Farmoplant non è amarcord ma tragica attualità.

Sembra ieri quando si partiva dalle altre fabbriche del Gruppo Montedison (Spinetta Marengo, Castellanza…) per andare a sostegno del presidio dell’“Assemblea permanente “ e del “Comitato dei Cittadini davanti alla Farmoplant” di Massa Carrara, quando si organizzava il referendum per la chiusura del mostro apuano (votavano  perfino gli anarchici). E invece sono passati 36 anni: l’esplosione, l’incendio, la nube nera che si alza in cielo carica di contaminanti, la paura e la fuga di  130.000 persone; 17 luglio del 1988.  
 
E i veleni sono ancora lì, alcuni nella terra, moltissimi nelle acque sotterranee come dimostrano le analisi effettuate per conto di Sogesid, società in house del Ministero dell’ambiente. Anzi, sono passati così tanti anni che hanno avuto persino il tempo di trasformarsi in altri veleni, degradate nel tempo come sostanze, hanno altri nomi ma gli effetti identici.
 
Dopo 36 anni, da Roma arriva un’altra proroga all’inizio dei lavori per la bonifica della falda sotto all’area Sin di Massa e Carrara (Sito d’interesse nazionale, ai fini della bonifica di Farmoplant, Rumianca, Italiana Coke e Ferroleghe) . L’ultimo progetto è stato presentato a giugno nel 2022 e proprio per i ritardi ha perso i finanziamenti del Fondo di sviluppo e coesione: erano stati stanziati 21 milioni di euro.