Nessun sito idoneo per il deposito nucleare di profondità.

Migliaia di persone (cittadini, comitati, istituzioni, biodistretti, esperti) nella manifestazione organizzata dal comitato Tuscia in movimento nel Parco naturalistico archeologico di Vulci nella Maremma viterbese. Per dire no al Deposito nazionale e parco tecnologico (Dnpt) destinato a mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi di tutta Italia derivanti dagli impianti nucleari dismessi (Caorso, Latina, Trino vercellese e Garigliano), dai settori della medicina, della ricerca, dell’industria.
 
Alla provincia di Viterbo appartiene il 40% dei 51 siti italiani che la Sogin (la società pubblica che si occupa dello smantellamento delle quattro centrali nucleari italiane e della gestione dei rifiuti radioattivi di varia fonte) ha inserito nella proposta di una Carta nazionale delle aree idonee (Cnai).
 
Comitati e istituzioni, in alternativa a questo deposito in superfice, sostengono che “le scorie ad alta pericolosità dovranno essere destinate ad un sito geologicamente sicuro ed europeo; e siccome in Italia non è stato possibile individuarne uno in profondità che abbia le garanzie necessarie, in attesa, debbono essere messe in sicurezza dove stanno. Per quelle a bassa intensità, come i rifiuti di origine sanitaria, si può avere una gestione regionale”.

Crotone. Venticinque anni di lotta contro i tumori.

Crotone, il Sito di interesse nazionale.
Tonnellate di rifiuti fronte mare di tre industrie dismesse devono essere bonificate da più di un ventennio. Il piano esiste dal 2019 ma le scorie sono ancora lì. E la popolazione si ammala di tumore.
 
Le scorie dei processi produttivi sono finite, insieme alla loppa di alto forno proveniente dall’Ilva di Taranto, in una miscela chiamata Conglomerato idraulico catalizzato. È il famigerato Cic con cui dal 1999 sono stati riempiti i piazzali della scuola primaria San Francesco, l’Itc di via Acquabona ma anche centri commerciali, alloggi popolari, villette a schiera, strade, persino il palazzo della Questura e le banchine del porto. Per l’esattezza 18 siti, messi sotto sequestro solo nel 2008. Il governo incaricò Eni di bonificare l’area.
 
I crotonesi lottano da cinque lustri contro i tumori e per ottenere la bonifica. Ma la bonifica non si è mai vista. Gli interventi conclusi riguardano esclusivamente opere di messa in sicurezza (cementificazione e isolamento dei rifiuti), cosa ben diversa da interventi che permetterebbero la restituzione di terreni integri e liberi da discariche.
 
Gli scarti industriali restano in città, il commissario di governo li invia «tal quale» nella discarica di Sovreco. I comitati manifestano chiedendo la revoca dell’ordinanza e la bonifica dei luoghi.