Inattendibile Mattarella pacifista ONU.

Il 24 marzo 1999 scattò l’operazione “Allied Force” (senza mandato ONU) contro la Serbia: fu un’aggressione illegale, ma la NATO dichiarò che “i raid si erano resi necessari per fermare i massacri in Kosovo”. Belgrado venne bombardata con massicci raid aerei che durarono 78 giorni causando migliaia di morti tra i civili e la distruzione di tutte le infrastrutture più importanti del paese.
 
Le bombe NATO vennero lanciate pure sulla fabbrica di automobili “Zastava” piena, in quel momento, di operai al lavoro. Quella fabbrica altro non era che una filiale della italianissima (all’epoca) Fiat. Con tutta evidenza, anche in quel caso, c’erano “un aggressore e un aggredito”. E l’aggressore era la NATO, Italia compresa. Presidente del consiglio era Massimo D’Alema, vice presidente e ministro della difesa era Sergio Mattarella.

L’opposizione al tav in Valsusa non accenna a diminuire.

Dall’ennesimo corteo di protesta con oltre  un migliaio di persone, alcune decine di attivisti No Tav  hanno provato ad introdursi nel cantiere del tunnel a Chiomonte, in Val di Susa. Nel tradizionale assalto del sito, blindatissimo, da più punti, sono stati lanciati oggetti e qualche bomba-carta, mentre le forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa hanno risposto con idranti e fumogeni. La tensione ha comportato la chiusura per qualche ora dell’autostrada del Frejus nel tratto tra Susa e Bardonecchia. 
 
La  manifestazione non è una novità. Lo è invece l’esplosione dei costi dell’opera certificata da un documento ufficiale della società costruttrice italo-francese Telt riportato ieri dal Sole 24 Ore: le sole opere della linea che dovrà scorrere sotto le Alpi avranno un costo di 11,1 miliardi di euro e non di 8,6 miliardi come previsto finora, circa il 30% in più, in soldi due miliardi e mezzo (le quote di competenza, salvo fondi europei, sono di 6,2 miliardi per l’Italia e 4,9 per la Francia. 

Presidio per la rimozione della Base NATO di Solbiate Olona.

Base promossa a Quartier generale ARF (Allied Reaction Force ) per il dispiegamento rapido: disporre di forze prontamente impiegabili (in tutti i domini: aria, acqua, terra, sottomarino, spazio e cyberspazio) per interventi immediati in tutte le circostanze – opinabilmente definite di “crisi” – ovunque nel mondo.  La base e  l’area a nord di Milano  divengono così un bersaglio primario dei cosiddetti nemici del Patto Atlantico.

Siamo dunque per la rimozione della Base e per lo scioglimento della NATO, l’Alleanza più potente e – almeno dal 1999 – aggressiva della storia umana. Una Alleanza che si comporta come fuorilegge (vedi ad es. gli attacchi alla ex Jugoslavia e alla Libia), ma che al contempo si investe unilateralmente del ruolo di tutore della legge internazionale, anche in sostituzione dell’ONU. Ci dicono che dobbiamo aumentare le spese militari, ma… (continua

Solvay sta brigando per rimettere in funzione l’impianto Pfas inquinante. Condotta sempre più dolosa.

Due ecocidi mondiali e locali. Con i Pfas si ripete la tragedia dell’amianto e dell’Eternit di Casale Monferrato. La belga Solvay Syensqo è l’unico produttore in Italia dei diffusissimi Pfas tossici cancerogeni e, con la complicità di Sindaco e Regione, compromette direttamente  la salute della popolazione alessandrina, a cominciare dai lavoratori.  
 
C6O4, ADV e PFOA sono impiegati nei cicli aziendali da decenni, e alcuni  attualmente prodotti: l’ARPA di Alessandria da qualche anno, finalmente, ne denuncia e documenta che i reflui dallo stabilimento di Spinetta Marengo fuoriescono ed inquinano sempre più pesantemente le falde acquifere, il fiume Bormida  e l’atmosfera dei Comuni della provincia, provocando morti e malattie.  
 
Nei primi mesi del 2024, l’azienda non è più riuscita a nascondere che l’impianto di produzione del cC6O4, il più moderno inaugurato in pompa magna da pochi anni, stava accusando gravi problemi di funzionamento. Al punto  da costringere la Solvay stessa ad autodenunciarsi alla Provincia ed a fermare l’impianto. I problemi funzionali causano enormi perdite in falda acquifera: l’ARPA addirittura ha misurato (11 aprile ) nel pozzo G adiacente all’impianto di produzione una concentrazione di cC6O4 di 191.262μg/l contro gli 0,5 μg/l ammessi!
 
La Provincia di Alessandria è stata, obtorto collo, costretta a ingiungere a Solvay, tramite diffida, che l’impianto debba fermarsi e possa essere riavviato solo dopo interventi tecnologici risolutori e approvazione certificata di ARPA. La vicenda è seguita con incontri tecnici fra Provincia, Comune, Arpa, Asl. Ebbene, a luglio 2024, Claudio Lombardi, già assessore comunale Ambiente, denuncia che “Solvay pretende di aver risolto il problema ma la Provincia non ritiene di avere ottenuto da ARPA riscontri validi e correttamente, (aggiungerei coraggiosamente rispetto ai comportamenti del passato) insiste per ottenerli. Non solo, sono  venuto a conoscenza anche di un altro grave fatto. Solvay ha dichiarato con documenti inviati agli enti pubblici e con comunicato stampa che gli sversamenti in falda sarebbero contenuti all’interno dell’area dello stabilimento da una ‘super efficiente barriera idraulica’.”
 
Niente di più falso. L’ARPA ha contestato nell’ultimo incontro tecnico un forte aumento delle quantità di C6O4 nella falda acquifera esterna allo stabilimento. La barriera idraulica, dunque, non funziona minimamente e, oltre a non trattenere C6O4, lascia fuoriuscire all’esterno le altre sostanze tossiche e cancerogene interne alla fabbrica. Questo gravissimo fatto, conclude Lombardi, mette in risalto due nodi relativi all’esistenza stessa del sito produttivo Solvay di Spinetta Marengo. Innanzitutto, “la produzione del cC6O4 non può essere ripresa se non solo dopo interventi tecnologici risolutivi comprovati e certificati per adeguato lasso temporale (non certo di giorni ma di mesi)”.
 
Soprattutto, “la barriera idraulica si dimostra impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti interni allo stabilimento, come d’altra parte recitò la sentenza della Corte di Cassazione nella sentenza di condanna dei dirigenti Solvay nel dicembre 2019”. Sentenza che, viene ribadito, riguardava  ben oltre i Pfas: cioè la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale  bis  andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. Dove: anche in sede civile  con azioni inibitorie che risarciscono  le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.