Fu ammazzato con sassi e bastoni. Il cardinale Zuppi ricorda: “Fu ucciso dalla violenza fascista e dalle complicità pavide di chi non la contrasta”. Se nel 1923 papa Pio XI, o il vescovo di Ravenna, avessero pronunciato parole come quelle del cardinale Zuppi, l’assassinio di don Minzoni avrebbe suscitato in Italia un moto di sdegno e di resistenza. Si sarebbe verificata una crisi politica ancora più grave di quella che minacciò il governo Mussolini dopo l’assassinio di Matteotti, il 10 giugno 1924.
La chiesa tacque perché don Minzoni affermava: “Tutte le sere che ritorno a casa passo davanti alla Camera del lavoro e mi stringe il cuore vedendo quelle stanze tutte illuminate, ricoperte di grandi manifesti o ordini del giorno e aggirarvisi febbrilmente uomini che passano e ripassano come tante ombre. Là, sullo sfondo, si vedono operai che attendono, qua sulla porta giovani che parlano, che discutono […] Non so, ogni volta che ripasso m’assale un sentimento d’invidia: quanto bramerei di affratellarmi a questa religione nascente; sentire più da vicino pulsare il cuore di questo organismo nuovo che è destinato – qualunque sia il suo atteggiamento odierno – a diventare una religione, e Dio voglia la religione dell’avvenire. Infatti, che manca al socialismo perché possa diventare la religione di Cristo? Che cosa impedisce che Cristo sia proclamato il Dio del socialismo? Un’unica cosa: che l’uomo senta il bisogno di migliorare. Formate l’uomo cosciente, creategli la necessità, il dovere di migliorare e avrete logicamente un socialismo cristiano, una società nuova, Cristo re delle coscienze. Signore, io vado ripetendo, convertire un Marx in Paolo e la questione sarà risolta”. Clicca qui.