Sì, possono essere messi al bando. Come già avvenne per l’amianto. Sì, è possibile realizzare prodotti funzionali per esterni con idrorepellenza e sporco senza PFAS. Alcune aziende l’hanno già fatto. Esempio, Ecoshield è un rivestimento antiaderente per padelle senza Teflon. Esempio, VAUDE (attrezzatura e abbigliamento outdoor) ha eliminato l’uso di PFAS in tutti i suoi prodotti a partire dal 2021, dopo aver firmato nel 2016 il Greenpeace Detox Commitment. Esempio, Novamont pubblicizza: i nostri prodotti (compostabili) in Mater-Bi sono Pfas-free. Esempio, entro il 2023, il 92% del volume dei materiali della famosa Patagonia con sostanze chimiche idrorepellenti sarà prodotto senza Pfas. Esempio, Lobocosmetica. Esempio, BIOPAP. Esempio, BioPac. Eccetera.
Ma non può bastare che ci mettiamo tutti alla ricerca delle etichette Pfas Free. O che riduciamo il consumo di alimenti contenuti in imballaggi di plastica, carta, cartone e fibre vegetali. O che evitiamo di riscaldare nel forno a microonde una serie di alimenti, come i popcorn. O che controlliamo la provenienza del pesce, specie se di acqua dolce. O che riduciamo al minimo indispensabile l’uso di contenitori di plastica per conservare il cibo in frigorifero, sostituendoli con il vetro con chiusure ermetiche. O che scegliamo solo alimenti freschi. O che la Regione prometta depuratori “Pfas free” nella zona rossa di Vicenza. O che dal 2023 siano in vigore i limiti CEE alla presenza dei pericolosi contaminanti PFAS su carne, pesce, uova e altri alimenti di origine animale. O che aspettiamo che l’Istituto Mario Negri concluda una piattaforma di sostituzione dei Pfas.
E’, invece, subito necessario il bando di produzione e consumo Pfas: come prevede il Disegno di Legge “Crucioli”. E’, invece, necessaria la fermata delle produzioni della Solvay di Spinetta Marengo. Ma, nel braccio di ferro tra chi, come noi, lotta per il bando e le lobby industriali, come Solvay, vinceremo noi ma quando? quante le Vittime?