Tre anni dopo l’apparizione del Covid (e relativi oltre 4,3 miliardi per vaccini Big Pharma) restano ancora 178mila interventi chirurgici da recuperare, oltre a quasi un milione di screening oncologici e a 5 milioni di visite mediche da calendarizzare. All’emergenza si arrivò impreparati. Quando si sottrae denaro al Servizio Sanitario pubblico e lo si sperpera regalandolo ai privati, non restano i soldi per pagare personale, esami e interventi, oltre naturalmente le cure.
E’ il dramma che sta rivivendo la sanità pubblica: mancano 29mila figure professionali, di cui 4.311 medici, non c’è una Regione che si salvi. Nei Pronto soccorso della Sicilia mancano 372 medici (il 60% di quelli previsti dalle piante organiche), nel Lazio 375, circa il 40%, così come in Emilia-Romagna. In Piemonte ce ne dovrebbero essere 297 in più, in Calabria 90, in Friuli-Venezia Giulia 62, in Campania 420, in Puglia 200, in Veneto 232. Poi c’è la questione dell’ondata di privatizzazioni del servizio, con l’appalto a cooperative esterne. Ondata che è arrivata in Piemonte – dove le cooperative sono presenti in 17 ospedali –, nel Lazio, in Friuli-Venezia Giulia. E poi ancora Liguria, Emilia-Romagna, Veneto, Marche, Lombardia, Regione quest’ultima dove mancano tra i 450 e i 550 medici.
La sanità è solo formalmente gratuita per tutti, invece sempre più i cittadini, quelli che possono permetterselo, ricorrono alla sanità privata causa le interminabili liste di attesa: in media 1.700 euro a famiglia/anno. Il 5,2% dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 nuclei (l’1,5%) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3%) sostengono spese sanitarie cosiddette “catastrofiche”. Il finanziamento per il Servizio Sanitario Nazionale previsto dalla nuova Legge di Bilancio nel 2023 non tiene nemmeno il passo dell’inflazione.