Gli ambienti forensi avevano dato per certo (e noi prima di loro: clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro. – RETE Ambientalista) che il Procuratore Capo di Alessandria, Enrico Cieri, era favorevole ad un patteggiamento con Solvay. Essendo Cieri stato trasferito, ci si chiede quale possa essere in merito la posizione del subentrante Procuratore Aggiunto, Enrico Arnaldi Di Balme. Balme in sé è un debole indicatore: un salubre comune di 100 abitanti nelle Valli di Lanzo, che deve la sua notorietà alla presenza di sorgenti d’acqua considerata di gran pregio; ogni casetta del luogo è dotata di una propria fontanella zampillante acqua fresca e sana. Grazie alle sue proprietà l’acqua dell’altopiano rifornisce l’equipaggio americano della Stazione Spaziale Internazionale. A confronto, Arnaldi sarà rimasto scandalizzato dalle condizioni idriche dei dintorni provinciali del sobborgo di Spinetta Marengo. A tacere di quelle atmosferiche. Per non dire di quelle sanitarie.
Però, a fronte dell’evidenza, è difficile arguire se Arnaldi sia rimasto perplesso sul capo di imputazione impostato da Cieri: sui reati di colpa piuttosto che di dolo e per i soli due direttori. Avrà avuto il tempo di studiare il fascicolo, i miei 20 esposti ignorati da Cieri ? Infatti, è stato nominato procuratore ad Alessandria solo a febbraio. Tant’è che era presente Cieri e non lui questa estate a Roma nella sconcertante audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali (clicca qui).
Infine, c’è che chi tra gli avvocati attribuisce o nega ad Arnaldi la propensione al patteggiamento in base al suo curriculum di procuratore a Torino: magistrato molto preparato, autore di numerose inchieste su mafie italiane (ha fatto parte del pool che ha messo in cantiere la maxi-operazione Minotauro) ma anche straniere (con particolare rilievo su quella nigeriana e albanese).
Certo, l’azione della Procura nel patteggiamento farebbe scalpore. Intanto, voci danno già in corso con parti civili l’approccio di un patteggiamento (rectius nel linguaggio forense) premiale per l’imputato e le parti civili. I nuovi avvocati Solvay, Riccardo Lucev e Guido Carlo Alleva, avranno valutato se si allenterebbe il fiato sul collo da parte dell’opinione pubblica che addita Regione e Sindaco come complici di Solvay, e che chiede biomonitoraggi di massa per la popolazione e addirittura ordinanze di chiusura degli impianti. A Solvay il patteggiamento servirebbe a derubricare ulteriormente i reati, ma soprattutto a prendere in tranquillità il tempo necessario per la sua strategia post 2026. Un modesto patteggiamento, condiviso con Edison (clicca qui) potrebbe essere un’alternativa all’incertezza della richiesta di trasferimento (“rimessione alla sede”) del processo (trasmissione degli Atti a Milano) “per incompatibilità ambientale”: eventualità che gli avvocati della difesa vedono con preoccupazione. La richiesta di patteggiamento può essere formulata fino alla presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Dunque, le risposte potrebbero venire già nella imminente udienza del 20 dicembre davanti al GUP Andrea Perelli.
Una cosa è già certa. Il combinato disposto fra capo di imputazione colposo e patteggiamento chiarirebbe anche ai più miopi che questo processo, anche questo processo, non determinerebbe la bonifica del sito chimico di Spinetta Marengo. D’altronde, per noi è sempre stato chiaro che la “conditio sine qua non” per l’avvio di una vera bonifica non sono le aule penali bensì la preventiva chiusura delle produzioni inquinanti: non può esistere bonifica mentre si sta continuando a inquinare terra-acqua-aria. Per svuotare la vasca bisogna prima chiudere il rubinetto. Altrimenti va avanti eterna l’innocua manfrina del primo processo Solvay, anno 2009, per la quale ancora oggi sono in discussione con gli enti locali la “caratterizzazione dl sito” e la “analisi del rischio”, dell’irrisolto micidiale cromo esavalente (e altri 20 veleni tossico cancerogeni), mentre si è aggiunto il dilagare dei Pfas: appena punta dell’iceberg di una realtà territoriale che -Calenzano dovrebbe rammentare- ospita uno “stabilimento a rischio di incidente rilevante”, in pieno centro abitato, oltremodo più pericoloso del deposito Eni. Ci si dimentica facilmente che decenni fa titolavo sui giornali “Inodore, insapore, incolore, una bomba chimica che può annientare la città senza scalfire un muro”; e che nei decenni i consigli comunali erano dai Movimenti costretti ad ordini del giorno per “situazione ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale”, salvo poi non prendere provvedimento alcuno.