Gli industriali in Occidente puntano a potenziare il business nucleare, agitando lo spettro dell’“espansione dell’arsenale nucleare cinese e delle possibili alleanze militari di Pechino con la Russia e la Corea del Nord”. Gli industriali italiani, mentre anch’essi frenano per le auto elettriche, spingono per il ritorno all’energia atomica con altre motivazioni ufficiali. L’acceleratore sarebbe l’esigenza dell’indipendenza energetica: “sì, possiamo potenziare le fonti, come l’idroelettrico, l’eolico, il fotovoltaico, però la transizione energetica non può lasciare fuori il nucleare, cioè “i microreattori generali, di nuova generazione, che sono sicuri, per i quali noi abbiamo aziende all’altezza della nuova tecnologia, riconosciute in tutto il mondo”.
Il governo italiano non vede l’ora di mettersi sull’attenti, avendo il centrodestra sempre sostenuto la ripresa del nucleare. Così i piani della Meloni iniziano ad avere un loro calendario di massima. Infatti, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, prontamente ha dato indicazioni sui tempi per le regole del ritorno all’atomo: a fine anno le linee guida degli esperti, nel 2025 il disegno di legge, nel 2030 le prime autorizzazioni.
Intanto, in un momento di stretta di bilancio, sono stati destinati più di 100 milioni di euro all’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, per fare ricerca proprio sul nucleare. Clicca qui.