L’accoppiata mortale dei Pfas nei pesticidi, nel cibo e nel latte materno.

Pesticidi o erbicidi spruzzati da un erogatore a mano su erbe in un campo.
Come ha commentato a Food Navigator Shubhi Sharma del CHEM trust, gli PFAS hanno contaminato ogni angolo del pianeta: la presenza ubiquitaria sulla Terra: dovunque li si cerchi, li si trova. Continuano a essere pubblicati studi che mostrano, senza possibilità di smentita, la costante avanzata degli PFAS negli impieghi più disparati, e anche l’associazione con patologie sul sistema immunitario, rischio di tumore, di demenze, sul fegato, sul sistema cardiovascolare, sulla tiroide e sul sistema riproduttivo. Eccetera.
 
Allo stesso tempo è sempre più dimostrato che Pesticidi e Pfas sono una accoppiata mortale. In un articolo molto esauriente su Environmental Health Perspectives, hanno riconfermato l’accoppiata mortale i ricercatori dell’ Università di Portland, in Oregon, quantificando la presenza degli PFAS nei prodotti venduti come pesticidi (e nei loro contenitori, neanche etichettati) in USA e in Canada, e il loro crescente andamento negli ultimi dieci anni. Nel secondo studio si mostra  come per ogni porzione in più di cibi normalissimi come ad esempio le uova, nell’organismo si ritrovino valori superiori di PFAS, a conferma del rapporto diretto tra cibo e contaminazione.
 
A sua volta, Science of the Total Environment ha pubblicato uno studio condotto sul latte materno e sul plasma di 1.500 donne del New Hampshire, raccolto a partire dal 2009 dai ricercatori della Geisel School of Medicine di Dartmouth, Lebanon (New Hampshire), che hanno valutato il consumo di uova, carni rosse, caffè, pesce, riso bianco, e, parallelamente, la concentrazione di alcuni PFAS nel plasma alla ventottesima settimana di gestazione e nel latte fino a sei settimane dal parto. E hanno dimostrato la relazione lineare tra aumento nel consumo e quantità di PFAS.

Stop alla vendita in Svizzera di carne e latte contaminati da Pfas.

Nel corso di un’ampia indagine nel Canton San Gallo è emersa la presenza dei Pfas nella zona fra il capoluogo cantonale e il Lago di Costanza, con situazioni particolarmente rilevanti nei comuni di Mörschwil, Eggersriet, Untereggen, Goldach, Altenrhein e St. Margrethen, con concentrazioni elevate in bovini e in acque di fonte, e tracce rilevanti anche nel latte. I terreni agricoli sono  stati contaminati dai fanghi di depurazione degli impianti di trattamento delle acque reflue, contenenti fino al 2006 Pfas nei fertilizzanti.
 
Le autorità cantonali hanno chiesto un piano d’azione nazionale sui Pfas, e già avvertito i cittadini che la bonifica durerà decenni. Altrettanto, o più,  dureranno i danni alla salute inferti alla popolazione. Quale misura immediata, alle aziende agricole è stato imposto lo stop alla vendita di carne e latte, non potranno più utilizzare l’acqua di fonte, ma solamente quella potabile comunale, le mucche devono  smettere di pascolare nei prati contaminati da PFAS, mentre il foraggio deve essere acquistato da terreni non contaminati. Un danno economico enorme per gli agricoltori.

Non consumare uova con Pfas. Ma come distinguerle?

Non è una novità (per noi), ma una conferma (del Ministero della salute), le uova che acquistiamo ogni giorno non sono più sicure poiché contengono un altissimo contenuto di PFAS tossici e cancerogeni (a prescindere se sono cucinate sulle altrettanto pericolose pentole antiaderenti). Il Sito del Ministero riporta l’ultimo avviso dell’Agenzia Regionale della salute che parla  chiaro: non bisogna consumare uova prodotte nelle zone francesi di Verneuil-en-Halatte e Villers-Saint-Paul poiché contaminate da un’altissima presenza di PFAS. Già nel 2023 l’ONG Gènèrations Futures aveva sollevato la questione e difatti, dopo un anno, il pericolo risulta quanto più concreto che mai. Dalle analisi condotte sulle uova stesse si apprende che il 66% dei campioni analizzati superava gli standard di sicurezza su molti altri PFAS. 
 
Va da sé che le galline e le uova italiane vendute nei supermercati non sono diverse da quelle  francesi, considerando che i territori italiani sono ancor più contaminati di Pfas di quelli d’Oltralpe. 

Liste di proscrizione e libertà di espressione.

Abbiamo ricevuto il comunicato del Comitato esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti: “ Liste di proscrizione: segnale di allarme per la libertà di espressione. Il Comitato esecutivo nazionale dell’Ordine dei giornalisti respinge con sdegno qualunque lista di proscrizione, qualunque elenco di giornalisti “sgraditi”, a prescindere dalla provenienza e dal soggetto che le elabora. La lunga lista, redatta dal Nuovo-Partico Comunista, contiene nomi di giornalisti e di esponenti dell’economia, della cultura e della società civile classificati come “sionisti” ed è del tutto inaccettabile;  un segnale di allarme per la libertà di espressione. L’Ordine dei giornalisti ribadisce l’importanza, per tutte le democrazie, della Libera informazione e del pluralismo delle idee, sempre all’insegna del rispetto e del confronto civile”.
 
Sono quindi stato costretto a cercare questo ormai famoso “Avviso ai naviganti 145” che sostiene che  “L’entità sionista è parte integrante del sistema di potere della Repubblica Pontificia. Essa opera nel nostro paese sia attraverso proprie aziende inserite nel tessuto finanziario e commerciale italiano, sia attraverso uomini di fiducia (ebrei e non ebrei) con ruoli apicali nell’ambito mass-mediatico, nel campo dell’istruzione, della medicina, della ricerca scientifica, della politica e delle istituzioni: di seguito diamo un elenco di alcune di tali aziende e agenti.” Segue infatti  un interminabile elenco di persone  classificate come “sioniste”.
 
“Sionismo” su Wikipedia è definito “un’ideologia politica il cui fine è l’affermazione del diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto a uno Stato ebraico in quella regione che, dal Tanakh e dalla Bibbia, è definita Terra d’Israele”. Ideologia legittima, condivisibile o meno. In sé, il termine “sionista” non può essere ritenuto offensivo, semmai non vero da parte di quelle persone alle quali è stato impropriamente attribuito.  
 
La “proscrizione”, scrive Wikipedia “nel mondo romano, era un avviso pubblico con cui si notificava la messa in vendita dei beni di un debitore. Nell’ultima fase della Roma repubblicana (I secolo a.C.), la proscrizione assurse a strumento di lotta politica. Divenne infatti un metodo di eliminazione di massa (con l’esilio, o la soppressione fisica) dei rivali politici o dei nemici personali, i cui beni venivano poi incamerati dall’erario pubblico o utilizzati per pagare i soldati delle legioni. Il termine è rimasto in uso per indicare, anche in epoche successive, l’allontanamento forzoso dalle cariche pubbliche dei singoli, o di intere classi dirigenti, imposto da un regime alla caduta del regime precedente”.
 
Bene. Attribuire al sedicente  Nuovo-Partito Comunista, la velleità di una “Lista di proscrizione” funzionale cioè ad una eliminazione di massa, ovvero ad un allontanamento forzoso dalle cariche pubbliche dei singoli, o di intere classi dirigenti del regime precedente, ebbene, significa attribuire una importanza ridicola ad un microscopico sconosciuto partito. Anche solo attribuirgli gli idioti e criminali  intenti delle Brigate Rosse, cioè la soppressione fisica delle persone, o solo la minaccia per intimidire l’esercizio della libertà di espressione, neppure mi pare rintracciabile nel suddetto “Avviso ai naviganti 145”. Dunque starei attento a gridare  al lupo al lupo, solo per svegliare  qualche randagio che dorme.
 
Sbandierare che sia questo sedicente “Nuovo-Partito Comunista” a minacciare  la libertà di espressione, infine, è il peggiore mistificante occultamento del poderoso vero attacco che stiamo assistendo nel mondo (Telegram, Facebook Instagram, Whatsapp e nei TG a reti unificate).
 
Lino Balza

Fuga di ammoniaca a Paullo nel Parco Agricolo Sud Milano.

Il 27 agosto a Paullo, nella notte squillano le sirene e fuoriesce ammoniaca diluita al 30% da uno dei sette reparti di produzione dell’azienda farmaceutica Cambrex Profamaco, stabilimento considerato a rischio di incidente rilevante. Intervento dei  vigili del fuoco e carabinieri della compagnia di San Donato Milanese. 11 operai intossicati, per uno di loro è stato necessario il trasporto in ospedale.

Eni inquina Pomezia.

Per il  deposito ENI di Santa Palomba, che inquina terra e falde idriche con dispersioni di carburante certificate da vari Enti pubblici, dopo  mesi dalle  verifiche tutto resta immutato: il campo pozzi ad uso potabile Acea ‘Laurentina’ che serve due comuni, Pomezia e Ardea, è ancora a rischio inquinamento e igienico-sanitario. Per la seconda volta in pochi mesi, quindi, il progetto di risanamento ambientale proposto da Eni per affrontare e risolvere definitivamente la dispersione è stato respinto dalla Conferenza dei servizi con parere negativo di Arpa Lazio, Città Metropolitana di Roma e Comune di Pomezia.

La sentenza del Consiglio di Stato, è un duro colpo per i diritti degli studenti con disabilità.

Subordina il diritto all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione alle disponibilità di bilancio degli Enti Locali, stabilisce che le richieste del Piano Educativo Individualizzato possano essere disattese dai Dirigenti Scolastici e dagli Uffici Scolastici Regionali, evidenzia una visione distorta del concetto di “accomodamento ragionevole” previsto dalla Convenzione ONU

Quando i morti in guerra diventano “troppi”.

Mezzo milione di bambini morti in Iraq nel ’96 non sono stati “troppi” per Madeleine Albright segretaria di stato Usa. 695 civili israeliani uccisi nel raid di Hamas il 7 ottobre sono considerati “troppi” da Benjamin Netanyahu primo ministro di Israele. 40mila palestinesi, tra cui 14mila bambini (metà non identificati), non sono considerati “troppi” da Netanyahu, anzi è “tremendamente positivo” il rapporto 40 a 1 fra vittime palestinesi e vittime israeliane. Sono considerati «far too many», davvero troppi, da Kamala Harris, candidata presidentessa degli Stati Uniti. 
 
Davvero troppi 40 mila (186mila secondo la rivista medica inglese Lancet)?  Esattamente a che punto diventano «troppe» le vittime civili? Quale sarebbe un numero non eccessivo di persone ammazzabili?  Qual sarebbe la soglia statistica oltre la quale i «danni collaterali» diventano crimini? 
 
Clicca qui una riflessione di Alessandro Portelli su Il Manifesto.

La libertà di religione spiegata a Zelensky.

Papa Francesco contro la nuova legge del parlamento ucraino: ‘In Ucraina non sia abolita nessuna Chiesa cristiana’.
 
Il Pontefice si è schierato contro l’approvazione del disegno di legge che prevede la messa al bando della Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca. Per Zelensky “liberazione dai diavoli di Mosca”.
 
 

Nuovo attacco alle libertà di parola e associazione.

“L’arresto di Durov è un attacco ai diritti umani fondamentali di libertà di parola e associazione. Sono sorpreso e profondamente rattristato dal fatto che Macron sia sceso al livello di prendere ostaggi come mezzo per ottenere accesso alle comunicazioni private. Questo abbassa non solo la Francia, ma il mondo intero”.
Queste le parole di Edward Snowden su Twitter.
 
L’arresto di Pavel Durov è un pericoloso precedente.
L’inchiesta francese richiama alla mente il caso Edward Snowden, il tecnico informatico ricercato per aver rivelato come diverse multinazionali del digitale avessero collaborato con l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) degli Stati Uniti, consentendo l’accesso ai dati privati degli utenti.
 
Su PeaceLink un’analisi del caso Telegram, di cui Durov è il fondatore.
 

Chi pagherà l’attacco alla Russia e perchè è stato organizzato.

La penetrazione ucraina nella regione russa di Kursk provocherà nuove morti al già stremato esercito ucraino, rischierà l’incidente atomico alla centrale nucleare e metterà nei guai gli interessi dell’occidente che, di nuovo a beneficio degli approvvigionamenti USA, si vedrà privato della fonte energetica dell’ultima stazione di misurazione e filtraggio in territorio russo – a Sudzha – del gasdotto “Fratellanza” (conosciuto anche come gasdotto della Siberia occidentale) che percorre il tracciato Urengoy – Pomary – Uzgorod distribuendo poi il gas in Europa centrale ed occidentale attraverso Slovacchia, Repubblica ceca ed Austria.
 
Dunque, pagherà di nuovo l’occidente, senza nessun vantaggio bellico per l’Ucraina, ma con l’unico obiettivo di persuadere le opinioni pubbliche, soprattutto i governi, della necessità di continuare ad inviare armi e ad alimentare così la maggiore guerra che si sta combattendo in Europa dopo il 1945.
 
Clicca qui il commento di Maurizio Vezzosi. 

Ambiente e non solo.

ULTIME PRESENTAZIONI E VIDEO PUBBLICATI
 
  • Presentazione del rapporto Mobilitaria 2024
  • Mobilità elettrica urbana: una giusta transizione
  • Comunicazione media e sostenibilità
  • L’eccessivo inquinamento dell’aria nelle città
  • Osservatorio della Mobilità Urbana Sostenibile
  • Appunti per la comunicazione del rischio nel progetto Ome Health Citizen Science
 
Ora la newsletter Ambientenonsolo è visibile anche sulla APP Mindit https://you.mindit.news/

Sordocecità, la rivoluzione inclusiva delle donne.

Julia Brace, Laura Bridgman, Helen Keller, Sabina Santilli. E poi Anne Sullivan. Le prime quattro erano donne sordocieche, la quinta era “soltanto” quasi completamente cieca, ma non si può parlare di sordocecità senza citarla. Raccontiamo la storia della rivoluzione che hanno compiuto per ritagliarsi uno spazio nel mondo, rompendo con forza e determinazione le barriere che le separavano dagli altri, dimostrando che l’inclusione, quando questa parola ancora non andava “di moda”, non è un’utopia e tracciando un percorso che continua a costruirsi, per le altre donne e per gli uomini come loro (continua…)

A Brandizzo ad un anno dalla strage.

Assemblea a Torino del Coordinamento 12 ottobre – Familiari della strage ferroviaria di Viareggio e del crollo della Torre Piloti nel porto di Genova – Coordinamento Lavoratori/trici Autoconvocati/e (CLA) – Assemblea 29 giugno – Sol Cobas – Cobas Lavoro Privato – Attivisti, delegati, Rls di sindacati di base, del Coordinamento Macchinisti Cargo (CMC), dell’area alternativa/opposizione “Radici del sindacato”, oltre a Cub-Trasporti e SGB, già promotori del presidio.
Clicca qui la locandina.

Quanti ritardi e limiti al bando del Bisfenolo, dopo il Pfoa!

Ci ricordiamo gli esposti alla Procura di Alessandria, dal 2009, del “Movimento di lotta per la salute Maccaro”? Oltre ai Pfas in acque e aria, e nel sangue dei lavoratori! denunciavamo -sulla base degli allarmi internazionali- l’utilizzo nella Solvay di Spinetta Marengo anche del Bisfenolo, tossico e cancerogeno. Di cui le autorità sanitarie, Arpa, Asl, e politiche, Comune, Provincia, nulla sapevano o fingevano di non sapere. Sta di fatto che nessuno è intervenuto ad Alessandria.
 
Bene. 15 anni dopo, la messa al bando del Bisfenolo A nei contenitori alimentari è arrivata il 12 giugno 2024, da parte degli Stati membri che hanno ratificato la proposta della Commissione europea di febbraio.
La decisione si basa sul parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nell’aprile 2023 aveva concluso che gli attuali livelli di esposizione al Bisfenolo A  avevano “potenziali effetti dannosi sul sistema immunitario”. Al pari dei Pfas. Secondo L’Efsa, il BpA utilizzato nei contenitori alimentari può  migrare  verso gli alimenti e le bevande contenute e rappresentare un problema per la salute dei consumatori.
 
Meglio tardi che mai questo bando della UE al Bisfenolo, che dal 2011 ne aveva vietato l’uso nei biberon in policarbonato, nel 2016  nella carta termica per ricevute e nel 2018 aveva introdotto ulteriori restrizioni al suo utilizzo in biberon e contenitori per neonati e bambini, vernici e rivestimenti. Un bando, però, che comunque risulta pesantemente condizionato dalla potente lobby della chimica: il divieto di utilizzare il BpA nei rivestimenti di lattine, borracce, tazze e vaschette,utensili da cucina, stoviglie, bottiglie di plastica per bevande e refrigeratori per la distribuzione dell’acqua, infatti, scatterà a fine 2024 ma le aziende avranno un periodo di transizione – da 18 a 36 mesi a seconda del tipo di packaging – per mettersi in regola.
 
E’ meglio per i consumatori verificare l’etichetta “Bisfenolo free” sui prodotti già in regola. 

La Cina per Solvay non è più la terra promessa.

L’urgenza della condizione eco sanitaria della popolazione di Alessandria imporrebbe l’immediata chiusura delle produzioni Pfas della Solvay di Spinetta Marengo, provvedimento a cui  la multinazionale  si è preparata da tempo allocandosi in Cina ma che ora ritiene procrastinabile stante la complice paralisi della politica italiana ed europea, e  perché anche in Cina non l’accolgono più a braccia aperte.
 
Infatti, oggi la nazione è diventata il maggiore produttore di fluorocarburi, perciò nello scorso decennio la loro emissione di gas in Cina è salita vertiginosamente, e così l’impatto sull’effetto serra, che è infinitamente superiore a quello della CO2. Due studi, condotti su rilevazioni atmosferiche all’interno del territorio cinese e firmati dal ricercatore Minde An del “Center for Global Change Science del MIT”, pubblicato dall’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, rivelano che nello scorso decennio le emissioni sono cresciute di oltre il 70%, rappresentando la maggior parte delle emissioni globali di questi gas serra. In particolare: i PFC-14, PFC-116  per le produzioni di alluminio e di semiconduttori e display in aree scarsamente popolate, e il PFC-318 generato come sottoprodotto della lavorazione per la produzione di politetrafluoroetilene o PTFE, ovvero PFAS, in corrispondenza di grossi poli industriali (tra cui Solvay) dedicati alla produzione di rivestimenti anti-aderenti per pentole da cucina.
 
Di pari passo, i livelli di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono aumentati progressivamente nelle falde acquifere. Come ha confermato anche la ricerca sostenuta dalla National Natural Science Foundation of China e dalla “Natural Science Foundation of Liaoning Province of China”, sul “Bioaccumulo di sostanze perfluoalchiliche in ortaggi di serra con irrigazione a lungo termine con acque sotterranee vicino a impianti fluorochimici a Fuxin”.
Secondo lo studio, pubblicato su Scienze ambientali Europa, di un team di ricercatori della Tsinghua University di  Pechino, le concentrazioni di PFAS nell’acqua potabile sono 122,4 ng/l a Changshu, per il polo chimico di Solvay. Gli autori della ricerca  hanno associato l’esposizione ai Pfas  agli  esiti avversi per la salute, inclusa una maggiore incidenza di cancro ai testicoli e ai reni, ridotta fertilità e fecondità, soppressione immunitaria e disturbi della tiroide.
 
Dunque, l’inquinamento atmosferico, ha raggiunto livelli pericolosi in almeno 83 città e sta contribuendo all’impennata dei tassi di cancro ai polmoni. E la crisi idrica della nazione è altrettanto terribile. Secondo un rapporto governativo pubblicato all’inizio di quest’anno, oltre l’80% delle riserve idriche sotterranee della Cina non sono adatte al consumo umano e quasi due terzi non sono adatte a qualsiasi contatto umano. Circa 300 milioni di persone – quasi l’equivalente dell’intera popolazione degli Stati Uniti – non hanno accesso all’acqua potabile e circa 190 milioni si sono ammalati a causa dell’acqua potabile contaminata.

Il “gemellaggio Pfas” tra Solvay e Arkema.

Gli attivisti di Extinction Rebellion e Youth for Climate invadono lo stabilimento Arkema
Le analogie tra le situazioni ecosanitarie e politiche di Lione e Alessandria sono impressionanti: stesse ir-responsabilità degli amministratori locali, assenza leggi nazionali di messa al bando dei Pfas, necessità di  ricorso alle class action. I tribunali hanno ordinato una perizia indipendente a seguito dell’azione legale per risarcimenti, avviata con associazioni e sindacati dagli abitanti della cosiddetta Chemical Valley, contro il colosso Arkema (in coabitazione  con la belga Solvay nel polo chimico di Spinetta Marengo)  che dal 1957, a Lione, in località Pierre-Bénite, ha scaricato nel Rodano 3,5 tonnellate di PFAS all’anno, avvelenando una quindicina di Comuni.
 
Lo scandalo è stato scoperto dopo un’inchiesta giornalistica appena un anno fa. Pesci e pollami avvelenati in una quindicina di Comuni e soprattutto l’indagine dei media locali che ha rivelato livelli allarmanti di contaminazione nel sangue dei residenti, tra cui bambini, e denunciato la mancata azione dei politici. I gruppi Arkema France e Daikin Chemical France sono entrati nell’occhio del ciclone degli ambientalisti.

La contaminazione da PFAS in frutta e verdura è aumentata del 220% nell’ultimo decennio.

In Europa oltre un quarto della frutta coltivata a livello nazionale è contaminata da PFAS. A dirlo è un’analisi dei dati ufficiali dei programmi nazionali di sorveglianza dei Paesi membri dell’UE presentata in febbraio 2024, che ha anche rivelato un aumento del 220% della contaminazione rispetto al decennio precedente. Le percentuali di prodotti contaminati più alte si registrano per fragole, pesche e albicocche, mentre tra le verdure i più colpiti sono i cetrioli e l’indivia. 
 
E’ ineluttabile che ciò avvenga. Infatti i Pfas hanno incredibili proprietà idrorepellenti, oleorepellenti e  resistenti praticamente a tutto: non si decompongono biologicamente, non si legano con altri agenti chimici e non si degradano con gli agenti atmosferici. Queste caratteristiche, che su un prodotto industriale questo equivale a durabilità ed efficienza, li ha resi un boomerang. Nell’ambiente, infatti, si trasformano in un residuo impossibile da smaltire presente pressoché ovunque. Sono infatti nell’aria che respiriamo, sospesi in volo dopo essersi staccati dall’oggetto per il quale sono realizzati, e anche nel suolo, trasportati dall’acqua. Sotto forma di piccolissime particelle pressoché indistruttibili, restano inerti per decenni o persino, si stima, centinaia di anni. Dal suolo e dalle falde acquifere finiscono in quasi tutti gli organismi viventi, vegetali e animali,  compreso l’uomo, agevolati dalla loro caratteristica di essere inodori, incolori e insapori.

Giornalismo embedded RAI e giornalismo vero di WikiLeaks.

“Sono davvero onorata come giornalista del servizio pubblico di ricevere l’onorificenza che ieri il presidente Zelensky ha voluto attribuirmi come inviato di guerra. Un riconoscimento importante per il lavoro che il Tg1 e la Rai tutta hanno svolto in questi 9 mesi per coprire sul campo gli effetti dell’invasione russa in Ucraina”. Così Stefania Battistini, inviata del Tg1 in Ucraina, commenta l’onorificenza dell’Ordine della Principessa Olga, III grado, che il presidente ucraino Vlodymyr Zelensky le ha riconosciuto con un decreto. La motivazione dei riconoscimenti presidenziali è  “per il significativo contributo personale al rafforzamento della cooperazione interstatale, al sostegno della sovranità dello Stato e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, alla divulgazione dello Stato ucraino nel mondo”.

Non c’è pace per Genova Multedo.

Ipotizzando i reati di abuso d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità e traffico d’influenze, in uno dei filoni  di indagine nel mirino dei giudici che indagano Giovanni Toti & C. per il reato di corruzione in Liguria, riguardante il porto di Genova, è oggetto il trasferimento dei depositi chimici delle società Superba e Carmagnani dal quartiere di Genova-Multedo nel ponente della città, all’area portuale di Calata Sanità, a Sampierdarena. Il trasferimento è definito illegittimo dal Tar, sostenuto dal sindaco Marco Bucci, contrastato dai residenti che si sono riuniti in comitato.
 
Intanto un altro filone riguarda Superba: la Procura ha inviato un avviso di conclusione delle indagini preliminari con prossima richiesta di rinvio a giudizio per tre dirigenti della società: accusati di aver inquinato per anni la zona di Multedo con miasmi provenienti dalle fognature e allarmi conseguenti le attività di Superba nella gestione dei serbatoi di idrocarburi. Il reato contestato è di “inquinamento ambientale” soprattutto riguardante il mare antistante al quartiere di Multedo che ha subìto gli sversamenti.

E’ possibile dare del coglione ad un generale?

Pier Luigi Bersani è stato condannato con un decreto penale, per diffamazione aggravata nei confronti di Roberto Vannacci, allora generale dell’esercito e ora eurodeputato della Lega. L’ex segretario del Pd, durante un dibattito alla Festa dell’Unità di Ravenna del settembre 2023, commentò il libro dell’ufficiale Il mondo al contrario: “Quando leggi quelle robe lì pensi: ‘Va bene dài, sciogliamo l’esercito, sciogliamo le istituzioni e facciamo un grandissimo bar’. Il Bar Italia.
 
Dove puoi dare dell’invertito a un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera a una femminista, dove puoi dare del negro a un nero, dove puoi dire a un ebreo ‘ok la Shoah, ma non esageriamo’. Quel bar lì non sarebbe mai vuoto in Italia. Ma scusate, se in quel bar lì lui puoi dire tutte queste cose, è possibile dare del coglione a un generale? Se parlano da bar, dobbiamo parlare da bar anche noi. Quella non è critica al politicamente corretto, è arretramento della civiltà”. 

Dopo gli USA, chi in Italia farà causa per i morti e i danni del vaccino covid Pfizer?

Non proteggeva dall’infezione  e provocava effetti collaterali anche gravi. Le responsabilità passate e presenti dei Governi. Addirittura  ancora oggi sulla pagina dell’Istituto Superiore di Sanità, ISS, si riporta che il Cominarty mostra “un’elevata efficacia (95%) di due dosi, somministrate a tre settimane di distanza, nel prevenire l’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 in persone di età maggiore o uguale a 16 anni”. “Il vaccino può esser usato in gravidanza e nell’allattamento”. Clicca qui
 
Inoltre, sul sito Codacons mette a disposizione dei cittadini una diffida per chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale, causato anche dalla paura di ammalarsi, per aver ricevuto la somministrazione del vaccino Astrazeneca autorizzato dalle competenti autorità. Clicca qui.

Salvini: manca l’acqua? si bevano un mojito.

Un corteo pacifico e festoso di varie migliaia di persone ha sfilato per le strade di Messina nonostante il caldo torrido . “Vogliamo l’acqua dal rubinetto, non il ponte sullo stretto” a sottolineare l’emergenza idrica che attanaglia la Sicilia e per la quale non vengono stanziati fondi né pensate soluzioni strutturali.
 
“No al ponte delle menzogne”, un altro striscione sottolinea il cumulo di bugie, inesattezze che sottostanno al faraonico progetto. L’irrealizzabilità dell’attraversamento ferroviario, l’assenza di valide prove che attestino la resistenza del fantomatico ponte a vento e terremoti, l’insostenibilità dei cantieri dal punto di vista del consumo di risorse idriche. Comunque NO ad un’opera inutile, soprattutto per calabresi e siciliani, costosissima in termini di denaro e di materie prime, e che devasterebbe un territorio unico al mondo, cancellando ogni prospettiva di futuro per chi ci vive. 

Ancora omertà di Stato per il disastro militar ambientale di Teulada.

In Sardegna, oggetto di schiavitù militare, si muore di inquinamento bellico:  luoghi di incommensurabile importanza naturalistica diventano aree di bombardamenti, esplosioni, raffiche di tiri, il suolo ridotto ad una distesa di crateri ingombri di relitti militari, i famigerati missili M.I.L.An con tracciante al torio che sparge radioattività nell’ambiente, l’inquinamento penetra nel suolo, nelle acque, e si spande nell’aria, con pesanti conseguenze sulla salute delle persone, leucemie, linfomi, tumori diagnosticati sui militari e sui civili residenti in prossimità.
 
Mentre una quarantina di antimilitaristi/e hanno subito il rinvio a giudizio per reati che arrivano sino all’associazione con finalità di terrorismo, si registra una nuova assoluzione, con formula piena, per i cinque capi di stato maggiore imputati di disastro ambientale nel poligono militare di Teulada, Sardegna sud occidentale, impiantato negli anni ‘50, come grandezza secondo rispetto agli altri poligoni a fuoco presenti in Sardegna (e in Europa).
 
Comitati e associazioni sono schierati contro questa ennesima ingiustizia provocata dalla militarizzazione della Sardegna: Comitato A Foras,  Cagliari Socialforum, Madri contro l’operazione Lince, Disarmisti esigenti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, sindacati di base, vari studenti medi, Comitato di solidarietà con la Palestina,  Comitato Gettiamo le basi, che si è costituito parte civile insieme alle associazioni ambientaliste Legambiente, Gruppo d’intervento giuridico, e alla Regione Sardegna.
 
Clicca qui una intervista di Laura Tussi con Mariella Setzu.

L’ENI contro il giudice che privilegia la salute rispetto ai profitti.

L’ENI ricorre subito, “E’ illegittimo, abnorme e infondato”, contro il provvedimento del Gip di Siracusa (31 luglio 2024) che non autorizza la prosecuzione delle attività del depuratore Ias di Priolo Gargallo, in cui si trattano i reflui civili di due Comuni, Priolo e Melilli, e i fanghi della zona industriale siracusana, posto sotto sequestro dal giugno del 2022 nell’ambito di un’inchiesta della Procura per disastro ambientale.
 
Il Gip ha deciso di disapplicare il «decreto bilanciamento», “salva Isab”, cioè il decreto interministeriale – Ambiente e Made in Italy – (12 settembre 2023) che decide come mantenere operativo l’impianto biologico consortile priolese e, così, garantire la continuità industriale del polo petrolchimico. Il decreto stabilisce alcune deroghe al Testo unico ambientale sulle emissioni di idrocarburi, fenoli e solventi organici aromatici.
 
Questi “alleggerimenti” dei limiti imposti dalla legge, insomma, vìolano i principi di bilanciamento tra le esigenze dell’attività produttiva e dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente. I decreti “salvaIsab/Ias” del Governo, nel caso di sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria di stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale o di impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, infatti consentirebbero  al giudice di autorizzare la prosecuzione dell’attività. Invece il Gip Palmeri,  “tenendo conto anche del danno sanitario”, ritiene come nel caso di Ias “non vi è nel concreto alcun obiettivo di risanamento non essendo previsti investimenti o soluzioni tecniche in grado di risolvere entro il periodo di 36 mesi fissato dalla Corte la situazione di compromissione ambientale”.

Scienziati in allarme, non basta lavare la frutta.

Pesticidi ed erbicidi anche a  bassi livelli sono un rischio per la salute in quanto penetrano oltre la buccia e nella polpa esterna. Questo allarmante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista dell’‘American Chemical Society Nano Letters, condotto dagli scienziati della Anhui Agricultural University, in Cina.
 
Il team, guidato da Dongdong Ye, Ke Zheng e Shaobo Han, ha sviluppato un metodo analitico di imaging ad alta tecnologia per rilevare i livelli di contaminazione da sostanze chimiche.
 
Questi risultati, commentano gli autori, suggeriscono che il solo lavaggio potrebbe essere insufficiente per prevenire l’ingestione di pesticidi e che sarebbe necessario sbucciare la frutta per rimuovere le tracce di sostanze chimiche nella buccia e nella polpa esterna.

No al “termovalorizzatore “ di Biella che incenerirebbe anche PFAS.

Sulla spinta delle lotte del Movimento Valledora – formato dai comitati ambientalisti di comuni delle province di Biella e Vercelli, la Provincia di Biella nega l’autorizzazione al progetto presentato dalla società “A2A Ambiente” S.p.A. Brescia per la realizzazione di un “Impianto per la produzione di energia elettrica e termica mediante combustione di rifiuti speciali non pericolosi nel Comune di Cavaglià (BI)”.

Determinanti per la bocciatura del progetto sono state  le motivazioni specificamente legate al tema dei “PFAS”: probabilmente presenti nei rifiuti da trattare, a loro volta destinati ad essere emessi tali quali o in composti intermedi nelle emissioni dell’inceneritore, ovvero intrattabili in stadi di depurazione e abbattimenti

Resta invece accesa la polemica degli ambientalisti contro l’ASL che non fornisce i dati dell’inquinamento Pfas in provincia.

ENI e Regione Calabria vogliono condannare Crotone a “terra dei veleni”.

Secondo il Comitato “Fuori i veleni – Crotone vuole vivere”, dopo quanto approvato dal Consiglio regionale della Calabria, “nel territorio di Crotone sono possibili discariche di scopo: operazioni di profitto dannose e nocive per la salute dei cittadini”. Prospettata come soluzione ai problemi della bonifica del Sin: “una discarica, a dire del commissario, sarebbe realizzata a totale carico di Eni. Bontà sua! È evidente che Eni, in tal caso, a fronte di risparmi miliardari determinati dal mancato spostamento dei veleni fuori da Crotone e dalla Calabria, sarebbe ben lieta di farsi carico (si fa per dire) di cotal sacrificio”.
 
Un ostacolo a questo disegno di Eni Rewind sarebbe il Paur (Piano autorizzativo unico regionale) assunto dalla Regione il 2 agosto 2019, che impone a Eni una reale bonifica del Sin, obbligandola a portare i rifiuti speciali pericolosi (veleni e sostanze radioattive) fuori dalla Calabria. Insomma Eni starebbe cercando di bypassare gli impegni presi per risparmiare e lasciare i rifiuti pericolosi, tossici e radioattivi in Calabria, mentre dalle istituzioni arrivano sostanziali “aperture” a questo tentativo avere mani libere e imporre il proprio piano di bonifica. Per questo disegno, è utilizzabile il  Piano Regionale dei Rifiuti approvato lo scorso 12 marzo 2024: “concepito come un abito su misura per spalancare le porte ad operazioni di falsa bonifica con lauti profitti sulla pelle dei cittadini esposti a elevato rischio di patologie oncologiche e degenerative”.

Miliardi di bottiglie di finta acqua minerale naturale, magari con Pfas, pesticidi e feci.

In merito allo scandalo delle acque minerali Nestlè (Perrier. Vittel ecc.) siamo già intervenuti, clicca qui L’acqua imbottigliata non ha l’etichetta “pfas free”, e ora che esso continua ad allargarsi dopo l’esplosione del caso sui media francesi, per la sua sconvolgente cronaca lasciamo direttamente la parola, clicca qui, a “Il fatto alimentare”: un Sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse, che da 13 anni si occupano di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L’accesso al Sito è gratuito.  
 
Apprenderete che un’inchiesta di Mediapart ha scoperto che la multinazionale avrebbe iniziato a vendere acqua minerale filtrata illegalmente più di 15 anni fa. Secondo un rapporto della Direzione generale francese della concorrenza, dei consumatori e del controllo delle frodi (DGCCRF), infatti, Nestlé Waters avrebbe acquistato apparecchiature UV già nel 2005 e utilizzato filtri non autorizzati almeno dal 2010. Le dimensioni della frode sono enormi: si parla di 3 miliardi di euroIl caso è scoppiato, quando un reportage realizzato dal quotidiano Le Monde e dal team investigativo di Radio France ha svelato le frodi che avrebbero commesso importanti produttori di acque minerali, tra cui Nestlé Waters e Sources Alma. Le aziende avrebbero, infatti, sottoposto a trattamenti di filtrazione non consentita l’acqua prelevata dalle fonti perché contaminata da “feci, Escherichia coli, PFAS e pesticidi”, scrive l’associazione dei consumatori Foodwatch.
 
Apprenderete i particolari dello scandalo. Che per 27 anni Nestlé avrebbe prelevato l’acqua da nove pozzi in maniera completamente illegale: si tratta di 19 miliardi di litri di acqua solo tra il 1999 e il 2019 (non ci sono dati per gli anni precedenti). Che nel febbraio 2023, il governo francese avrebbe accettato di negoziare con l’azienda, senza informare né la magistratura né le autorità europee. Che Nestlè avrebbe  sospeso i prelievi da alcune fonti e lanciato una nuova linea, Maison Perrier, non etichettata come “acqua minerale”, ma che  comunque la “qualità sanitaria” delle acque del gruppo Nestlé non sarebbe garantita. Eccetera.

Con un po’ di culo gli abitanti potrebbero neppure accorgersi dell’avvelenamento.

Quali circostanze fortunate per l’inquinatore? Il ritardo con cui l’Arpa sopraggiunge a incendio e nube di gas avvenuti e, senza centraline di monitoraggio fisse, non facendo in tempo a capire e rilevare i gas tossici che nel frattempo se li sono presi i venti e trasportati verso polmoni più o meno distanti. E’ un po’ quello che è avvenuto con l’incendio e con la nube sprigionata all’azienda chimica Carbonovus che opera nel settore della nautica con materiale composito e vetroresina.
 
Al dipartimento apuano dell’Arpat, neppure a conoscenza dei materiali bruciati: tossici e cancerogeni (tra cui teli di infusione in nylon, tessuti in vetro resina e carbonio, colle, schiume poliuretaniche, resine e catalizzatori, vernici, solventi, polvere di resina e chissà quant’altro), non è restato che consultare le centraline meteo disponibili in zona per avere informazioni sulla direzione e velocità dei venti presenti. L’Arpat ha così saputo che i  venti hanno rotato senza particolare forza, prima verso Massa poi in direzione della Liguria, e così si è rassicurata che “La presenza di venti di scarsa intensità e di direzione variabile ha fatto sì che i fumi si siano dispersi in direzioni differenti e che non sia possibile individuare un’area in cui si possa ragionevolmente rilevare un apporto misurabile di polveri o altre sostanze eventualmente trascinate dalla nuvola “. Tranquilli i polmoni di tutti:  po’ di avvelenamento per uno non fa male a nessuno… inquinatore.
 
Non avendo ormai potuto rilevare nulla in atmosfera, a questo punto, l’Arpat, con la stessa tempestività, cioè nei giorni seguenti, ha “esaminato visivamente” (sic) le acque del Fosso Lavello che scorre lungo l’azienda, e ovviamente, “nel corso del sopralluogo senza notare anomalie, e neppure  nelle acque che confluiscono nella vasca di raccolta delle acque bianche asservita all’area industriale e che si immette nel fosso  a valle dello scarico del depuratore Lavello 2”. Sempre visivamente: “La fauna presente non mostrava segni di evidente sofferenza”.
Restano paura, finestre chiuse e tam tam di telefonate allarmate, nel ricordo del rogo della Farmoplant.

Non proprio caraibico il mare delle “spiagge bianche” di Rosignano Solvay.

Basta osservare la fotografia per individuare Solvay quale responsabile della chiazza schiumosa galleggiante a pochi metri dalle Spiagge Bianche di Rosignano. Sullo sfondo: dall’immortalato stabilimento scende una condotta che scarica le acque reflue nel Tirreno a 600 metri dalla costa: teoricamente dovrebbero essere depurate a monte, quanto lo siano effettivamente lo mostra la foto. Scattato l’allarme salute, non è stata sufficiente la rassicurazione del sistema di disinfezione di emergenza (con ipoclorito) delle acque inviate nella avariata condotta sottomarina di scarico, anche per la conseguenza della risalita della sabbia in superficie. Ma è stata sufficiente per le autorità che, in periodo turistico, non hanno vietato la balneazione. La quale peraltro dovrebbe comunque sempre essere  automaticamente preclusa per legge nei tratti di costa nelle vicinanze degli scarichi. Ma come potrebbe se Rosignano Solvay deve essere  definita “Caraibi artificiali toscani”, dopo un secolo di scarti industriali sversati in mare che hanno  creato quella spiaggia dai colori strabilianti?
 
Ma con quali  conseguenze ambientali? Ne abbiamo parlato a lungo e più volte sul Sito. Gli scarti della produzione, a partire dai primi anni fino ai giorni nostri, sono rilasciati nelle acque marine antistanti: con quei residui di calcare che donano  il colore caratteristico alle Spiagge Bianche e un azzurro intenso al mare… non esattamente puro e limpido quanto quello caraibico. Non solo calcare:  nel corso della sua attività l’azienda ha scaricato in mare anche metalli pesanti quali arsenico, cromo, mercurio e altri inquinanti: in una dichiarazione per l’anno 2017 presentata all’European Pollutant Release and Transfer Register (il registro europeo delle emissioni inquinanti da attività industriale), l’azienda conferma l’emissione di 59 kg/anno di mercurio, con quantità di cromo e arsenico tra le 3 e le 4 tonnellate annue.
 
Abbiamo chiesto più volte come si possa  certificare l’elevato inquinamento della costa, con evidenza di emissioni negli ultimi cento anni, e confermarne allo stesso tempo la balneabilità del tratto di mare. L’apparente incoerenza è dovuta ai parametri scelti dalle autorità: nel decreto legislativo 116/08, recepimento della direttiva europea 2006/7/CE, i monitoraggi richiesti sono infatti esclusivamente di natura biologica (Escherichia coli), e non chimica.  Insomma  l’inquinamento consiste soprattutto in anomale concentrazioni di mercurio e esaclorobenzene nel fondali del tratto di costa, mentre le concentrazioni in acqua sono simili a quelle di altre località della regione.
Aggiungiamo che non costituiscono un pericolo immediato, per gli ignoranti o sconsiderati  bagnanti, gli inquinanti “sepolti” nel sedimento, facendo le corna  a eventi estremi che ne causino il rimescolamento. Basti per ora chiudere gli occhi sull’ impatto delle specie marine, portando al bio-accumulo in molluschi e pesci evidenziato in tutte le località costiere analizzate dalla stessa Arpa Toscana.

Non esistono antidoti ai Pfas. E’ criminale spacciarne l’esistenza.

L’indagine condotta dal Dipartimento di medicina del lavoro di Holbaek  ha identificato che nella città portuale danese di Korsør, la scuola per i vigili del fuoco, utilizzando schiumogeni a base di Pfas, ha inquinato il pascolo degli allevamenti bovini e il sangue degli stessi allevatori consumatori di carne. Colpiti da alte percentuali di colesterolo, micidiale sul sistema cardiovascolare, ad essi sono stati somministrati due diversi medicinali – colestiramina e colesevelam – normalmente impiegati per abbassare il livelli nel sangue. Il risultato sembrerebbe che si siano abbassati i livelli di  colesterolo ma anche di Pfos.  Diminuendo il colesterolo diminuirebbe  anche il Pfos dal sangue.

Dunque il farmaci potrebbero essere usati come antidoti ai Pfas, somministrati preventivamente alle popolazioni a rischio?  Philippe Grandjean, responsabile dell’Unità di ricerca di medicina ambientale presso l’Università della Danimarca meridionale e professore di salute ambientale alla Harvard School of Public Health, avverte che “Non sappiamo se a questa diminuzione di PFAS nel sangue corrisponde una diminuzione negli organi dove si accumula carcinogenico,  nel fegato e nei reni”, e soprattutto sottolinea che “Sarebbe criminale  rispondere all’inquinamento industriale somministrando un farmaco alla popolazione”.

Insomma, sarebbe criminale il circolo vizioso dei Pfas che aumentano il colesterolo e dei farmaci anticolesterolo che diminuiscono i Pfas. Per i profitti delle industrie chimiche e farmaceutiche sarebbe un  circolo virtuoso: criminale, appunto. 

Non è certo questo il metodo auspicato, per il disastro eco sanitario Solvay di Spinetta Marengo, da Marcos Orellana, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le sostanze tossiche e i diritti umani, quando  ha parlato apertamente di “violazione dei diritti umani delle popolazioni locali” esposte per decenni ad agenti inquinanti destinati a rimanere per sempre nei territori colpiti.

Per i Pfas, in Olanda non restano a guardare.

Da un lato, studi legali dimostreranno -come illustreremo prossimamente con lo sguardo rivolto alla Solvay di Spinetta Marengo-  che  l’azione inibitoria risarcitoria  può essere rivolta contro l’azienda inquinante ma anche contro le Istituzioni. Dall’altro, le aziende di distribuzione dell’acqua in Olanda chiedono al nuovo governo di aiutare a affrontare l’inquinamento idrico nei Paesi Bassi. Le organizzazioni sono preoccupate per la crescente presenza di sostanze nocive e chiedono un divieto su tali sostanze, c .

Le aziende di distribuzione e i consorzi idrici ritengono di non poter affrontare il problema da soli. Solo i consorzi di gestione idrica investono oltre mezzo miliardo di euro nella depurazione delle acque reflue, trattando 2 miliardi di metri cubi all’anno. Dunque ritengono indispensabile l’intervento del governo per la pianificazione territoriale e la legislazione.

Pfas nelle schiume del mare in Olanda, Belgio e Italia.

Scarichi Solvay.

I PFAS sono stati trovati anche nella schiuma del mare lungo le coste dell’ Olanda. Secondo uno studio dell’Istituto Nazionale per la Salute e l’Ambiente dei Paesi Bassi (RIVM), la concentrazione di PFAS nella schiuma del mare delle località olandesi è alta quanto quella delle coste delle Fiandre in Belgio.

Sono chiare le conseguenze dell’ingestione o del contatto con i PFAS tramite l’acqua potabile (effetti tossici sul sistema immunitario, aumento di rischio di tumori (soprattutto nelle donne), problemi di fertilità ecc.), si presume che le conseguenze siano analoghe  tramite la schiuma del mare. Tant’è che il governo ha invitato alla cautela i propri cittadini: “È sensato farsi una doccia dopo il bagno, lavarsi le mani prima di mangiare e non lasciare che i bambini e gli animali domestici ingoino la schiuma del mare.

Dunque, è sempre più provato che i PFAS stanno contaminando le acque di tutta Europa, come mostra la mappa realizzata da Forever Pollution Project, comprese quelle del mare, dove defluiscono i corsi d’acqua e gli scarichi industriali. Il mare Adriatico riceve Pfas dal Po, a sua volta dal Tanaro e dalla Bormida dove scarica Solvay a Spinetta Marengo. Fu rilevato già alla foce del Po nel 2010 dopo le denunce dei nostri esposti e mentre ad Alessandria ricevevamo minacce personali https://www.rete-ambientalista.it/2009/12/07/siamo-scesi-in-piazza/

Pfas nelle uova non solo ad Alessandria ma anche in Olanda.

A Spinetta Marengo scarica la Solvay, a Dordrecht la Chemours. L’Istituto Nazionale per la Salute e l’Ambiente dei Paesi Bassi (RIVM) e il servizio sanitario GGD avevano già consigliato alla popolazione della regione di Dordrecht di non mangiare più le uova delle proprie galline. Ora lo studio dell’emittente NOS è stato condotto anche fuori della regione, nelle province di Utrecht, Frisia e Limburgo: i livelli dei forever chemicals  nelle uova superano la norma di sicurezza europea. Nel mirino Chemours, come la Solvay per i Comuni della provincia di Alessandria.

Gli scienziati consultati ritengono che l’aumento dei valori di PFAS nelle uova di gallina sia un’importante indicazione di quanto l’inquinamento dei tossici e cancerogeni sia diffuso in Olanda: l’RIVM ha trovato le sostanze chimiche anche nella schiuma del mare e un altro studio sempre dello stesso istituto ha rivelato che i cittadini olandesi ingeriscono troppi PFAS, principalmente attraverso cibo e acqua potabile.

L’acqua imbottigliata non ha l’etichetta “pfas free”.

E neppure si sottopone a controlli sistematici la presenza di Pfas nelle bottiglie dei supermercati. Mentre dove l’indagine c’è stata, è scattato l’allarme. Le Monde France Info hanno messo in evidenza la contaminazione delle acque di sorgenti celebri come la Perrier, appartenente alla multinazionale impegnata nel settore alimentare più grande al mondo: Nestlé (in Italia con le acque minerali San Pellegrino, Panna e Levissima).  

In Francia le autorità hanno ordinato il fermo di pozzi dello stabilimento di Vergèze situato nel dipartimento del Gard. Scoperta la presenza oltre che di Pfas  anche di batteri e pesticidi.  Nestlé, da parte sua, ha provato ad ovviare alla situazione con la distruzione di 2 milioni di bottiglie Perrier. A quanto pare, il Ministero della Salute sapeva già della situazione riguardante i prodotti del marchio, contenenti le sostanze dannose per l’organismo. Questa non è la prima volta che una celebre multinazionale  fa discutere a livello internazionale.

Ora, la questione sta scatenando la reazione anche della  Germania. Qui i consumatori si sono riuniti nella firma di una lettera inviata all’amministratore delegato di Nestlé Deutschland, Christoph Ahlborn, da parte del gruppo Foodwatch. Più di 38mila persone si sono schierate contro il marchio, chiedendo che le bottiglie contenenti acqua contaminata vengano al più presto ritirate dai supermercati.

In Italia si continua tranquillamente a vendere Perrier.

Pfas a Bassano del Grappa.

I dati Arpav confermano la presenza di Pfas, con livelli superiori alla norma, in tutti i punti verificati nella frazione collinare di  San Michele, il primo corso d’acqua sottoposto a controllo mentre l’area di via Morelli è stata oggetto di altre verifiche. Il Comune non chiarisce l’origine dell’inquinamento. Si sospetta in un’area a sud della discarica Pascolara dismessa da diversi anni.

Sembrerebbero nella norma i parametri rilevati all’interno della discarica, mentre sono superiori quelli delle acque superficiali che si trovano ad un paio di centinaia di metri a sud dello stesso impianto dismesso. Potrebbe dipendere da scarichi abusivi di rifiuti all’esterno della discarica. Bisognerebbe  procedere con dei carotaggi sul terreno. Sarebbe opportuna un’ordinanza del sindaco che inibisca l’uso della risorsa idrica prelevata da pozzi privati, o da altre fonti.

Allarme per le auto elettriche che usano i Pfas. Allarmissimo per la popolazione di Alessandria.  

Il rischio è sempre quello di cadere dalla padella nella brace. Le auto elettriche riducono le emissioni di CO2 (anidride carbonica). Però utilizzano i Pfas per rendere le batterie meno infiammabili e resistenti: in pratica durano più dell’auto. I Pfas sono tossici e cancerogeni. Non si degradano mai e si accumulano sempre più nell’ambiente e negli organismi. Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications e condotto dall’Università del Texas e dalla Duke University, sono stati rilevati livelli ingenti di Pfas in aria, acqua, neve e suolo nelle vicinanze degli impianti produttori in Stati Uniti, Francia e Belgio.

Il problema è ancora più grosso. La diffusione crescente di auto elettriche porterà ad una significativa quantità di batterie da smaltire: ad esempio in Italia si stimano entro 8 anni in 9,2 milioni di unità, con un costo previsto di 11,5 miliardi di euro per il loro stoccaggio. Attualmente, solo circa il 5% di queste batterie agli ioni di litio  viene riciclato, dunque i Pfas, “forever chemicals”, a tempo indeterminato possono contaminare l’ambiente anche attraverso le discariche. Insomma, la riduzione delle emissioni di CO2 comporterebbe un parallelo  aumento dell’inquinamento da Pfas.

A proposito di  cadere dalla padella nella brace: per la popolazione di Alessandria veniamo alla Solvay di Spinetta Marengo. Commentammo due anni fa: “”Considerando che i Pfas sono solo la punta dell’iceberg del disastro eco sanitario di Alessandria, nei Movimenti e da Legambiente alla CGIL  ci si sta sempre più arrendendo alla ineluttabilità della chiusura del polo chimico piemontese, e orientando a proposte di riconversione. (Vedi Chiusura della Solvay di Alessandria: come salvaguardare l’occupazione). Proprio Ilham Kadri, amministratore delegato della multinazionale belga aveva  preso in esame l’opportunità di chiusura con l’alternativa di realizzare a Spinetta Marengo le nuove ‘batterie green’, cioè  con lo sviluppo della prossima generazione di elettroliti allo stato solido per le  batterie delle auto elettriche. Poi, invece, su pressione di Macron e Ursula von der Leyen, e mercè i  finanziamenti regionali, ha scelto che la tecnologia sarà sviluppata in Francia, già  nel 2022 con la linea pilota di La Rochelle””

“”Però, scartata la prima tesi, a Ilham Kadri resterebbe il secondo obiettivo per Spinetta Marengo: il riciclo, attraverso processi di idrometallurgia, di tutti gli elementi (litio, cobalto, manganese, rame, nickel) che costituiscono la ‘batteria green’ che oggi rappresenta fra il trenta e il quaranta per cento del costo dell’intero veicolo. Un business miliardario per Solvay, ma sarebbe come cadere dalla padella nella brace per la popolazione di Alessandria.””.  

Commentando la strategia, volutamente confusa, di Solvay (Syensqo), poi scrivemmo (Il Piemonte finanzia i Pfas ma non tutela la salute dei suoi cittadini) anche: “”[…] Solvay non molla ed ecco che  arriva il sostituto dei sostituti pfas: ‘a catena cortissima’ il polimero fluorurato ‘Aquivion’, annunciato  (come i predecessori d’altronde) innocuo: ‘emissione in atmosfera di semplice vapore acqueo’ . ‘Al più tossiche se maneggiate inopportunamente’, le ‘Membrane Aquivion Pfas’ sono garantite come DOCG, anche se il brevetto è segreto, gelosamente custodito nella banca brevetti europea. […].  Raccogliendo le tesi e gli studi internazionali, il nuovo, ovvero vecchio Aquivion è descritto come ‘fondamentale per la trasmissione di energia a scambi ionici, con innovativa tecnologia di produzione di materiali per membrane polimeriche, che si integra in una filiera dell’idrogeno verde sostenibile, rinnovabile e carbon free, che punta anche allo sviluppo per l’automotive’.”” […]

[…] “”Per produrre Aquivion, nel 2019, Solvay Speciality Polymers ha depositato al Governo la richiesta di finanziamenti  (inizialmente 22 milioni di euro) per il suo nuovo piano industriale, (denominato ‘Progetto per sviluppo di materiale per celle a combustibile e batterie a flusso con realizzazione di impianto pilota’) sfruttando abilmente l’enorme contenitore finanziario ‘Green Deal’ della Comunità Europea  a incentivare l’energia pulita, prodotta cioè da fonti rinnovabili, dunque dall’idrogeno verde. […] La Regione Piemonte, da par suo aggiungendo altri milioni (sottratti alla sanità), inneggia all’impatto sul territorio: ‘L’impianto Aquivion si inserisce in una ampia sinergia: dalla creazione entro giugno 2026 di tre stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile previste a Tortona, Arquata e Belforte, alla ricerca nella nostra provincia di un’area dismessa destinata a produrre idrogeno verde, fino agli investimenti per il retroporto di Genova’””.

Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro

Occhio ai preservativi e gel senza etichetta “Pfas free”.

E’ dimostrato che i Pfas, gli “inquinanti eterni” famigerati in medicina  come “cancerogeni e distruttori endocrini”, penetrano nell’organismo umano anche per contatto  tramite assorbimento nella pelle, oltre che per vie respiratoria e alimentare. Non sorprende più di tanto che l’allarme valga anche per l’uso dei preservativi maschili e femminili.
 
In America, ripresi dal Guardian, i test commissionati da Mamavation, blog di difesa della salute dei consumatori, condotti da un laboratorio certificato dall’Epa (ente federale di protezione ambientale), hanno verificato «la presenza di fluoro, un marcatore di Pfas, in 29 prodotti per la salute riproduttiva». Si tratta di marche acquistabili online, su Amazon o su altre piattaforme.
 
«Vagina e pene», scrivono gli scienziati del Green Science Policy Institute in un report  «sono organi con un livello elevato di vasi sanguigni che rende la loro l’esposizione ai Pfas particolarmente pericolosa». <<E’ chimicamente certo che l’apparato riproduttivo femminile resta  contaminato dai Pfas  presenti nei preservativi soprattutto lubrificati, ma anche nei gel lubrificanti».

Disertori e renitenti: testimonianze dall’Ucraina.

Disertori italiani della grande guerra

PeaceLink ha deciso di dare voce a questi uomini, raccogliendo le loro testimonianze e i loro video sulla piattaforma Sociale.network. Un gesto importante per far conoscere al mondo le ragioni che spingono tanti giovani a ribellarsi a un conflitto che considerano ingiusto e inutile.

Vuoi vedere, ascoltare e leggere le loro storie? Clicca qui.

Riceviamo dalla Palestina “zeitun.info”.

 
 
 
 
 
 

Ma quale deriva autoritaria, è democrazia senza conflitto.

La trama, del disegno di legge sulla sicurezza pubblica in approvazione, è sempre la stessa: punire il nemico, ovvero  reprimere dissenzienti, poveri, migranti;  sviare e occultare la responsabilità delle diseguaglianze sociali, della guerra, della devastazione climatica. Esempi.
 
Per “l’occupazione di immobili e terreni” è previsto un nuovo reato: «occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui» (con reclusione da due a sette anni), e ad essere punito è anche «chiunque si intromette o coopera nell’occupazione dell’immobile».
 
L’aggravante relativa ai reati di «violenza o minaccia a pubblico ufficiale e resistenza a pubblico ufficiale» si arricchisce  con riferimento specifico al suo esercizio «al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di una infrastruttura strategica»: oggi Tav, domani ponte di Messina.
 
La tutela privilegiata per gli operatori di polizia si estende alle lesioni anche lievi o lievissime, come avviene quando agenti in tenuta antisommossa  fronteggiano studenti a mani nude.
 
Viene introdotto il delitto di rivolta penitenziaria, che comprende la resistenza «anche passiva», reato da estendere  in prospettiva alla disobbedienza civile  degli eco-attivisti, detti ecovandali.
 
Per i quali, ma anche per reprimere presidi e cortei spontanei fuori da fabbriche e scuole, il blocco stradale o ferroviario «con il proprio corpo» diviene illecito penale con l’aggravante appunto che il fatto è commesso da più persone:  reclusione da sei mesi a due anni.
 
Per i migranti non può mancare l’ampliamento dell’ambito di applicazione del daspo urbano (ordine di allontanamento).

L’Escherichia Coli sopravvive ai Pfas.

Secondo le analisi del laboratorio tedesco DVGW-Technologiezentrum Wasser di Karlsruhe, il fiume di Parigi, in cui si nuoterà alle Olimpiadi, ha un’alta concentrazione di acido trifluoroacetico (TFA), usato per pesticidi e refrigerazioni, una tra le sostanze note collettivamente come PFAS tossici e cancerogeni:  poco lontano dalla cattedrale di Notre-Dame 2,9 microgrammi per litro (un microgrammo è un milionesimo di grammo), mentre  0,5 è già indicato come limite massimo per la Cee. Jacob de Boer, tossicologo della Vrije Universiteit di Amsterdam e Ian Cousins, professore di chimica ambientale dell’ Università di Stoccolma, sconsigliano: «Non raccomanderei di nuotarci regolarmente».
 
In Francia sono stati investiti quasi 1,5 miliardi di euro per risanare le acque della Senna in modo da renderla balneabile per le Olimpiadi di quest’anno e, dal 2025, per chiunque ci voglia nuotare. L’obiettivo degli interventi è abbattere la presenza di batteri legati allo smaltimento delle acque reflue, quelli appartenenti ai generi Escherichia ed Enterococcus. Non agiscono invece sui Pfas, chiamati “forever chemicals”, “inquinanti perenni”: uno studio del 2016 ha stimato che ai reni umani servano dai 10 ai 56 anni per eliminare i PFAS più persistenti.

Bussi sul Tirino, la bonifica mai conclusa di uno dei più gravi ecocrimini italiani.

Il Gip, su richiesta della Procura di Pescara, ha disposto il sequestro preventivo da parte del Gruppo aeronavale della Guardia di Finanza dell’impianto industriale all’interno del polo chimico di Bussi sul Tirino, che risulterebbe aver inquinato il suolo sottostante dal 2015 in poi. La Procura da anni segue puntualmente le delicate fasi di bonifica dell’intero “Sito d’Interesse Nazionale di Bussi sul Tirino” per evitare che su un’area di oltre 236 ettari possano verificarsi illeciti ambientali in grado di determinare una ulteriore complicazione alla bonifica mai conclusa. Per la quale continuiamo a chiederci  a cosa serve un ministero dell’ambiente e della transizione ecologica.
 
Infatti il SIN Sito di Interesse Nazionale  di “Bussi sul Tirino” è stato istituito a seguito della scoperta di aree con rifiuti industriali abusivamente interrati e/o sparsi  nei Comuni di Bussi sul Tirino e di Bolognano (Provincia di Pescara) in particolare nell’area del polo chimico gemello di Spinetta Marengo, ex Montedison/Ausimont, dal 2002 ex Solvay, ora di Società Chimica Bussi SpA.
Impressionante  la tipologia dei contaminanti presenti nel SIN: metalli (Hg e Pb soprattutto, poi anche Al, Fe, As, Be, Cu, V, Zn, Se); idrocarburi C<12 e C>12, BTEX, alcuni IPA, diossine, composti alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni, e superamenti dei valori di soglia indicati da ISS per: Tetracloruro di Carbonio, Diclorometano, Esacloroetano, eccetera.
 
Le accuse di concorso in avvelenamento doloso di acque e concorso in disastro doloso mediante condotte sia di tipo commissivo che omissivo, si sono concluse con la sentenza della Corte di Cassazione Penale del 2018 (riformando la Corte di Assise di Appello) che ha assolto alcuni tra gli imputati per non aver commesso il fatto, mentre nei confronti di altri ha dichiarato i reati estinti per prescrizione, disponendo la revoca delle statuizioni civili (attualmente pendenti).
 
Nel 2011 è stato sottoscritto l’Accordo di Programma, del valore di 3,1milioni di euro, “per la definizione degli interventi di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica delle aree comprese nel Sito di Interesse Nazionale Bussi sul Tirino” tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Abruzzo, la Provincia di Pescara, la Provincia di Chieti e i Comuni. L’Accordo presenta scandalosi ritardi nell’attuazione degli interventi di competenza pubblica, considerando che i privati se ne sono lavati le mani.