Il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima class action in Italia.

Stanno per iniziare  il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in  Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che  è contenuta nel secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444, clicca qui): in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del  2018 e in  Corte di Cassazione del  2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.

Per completare l’informazione, nella prima parte di questa trattazione, dal titolo La strage silenziosa dell’amianto e dei Pfas (clicca), abbiamo esaminato la catastrofe ecosanitaria dal punto di  vista sanitario, la linea difensiva della Solvay sullo sfondo della complicità con le istituzioni comunale e regionale che non fermano le produzioni né sottopongono a biomonitoraggio le popolazioni con i più alti tassi di morbilità e mortalità, mentre riecheggia l’eco del monito del Procuratore generale della Cassazione: «Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”.

In questa seconda parte, affronteremo gli aspetti ambientali che stanno a monte di quelli sanitari.

La difesa della presidente Solvay in tribunale. (clicca qui)

Aggiornamento della votazione del Premio Attila 2023.

Ad un mese dalla scadenza. In ordine alfabetico:

Famiglia Benetton, Silvio Berlusconi, Roberto Cingolani, Marcello De Angelis, Nunzia Di Girolamo, Piero Fassino, Francesco Figliuolo,  Andrea Giambruno, Eugenio Giani, Matteo Lepore, Francesco Lollobrigida, Gina Lollobrigida,  Sergio Mattarella, Famiglia Meloni,  Gianni Mion,  Giorgio Napolitano, Benjamin Netanyahu, Matteo Piantedosi, Elly Schlein, Roberto Vannacci.

Le votazioni  si concluderanno il 14 febbraio. Basta inviare il voto all’indirizzo rete.ambientalista@gmail.com oppure whatsapp 3470182679, eventualmente accompagnato dalle motivazioni. 

La “Rassegna dei Premi Attila dal 2004” (pagine 115) è esaurita in stampa. Tutti i nostri libri sono stampati totalmente a spese degli autori. Il ricavato è interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma di Casale Monferrato. Per ricevere la versione digitale della Rassegna, occorre comunicare a movimentolotta.maccacaro@gmail.com l’indirizzo mail e l’avvenuto versamento (minimo euro 20) sul conto IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 (specificando causale) oppure tramite PayPal lubaja2003@yahoo.it.

Plastica. Riciclo? Sì, ma molto meglio non produrla.

Le società petrolifere hanno ingannato, prima colpevolizzando i consumatori, poi promettendo che se l’usato fosse stato raccolto in appositi contenitori avrebbero risolto il problema col riciclo. In effetti gli imballaggi riciclati vengono usati come combustibile secondario nei cementifici, in alternativa al combustibile fossile, però la combustione ha un forte impatto ambientale. Vaschette e pellicole non possono sempre essere riutilizzate; e quando il riciclo funziona, la plastica prodotta ha perso 10 per cento delle sue caratteristiche, come l’elasticità, e se si ripete la perdita si rinnova (fenomeno del downcycling) e dopo un po’ non è più utilizzabile, restando plastica, e finisce il ciclo del riciclo. Non c’è più guadagno. I costi della raccolta, smistamento e riciclo sono ingenti. Meglio produrla col petrolio: i prodotti petrolchimici – plastica, fertilizzanti, imballaggi, abbigliamento, dispositivi digitali, pneumatici, apparecchiature mediche – sono i principali motori della domanda di petrolio. 

Poi ci sono, ma più costose, le bioplastiche degradabili che si ottengono da fonti rinnovabili, mais, tapioca, patate, canna da zucchero, oli vegetali, alghe eccetera. Dovrebbero essere anche “compostabili”, che vuol dire che si trasformano in compost, concime, e allora non devono assolutamente essere messi nella plasticama nella raccolta dell’umido.  

Insomma,  se non vogliamo  che nel 2050 ci sia in atmosfera più diossina da  incenerimento che ossigeno, e negli oceani più plastica che pesci e biomassa marina, bisogna ridurre l’uso della plastica. In particolare dove già ci sono valide alternative:  imballaggi inutili, come le monoporzioni di frutta e verdura, o succhi da bere, bicchierini, vaschette di affettati, surgelati, eccetera eccetera.

Non dobbiamo chiamarlo genocidio?

“Genocidio” è la parola giusta per definire gli oltre già 25mila morti di Gaza? C’è chi difende Israele: “E solo una carneficina come le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, o la totale distruzione di tante  città tedesche durante la Seconda guerra mondiale. Semmai chiamiamoli crimini di guerra ma non genocidi”.

Ebbene, secondo la definizione ufficiale delle Nazioni Unite: «Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: (a) uccisione di membri del gruppo; (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro».

Ebbene, in 75 anni Israele nei confronti dei palestinesi rientra di diritto in tutti questi atti. Invece per Israele la definizione “genocidio” può essere riferita in esclusiva  solo a “olocausto”: 6 milioni di ebrei pari ai due terzi degli ebrei d’Europa, ma non ai palestinesi finchè non raggiungono i 4 milioni di uccisi, feriti, miseri e affamati, espulsi, deportati, incarcerati. Eppure questa cifra è già stata raggiunta.  

Ilva, fandonie sui conti e l’ambiente. E sulla nuova privatizzazione.

<<“Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto”, in merito all’occupazione e al rilancio industriale. “In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti”. Peggio, “è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”. Chissà se la manager Lucia Morselli, posta a capo di Acciaierie d’Italia dalla multinazionale ArcelorMittal, querelerà pure lui, il ministro Adolfo Urso, dopo l’informativa al Senato con cui ha dato il benservito al gestore straniero degli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure. Parole sferzanti, inequivocabili, tali da confutare il mucchio di fandonie sui conti riportati in pareggio, sugli impianti rinnovati, sui dipendenti in sicurezza e la scomparsa delle emissioni nocive che negli anni scorsi venivano raccontate da questo giornale e pochi altri. Ora che il governo fa sue queste verità, compresa l’accusa a Mittal di aver mantenuto il controllo sulla più grande fabbrica italiana solo per sbarrare la strada ai concorrenti, resta da chiedersi: perché ci avete messo tanto? Non sono troppi 15 mesi per denunciare la disastrosa situazione ereditata – è vero – dai governi precedenti?>>. Continua a leggere il commento di Gad Lerner. Ora si passa ad una specie di ri-nazionalizzazione, ovvero ri-privatizzazione coi soldi dello Stato.

Ristampa straordinaria del secondo volume.

Premesso che i nostri libri sono stampati a spese degli autori e il ricavato interamente devoluto alla ricerca per la cura del mesotelioma, e che il volume secondo di ”Ambiente Delitto Perfetto” è esaurito in stampa, abbiamo proposto di stamparlo in numero limitato (e dunque costoso) di copie. Informiamo quanti ci hanno chiesto il prezzo , che la miglior tipografia chiede 20 euro per stampa in nero e 50 a colori. Chi intende usufruirne è invitato a segnalare la propria disponibilità a lino.balza.2019@gmail.com.

Stanno per iniziare  il secondo e forse ultimo processo alla Solvay di Spinetta Marengo e la prima Class action in Italia. A qualunque storico o giornalista, e non solo, che volesse seguire il prossimo procedimento in Corte di Assise di Alessandria sarebbe estremamente utile la conoscenza della genesi storica, che  è contenuta in questo secondo volume di “Ambiente Delitto Perfetto” (pagine 444), in particolare la documentazione riferita al processo in Corte di Assise di Alessandria del 2012, in Corte di Assise d’Appello di Torino del 2018 e in Corte di Cassazione del 2019. Nonché i 20 Esposti alla Procura della Repubblica dal 2008 al 2023 mai respinti con archiviazione: 9 depositati e presso il procuratore capo Michele Di Lecce, e culminati con l’azione penale del 2012 condividendo il reato di dolo per tutta la catena di comando, 11 presso il P.R. Enrico Ceri e sfociati (insieme all’esposto di Legambiente e a quello del WWF) nel prossimo processo ma purtroppo ristretti al reato di colpa e per due imputati minori.

Parlamento e Comuni tradiscono il referendum per l’acqua pubblica.

Alla fine del 2023 sono scaduti molti affidamenti diretti della gestione (in house providing) del Servizio Idrico Integrato: la privatizzazione incombe. Tranne poche eccezioni, come ad esempio l’eccellenza di Acqua Bene Comune Napoli, nel resto del Paese manca ancora quel gestore pubblico che consenta il rinnovo diretto – fuori dalla concorrenza di mercato – dell’affidamento della gestione dell’acqua. E’ la logica conseguenza del tradimento della volontà popolare chiaramente espressa nel Referendum del 2011: fuori l’acqua dal mercato e dal profitto! Grandi responsabilità pesano sul Parlamento complice l’inerzia di molti sindaci e consigli comunali che per legge hanno il dovere di governare il Servizio Idrico Integrato. Clicca qui l’appello per la gestione dell’acqua bene comune.