Chi ha letto la locandina e i titoli de La Stampa, Solvay: “Bloccato l’inquinamento della falda idrica”, e non è uno sprovveduto, ha capito subito di trovarsi di fronte ad una bufala. In poche ultime righe dell’articolo si smentisce tutto: “L’Arpa continua a controllare il livello del cromo e degli altri inquinanti nella falda: la concentrazione è diminuita ma resta comunque preoccupante, ci vorranno decenni per attenuare l’impatto sull’ambiente”. In realtà non basteranno centinaia di anni se –con un piano di bonifica vero- non verranno rimossi tra i 500.000 e il milione di metri cubi di rifiuti tossici e cancerogeni sotterrati sotto lo stabilimento di Spinetta Marengo a percolare nella falda acquifera. A parte la conclusione, il resto dell’articolo registra la propaganda della Solvay nella sua presa in giro alle istituzioni pubbliche, a dimostrazione che il livello di penetrazione informativa della multinazionale belga ha ormai raggiunto elevata efficienza. Paradossalmente però le affermazioni Solvay sono allo stesso tempo una palese ammissione di colpevolezza, anzi dolosità, che non si mancherà di rilevare nel corso del processo contro i 38 dirigenti chimici imputati di avvelenamento doloso e omessa bonifica. Infine va segnalato un ulteriore allarme causato dalla finta bonifica Solvay. L’acqua che l’azienda “succhia” dal sottosuolo, ma solo in parte, e che depura dei veleni, ma solo alcuni e non sempre, e che viene buttata tale e quale in Bormida, ma senza neppure le analisi esaustive dell’Arpa, ebbene tale acqua prelevata può -come in passato- minacciare la stabilità ecologica del terreno e dunque degli impianti di uno stabilimento ad alto rischio di catastrofe industriale.
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