Apogeo e declino del movimento no-global.

Oggi 20 luglio 2024 si sta svolgendo a Genova in piazza Alimonda, come ogni anno, la manifestazione in ricordo di Carlo Giuliani, a distanza di 23 anni dai fatti del G8 e dalla morte del ragazzo ucciso che divenne simbolo delle violenze di quelle giornate. Poi le molotov sequestrate alla scuola Diaz, che invece furono portate lì dalla stessa Polizia, per legittimare quella che venne chiamata la “mattanza messicana nella scuola”. Poi portarono i manifestanti in caserma: i poliziotti urlavano “ti stupriamo”, strappavano gli orecchini dai lobi delle orecchie delle ragazze, ad alcuni divaricarono così tanto le dita delle mani da spezzare loro i tendini. Silvio Berlusconi, allora capo del Governo, oggi il suo nome accoglie le persone che arrivano all’aeroporto di Malpensa, riassunse quei giorni così: “Un bilancio positivo, abbiamo lavorato bene”.
 
Per noi, il vertice del G8 tenutosi a Genova il 19, 20 e 21 luglio 2001 è stato uno degli eventi politici più importanti del XXI secolo. La contestazione che ebbe luogo nella città italiana sei settimane prima degli attentati dell’11 settembre 2001 a New York segnò sia l’apogeo che l’inizio del declino del movimento no-global che era apparso sulla scena internazionale pochi anni prima. Le manifestazioni organizzate a margine della riunione dei capi di Stato sono state oggetto di una repressione poliziesca senza precedenti in Europa e nel mondo occidentale dagli anni Settanta. L’evento fu segnato dalla morte di Carlo Giuliani, un giovane manifestante colpito da due colpi di pistola sparati da un carabiniere. Se avessimo ascoltato i no global, il mondo sarebbe un posto migliore. E Carlo Giuliani sarebbe vivo. Continua su Fanpage: https://www.fanpage.it/politica/se-avessimo-ascoltato-i-no-global-il-mondo-sarebbe-un-posto-migliore-e-carlo-giuliani-sarebbe-vivo/

La Corte dell’Aja: “Israele occupa illegalmente Gaza e Cisgiordania”.

Mappa della Grande Israele descritta nella Genesi 15:18-21
Il verdetto della Corte di giustizia dell’Onu ordina che Israele deve smantellarle le colonie ebraiche in Cisgiordania in quanto  illegali, e risarcire per l’occupazione. Per la Corte, infatti, “l’occupazione è de facto un’annessione attuata attraverso una sistematica discriminazione, segregazione e apartheid a danno dei palestinesi”.
 
Il verdetto non fa neppure notizia, non tanto perchè la sentenza è “consultiva e non vincolante”, ma perchè Israele non ha mai obbedito ad una risoluzione dell’Onu e neppure riconosce la Corte di giustizia internazionale. Anzi, ha reagito  rivendicando che la Cisgiordania altro non è che “la terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria” e proponendosi perciò una annessione di diritto oltre all’attuale di fatto. Insomma una parte della “Grande Israele”.  

Una vittima in più: la libertà di stampa.

Anche i giornalisti italiani hanno ricevuto l’ordine di non parlare più di Gaza,  proprio nel momento in cui la rivista medica britannica “The Lancet” ha fatto una “stima conservativa” di 186.000 morti a Gaza, l’8 per cento della sua popolazione prebellica, e mentre Israele continua a bombardare le scuole dell’ONU che accolgono i rifugiati, 70 per cento delle quali sono state distrutte, sei solo negli ultimi dieci giorni, uccidendo centinaia di bambini. L’ordine proviene dalla democrazia americana che ha provveduto a silenziare tutte le voci dissenzienti. Già diversi mesi fa la CNN aveva provveduto a licenziare tutti i suoi conduttori arabi. Il New York Times, come tutte le grandi testate, ha ridotto il massacro in corso a una nota a piè di pagina. Lo scorso mese il Congresso americano ha persino approvato una norma che vieta al Dipartimento di stato di citare le statistiche sui decessi fornite dal Ministero della Salute di Gaza. Rashida Tlaib, unica rappresentante palestinese al Congresso, ha così commentato: “Stiamo osservando il governo di apartheid israeliano compiere un genocidio a Gaza in tempo reale e questa norma è un tentativo di nasconderlo”.

Muhammed vittima della guerra, come tante altre, troppe, persone con disabilità.

“Fatto sbranare dai cani e lasciato morire da solo” a Gaza. Clicca qui.
Lo hanno fatto attaccare e sbranare da un cane, poi, agonizzante, lo hanno abbandonato in una stanza. La sua famiglia è stata cacciata con la promessa che lo avrebbero curato, ma quando i suoi cari sono tornati hanno trovato il corpo in stato di decomposizione. Lo hanno lasciato morire i  soldati di Tel Aviv , da solo, su un letto insanguinato, in preda a dolori atroci dopo essere stato attaccato da un cane dell’esercito. La mamma: “Era come gestire un bambino di un anno, era al livello di un neonato, lo nutrivo e gli cambiavo il pannolino. Prima di allora, eravamo stati sfollati almeno altre cinque volte. I militari israeliani, hanno sfondato la porta e gli hanno fatto scagliare contro uno dei loro cani addestrati per l’attacco. Non riesco a smettere di pensare alle sue urla e all’immagine di lui che cerca di liberarsi. Il cane gli ha morso il petto, poi ha continuato a morderlo e a sbranarlo sul braccio. Muhammed urlava e cercava di liberarsi mentre il sangue scorreva a fiotti”. La madre, insieme agli altri è stata costretta a lasciare la sua casa: quella porta chiusa e le urla di dolore che ne uscivano è l’ultima immagine che Nabila Ahmed Bhar ha di suo figlio Muhammed.