Nel 2024 è concepibile, in pieno centro abitato, questa fabbrica ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale?

Sì, secondo Federico Riboldi assessore regionale alla Sanità, che in soccorso è stato chiamato da Solvay il 12 settembre a convincere in un incontro pubblico gli alessandrini,  spalleggiato dai vertici di Asl, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Alessandria, dell’Università Piemonte Orientale Arpa Piemonte. Ci riuscirà senz’altro con i politici di Comune e Provincia, da sempre complici. Certamente non con la popolazione, che per bocca dei comitati ha già anticipato la risposta: “Noi lo sappiamo, come in realtà lo sanno bene anche le istituzioni: da quello stabilimento, con un impianto datato e ridotto a un colabrodo, non potrà mai davvero essere garantita la totale assenza di sversamenti, che siano in aria, in falda o nella Bormida. Continuiamo a sostenere con convinzione che l’unica strada sia quello dello stop alla produzione e la chiusura dello stabilimento di Spinetta Marengo, per poter finalmente bonificare un sito martoriato da 100 anni di inquinanti multipli e poter così dare tregua a una di quelle che vengono definite ‘zone di sacrificio’, la cui popolazione ha dovuto subire fin troppe perdite in termini di salute e vite umane”. 
 
Quale credibilità può attribuirsi a Riboldi? Il merito di essere tra i primissimi ad aderire a  Fratelli d’Italia, ma assolutamente ignorante in scienza e competenza sanitaria (come il suo predecessore, peraltro) e coinvolto ex vicepresidente della Provincia di Alessandria che ha abbondato in autorizzazioni ad inquinare. L’uomo giusto per Solvay.

Occhio alle vongole con Pfas.

Occhio ai mitili: formidabili depuratori naturali che, stabili sul fondo, si comportano come spugne che assorbono ogni tipo di inquinante: batteri, quali escherichia-coli, ma addirittura Pfas, sostanze chimiche indistruttibili una volta penetrate nell’organismo.
 
Occhio soprattutto alle vongole del Pacifico, cotte, sgusciate e surgelate, vendute in buste sigillate a marchio “Marinai”, confezionate dall’azienda Viet Long Kien Giang Limited Company per la ditta Nai Prodotti Ittici Srl, nel proprio stabilimento di produzione che si trova in Vietnam. Le ha ritirate dal commercio il Ministero della salute, chi le ha nel frigo le butti.
 
Ma occhio anche a quelle nostrane. I Pfas sono stati trovati anche nelle vongole allevate nella costa adriatica, portati a mare dal Po, a sua volta dal Tanaro, a sua volta dal Bormida. Già nel 2018, una ricerca realizzata dall’università di Milano aveva rilevato che in questi molluschi la contaminazione tossica e cancerogena di Pfoa  era pari a 31 nanogrammi per ogni grammo di vongole. Un dato enorme rispetto alle quantità presente in altre vongole provenienti dal resto dell’Europa, ma anche rispetto ai dati del 2013, quando il Cnr aveva rilevato nelle vongole allevate sul Delta del Po una contaminazione di circa 3,6 nanogrammi per grammo. Dalla Solvay di Spinetta Marengo, infatti, hanno sempre più continuato a scaricare PFOA ADV C6O4 in Bormida.
Scarichi Solvay.

Dalle onde del mare un aerosol ricco di PFAS, trasportato dall’aria verso la terraferma.

Si infittiscono gli studi scientifici internazionali che dimostrano non esserci un limite alla penetrazione dei PFAS sia nell’ambiente che nel corpo umano. Dall’ingestione di  frutta e verdura: dei ricercatori delle Università di Newcastle e Sidney (sul Journal of the Science of Food and Agriculture). Per contatto nella cute tramite cosmetici: dei ricercatori dell’Università di Birmingham (su Environment International). Dall’aria di depuratori e discariche: dei ricercatori dell’Università della Florida di Gainesville (su Environmental Science & Technology Letters) eccetera.
 
A loro volta, i ricercatori dell’ Università di Stoccolma, nell’ambito di una missione durata due mesi, tramite uno studio condotto sul campo, nell’Oceano Atlantico, hanno dimostrato (su Science Advances) che i Pfas arrivati in mare si concentrano e sono vaporizzati dalle onde, e da lì tornano sulla terraferma e in atmosfera più aggressivi che mai: la concentrazione di PFAS nell’aerosol delle onde  è risultata sempre superiore rispetto a quella dell’acqua di origine, in alcuni casi di 100mila volte! Soprattutto nelle acque costiere e in quelle che si trovano in prossimità dello sbocco dei fiumi.  Esempio in Italia: in Adriatico la foce del Po che riceve gli scarichi in Bormida della Solvay di Spinetta Marengo. Una sorta di vendetta della Natura violata.

Regioni e Comuni non controllano gli impianti di depurazione. I Pfas finiscono nei fertilizzanti e nella catena alimentare.

In Italia non si fa tesoro del monito che proviene dagli USA. Cioè dell’inchiesta condotta dal New York Times che ha fatto luce sulla situazione negli Stati Uniti, dove i Pfas sono stati rinvenuti nei fertilizzanti usati in diverse fattorie. Secondo il rapporto, i fanghi di depurazione, utilizzati come fertilizzanti per arricchire i terreni agricoli, contengono elevate quantità di Pfas. Questi fanghi, derivati dai trattamenti delle acque reflue, finiscono per entrare nella catena alimentare.
 
In Italia, gli agricoltori, quando ignari della presenza di queste sostanze tossiche e cancerogene  nei fertilizzanti, stanno utilizzato questi prodotti per anni, contribuendo alla diffusione dei Pfas nei loro raccolti. Le conseguenze sono devastanti, poiché questi composti, una volta entrati nel suolo, si accumulano nelle piante e, successivamente, negli animali che si nutrono di esse. Questo ciclo continuo di contaminazione rappresenta una minaccia seria per la salute umana, considerando che i Pfas sono associati a varie patologie, tra cui problemi endocrini, malattie renali, alcuni tipi di cancro ecc.
 
In pressoché tutte le Regioni italiane sono evidenti gli effetti della  scarsa regolamentazione e dei controlli insufficienti o assenti sui fanghi di depurazione: Pfas nell’acqua potabile e in numerosi alimenti, tra cui pesci, carne e prodotti derivati, non solo nelle zone vicine a impianti industriali che producono (Solvay di Spinetta Marengo) o  utilizzano tali sostanze.
 
Non dimentichiamo che le discariche emettono gas nei quali si annidano numerosi PFAS in concentrazioni talvolta elevate che si disperdono nell’aria.  Lo dimostra uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology Letters dai ricercatori dell’ Università della Florida di Gainesville. Similmente  accade con i percolati non filtrati e neutralizzati: anch’essi possono rilasciare nel suolo PFAS che, inesorabilmente, arrivano alle falde. 

Allerta Pfas anche nel Canton Ticino.

Dopo le segnalazioni di contaminazione nei campi vicino al lago di Costanza a San Gallo, l’attenzione si sposta verso il Ticino, dove le autorità locali sono da tempo all’erta riguardo la presenza di Pfas nelle acque e negli alimenti. Già nell’ottobre dello scorso anno, studi sulla distribuzione dell’acqua potabile hanno rivelato la loro presenza nella falda che alimenta il Pozzo Pra Tiro a Chiasso. Questo dato ha spinto all’installazione di filtri avanzati per garantire acqua sicura ai cittadini, una misura che rimane sotto stretta osservazione.
 
Anche altri Comuni, come Capriasca e Sant’Antonino, hanno registrato livelli preoccupanti di PFAS, spesso correlati all’uso di materiali specifici in grandi opere infrastrutturali come la galleria di base del Monte Ceneri.
Sul fronte alimentare, il Laboratorio cantonale ticinese ha intensificato le analisi su vari prodotti, come la carne, estendendo le campionature fino alla fine dell’anno. Inoltre, è in corso una campagna di monitoraggio su diverse derrate alimentari, come i pesci, che possono accumulare PFAS a causa del loro metabolismo.

Acerra si mobilita contro l’inceneritore.

Un quarto di secolo dopo, l’inceneritore di Acerra continua a uccidere e ammalare. L’alternativa resta la raccolta differenziata, invece si punta addirittura alla costruzione di una quarta linea. Clicca qui le lotte contro Berlusconi e Prodi, la   dura repressione poliziesca, con arresti, denunce e manganellate e lacrimogeni.
 
I Movimenti e la popolazione, non solo quella di Acerra, si sono ricompattati e oggi saranno di nuovo fuori ai cancelli dell’inceneritore per ribadire che l’attenzione è sempre costante, ma soprattutto, c’è un altro modo per gestire i rifiuti, non basato sui profitti per pochi e la morte di molti.