Demonizzazione e leggi anti-protesta

In Europa l’adozione di nuove leggi repressive, restrizioni draconiane e requisiti onerosi, ha creato un ambiente sempre più ostile per le proteste, con interferenze ingiustificate all’esercizio del diritto di riunione pacifica. La ricerca di Amnesty International mostra che le ragioni fornite dalle autorità per queste restrizioni sono spesso pretestuose e che i governi citano frequentemente motivi di “sicurezza nazionale” e di “ordine pubblico” come scuse per reprimere il dissenso e la  disobbedienza civile pacifica.
 
I manifestanti vengono etichettati in vari modi, tra cui “terroristi”, “criminali”, “agenti stranieri”, “anarchici” ed “estremisti”. È il caso, ad esempio, della nuova legge 6/2024, introdotta in Italia a gennaio, che inasprisce le sanzioni per danneggiamento e deturpamento di beni culturali o paesaggistici, andando a criminalizzare chi protesta pacificamente in favore della giustizia ambientale e che è stata presentata dal ministero dei Beni culturali come iniziativa volta a contrastare gli “eco-vandali”. E’ il caso delle proteste di solidarietà con il popolo palestinese descritte come “marce dell’odio antisemita”. Fino al razzismo istituzionale, migranti, richiedenti asilo o rifugiati, omofobia, transfobia e altre forme di discriminazione.
 
In Italia, si impongono sempre più spesso misure amministrative nei confronti di chi manifesta pacificamente anche attraverso la disobbedienza civile. Si tratta in particolare del “foglio di via” obbligatorio (divieto di accesso alla città, che va da sei mesi a quattro anni) o del più recente Daspo urbano (divieto di accesso a specifiche aree cittadine, che va da 48 ore a due anni). Negli ultimi anni, queste misure preventive sono state utilizzate contro persone attiviste dei movimenti No Tav e No Muos, contro delegate e delegati dei sindacati di base e attiviste e attivisti per la giustizia climatica, nonché contro persone che hanno semplicemente espresso il proprio dissenso.
 
Particolarmente allarmanti sono poi alcune delle disposizioni del disegno di legge 1660, il cosiddetto ddl sicurezza, attualmente in discussione alla Camera:  l’articolo 11 sul trattamento penale dei cosiddetti “blocchi stradali”. Clicca qui.

L’Italia verso uno scontro globale e una guerra nucleare.

Zelensky (con gli USA) è ormai consapevole che la guerra in Ucraina sta volgendo a suo sfavore. La prolungata durata del conflitto sta esaurendo le risorse e il morale. Di fronte a questa realtà, Zelensky (con parte degli Usa) sembra ricorrere all’unica opzione che gli resta: coinvolgere più profondamente la NATO nella guerra. Dunque l’Italia, dove c’è chi al governo spinge e all’opposizione non respinge. 
 
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Il mondo sull’orlo di un precipizio.

La marcia per la pace ad Assisi per riaffermare il no all’escalation.
Il mondo è sull’orlo di un precipizio. La guerra in Ucraina, con il rischio sempre più concreto di un’escalation nucleare, e la drammatica situazione a Gaza, dove la popolazione civile, in particolare bambini e donne, subisce indicibili sofferenze, ci ricordano l’urgenza che la voce della pace si alzi più forte che mai.

Meloni avvia il ritorno al nucleare.

Gli industriali in Occidente puntano a potenziare il business nucleare, agitando lo spettro dell’“espansione dell’arsenale nucleare cinese e delle possibili alleanze militari di Pechino con la Russia e la Corea del Nord”. Gli industriali italiani, mentre anch’essi frenano per le auto elettriche, spingono per il ritorno all’energia atomica con altre motivazioni ufficiali. L’acceleratore sarebbe l’esigenza dell’indipendenza energetica: “sì, possiamo potenziare le fonti, come l’idroelettrico, l’eolico, il fotovoltaico, però la transizione energetica non può lasciare fuori il nucleare, cioè “i microreattori generali, di nuova generazione, che sono sicuri, per i quali noi abbiamo aziende all’altezza della nuova tecnologia, riconosciute in tutto il mondo”.  
 
Il governo italiano non vede l’ora di mettersi sull’attenti, avendo il centrodestra sempre sostenuto  la ripresa del nucleare. Così i piani della Meloni iniziano ad avere un loro calendario di massima. Infatti, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, prontamente ha dato indicazioni sui tempi per le regole del ritorno all’atomo: a fine anno le linee guida degli esperti, nel 2025 il disegno di legge, nel 2030 le prime autorizzazioni.
 
Intantoin un momento di stretta di bilancio, sono stati destinati più di 100 milioni di euro all’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, per fare ricerca proprio sul nucleare. Clicca qui.