La prima criticità è quella economica. Kyev è entrata in guerra che era già praticamente in default, ma adesso la situazione è drammatica, perché ovviamente gran parte delle attività produttive si sono fermate, le regioni più ricche sono sotto controllo russo, una parte significativa della popolazione attiva o è sotto le armi o è fuggita all’estero; anche se i paesi della NATO stanziano continuamente aiuti, la gran parte è costituita da armamenti, ed i trasferimenti di denaro spesso arrivano assai dopo lo stanziamento. Di conseguenza, Kyev è costretta a stampare denaro per sopperire alle necessità immediate, ma questo ovviamente alimenta l’inflazione, e crea un avvitamento dell’economia.
La seconda è quella energetica. Con la sistematica distruzione delle infrastrutture elettriche, l’intero sistema sociale (produttivo, amministrativo, logistico, di comunicazione) è prossimo al collasso. In queste condizioni, anche solo superare l’inverno – al netto degli ulteriori danni di guerra – sarà assai complicato, ed i segnali di insofferenza si moltiplicano all’interno della società ucraina: non più solo tra le truppe al fronte, o la popolazione civile, ma anche tra alcuni esponenti politici (e, cosa più rilevante, alcuni oligarchi).