Vigili del fuoco morti a causa dei Pfas.

L’allarme a livello internazionale era stato più volte evidenziato sul nostro Sito. Ora il caso dei pompieri morti per glioblastoma, tumore cerebrale, sta mobilitando le istituzionei con indagini in corso e campionamenti sulle acque e sull’aria nelle caserme italiane. La tragedia del  decesso di Mario Marraghini, Maurizio Ponti e Antonio Ralli, della caserma di Arezzo,  ha messo in moto l’amministrazione centrale dei vigili del fuoco anche con un programma di ricerca, condiviso con l’Università di Bologna.
 
Come noto, i Pfas possono  essere presenti negli equipaggiamenti (tute, maschere ecc,) e nelle schiume antincendio, anche se quelle in uso attualmente dovrebbero, dopo gli allarmi, essere  più sicure, ma negli anni in cui i tre vigili erano al lavoro (e insieme a loro migliaia di colleghi in tutto il mondo) la composizione con i Pfas era provata e conosciuta.

IARC conferma l’estrema tossicità e cancerogenicità dei Pfas.

Recente valutazione della IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Un gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 Paesi è stato convocato dal programma delle Monografie IARC e, dopo aver esaminato a fondo la vasta letteratura pubblicata, riporta una sintesi dei principali risultati di uno studio delle Università di Bologna e di Padova pubblicato nel giugno 2023 sulla rivista Toxics che conferma una serie di effetti negativi sulla salute legati all’esposizione ai PFAS.
 
Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all’ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.
 
I dati raccolti mostrano inoltre che l’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione di un gene coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas.
 
I dati epidemiologici suggeriscono che un’elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.
 
Lo studio sembra inoltre confermare l’effetto tossico sul sistema immunitario. L’esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.
 
È emerso, inoltre, che l’esposizione a PFAS sia in grado di aumentare la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

Pfas responsabili della omeostasi tiroidea.

Carcinoma papillare multifocale  della tiroide 
L’esposizione a sostanze per- e poli-fluoroalchiliche (PFAS) – note come appartenenti ai disruttori endocrini (Endocrine Disrupting Chemicals, EDCs) – sia individuali che in combinazione, è associata a cambiamenti nella sensibilità degli ormoni tiroidei periferici, piuttosto che centrali. È quanto emerge da uno studio pubblicato su “The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism”, condotto da Xinwen Yu e Yufei Liu, del Dipartimento di Endocrinologia del Secondo Ospedale Affiliato dell’Università Medica dell’Aeronautica Militare, a Xi’an (Cina).
 
I PFAS sono ampiamente riconosciuti per la loro persistenza nell’ambiente e i potenziali effetti di disturbo endocrino: questo studio trasversale ha investigato le associazioni tra l’esposizione ai PFAS e i parametri della omeostasi tiroidea in soggetti adulti (2386, età media 47.59 anni; 53.94% uomini; 42.88% bianchi) partecipanti a due cicli della National Health and Nutrition Examination Survey (2007-2008 e 2011-2012).

Osteoporosi nei giovani anche con Pfas a bassi livelli.

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università di Padova e dall’Ospedale di Vicenza, grazie ad un finanziamento regionale dal Consorzio per la Ricerca Sanitaria (CORIS) della Regione Veneto, ha messo in luce quanto l’esposizione prolungata ai PFAS possa alterare il metabolismo osseo modificando i livelli di calcio. Pubblicato su Chemosphere, lo studio ha coinvolto 1.174 adulti (655 uomini e 519 donne di età compresa tra i 20 e i 69 anni) provenienti da un’area da decenni interessata da contaminazione delle acque potabili.
 
Una delle più frequenti manifestazioni cliniche riscontrate in soggetti esposti anche a bassi livelli di PFAS è l’osteoporosi, una maggior fragilità dell’osso tipica dell’invecchiamento ma che si può già manifestare in giovane età laddove si sia esposti anche a basse concentrazioni di queste sostanze”, spiega il professor Carlo Foresta, coordinatore dello studio.

“I nostri risultati ci spingono a riflettere su come un’esposizione prolungata a PFAS, anche se invisibile, possa avere ripercussioni sulla salute a lungo termine”, conclude il professor Foresta. “Abbiamo dimostrato che la ben nota associazione tra PFAS e osteoporosi, ormai dimostrata a livello internazionale, non è tanto mediata da una riduzione di vitamina D, quanto da un’azione diretta dei PFAS sull’osso con conseguente liberazione di calcio”.

Raccolta fondi per i No Ponte.

104 cittadini che vivono nell’area dello Stretto di Messina hanno deciso di difenderla con ricorso al tribunale delle imprese per impedire la costruzione del ponte senza progetto definitivo ma già costato 14,5 miliardi di euro: una grande opera inutile (la mobilità avviene via mare) e profondamente invasiva in un territorio antropizzato (espropri, cantieri, cave, discariche, aumento del traffico, inquinamento dell’aria e dell’ambiente marino e la sottrazione di tantissima acqua, la risorsa più preziosa). Cioè con un impatto devastante e benefici incerti. E, alla minaccia di trasformare il territorio in un gigantesco cantiere infinito, si aggiunge l’emorragia di risorse dirottate dal Fondo di sviluppo e coesione al ponte.
 
La grande comunità del movimento “no Ponte” si è mobilitata a sostegno in appello dei ricorrenti per far fronte comune alle spese legali. Per partecipare alla raccolta fondi è possibile fare una donazione con PayPal o bonifico (Iban IT85G0503416504000000002792) intestato a: ASS.CULT.AMB. Ragione Sociale: ASS.CULT.AMB. la città dello Stretto. Filiale: Messina- Ganzirri.

Via da Taranto anche il secondo processo ILVA.

L’ha deciso il tribunale di Taranto. Dopo  il processo «Ambiente Svenduto» già trasferito,  al tribunale di Potenza è stato spostato anche il processo a carico di cinque  appartenenti alla famiglia Riva e tre ex dirigenti dell’Ilva nel periodo dal 1995 al 2012. Le accuse a loro carico sono a vario titolo di disastro ambientale, gestione illecita di rifiuti, mancata bonifica, inquinamento delle acque, danneggiamento aggravato e compromissione di un’area protetta, gravina Leucaspide, in agro di Statte, in cui venivano stoccati 5 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi di origine industriale, in cumuli dell’altezza di oltre 30 metri sopra il piano campagna, tutte opere prive di copertura e rimedi contro lo spandimento di polveri pericolose per la salute, frane e dispersione in falda del percolato.