Migranti presi e scaricati nel deserto: l’ultima accusa che travolge la Ue.

Secondo un’inchiesta giornalistica internazionale,  Bruxelles fornirebbe mezzi e risorse alle autorità nordafricane che agirebbero con pratiche disumane per contenere le migrazioni
 
Prelevati per strada in pieno giorno, scaraventati in un furgone e poi a bordo di autobus nella notte portati in mezzo al deserto e lì abbandonati. Con i soldi e i mezzi forniti dall’Ue e dai suoi Stati membri (Italia inclusa), consapevole di queste pratiche barbare da parte delle autorità di Tunisia, Marocco e Mauritania. È un’accusa durissima quella lanciata da un’inchiesta condotta da un consorzio cui hanno partecipato il sito di indagini giornalistiche IrpiMedia con Lighthouse Report insieme a grandi testate internazionali (tra cui il Washington Post, Der Spiegel, Le Monde, El Pais, il canale pubblico tv tedesco Ard). Il titolo la dice tutta: «Desert Dumps», «scaricamenti nel deserto». Un’indagine condotta anche sul campo e intervistando una cinquantina di sopravvissuti. Una cosa li accomuna: sono tutti neri…(continua)

Liliana Segre senza parole o senza ragioni?

“Sono senza parole di fronte a gioventù ignorante della storia che va in università a gridare l’accusa di genocidio nei confronti  di Israele, è una bestemmia” : sostiene   la senatrice a vita Liliana Segre.

Invece per gli studenti, e non solo, con  genocidio, secondo la definizione adottata dall’ONU, si intendono «gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». A parte 75 anni di atti di sterminio  in Palestina, replicano gli studenti, non bastano gli attuali numeri di morti (in maggioranza bambini) e di distruzioni nella strisciolina di Gaza? Quale è il numero minimo per Segre?

PFAS e consapevolezza. Dall’informazione alla formazione.

Clicca qui l’intervista a Donata Albiero, coordinatrice del Gruppo educativo zero pfas del Veneto.
 
Sarebbe risolutivo, per questa tragedia sanitaria e ambientale, se tante scuole italiane imitassero un analogo programma educativo per coinvolgere attivamente gli studenti nella comprensione delle implicazioni dei PFAS e nel promuovere azioni concrete. 

Le bandiere palestinesi alla Festa di Liberazione.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Oggetto: Re: Ragazzi, pronti ad andare a combattere in Ucraina?

Ho letto con interesse quanto scritto, ma non mi è chiaro quale posto
hanno le bandiere palestinesi nel celebrare il 25 aprile dato che non
hanno nulla a che vedere con la liberazione dal nazifascismo e che,
strano non venga mai ricordato, gli arabi della Palestina mandataria
erano alleati di Hitler.
Mi chiedo se la strumentalizzazione politica annotata nell’ultima parte
dell’articolo debba essere vista proprio nella presenza palestinese che
con questa storia  non ha niente a che fare. Certo sarebbe interessante
coinvolgere popoli che stanno cercando l’indipendenza come i curdi, gli
armeni i saharawi, per farne solo alcuni esempi.
Disponibile al dialogo e al confronto, ringrazio per avermi permesso
questa riflessione.
Cordiali saluti.

Silvia Guetta PhD

Associate Professor in General and Social Pedagogy

– _Member of Italian Delegation IHRA_ (International Holocaust
Remembrance Alliance)

– _Director of Post-__Academic Course of Holocaust Education_ UNIFI

_- Associate Member of _ _UNESCO Transdisciplinary Chair in Human
Development and Culture of Peace- UNIFI_

– _Member of  Kindness Network – Municipality of Florence_

Department of Education, Languages, Intercultures, Literatures and
Psychology
University of Florence
via Laura, 48 – 50121 Florence (Italy)

L’Italia difende Israele.

Benchè la Procura  della Corte Penale Internazionale abbia chiesto il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant contestando sia crimini di guerra, sia crimini contro l’umanità. L’atto di accusa evidenzia che le prove raccolte “dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le zone di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza umana. 
 
Ciò è avvenuto attraverso l’imposizione di un assedio totale su Gaza che ha comportato la chiusura completa dei tre valichi di frontiera, Rafah, Kerem Shalom ed Erez, a partire dall’8 ottobre 2023 per periodi prolungati e poi limitando arbitrariamente il trasferimento di rifornimenti essenziali – compresi cibo e medicine – attraverso i valichi di frontiera dopo la loro riapertura. L’assedio ha incluso anche l’interruzione delle condutture idriche transfrontaliere da Israele a Gaza – la principale fonte di acqua potabile per i gazawi – per un periodo prolungato a partire dal 9 ottobre 2023, e l’interruzione e l’impedimento delle forniture di elettricità almeno dall’8 ottobre 2023 fino a oggi.
 
 Ciò è avvenuto insieme ad altri attacchi contro i civili, compresi quelli che facevano la fila per il cibo; all’ostruzione della consegna degli aiuti da parte delle agenzie umanitarie; agli attacchi e alle uccisioni di operatori umanitari, che hanno costretto molte agenzie a cessare o limitare le loro operazioni a Gaza. (…)
 
Questi atti sono stati commessi come parte di un piano comune per usare la fame come metodo di guerra e altri atti di violenza contro la popolazione civile di Gaza come mezzo per (…) punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, percepita come una minaccia per Israele. Gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza, sono acuti, visibili e ampiamente noti (…) Tra questi, la malnutrizione, la disidratazione, le profonde sofferenze e il crescente numero di morti tra la popolazione palestinese, tra cui neonati, altri bambini e donne”. 
 
Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione, ma, quali che siano gli obiettivi militari, conclude il Procuratore “i mezzi scelti da Israele – ovvero causare intenzionalmente morte, fame, grandi sofferenze e gravi lesioni al corpo o alla salute della popolazione civile – sono criminali.”