La propaganda di Bruxelles dichiara che a Spinetta Marengo la Solvay è in grado di raggiungere il cosiddetto “zero tecnico” nell’abbattimento dei fluorotensioattivi PFAS. Affermazione quanto mai falsa perché l’inquinamento più pericoloso dei Pfas proviene dalle emissioni dei camini in un cocktail di tossicocancerogeni che dall’atmosfera ricade sui polmoni, e con la pioggia sui campi e nei corsi d’acqua. Ma anche limitandoci alle emissioni di C6O4 e ADV dagli scarichi idrici, lo “zero tecnico” è una chimera.
Lo ha annunciato in Italia la presidente Ilham Kadri in persona, dopo che la multinazionale belga è stata costretta negli Stati Uniti ad abbandonare i Pfas. Negli scarichi di acqua applicherebbe tecnologie di osmosi inversa RO (metodo di filtrazione meccanica in uso dagli anni ’50 del secolo scorso) e tecnologie al carbone attivo granulare (GAC), allo scambio ionico (IO): diventerebbe “acqua distillata” e addirittura riutilizzata e non scaricata in Bormida, insomma “ciclo chiuso”. Premio nobel per la chimica alle giovanissime ricercatrici (Cristiana Zanirato, Serena Grispo, Luisa Baila)? insegniamo agli americani? Tutto risolto? Niente affatto. Innanzitutto, non c’è la ben che minima garanzia teorica che rimuovano il 100% dei PFAS contaminanti. Inoltre, prevedono costi insopportabili data l’ampiezza del territorio inquinato e inquinante, si pensi solo alla vastità di frequenti cambi di membrane filtranti e carboni esausti. A tacere dello smaltimento a loro volta dei solidi e dei liquidi di questi trattamenti, cioè incenerimento. I Pfas fanno parte del cocktail di tossici cancerogeni presenti a Spinetta in atmosfera e nelle falde, filtri e carboni inceneriti manderebbero altri Pfas in atmosfera e falde. Inoltre -attenzione- i Pfas sono utilizzati per produrre tantissimi materiali (padelle, imballaggi, vestiti): come verrebbero bonificati?
“Osmosi” è la parola magica usata dall’antichità per affermare che ovunque ci sia una barriera è possibile, una spinta, una osmosi, uno scambio, perché nessuna barriera è totalmente invalicabile: fra città e campagna, fra diverse nazioni e civiltà, fra l’interno e l’esterno della cellula. In chimica si parla di “Osmosi inversa”, metodo di separazione di un soluto e un solvente basato sull’applicazione a una membrana semipermeabile di una pressione esterna tale da invertire il flusso osmotico, per cui il solvente fluisce dalla soluzione più concentrata verso quella meno concentrata. Per quanto riguarda i Pfas, l’osmosi inversa è sperimentata su mezzi domestici che si basano su un prefiltro meccanico che si trova all’interno del rubinetto. Oltre a questo, ci sono altri due filtri con i carboni attivi che hanno il compito di eliminare batteri, virus e cloro. L’acqua viene spinta poi verso una membrana che agisce da filtro e che elimina: batteri, piombo, arsenico e metalli pesanti. Infine, si passa per un ultimo filtro ai carboni attivi che va a bloccare i Pfas. Una parte dell’acqua che entra nel rubinetto viene utilizzata per pulire la membrana e viene scartata, quindi non passa dal rubinetto della cucina. Così, attraverso una tanica, l’acqua pulita arriva in casa in presunta sicurezza. Questa soluzione, dei depuratori domestici ad osmosi inversa da adottare in tutte le case alessandrine, è perfino meno fantasiosa dell’ircocervo prospettato da Solvay! Che userebbe 250 membrane solo per trattare 40 metri cubi all’ora di acque reflue. Nonché oltre 500 tonnellate di carboni per trattare in 40 colonne di filtrazione solo 3.700 metri cubi all’ora di acque. A prescindere sempre da ciò che è già in falde e fiumi. A tacere sempre dei reflui in atmosfera.
Insomma, inutile girarsi intorno. Stanti ad Alessandria i disastri ambientale (in acqua e atmosfera) e sanitario (nel sangue), non c’è altra alternativa etica che chiudere le produzioni. Come imporrebbe il Disegno di legge del senatore Crucioli, o anche subito tramite il provvedimento della magistratura. Ma Solvay scrolla le spalle, e addita la luna all’opinione pubblica: non in forza di una legge bensì “Volontariamente, Solvay entro il 2026 realizzerà quasi il 100% dei suoi fluoropolimeri senza l’uso di fluorotensioattivi, per eliminare pressoché totalmente le emissioni di fluorotensioattivi”. Quasi e pressoché sono tradotti: “Una piccola linea di prodotti, strategica per i settori industriali dei semiconduttori e dell’energia che rappresenta meno dell’1% del volume produttivo, richiederà ulteriori attività di ricerca per eliminare completamente l’uso dei fluorotensioattivi. Per questa linea verrà utilizzato un processo di produzione a ciclo chiuso, strettamente controllato, a zero reflui”. Cioè la fantomatica “Osmosi inversa” ecc.
A proposito, perché spendere 40 milioni di euro per questi impianti mirabolanti se dici che i Pfas saranno fermati entro il 2026? Risposta: serviranno per gli altri inquinanti. Quali altri stai scaricando in acque? e in aria?
Dunque, NON c’è impegno a fermare gli impianti entro il 2026. Infine, dei “sostituti dei Pfas”, presunti (quasi e pressoché?) a impatto zero, non si fa menzione, altri segreti industriali, non autorizzati da nessuno, tutti da verificare se si sta cadendo dalla padella alla brace. Verifica rinviata a dopo il promesso senza impegno 2026, nel mentre gli impianti con Pfas starebbero marciando e inquinando a pieno volume. Però, promette Solvay, io vi farò la bonifica del disastro regresso, sennò ve lo lascio e scappo in Belgio. Invece, cara Ilham Kadri, comincia a smettere di inquinare a Spinetta e adattati ad usare i soldi per la bonifica prelevandoli dagli altri profitti che stai i facendo in Italia con gli altri siti industriali e con la vendita dei prodotti (sei la multinazionale e non l’Ecolibarna!).
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.