Nicoletta Dosio è in carcere per una condanna a un anno, per violenza privata e interruzione di pubblico servizio in concorso con altri perché aveva retto uno striscione, al bordo dell’autostrada, nel corso di una manifestazione No Tav. Nicoletta ha ritenuto di non doversi trasformare in carceriere di sé stessa, di non avere nulla di cui pentirsi e, per questo, di non doversi riabilitare. Dunque non ha chiesto misure alternative alla galera per trasformare il suo “corpo detenuto”, in un’“un’arma non violenta” che denuncia a sua volta l’abuso di repressione della Procura di Torino – decine di processi, centinaia di indagati e condannati, misure di prevenzione, fogli di via – contro il più duraturo conflitto ambientale e sociale di questo paese. Analogamente avverrebbe in molte parti giudiziarie dell’Italia. E’ stata lanciata una petizione di richiesta di “grazia” ma Nicoletta ha espresso il suo «No a richieste di grazia o a provvedimenti di clemenza che riguardino soltanto la mia persona», invitando a invece a parlare di “amnistia sociale”. Su questo tema clicca qui un intervento di Italo Di Sabato.