Massimo Numa de La Stampa, la voce giornalistica del neo PM Andrea Padalino, nel riprodotto articolo da lui scritto e titolato, arriva a contare 150 persone che sarebbero indagate per vicende che non si capisce come siamo collegate fra loro. Fa un elenco nominativo di “guerriglieri, insurrezionalisti e bombaroli” che -non conosciamo i fatti- si sarebbero scatenati nel lontano febbraio 2014 davanti al carcere di Alessandria. Ad essi aggiunge 25 indagati anonimi, alessandrini e incensurati, che in altra epoca e località sarebbero “accusati di aver invaso terreni del consorzio Cociv Terzo Valico, danneggiato la rete che delimitava il cantiere, rendendola in tutto o in parte inservibile, mediante l’utilizzo di pinze, tronchesi e altri arnesi”. I 25 sarebbero dunque accusati di azioni (alle quali peraltro hanno partecipato migliaia di persone) che rientrano a pieno titolo nelle tecniche della nonviolenza. La nonviolenza attiva, ghandiana, è rifiuto di ogni atto di violenza ma è tutt’altro che codardia, non è rassegnazione passiva, è conflitto, è rivolta, è rivoluzione permanente, è l’equivalente morale della guerra, è un metodo di lotta politica e sociale molto più efficace della violenza, la quale invece di regola si risolve nel duplicare la violenza altrui, nel giustificarla, nel favorire la repressione e la reazione giudiziaria. La non violenza non è passività, tutt’altro. Ha come unico limite non ledere fisicamente i rappresentanti e i sostenitori diretti e indiretti del potere cui si oppone (compreso chi a casaccio ti sferra una manganellata in testa). Per il resto tutti gli strumenti (198 tecniche) sono ammessi. Da quelli individuali: preghiera, persuasione, dialogo, digiuno, autoincendio religioso, obiezione di coscienza, non collaborazione. A quelli collettivi: non collaborazione sociale economica politica, disobbedienza civile, marcia, corteo, sciopero, resistenza passiva, boicottaggio economico, blocco della circolazione stradale e ferroviaria, blocco dei cantieri, occupazioni, sabotaggio… E se vengono ritenuti atti illegali dal potere, pazienza, paghiamo sulla nostra pelle. Sì, anche sabotaggio: danno o distruzione contro il funzionamento di un servizio o di un’industria, oltre il limite della legalità. “E’ una tecnica della nonviolenza?” si chiede Aldo Capitini. “È una misura estrema” risponde “ la quale esige che il danno procurato sia inferiore al danno apportato dal servizio, e che non vi sia nessun rischio per esseri viventi, particolarmente umani. In coerenza della mia cinquantennale storia di lotte non posso non dichiararmi solidale con manifestanti NoTav accusati di azioni nonviolente. Alla loro assistenza legale sono state destinate le sottoscrizioni raccolte con la distribuzione del libro “Ambiente Delitto Perfetto”.
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