Bussi sul Tirino, la bonifica mai conclusa di uno dei più gravi ecocrimini italiani.

Il Gip, su richiesta della Procura di Pescara, ha disposto il sequestro preventivo da parte del Gruppo aeronavale della Guardia di Finanza dell’impianto industriale all’interno del polo chimico di Bussi sul Tirino, che risulterebbe aver inquinato il suolo sottostante dal 2015 in poi. La Procura da anni segue puntualmente le delicate fasi di bonifica dell’intero “Sito d’Interesse Nazionale di Bussi sul Tirino” per evitare che su un’area di oltre 236 ettari possano verificarsi illeciti ambientali in grado di determinare una ulteriore complicazione alla bonifica mai conclusa. Per la quale continuiamo a chiederci  a cosa serve un ministero dell’ambiente e della transizione ecologica.
 
Infatti il SIN Sito di Interesse Nazionale  di “Bussi sul Tirino” è stato istituito a seguito della scoperta di aree con rifiuti industriali abusivamente interrati e/o sparsi  nei Comuni di Bussi sul Tirino e di Bolognano (Provincia di Pescara) in particolare nell’area del polo chimico gemello di Spinetta Marengo, ex Montedison/Ausimont, dal 2002 ex Solvay, ora di Società Chimica Bussi SpA.
Impressionante  la tipologia dei contaminanti presenti nel SIN: metalli (Hg e Pb soprattutto, poi anche Al, Fe, As, Be, Cu, V, Zn, Se); idrocarburi C<12 e C>12, BTEX, alcuni IPA, diossine, composti alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni, e superamenti dei valori di soglia indicati da ISS per: Tetracloruro di Carbonio, Diclorometano, Esacloroetano, eccetera.
 
Le accuse di concorso in avvelenamento doloso di acque e concorso in disastro doloso mediante condotte sia di tipo commissivo che omissivo, si sono concluse con la sentenza della Corte di Cassazione Penale del 2018 (riformando la Corte di Assise di Appello) che ha assolto alcuni tra gli imputati per non aver commesso il fatto, mentre nei confronti di altri ha dichiarato i reati estinti per prescrizione, disponendo la revoca delle statuizioni civili (attualmente pendenti).
 
Nel 2011 è stato sottoscritto l’Accordo di Programma, del valore di 3,1milioni di euro, “per la definizione degli interventi di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica delle aree comprese nel Sito di Interesse Nazionale Bussi sul Tirino” tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Abruzzo, la Provincia di Pescara, la Provincia di Chieti e i Comuni. L’Accordo presenta scandalosi ritardi nell’attuazione degli interventi di competenza pubblica, considerando che i privati se ne sono lavati le mani. 

Immaginiamo qualche esponente del governo Meloni dal palco il giorno dei funerali.

Nel giorno della commemorazione della strage alla stazione di Bologna è scontro tra i famigliari delle vittime e la premier Meloni. “Le radici di quell’attentato – dice il presidente  Paolo Bolognesi dal palco – affondano nella storia del postfascismo italiano: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo”. Se è vero basta analizzare i nomi di quanti sono al governo.  

Tav Valsusa bancomat per costruttori e stipendi poliziotti.

A questo ritmo di spesa e di finanziamenti – circa 750 milioni europei ogni sette anni – per finire il tunnel Tav Valsusa ci vorranno altri sette settennati, ossia una cinquantina d’anni. Al di là degli annunci e delle previsioni, sembra che i soldi servano solo a finanziare nel tempo la lobby del Tav, amministratori e costruttori, senza alcuna garanzia di riuscire a realizzare davvero l’opera.
 
Del resto, la linea ferroviaria già esistente è più che sufficiente a trasportare le merci che viaggiano tra Italia e Francia. E ormai il progetto si è ridotto al solo tunnel, abbandonando l’idea di nuove linee d’accesso in Italia (Val di Susa) e soprattutto in Francia (Modane-Dijon, saltando Lione). Il Tav non è più un progetto infrastrutturale: è ormai solo una bandiera per la politica e un bancomat per i costruttori.
 
Clicca qui Gianni Barbacetto.