Travaglio Vs Grillo. In palio il Premio Attila.

E’ sempre in corso la raccolta delle candidature 2024 da mettere in votazione. Marco Travaglio ha di fatto proposto Beppe Grillo come Premio Attila (*),  tramite un editoriale  dal titolo “Un Grillo al bivio”. Grillo ha fatto sapere che farà altrettanto nel corso di uno spettacolo teatrale con uno sketch dal titolo “Il travaglio di Travaglio”. Grillo mimerà il  travaglio di partocioè  l’insieme di fenomeni  (respiri, sorrisi, lacrime, massaggi, parole di conforto, luci basse, mente non troppo presente e lucida) che portano alla nascita del bambino e all’espulsione della placenta. Fuor di metafora, il bambino sarebbe Giuseppe Conte a capo dei Cinquestelle e la placenta sarebbe Grillo.
Grillo non si sente placenta. Ritiene di aver fornito, lui, spermatozoi e uovo al concepimento della creatura che, allevata da lui, è arrivata da adulto ad un peso considerevole (33% dell’elettorato, occupando un terzo del parlamento), mentre nelle mani del precettore Conte si è rinsecchita (9,9%). Dunque Grillo pretenderebbe, da buon padre di famiglia, che la famiglia grillina si alzasse dalle poltrone, ritornasse a nutrirsi di democrazia diretta nei Movimenti, riacquistasse quell’identità premiata e poi negata dai Movimenti quando si sono visti traditi (Tav Valsusa, Tav Terzo Valico, TAP, ILVA, PFAS, Acqua pubblica, F35 eccetera).
 
Per Travaglio, invece, Grillo è un problema caratteriale psicologico umorale, un ciclotimico che alterna da una vita le discese ardite e le risalite, uno che sa benissimo che la democrazia diretta non esiste, un monarca che pretende il ruolo di garante a vita, uno che ha la postura malmostosa  di chi snobba i suoi ex ‘ragazzi meravigliosi’, li liquida col gretto totem dei due mandati, e sottovaluta gli sforzi titanici che han fatto e i prezzi altissimi che han pagato per piantare quasi tutte le bandiere del M5S nei 31 mesi dei governi Conte-1 e Conte-2. Questi quasi tre anni di presunte “titaniche bandiere” della “democrazia rappresentativa,” secondo Grillo, hanno affossato il M5S al 9,9%, prima ancora del governo Draghi nel quale Conte, capo del partito, aveva ottenuto il record di ministri e sottosegretari. E rinunciato ad ogni forma di opposizione (nelle mani di Meloni)… ma per colpa di Grillo, secondo Travaglio, che gli avrebbe  puntato la pistola alla tempia per amore di Draghi e Cingolani”. Secondo Travaglio, non è Conte bensì “Grillo  a non avere un progetto alternativo”: Lo sa pure lui che, senza Conte, il M5S sparirebbe”, ovvero senza Travaglio che di Conte è il nume tutelare che dà la linea politica.  Dunque,  Beppe Grillo faccia una buona volta il salto di lato: “Sta a lui decidere se guadagnarsi i 300 mila euro l’anno di ‘consulenza per la comunicazione’ partecipando col suo talento, o rintanarsi in casa a distillare letterine, battutine, regolette e rancorucci”. Detto, senza nessuna malignità, ci mancherebbe.
 
( *) Dal 2004 il Premio Attila è nel suo genere la più alta onorificenza italiana…   dopo il Festival di Sanremo. Ad imperitura memoria dei nostri figli peggiori: industriali, politici, amministratori che nel corso dell’anno si sono particolarmente distinti a danno dell’ambiente, della salute e della pace. Il libro,  pagine 125, è disponibile a chi ne fa richiesta.

Balza (per quel che conta) Vs Travaglio.

Così come Travaglio per il Fatto Quotidiano, così anch’io quale “direttore” di questo Sito ne approfitto per prendere personalmente le parti di Beppe Grillo. E non per vecchia amicizia (che rinnovo) ma perché confermo che secondo me (e milioni di ex votanti) Travaglio sbaglia: clicca qui la contestazione alla quale Marco non replicò.  
 
Chi vuole se la rilegga. Qui, vorrei solo ribadire, cercare di fargli capire che la sua differente formazione culturale può offendere gli ex elettori grillini e i Movimenti ecopacifisti, se non comprende la differenza tra movimento e partito, tra democrazia diretta e democrazia delegata, tra libertà come delega e libertà come partecipazione, tra alleanza con nessuno e alleanza con chiunque, tra rinunciare alla poltrona e rinunciare al consenso, tra chi ha vinto con una visione strategica e chi è perdente perché non l’avrà mai, tra chi ha deluso per la sconfitta e chi non ha qualità per illudere, tra il Giuseppe che può eventualmente rimeritare la fiducia e l’altro Giuseppe.