Parti civili che tutelano ambiente e salute, e altre che non lo fanno.

Proseguono le udienze al processo Pfas di Vicenza. Mentre al processo gemello di Alessandria associazioni e avvocati dovrebbero -senza nascondersi dietro il mignolo della Procura della Repubblica- sottoporsi ad un esame di coscienza  (A fronte di un siffatto disastro sanitario ed ecologico, quanti ad Alessandria hanno la coscienza a posto?) dopo aver ascoltato le richieste di risarcimenti di Wwf, Medicina democratica, Italia Nostra, Isde, al processo Miteni di Vicenza. E precisamente 250mila euro ciascuno i 53 operai parti civili e 110mila euro per ciascuna organizzazione. Legambiente ha chiesto 330mila euro. Sconcertante confrontare Vicenza con  Alessandria, dove Solvay offre

per uscire pulita dal processo- un patteggiamento a Comuni-Regione-Ministero, e dove avvocati stanno contrattando… 3.500 euro   per ciascuna parte civile fisica.
 
Invece a Vicenza, non sono “le due ultime ruote del carro” come ad Alessandria, bensì sono 15 i manager della Miteni di Trissino, o a quest’ultima riconducibili, finiti alla sbarra (121 anni di carcere) per avvelenamento delle acque, disastro ambientale, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari con l’aggravante della condotta dolosaper consapevolezza e occultamento, insomma per “un crimine efferato, un crimine voluto”, come dovrebbe per Solvay di Alessandria e non è. Anzi, le parti civili venete hanno chiesto la condanna di tutti e quindici gli imputati, senza lo sconto assolutorio  dei PM per 6 di essi.
 
Anzi, hanno inoltre chiesto di inviare alla Procura della repubblica gli atti che riguardano le condotte del medico aziendale, il professore Giovanni Costa -lo stesso di Spinetta Marengo- inserito in un disegno strategicamente inteso giustappunto  “all’occultamento delle responsabilità aziendali”. Questo medico, infatti, in possesso di secretate analisi del sangue di Trissino (Miteni) e Spinetta (Ausimont), inviò nel 2001 le provette ai laboratori di 3M a Denver in Colorado e a Brema in Germania: tutte che superavano le soglie limite Pfas.  Al punto che le Assicurazioni rifiutarono polizze per l’esposizione Pfas in quanto di “alto il rischio associato all’industria chimica, in termini di responsabilità civile, operai e ambiente”. Ma, fregandosene, Miteni e Ausimont, poi Solvay… aumentarono addirittura le produzioni, e fregandosene degli allarmi dell’EPA (Ente Protezione Ambientale) americana. Non solo, Costa nel 2014 su incarico di Solvay effettuò uno studio sui risultati delle campagne annuali di monitoraggio biologico nei lavoratori esposti a PFAS.
 
Infine, le richieste delle parti civili non istituzionali al processo di Vicenza  sono chiare: la battaglia per l’acqua e per l’ambiente non può concludersi senza un completo ripristino della risorsa idrica. Il disastro ambientale non si è fermato con il termine dei capi d’imputazione del processo in corso, e chi ha inquinato deve assumersi la responsabilità di riparare il danno. La Procura è chiamata a intervenire per garantire giustizia e impedire che il problema venga lasciato irrisolto. Affiancandosi alle oltre 300 parti civili già costituite, infatti la società di servizio idrico integrato Viacqua ha ribadito  che dopo il 2013 Mitsubishi Corporation e ICIG (ex Miteni) non hanno minimamente  provveduto alla bonifica dell’area contaminata dai Pfas: nelle falde e  nel sangue di migliaia di cittadini tra Vicenza, Verona e Padova; anzi, è mancata l’interdizione dell’area dopo il fallimento di Miteni nel 2018.
 
Non sfugga che anche in Veneto, come in Piemonte, in palese contrasto con le parti civili che tutelano onestamente le Vittime persone fisiche, sono invece “compiacenti” le istituzioni accusate di omissioni e complicità:  le richieste risarcitorie del ministero dell’Ambiente che si accontenta di 56 milioni di euro, della Regione Veneto, delle aziende sanitarie di Vicenza, Padova e Verona, del comune di Trissino, che hanno avanzato un conto di 20 milioni.