbene, (senza dimenticare che nel referendum c’era anche il nucleare: vero traino della vittoria), questa affermazione  -dibattuta su hyperlink@lists.riseup.net- è condivisibile se non viene attribuita al PD, che già allora non era più di sinistra. Piuttosto il treno nel 2011 fu perso dai Movimenti, vera espressione della sinistra. Come ebbi occasione, nell’esemplare dibattito avviato su Il Manifesto, di confutare l’ottimismo di Alberto Asor Rosa e altri, penso che furono i Movimenti a subire la sconfitta epocale: che 12 anni fa non definii “irrimediabile” ma oggi il pessimismo dell’intelligenza mi fa dire: sì.

Irrimediabile perché è mancato il “salto di qualità”. Ci sono adesso le condizioni per un salto di qualità? Chiediamoci dapprima: ci sono valide, oggi, conferme alle seguenti affermazioni degli iniziali anni 2000? <<Esiste un immenso ma disperso patrimonio civile composto da mille vertenze sul territorio che si stanno scontrando sia con il potere economico sia con il potere politico in simbiosi, un patrimonio di Movimenti che però non hanno spiccato il salto di qualità. Sono sì innervati in una serie di formidabili reti nazionali (acqua pubblica, rifiuti, inceneritori, ogm, elettrosmog, nucleare, tav, grandi opere, pace, grillo, amianto, ecc.) tutte di fatto convergenti su un comune modello di economia alternativo, però senza una esplicita piattaforma comune, però senza la spina dorsale di un coordinamento, però senza mezzi di comunicazione unitari, però con difficoltà e resistenze al collegamento e all’unità, dunque sempre sull’orlo della sconfitta epocale. Insomma: una forza politica straordinaria e inespressa.

I contenuti non violenti e pacifisti e ambientalisti e civici delle mille vertenze territoriali aperte dai Movimenti in Italia sono, di fatto, convergenti su un modello alternativo di economia e -nel contempo- su un modello alternativo di politica, cioè formano, di fatto, un programma nazionale.

Ciascuna vertenza si scontra con i poteri economico e politico in simbiosi. L’occupazione del potere da parte della partitocrazia è speculare all’esercizio del potere economico, indifferente alla pace, all’ambiente e alla giustizia sociale. E’ la crisi della democrazia. Le mille vertenze sul territorio spostano il baricentro, dalla “democrazia delegata” occupata dai partiti, alla “democrazia partecipata” esercitata dai Movimenti. Però finora è mancato il salto di qualità.>>.

Difficile, mi pare, nell’attuale prospettiva politica (governo Meloni) confermare oggi l’esistenza di una siffatta narrazione movimentista e prospettare il salto di qualità a sinistra. Addirittura su input del PD. Chi mancò soprattutto in quel salto del 2011? Non il PD, tutt’altro che movimentista. Il peccato capitale fu commesso dai Movimenti proprio all’indomani della vittoria dei referendum 2011 precisamente quando in quell’irripetibile momento storico il Forum acqua pubblica aveva tutte le carte in mano -dimensione, organizzazione, autorevolezza e soldi dei rimborsi elettorali- per attivare finalmente il processo di unificazione dei Movimenti italiani: gli “Stati generali per il governo dei beni comuni” chiesti da me, Riccardo Petrella ecc. Ebbene, rifiutando il Forum di sciogliersi nei Movimenti, soprattutto con i Notav, di trasferirsi politicamente da Roma in Valsusa, fu dissolto quell’immenso ma disperso patrimonio di ‘democrazia partecipata’, fu depauperata una forza politica straordinaria potenzialmente in grado di farsi Soggetto politico di governo nazionale dei Beni Comuni. 

Questa occasione storica (diffusamente analizzata nel libro “Ambiente Delitto Perfetto” di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia, con una accusa peraltro assai contestata: clicca qui) la ricordo non per inutile spirito polemico bensì per rimarcare che se è vero, come è vero, che il treno della sinistra fu perso dai Movimenti, è più che mai vero che solo i Movimenti potrebbero compiere il salto di qualità per rimetterlo in marcia, giammai il PD che di sinistra non è. Semmai il PD potrebbe agganciarsi come vagone.  Insomma, ci si può solo affidare all’ ottimismo della volontà.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute  

Pfas nel Garda.

Secondo le analisi commissionate dal Coordinamento Ambientale Alto Garda e Ledro, dal depuratore del Linfano i Pfas finiscono nel Rio Salone, poi nel Sarca e infine nel lago di Garda.

Stop acqua potabile nel vicentino.

Premesso che, per tutelare sul serio la salute, il limite di Pfas nell’acqua dovrebbe essere zero, è stato superato lo stesso parametro di 0,100 µg/l previsto dal decreto legge entrato in vigore per nota della Regione il 30 maggio 2023. A nulla serve il sistema di filtraggio, così il sindaco di Montebello Vicentino ha emesso un’ordinanza che stabilisce la temporanea sospensione dell’uso dell’acqua potabile a scopo alimentare su tutto il territorio comunale. 

Le responsabilità della magistratura di Alessandria (a tacere degli amministratori locali).

Tony Fletcher è il supertestimone della Procura al processo di Vicenza contro Miteni. Per noi è una conoscenza vecchia di quindici anni. Lo segnalammo infatti -inutilmente- negli esposti alla Procura di Alessandria, nonché ai giornali. Come segue.  

“”Abbiamo segnalato per primi la questione eco sanitaria con alcuni ricorsi (Alessandrini, Berto, Ferrarazzo, lavoratori poi licenziati) alla Procura relativi alla presenza di PFOA tanto nel sangue dei lavoratori quanto nelle acque dei fiumi Bormida, Tanaro e Po, nonché delle falde superficiali e forse non solo. Nella copiosa documentazione del ricorso, si fa proprio riferimento agli studi americani citati da Tony Fletcher, professore alla London School of Hygiene end Tropical Medicine. Lo scienziato, definito uno dei tre maggiori epidemiologi mondiali, pur nella sua veste di consulente di parte (della Dupont, azienda produttrice di PFOA che ha già indennizzato per 101,5 milioni di dollari) ci conferma il drammatico allarme su un prodotto accertato da anni negli animali come cancerogeno, mutageno e teratogeno, ma si dichiara attendista per quanto riguarda analoghi effetti sugli esseri umani: ‘Fra circa 18 mesi concluderemo gli studi’. La nostra Associazione ritiene invece, in base agli studi internazionali, che se il prodotto perfluorurato è cancerogeno per gli animali non può non esserlo per gli umani, come dimostrano le metodologie comunemente utilizzate nella ricerca medica e farmaceutica. Tanto più che il ‘principio di precauzione’ impone di sospendere un prodotto quando sospetto, senza attendere di conteggiare a posteriori i morti e gli ammalati. Perciò abbiamo chiesto che la Solvay di Spinetta Marengo interrompa immediatamente l’utilizzo del PFOA e il suo rilascio in aria e acqua. Siamo invece completamente d’accordo con il professor Fletcher, avendola invano già richiesta a Procura e Asl, sulla necessità di analisi del sangue di massa per il PFOA: come hanno fatto in USA per 70.000 persone.””

I risarcimenti Pfas alle Vittime.

“Chi inquina paghi” è un vecchio slogan che rischia sempre di rimanere tale in Italia? In Usa si stanno accumulando cause legali – intentate da governi statali, gruppi di difesa ambientale, servizi idrici e altri. E in Italia? Chi ha fatto profitti enormi sulle spalle dell’ambiente e della salute dei cittadini pagherà? Miteni e Solvay sono sotto processo penale. Miteni ha dichiarato fallimento prima di essere chiamata a risarcire. Solvay, a sua volta, anche dal secondo (imminente?) processo penale -con debole imputazione: disastro colposo e non doloso- da un lato non rischierà reclusioni a carico di chi detiene i cordoni della borsa ma “sacrificherà” con miti pene due direttori retribuiti allo scopo, e dall’altro tenderà a scaricare i costi della bonifica (se e quando) sullo Stato. E per quanto riguarda i risarcimenti alle Vittime: ammalati e morti, lavoratori e cittadini? Il rischio del danno e della beffa è atroce. Ecco allora che ci apprestiamo ad avviare in tribunale ad Alessandria in loro favore cause civili: cause collettive, class action. (continua)

Mamme, bambini e donne incinte non utilizzate acqua del rubinetto.

«Nel cimitero di Zimella ci sono le tombe di sette bambini maschi morti per aborto tardivo spontaneo negli ultimi anni, mentre fra il 1960 ed il 2000 i casi analoghi erano stati in tutto due. Ma non è tutto, perché i problemi si manifestano in maniera grave dopo dieci anni di esposizione legata all’uso dell’acqua.”

Cinque anni fa aveva fatto rabbrividire questa testimonianza di un medico di base, Elisa Dalla Benetta, che confermava le ricerche del professor Carlo Foresta dell’Università di Padova: i Pfas sono interferenti ormonali e, abbattendo la produzione di testosterone, possono causare infertilità, problemi al sistema riproduttivo e tumori. Dunque bambini che muoiono a causa di aborti tardivi spontanei, ragazzi che vivono situazioni di confusione in merito alla loro identità sessuale, donne che affrontano l’idea della gravidanza con il timore di trasmettere ai propri figli problemi drammatici.

Ora, giugno 2023, «Va raccomandato alle donne in stato di gravidanza residenti nelle zone inquinate dai Pfas di non bere acqua di rubinetto». È possibile che in essa le sostanze perfluoro-alchiliche superino i livelli tollerabili dai neonati.” Ad affermarlo è il Consiglio regionale del Veneto. La mozione fatta propria dal Consiglio cita l’autorità europea per la salute alimentare Efsa, anche quando dice: «I bambini di età inferiore ai sei mesi sono maggiormente esposti alla contaminazione da Pfas attraverso il latte materno», così come l’accademia nazionale americana Nasem, che parla di aumento di rischio di basso peso neonatale ed ipertensione in gravidanza per le donne con concentrazioni derivanti dalla somma dei Pfas nel sangue.

Lo studio compiuto dal Coordinamento malattie rare della Regione ha evidenziato possibilità nettamente più alte della media per le donne in gravidanza che hanno a che fare con l’inquinamento da sostanze perfluorate di contrarre pre-eclampsia (+27%) e diabete gestazionale (+44%) e che c’è una probabilità più elevata del 29% che i bimbi abbiano un basso peso e che ci siano rischi significativi di anomalie al sistema nervoso e difetti congeniti al cuore.

A Lione il sindaco di Alessandria lo caccerebbero.

Il polo chimico Solvay Arkema.

Pfas nelle acque di Lione: vietato mangiare pesce e uova della zona. E Alessandria? A differenza di quello italiano, il governo francese ha annunciato un piano per la messa al bando dei Pfas. A livello locale ha ordinato ad Arkema di smettere di utilizzarli entro la fine del 2024 e di monitorare l’acqua potabile e i prodotti alimentari. L’area industriale incriminata è quella di Pierre-Bénite: nell’aria, nel suolo, nell’acqua del Rodano vengono scaricati i Pfas. Sul Rodano si “specchiano”, una di fronte all’altra Arkema e Solvay, che non a caso le due sono coinquiline nel polo chimico di Spinetta Marengo. Pensare male si fa peccato però spesso ci si azzecca. Arkema e Solvay scaricano assieme in Bormida.

A differenza che a valle di Spinetta, non si deve mangiare il pesce pescato a valle della Pierre-Bénite e non si devono mangiare le uova provenienti dai pollai privati di 17 comuni. A differenza di Alessandria, l’autorità metropolitana di Lione sta preparando uno studio sulla salute e sull’ambiente, con una campagna di analisi del sangue. “Tutti sapevano fin dal 2011: è un caso di banditismo ambientale e sanitario”.  36 querelanti individuali, oltre a 9 associazioni e sindacati, tra cui l’Ong ambientalista “Notre affaire à tous”, hanno portato il caso davanti al tribunale giudiziario di Lione nell’ambito di una procedura sommaria per reati ambientali che consente ai tribunali di “adottare qualsiasi misura utile, fino alla chiusura di un sito”. Il sindaco potrebbe entro l’estate unirsi nell’azione collettiva di bonifica del suolo (a differenza del sindaco di Alessandria).

Greenpeace: acqua contaminata dai Pfas. Regione Lombardia: è potabile.

La replica dell’associazione ambientalista a gestori e Regione Lombardia: non è vero che le analisi erano state fatte tutte sull’acqua di falda pre trattata. Nuova richiesta di accesso agli atti. Clicca qui.

Greenpeace Italia torna ribadire che, in base alle evidenze scientifiche, i PFAS sono pericolosi per la salute umana anche a concentrazioni molto basse; pertanto, l’unico valore cautelativo è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria. All’estero questo approccio è realtà: negli Stati Uniti l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) indica come limite lo zero tecnico, ovvero il valore più basso che le attuali strumentazioni sono in grado di rilevare, mettendo in pratica il concetto che per i PFAS non esistono soglie di sicurezza. Anche la Danimarca ha adottato da alcuni anni valori estremamente cautelativi per l’acqua potabile pari a 0,002 microgrammi per litro e 2 nanogrammi per litro per la somma di quattro PFAS.

Il piano europeo sta fallendo.

Mentre in Italia, teatro del più grande caso di inquinamento da Pfas nel continente europeo, queste sostanze attualmente non sono neppure inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano e la politica non se ne occupa, in Europa hanno chiesto di vietarne uso e produzione Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia. E la Danimarca, partendo dai dati sulla sicurezza alimentare elaborati da Efsa nel 2020, ha già introdotto un limite per la somma di quattro sostanze Pfas (Pfoa, Pfos, Pfna e Pfhxs) pari a 2 nanogrammi per litro.

L’Unione Europea enuncia che sta per fissare nuovi parametri e nuove soglie per le concentrazioni di Pfas nell’acqua, nel cibo, nell’aria, nella terra e nel sangue degli esseri umani e viventi (animali compresi). Prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024 i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento. Ma la direttiva del 2020 non tiene conto dei più recenti parametri Efsa e non centra la soglia zeroInsomma questo piano europeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un loro rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la Commissione europea aveva annunciato di voler sostanzialmente vietare numerose sostanze chimiche nocive presenti nei prodotti di largo consumo, pubblicando una tabella di marcia da cui emergeva che in un tempo relativamente breve migliaia di esse, a cominciare dai PFAS, dovrebbero appunto essere messe al bando. Purtroppo i progressi fatti nel corso di un anno si dimostrano ben poco rassicuranti. Secondo ClientEarth e EEB “la maggior parte dei fascicoli sono ancora in bozza e allo stato attuale centinaia di migliaia di tonnellate di sostanze tossiche all’anno sono destinate a sfuggire ai divieti”.

La colpa?  Nelle “pressioni esercitate dall’industria chimica” che condizionano atteggiamento della Commissione europea: di par suo incline a regolamentazioni lente e deboli, vanificando il piano che – se concretizzato – vieterebbe “più sostanze chimiche dannose che in qualsiasi altra parte del mondo”.

IN ITALIA È IN ATTO UN CRIMINE AMBIENTALE E SANITARIO

CHIEDI AL GOVERNO ITALIANO LA MESSA AL BANDO DEI PFAS

Clicca qui.

 

L’unico valore cautelativo della salute è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria.  Eppure non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo in Italia.

Eppure in Italia nella scorsa legislatura è stato presentato in Senato da Mattia Crucioli un Disegno di Legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

La situazione legislativa sarà oggetto della prossima puntata nel servizio, che partirà dalle analisi degli iceberg piemontesi e veneti: Solvay di Spinetta Marengo e Miteni di Trissino.

Questa puntata illustra invece le situazioni Pfas in Lombardia, Toscana e Trentino, utili anche da confrontarsi con le responsabilità in particolare della Regione Piemonte e del sindaco di Alessandria.

Anche in Lombardia l’emergenza PFAS è fuori controllo.

Secondo i parametri vigenti negli Usa e in Danimarca l’acqua non sarebbe considerata potabile. Maglia nera alla provincia di Lodi. A Milano poco meno di un campione su tre è risultato contaminato.

Una nuova indagine di Greenpeace Italia sui PFAS, acronimo inglese di PerFluorinated Alkylated Substances (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, che contengono almeno un atomo di carbonio): micidiali perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature, micidiali incolori e inodori perchè una volta dispersi in natura -dalle calotte polari al latte materno delle orse, dal nostro cibo, nell’aria che respiriamo e anche nella pioggia – non si biodegradano mai tanto da essere definiti inquinanti eterni” (forever chemicals), micidiali per bioaccumulo nella catena alimentare perché tossici e cancerogeni (tiroide, fegato, sistema immunitario, obesità, diabete, colesterolo ecc.). Incolori e inodori, sono utilizzatissimi: dai cosmetici ai capi di abbigliamento impermeabili, dalle padelle antiaderenti agli imballaggi in carta ecc.

Lo studio è stato condotto grazie a numerose richieste di accesso agli atti (FOIA) indirizzate a tutte le ATS (Agenzia di Tutela della Salute) e agli enti gestori delle acque potabili lombarde: dei circa 4mila campioni analizzati dagli enti preposti tra il 2018 e il 2022, circa il 19% del totale (pari a 738 campioni) è risultato positivo alla presenza di PFAS, compreso il cC6O4 della Solvay di Bollate.  Un inquinamento che rischia di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari. Si può dire, quindi, con certezza che sono migliaia i cittadini lombardi che, dal 2018, hanno inconsapevolmente bevuto acqua contenente PFAS, usata anche per cucinare o irrigare campi e giardini.

Secondo i parametri vigenti negli Usa e in Danimarca una parte dell’acqua della Lombardia non sarebbe considerata potabile.

Greenpeace Italia ha fornito una mappatura (disponibile su questo sito) per controllare gli esiti delle indagini e verificare quanti campioni di acqua a uso potabile non rispettano i valori limite più cautelativi proposti in altre nazioni come negli Stati Uniti (il 13,1%) o quelli vigenti in Danimarca (il 13,4%). Il record negativo è detenuto dalla provincia di Lodi, con l’84,8% dei campioni risultato positivo alla presenza di PFAS; seguono le province di Bergamo e Como, rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%. L’area milanese si attesta a metà classifica, con un quinto delle analisi positive. Tuttavia, in termini assoluti, la provincia di Milano (dove si registra anche un numero più elevato di analisi effettuate) ha il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati PFAS (ben 201), seguita dalle province di Brescia (149) e Bergamo (129). Particolari criticità emergono anche nei comuni di Crema (CR), Crespiatica (LO), Pontirolo Nuovo (BG), Rescaldina (MI) e nella zona di Cantù-Mariano Comense (CO). 

In particolare, per i record di Milano, Crema, Bormio clicca qui.

Greenpeace Italia chiede alla Regione Lombardia di individuare tutte le fonti inquinanti, al fine di bloccare l’inquinamento all’origine e riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze. «È necessario varare un piano di monitoraggio regionale sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, rendendo disponibili alla collettività gli esiti delle analisi, e garantire il diritto della cittadinanza a disporre di acqua pulita e non contaminata», chiarisce Giuseppe Ungherese. La Regione deve, in particolare, «mettere in sicurezza gli acquedotti avviando una serie di controlli capillari e promuovendo un piando di riconversione industriale, quindi vietare l’uso di queste sostanze per quali esistono alternative più sicure e di minore impatto ambientale». Nel mentre, “Governo, Parlamento e Ministeri competenti devono assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento».

Solvay e Du Pont in tribunale.

Lo Stato del Kentucky sta portando in tribunale Du Pont, la Regione Piemonte NON sta portando Solvay in Tribunale, il sindaco di Alessandria NON emette ordinanza di chiusura degli impianti tossico cancerogeni, noi stiamo portando Solvay in tribunale anche con cause civili, alla stregua di class action.

Il Kentucky chiede risarcimenti “per pagare tutti i costi passati e futuri sostenuti dalla comunità per indagare, monitorare e rispondere alla contaminazione da PFAS, così come per tutti i danni causati alla collettività”. DuPont de Nemours e due delle sue società derivate, Chemours e Corteva, sono gli imputati. I tre hanno sborsato collettivamente miliardi di dollari per risolvere cause simili nel corso degli anni.

Il sito si trova a circa 120 miglia a monte del fiume Ohio ed è stato al centro del film del 2019 “Dark Waters”.  Così come il fiume Bormida è stato per il film documentario sulla Solvay di Spinetta Marengo (clicca qui) della TV belga RTBF.  

Come Solvay a Spinetta Marengo, per anni la DuPont ha consapevolmente scaricato nel fiume Ohio dal suo impianto nel West Virginia.  Nel monitoraggio del 2019, mezzo secolo di PFAS sono stati trovati in tutto lo Stato e nell’acqua potabile finita nei sistemi che supportano un totale di 1,7 milioni di persone. Da allora ne sono stati trovati altri, sia nelle acque superficiali che nei campioni di pesce.

Cause simili sono state intentate in tutti gli USA per i PFAS: il Minnesota ha risolto nel 2018 una causa contro 3M che ha contaminato l’acqua potabile per una spesa di circa 720 milioni di dollari in progetti e risorse naturali.  Nel film Erin Brockovich – Forte come la verità, si affronta il concetto di class action negli Stati Uniti.

Con analogo fine, a fianco del procedimento penale prossimo venturo, le cause civili che stiamo approntando sono a risarcimento delle Vittime e dei loro Famigliari, sia Lavoratori della Solvay che Cittadini di Alessandria. Allo scopo saranno indette le assemblee.

Interpellanza alla Camera sui PFAS.

Presentata dall’onorevole Enrico Cappelletti (M5S) che chiede al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di intervenire per monitorare e contrastare la contaminazione dell’acqua, del suolo e dell’aria in tutto il territorio italiano di queste sostanze che gli studi scientifici associano all’insorgenza di tumori, malattie metaboliche, infertilità maschile e interferenze con la salute riproduttiva delle donne, eccetera, sostanze persistenti e bioaccumulabili  largamente utilizzate  per la produzione industriale di materiali idrorepellenti come tessuti, vernici, attrezzature antincendio, confezioni di alimenti, ecc. La situazione italiana è stata oggetto di indagini dell’ONU e della Commissione interparlamentare Ecomafie.

Se intendesse veramente intervenire, non sfugga al Ministro il Disegno di Legge presentato nella trascorsa legislatura dall’ex senatore Mattia Crucioli, che detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione (della Solvay di Spinetta Marengo AL), l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, infine dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Cattive Acque, film drammatico sui Pfas.

Film del 2019 basato su fatti realmente accaduti a Cincinnati nell’Ohio, quando l’avvocato Robert Bilott si mosse contro la società di prodotti chimici DuPont a seguito dello scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburge condusse la sua ventennale battaglia legale. “Cattive acque”, trasmesso in prima Tv su Iris lunedì 3 aprile, è possibile vederlo in streaming sul sito di Mediaset Infinity.

Brevemente la trama. Alla fine degli Anni ‘90 Robert Billot è un avvocato specializzatosi nella difesa di aziende chimiche, ed è appena diventato socio nel suo studio legale. A cambiare drasticamente la sua vita tranquilla sarà la visita in ufficio di Wilbur Tennant, un contadino della Virginia conoscente di sua nonna che gli chiede di indagare su un’insorgenza anormale di tumori e malformazioni nelle sue mucche a Parkersburg, nella Virginia Occidentale. Dopo una visita alla fattoria, il legale verifica che 190 capi di bestiame sono morti con condizioni mediche insolite, mentre l’avvocato della DuPont, Phil Donnelly, gli comunica di non essere a conoscenza del caso. La società invia a Robert centinaia di scatole, e l’uomo non demorde ma si dedica alla lettura di ogni singolo documento, trovando numerosi riferimenti al PFOA, una sostanza chimica senza alcun riferimento nei testi medici. Infine Robert scopre che il PFOA è l’acido perfluoroottanoico, usato per il teflon nelle pentole antiaderenti: sostanze che non lascia il flusso sanguigno ma tende ad accumularsi in esso. La DuPont aveva eseguito in passato i test sul PFOA, sapendo benissimo che causa il cancro e altri difetti congeniti, tuttavia non aveva mai reso pubblici i risultati.

“Gli PFAS minaccia per salute pubblica”/ Avv. Bilott: “Europa al lavoro per vietarli”.

29.03.2023 – Josephine Carinci

https://www.ilsussidiario.net/news/gli-pfas-minaccia-per-salute-pubblica-avv-bilott-europa-al-lavoro-per-vietarli/2513265/

L’avvocato americano Robert Bilott si batte da decenni per sensibilizzare le persone sulle devastazioni delle sostanze perepolifluoroalchiliche (PFAS), utilizzate in maniera massiccia per rendere antiaderenti le nostre padelle o le nostre giacche impermeabili, si trovano praticamente dappertutto prima di finire nell’acqua dei rubinetti. La sua lotta contro il gigante chimico DuPont ha ispirato il film Dark Waters, uscito nel 2019. Queste sostanze chimiche sono associate a un’incredibile gamma di effetti sulla salute: cancro, diminuzione della funzione immunitaria, neonati compresi, efficacia dei vaccini eccetera. Il numero di decessi attribuibili alle PFAS nei soli Stati Uniti sono stimati in diversi milioni negli ultimi vent’anni. E i costi economici per il sistema sanitario ammontano a miliardi di dollari”. Le Monde ha di recente rivelato che circa 17.000 siti sono contaminati da PFAS in Europa. L’Unione Europea sta studiando la possibilità di vietare del tutto gli PFAS. E’ una lotta feroce: i produttori stanno reagendo, in Italia la Solvay. In Italia nella scorsa legislatura è stato presentato   CrucioliAll’inizio di febbraio 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha pubblicato una proposta di divieto di produzione e uso di tutti i Pfas.

Gli Stati Uniti vogliono ripulire l’acqua potabile dai Pfas.

L’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) ha proposto stringenti standard relativi agli “inquinanti eterni”, le pervasive sostanze chimiche molto dannose per la salute umana

Amanda Hoover https://www.wired.it/article/pfas-acqua-potabile-stati-uniti/

Si tratta di misure molto forti per la tutela della salute, nonché di una decisione storica per limitare realmente l’esposizione alla contaminazione da queste sostanze chimiche”, spiega David Andrews, scienziato dell’Environmental working group. “Un primo passo davvero importante” afferma Katie Pelch, scienziata del Natural resources defense council (Nrdc). Infatti,  i pericoli posti dai Pfas sono diventati sempre più evidenti: secondo l’Epa i  livelli di esposizione causano problemi di fertilità, ritardi nello sviluppo dei bambini, calo delle risposte immunitarie, diversi tipi di tumori, tra cui quelli alla prostata, ai reni e ai testicoli. I funzionari dell’Epa stimano che rendere più pulita l’acqua negli Stati Uniti eviterebbe migliaia di morti e decine di migliaia di casi di malattie gravi. Laurel Schaider, scienziata presso il Silent spring institute, sottolinea l’urgenza dell’avvio dei test del sangue obbligatori nei luoghi dove vi è un’elevata esposizione ai Pfas, come NON avviene in Piemonte per la Solvay di Spinetta Marengo. Schaider rimarca che per tutelare questi cittadini occorre interrompere la produzione (come avverrebbe con l’approvazione del “DDL Crucioli”. Uno studio del 2020 ha stabilito che addirittura duecento milioni di americani sono esposti alle sostanze nell’acqua potabile. In Italia, secondo i dati del Forever Pollution Project, i siti contaminati da Pfas superano invece i 1600.

Giro di vite negli USA contro gli PFAS nell’acqua potabile: per la 1° volta, fissati limiti per legge.

L’Epa ha annunciato un regolamento sulle concentrazioni di ‘forever chemicals’ nell’acqua del rubinetto. Le aziende municipali dovranno eliminare le sostanze chimiche. E si potranno rivalere sui grandi inquinatori

 15 Marzo 2023 https://www.rinnovabili.it/ambiente/inquinamento/pfas-nellacqua-potabile-usa-limiti/

L’ Agenzia per la Protezione Ambientale obbliga le aziende municipali che gestiscono le risorse idriche a rimuovere le sostanze chimiche nocive dall’acqua. E queste aziende si potranno rivalere in tribunale sulle compagnie e gli enti da cui origina l’inquinamento da PFAS nell’acqua potabile. Applicata in Italia la norma: la municipalizzata di Alessandria potrebbe rivalersi su Solvay ma anche sul sindaco che NON ha emesso ordinanza di fermata delle produzioni inquinanti.

Il limite americano, fissato a 4 parti per mille miliardi, va giudicato come piccolo passo avanti perché comunque ancora troppo alto per tutelare adeguatamente la salute: la ricerca scientifica in materia, infatti, ritiene che non esistano limiti sicuri per la salute per gli PFAS nell’acqua potabile.

Inquinamento da Pfas, Lucca e Pisa le zone più colpite in Toscana.

Da un’inchiesta internazionale la mappa interattiva della concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche in Europa: torna l’allarme per gli ‘inquinanti eterni’

 Vincenzo Brunelli – 27 Marzo 2023 – https://www.luccaindiretta.it/cronaca/2023/03/27/inquinamento-da-pfas-lucca-e-pisa-le-zone-piu-colpite-in-toscana/341574/

Le punte dell’Iceberg Pfas sono, come noto da decenni, il Veneto con la Miteni di Trissino (VI) e il Piemonte con la Solvay di Spinetta Marengo, unica produttrice in Italia (AL), con relativi processi penali. Emergono sempre più, dove le ARPA sono attive, criticità diffuse nella penisola. I giornalisti francesi di Le Monde hanno realizzato una mappa interattiva europea, costruita da uno studio internazionale (The Forever Pollution Project ***) raccogliendo e organizzando dati da diverse fonti, pubbliche e private (in Italia le testate Radar Magazine e Le Scienze) che mostra i luoghi in Europa in cui è stata accertatauna contaminazione da Pfas da parte di autorità ambientali (come le Arpa in Italia).

Tant’è che all’inizio di febbraio 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha pubblicato una proposta di divieto di produzione e suo di tutti i Pfas, infatti l’unico rischio accettabile è uguale a zero. Tra le nazioni promotrici del divieto figurano Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia, ma non l’Italia! Rivendicazione per l’Italia subito ribadita da Greenpeace: “Si tratta di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo. Esortiamo il governo, il parlamento e i ministeri competenti ad assumersi le proprie responsabilità varando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas, insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili”. Cioè in pratica il Disegno di Legge presentato dall’ex senatore Crucioli di concerto con Legambiente, Movimento di lotta Maccacaro e Comitato Stop Solvay. Di seguito, il particolare della mappa riguardante l’Italia:

E per quanto riguarda la Toscana, andando a leggere i dati di Arpat si capisce che “il 70% delle stazioni in acque superficiali e il 30% delle stazioni in acque sotterranee monitorate in presenta residui di Pfas, con due “zone rosse” quella di Lucca e quella di Pisa, oltre a Castagneto Carducci in provincia di Livorno e alcune zone di Massa.

*** The Forever Pollution Project, è un’indagine transfrontaliera a cui hanno partecipato 18 redazioni da tutta Europa, tra cui Le Monde (Francia), Süddeutsche Zeitung, Ndr e Wdr (Germania), The Investigative Desk e Nrc (Paesi Bassi) e Radar Magazine Le Scienze (Italia),Datadista (Spagna), Knack (Belgio), DeníkReferendum (RepubblicaCeca), Politiken (Danimarca), Yle (Finlandia), Reporters United (Grecia), Latvijas Radio (Lettonia), Srf Schweizer Radio und Fernsehen (Svizzera), Watershed ,The Guardian (Regno Unito).

Così i Pfas viaggiano e contaminano Milano.

Gli inquinanti presenti nelle acque scorrono travalicando i confini, ma anche le attività di smaltimento dei rifiuti sono tra le cause dell’espansione delle contaminazioni

Irene Fassini 16 marzo https://www.milanotoday.it/dossier/ambiente/contaminazione-pfas-milano.html

La presenza di PFAS nelle acque lombarde è nota all’Arpa regionale, che li monitora insieme ai recenti composti: il C6O4 (e ADV) è una nuova molecola brevettata dalla Solvay presso il Centro di Ricerca di Bollate e prodotta a Spinetta Marengo, in sostituzione dei più noti e altrettanto tossici e cancerogeni Pfas (FOA).

Carta igienica con Pfas favorisce il cancro.

Un team di scienziati dell’Università della Florida negli Usa, tramite una ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology Letters avvertono che anche la carta igienica potrebbe contenere Pfas, sostanze che sono state collegate da precedenti studi a determinati tipi di cancro, ma anche ad un basso numero di spermatozoi (quindi a una scarsa fertilità maschile). Un’indagine del genere in Usa è già stata condotta da Mamavation, community di genitori “green”.

L’ispirazione per lo studio è nata da precedenti ricerche condotte sulla presenza di Pfas nei biosolidi, ovvero nei rifiuti solidi che provengono dagli impianti di trattamento delle acque reflue, dove le carte igieniche affluiscono. Il ritrovamento è ulteriormente preoccupante perché gli effluenti delle acque reflue e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e/o l’applicazione sul terreno.

Pfas, il veleno nell’acqua e nel sangue. Ma i controlli sono una beffa.

L’azienda Miteni di Trissino per anni contaminato la seconda falda più grande d’Europa, colpendo la salute di 350 mila cittadini tra Verona, Vicenza e Padova. Tanto che la Regione nel 2017 è costretta ad adottare un Piano straordinario di emergenza, suddividendo il territorio in tre aree in base al rischio sanitario: area rossa, dove sono contaminate sia l’acqua potabile sia le falde acquifere e i fiumi; area arancione, in cui gli acquedotti hanno un livello d’inquinamento inferiore. E gialla, definita per lo più area di osservazione. Le analisi del sangue e le inefficaci precauzioni (filtri a carbone) si fermano alla “zona rossa”. Per il resto nulla, nessun intervento sulle falde, con la cui acqua si irrigano i campi, sui fiumi, sul suolo, sull’aria. Nessun limite anche per l’acqua irriguaNessun controllo sulla contaminazione dei prodotti di origine animale e vegetale provenienti dalle zone inquinate. I controlli privati segnalano la presenza totale di Pfas superiore ai 6.200 nanogrammi per chilo nel terreno. In area arancione perfino le analisi del sangue sono burocraticamente impossibili.

Della bonifica del sito di Miteni, infine, si sono perse le tracce così come di un piano di riconversione industriale per azzerare tutte le fonti inquinanti.

La Regione Veneto è dunque sotto accusa. La Regione Piemonte ha fatto ancora meno, anzi nulla.

Pfas in discariche: unico sospettato Solvay. E i complici?

Chi smaltisce nelle discariche i Pfas C6O4 e ADV che solo Solvay di Spinetta Marengo produce? Non può che essere la Solvay. La domanda se l’è posta per prima ARPA Piemonte quando l’indagine regionale 2022 dei percolati di discarica ha analizzato la presenza di “classe 4”, cioè superiore ai 50 microgrammi per litro di “altri Pfas” in tre discariche in provincia di Torino. “In questi tre impianti e nelle altre discariche in provincia di Torino e in provincia di Asti si riscontra, inoltre, la presenza della molecola cC6O4“, brevettata da Solvay.

Le altre discariche del Piemonte si attestano sulla classe di concentrazione 3 (>5 e <50 microgrammi/litro ndr) per la sommatoria dei PFAS, ad esclusione di PFOA+PFOS“. “In una discarica in provincia di Torino si rileva inoltre la presenza della molecola ADV“, anch’essa di esclusiva  produzione Solvay.

Il sospettato numero uno è avvertito: l’Arpa estenderà l’indagine anche nel 2023. Nel frattempo dovrebbero essere all’opera i carabinieri.

Infatti, sono state pubblicamente poste domande alle quali non è stato rispostoA SolvayCome ci sono arrivati i Pfas nelle discariche, visto che l’unico punto di produzione è a Spinetta Marengo? E ancora: come vengono trattati questi percolati? Dove vengono smaltiti? All’ArpaPerchè Arpa nasconde l’ubicazione delle discariche alessandrine? A Comune, Provincia e RegionePerché è stato dato il permesso di spostare il cC6O4 se c’è la certezza che è pericoloso? Siccome i metodi di smaltimento non sono stati inseriti nell’Aia (Autorizzazione Ambientale Integrata che viene concessa dalla Provincia), allora  lo si sta portando in giro per la Regione in questo modo? Ancora una domanda: chi lo deve smaltire, sa come farlo? Lo fa correttamente?

Pfas nei pozzi della rete idrica: ecco dove.

I risultati in provincia di Alessandria dei campionamenti dell’acqua potabile ordinati da Asl ed eseguiti da Arpa evidenziano un inquinamento costante lungo l’asse del torrente Scrivia. Ma anche in prossimità del Tanaro. Alzano, Castelnuovo Scrivia, Isola Sant’Antonio, Guazzora, Molino dei Torti, Piovera, Tortona, Villarvernia evidenziano un inquinamento abbastanza costante di Pfoa (Solvay dice cessato nel 2013). A Pietra Marazzi, spunta il cC6O4 (brevettato da Solvay). A Montecastello, chiuso il pozzo nel 2020, c’è sempre C6O4, PFOA e ADV (altro brevetto Solvay).

Il governo vuole combattere la siccità o salvare gli interessi delle imprese che assetano il Paese?

Nelle intenzioni del governo (Ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto), la situazione di emergenza climatica, la siccità e il fenomeno della desertificazione (che già interessa il 20% del territorio italiano) saranno utilizzati per giustificare misure di razionamento dell’acqua, sospensioni programmate dell’erogazione, divieti e limitazioni all’utilizzo dell’acqua. Non è bastato, quindi, disapplicare il Referendum del 2011, oggi ci troviamo anche di fronte ad una nuova restrizione di democrazia che sottrarrà ai territori anche il controllo della propria acqua, sottoponendo i cittadini a centellinare questa risorsa vitale, pagata come oro ai vari gestori che, a fronte di lauti profitti e dividendi, hanno ridotto le reti a colabrodi. Mentre con ogni probabilità sarà impossibile irrigare anche il piccolo orto di casa, fiumi di acqua si disperdono dalle condutture nel sottosuolo.

Come movimento per l’acqua abbiamo denunciato come il “Recovery Plan” punti a realizzare una vera e propria “riforma” nel settore idrico fondata sull’allargamento del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete (acqua, rifiuti, luce e gas) la quale si sostanzierebbe in una vera e propria strategia di rilancio dei processi di privatizzazione.

A nostro avviso, invece, si tratta di mettere in campo un grande Piano nazionale per la ristrutturazione delle reti idriche (continua Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua)

L’ARPA: ad Alessandria Pfas in acqua, in aria, in suolo (e dunque nel sangue).

Dall’anno scorso Arpa Piemonte, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha avviato un’attività sperimentale di monitoraggio delle deposizioni di PFAS nella zona di Spinetta Marengo, in prossimità del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. Cioè il trasferimento di queste sostanze tossiche e cancerogene dai camini all’atmosfera e dall’atmosfera con ricaduta al suolo, alla vegetazione, all’acqua. Attraverso la loro presenza in aria, i pfas si accumulano nella catena alimentare: un dato che va collegato quindi a un altro studio della regione Piemonte in base al quale nell’aprile 2022 era emersa la presenza di c6o4 nelle uova e nel latte delle aziende agricole vicine al polo chimico.

Il monitoraggio è stato avviato attraverso il posizionamento di due punti -insufficienti- di controllo in via Genova e in strada Bolla.  I risultati hanno evidenziato cC6O4 e ADV N2, con valori mediamente sempre maggiori presso la postazione di via Genova, e in alcuni campioni anche la presenza di PFOA, PFBA e PFNA con valori prossimi al limite di quantificazione (LOQ).

Inoltre l’Arpa ha completato per il 2022 i campionamenti delle acque sotterranee a Spinetta Marengo ed aggiornati gli esiti con i dati di giugno: INQUINAMENTO DA PFAS “ADV N2” A GIUGNO 2022 oltre 55.000 nanogrammi/litro all’interno del sito, e oltre 5.000 all’esterno. Clicca qui.

Neppure questi dati convincono il sindaco a emettere ordinanza di chiusura delle produzioni inquinanti. 

Mangiare un pesce d’acqua dolce equivale a bere per un mese acqua fortemente contaminata da PFAS.

Uno studio americano ha rilevato che i pesci d’acqua dolce in natura (fiumi e laghi) sono talmente contaminati dalle PFAS, le famigerate “sostanze chimiche per sempre”, tossiche e cancerogene, che consumarli rischia di far accumulare livelli altissimi degli inquinanti nel nostro corpo. Un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell’Environmental Working Group (EWG) di Washington, hanno collaborato con i colleghi della Nicholas School of the Environment dell’Università Duke: sono giunti alle loro conclusioni, “Mangiare un pesce d’acqua dolce equivale a bere per un mese acqua fortemente contaminata da PFAS”, dopo aver analizzato i dati di oltre 500 campioni di filetti di pesce d’acqua dolce raccolti nell’ambito di vari programmi di monitoraggio condotti da diversi enti degli USA. Fra essi l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), il Great Lakes Human Health Fish Fillet Tissue Study e il National Rivers and Streams Assessment. Nei pesci dei fiumi 9.500 nanogrammi per chilogrammo (ng/kg), nei pesci dei Grandi Laghi si arrivava a 11.800 ng/kg. Meglio acquistare quelli allevati.

Già negli anni duemila sollevammo l’allarme dell’inquinamento di Bormida-Tanaro -Po con conferenze in Italia ed esposti in magistratura: Clicca qui.

Insufficiente l’argine europeo ai Pfas negli alimenti. E nei farmaci?

l rischio non è circoscritto ai lavoratori e ai cittadini limitrofi alle produzioni, esempio Solvay di Spinetta Marengo. Infatti i cibi, frutta, verdura, latte, uova, pesce, crostacei, molluschi bivalvi, carne di animali d’allevamento e selvatici, eccetera, possono essere contaminati da Pfas sia da terreni e acque inquinate utilizzate per coltivarli, sia dall’uso diretto di materiali (durante la lavorazione) e di imballaggi contenenti Pfas a contatto con gli alimenti. Infatti i Pfas sono utilizzati per rivestimenti antimacchia e resistenti all’acqua per tessuti e tappeti, rivestimenti resistenti all’olio per carta e cartone, materiali a contatto con gli alimenti, lucidanti per pavimenti, formulazioni di insetticidi, schiume antincendio ecc.

La Commissione europea Efsa ha concluso che i perfluoroalchilici, chiamati anche “sostanze chimiche per sempre” o “eterne”, in quanto la loro composizione chimica tossica e cancerogena non ne consente la degradazione, causano danni sullo sviluppo del feto, sul colesterolo, sul fegato e sul sistema immunitario nonché sul peso alla nascita ecc., stabilendo una dose settimanale tollerabile della somma delle sostanze pari a 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo a settimana. Si tratta di norme poco efficaci, che scontano il limite che ci sono pochi laboratori in Europa in grado di svelare la presenza di quantità più piccole di PFAS, ma già nocive prima dell’accumulo.

Infine, riferendosi ai prodotti di consumo, Isde Medici per l’Ambiente ci informa sulla stesura di un capitolo che rivela che “ci sono un centinaio di farmaci anche di uso comune, come antidiabetici e gastroprotettori che sono pfas; addirittura l’unico farmaco per la fibrosi cistica è una pfas (ha un giro d’affari solo negli USA è di 5,6 miliardi di dollari). Un sacco di articoli che i medici usano quotidianamente (protesi foli di sutura macchine per la respirazione artificiale e l’anestesia) contengono pfas”.

Il filo rosso, doloso, che lega i processi Pfas di Alessandria e Vicenza.

La testimonianza resa al processo di Vicenza dal maresciallo Manuel Tagliaferri, del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri, ha fornito elementi di innegabile interesse anche per gli investigatori che indagano sull’inquinamento Solvay a Spinetta Marengo. C’è infatti un filo rosso che lega i due principali casi italiani di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas): Miteni a Trissino (Vicenza) e Solvay a Spinetta Marengo (Alessandria). In particolare, le due società chimiche hanno collaborato per anni nella produzione del Pfas, il cC6O4, che ha contaminato il sangue e le falde acquifere veneti e piemontesi, rendendosi complici dei reati commessi. 

Secondo i verbali Arpa, nel 2013 Miteni produceva senza autorizzazione il C6O4 (sperimentato nel centro di ricerca Solvay di Bollate) che sarà poi ritrovato sia nel sangue dei cittadini sia nelle acque potabili di tre province venete. E già nel 2009 era stato trasferito da Spinetta a Trissino il direttore Luigi Guarracino (ancora non condannato nei processi di Bussi e Spinetta), e così Miteni agirà come ditta in conto terzi per SolvayInfatti già dal 2010 Miteni deteneva la scheda di produzione fornitale da Solvay e nel 2011 il consiglio di amministrazione di Miteni approvava il contratto con Solvay Solexis. Dopo di che, i dirigenti Solvay visitano l’impianto Miteni per discutere su come ampliare la produzione del loro nuovo prodotto, che doveva essere ancora registrato come imporrebbero le norme europee, e che avrebbe dovuto avere l’autorizzazione e sottostare al monitoraggio ambientale delle istituzioni. Nel 2011 vengono spedite da Spinetta Marengo a Trissino quasi cinque tonnellate di resina di cC6O4, lavorata e riconsegnata al mittente.

Con il fallimento Miteni del 2018 l’intera produzione di cC6O4 è allocata ufficialmente a Spinetta nel 2020. E i dieci anni di rifiuti C6O4 di Trissino? Miteni nel 2018 spedisce in provincia di Alessandria camion cisterna della ditta Getras alla società Nuova Solmine che non ha l’autorizzazione ambientale per la lavorazione di rifiuti Pfas. L’Arpa Piemonte ha rilevato nelle acque dello Scrivia decine di nanogrammi di Pfas per ogni litro di acqua. Oltre ad aver ricevuto i carichi della Miteni, la Nuova Solmine collabora anche con Solvay. La tracciabilità dei rifiuti deve essere presentata nella richiesta di autorizzazione integrata ambientale da ottenere per intraprendere alcune attività pericolose. Attualmente Solvay Solexis non ha ancora ottenuto questa autorizzazione, che non è stata più discussa dal 27 gennaio 2022 nella Conferenza dei servizi dove istituzioni e ditte si confrontano e redigono l’autorizzazione.

Già nell’anno 2011 il C6O4 è rintracciato nel sangue degli operai esposti e nel 2013, l’anno del verbale di Arpa, la media nel sangue degli operai è 16 nanogrammi per milligrammo. Purtroppo il filone sanitario non rientra nel processo di Vicenza (come successe nel processo di Alessandria conclusosi in Cassazione) ma fa parte di un’inchiesta aperta nel 2020 e chiusa di recente, sempre condotta dal Nucleo ecologico dei carabinieri di Treviso, sulla sorveglianza interna allo stabilimento, gestita per oltre trent’anni dal medico Giovanni Costa.

Costa è un elemento centrale del filo rosso che lega Solvay con Miteni. Perfettamente al corrente dei rischi per la salute, al punto che nel 2000 partecipava al gruppo internazionale di monitoraggio composto dalle otto maggiori produttrici di Pfas, e sovvenzionato da Solvay con oltre 100mila dollari. Mentre rassicurava i lavoratori e sfuggiva ad un nostro confronto pubblico, dai suoi computer i carabinieri hanno sequestrato i dati 2005 sui rischi sanitari degli operai della multinazionale Dupont negli Usa più volte costretta a risarcire per centinaia di milioni i cittadini ammalati per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, nonché relazioni del 2006 e 2007 del tenore: “Per il Pfos gli studi dimostrano tossicità per lo sviluppo prenatale nel ratto e nel coniglio. Sono state inoltre osservate diminuzioni significative del peso corporeo fetale e aumenti significativi di anomalie esterne e viscerali, ossificazione ritardata e variazioni scheletriche”. “Emerge la correlazione significativa tra i bambini nati con livelli più elevati di Pfos e Pfoa e la diminuzione del peso alla nascita e della circonferenza cranica”.

Acquedotto chiuso per Pfas in Trentino.

Dopo Veneto, Piemonte, Lombardia, Lazio, Toscana, emergenze Pfas anche in Trentino: la fonte dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee sarebbe nel territorio di Condino, riconducibile alle ex fonderie o ad una conceria. 

Chiuso l’acquedotto, Storo, comune della Valle del Chiese, è costretto a rifornirsi dal comune di Bagolino che è in territorio di Brescia, attraverso un complesso impianto aereo.