Il governo – nel suo tentativo di evitare l’implosione dell’ILVA – gioca la carta della disperazione: sposta al 2025 il termine della messa a norma degli impianti. La Corte Costituzionale aveva di fatto “chiuso un occhio” sul primo decreto salva-ILVA contando sul fatto che i lavori di messa a norma sarebbero stati rapidissimi. Quello che sta avvenendo è invece l’esatto contrario: ben dieci anni di ritardo vengono previsti! Quante vittime lascerà sul campo un ritardo di questa portata? L’accordo prevede tale proroga nonostante la VIIAS (Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario) certifichi la pericolosità degli impianti in funzione che causano un rischio sanitario “non accettabile” agli attuali livelli produttivi di 4,7 milioni di tonnellate/anno di acciaio. Come farà il governo a garantire un rischio sanitario accettabile prospettando un aumento della produzione da 4,7 a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio? Come farà il governo a dimostrare che da qui in poi non vi saranno vittime in questo prolungarsi del percorso di messa a norma degli impianti? E solo chi si fa illusioni può pensare che l’accordo apra le strade ad un roseo futuro per i lavoratori di Taranto. La prospettiva è che ArcelorMittal vada via da Taranto pagando una penale da 500 milioni ma avendo acquisito il clienti dell’ILVA. E lasci al governo il compito di trovare un improbabile sostituto. Clicca qui PeaceLink: Non vi fate abbindolare. Il vero scopo del nuovo piano è quello di dare altri due anni di tempo per la messa a norma degli impianti. Intanto la gente muore