Un Crimine di Guerra

Chi ha detto «sì» è complice delle stragi di civili

Il Senato ha approvato, con l’astensione dell’Italia dei valori e dei radicali Marco Perduca e Donatella Poretti e nessun voto contrario, il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, tra cui quella in Afghanistan, per la quale il ministro della difesa La Russa aveva annunciato l’invio di altri 1.000 soldati italiani. Il decreto sulle missioni ora passa alla Camera, dove dovrà essere convertito in legge entro l’8 marzo.

Gino strada guarda alla guerra in Afghanistan con gli occhi dei civili che ne stanno subendo le conseguenze. Per il fondatore di «Emergency» – la ong italiana in prima linea con il suo ospedale di Lashkargah, a pochi chilometri da Marjah dove infuriano i combattimenti tra truppe Usa e taleban – il rifinanziamento «automatico», senza dibattito, della missione che il Parlamento assicura alla Nato è come un crimine di guerra.
Il governo olandese è caduto sull’Afghanistan, francesi e tedeschi non vogliono essere coinvolti ulteriormente nella guerra. Berlusconi invece risponde signorsì.
I governi italiani, questo come il precedente di centro-sinistra, hanno come denominatore comune il servilismo nei confronti degli Stati Uniti. Ma questo non deve farci dimenticare che partecipare all’occupazione militare dell’ Afghanistan rappresenta un crimine (in quanto si contribuisce alle stragi di civili) e una violazione della nostra Costituzione. Non a caso ho definito «delinquenti politici» tutti i parlamentari che votano a favore del rifinanziamento della missione militare. Se soltanto volessero vedere le vittime dell’offensiva di questi giorni, potrebbero andare sul sito di Peacereporter (it.peacereporter.net): lì troverebbero i volti e le storie dei civili colpiti.
Otto anni dopo l’Invasione angloamericana, con l’operazione «Moshtarak» va in scena l’ennesima offensiva anti-taleban. Perché è così difficile batterli?
Ad occupare il paese ci ha provato l’Armata rossa è ancora prima gli inglesi (tre guerre, tutte e tre perse). Agli afghani non piace essere occupati dagli stranieri. Perciò fino a quando ci sarà occupazione militare, ci sarà guerra.
E il corridoio umanitario che Emergency ha chiesto per favorire la salvezza del civili di Marjah e Nad Ali?
È paradossale che, guidate dal Nobel per la pace Barack Obama, le forze armate statunitensi che stanno conducendo questa offensiva si rivelino criminali di guerra. Infatti – con una palese violazione delle convenzioni internazionali – non permettono ai civili di lasciare le aree sotto bombardamento e impediscono ai feriti, in maggioranza donne e bambini, di essere curati.
Questi comandanti militari dovrebbero essere portati davanti alla Corte penale internazionale.
Il comandante Usa McChrystal aveva promesso di ridurre al minimo le vittime civili. I massacri non sono controproducenti per gli Usa?
I militari hanno sempre detto questo, in tutte le guerre. Dopo la bomba su Hiroshima si disse: come il mondo ha potuto vedere, è stata colpita un’installazione militare.
Perché Il centro-sinistra non si oppone a una guerra di questo tipo, nonostante le notizie delle stragi?
Il servilismo nei confronti di Washington, come dicevamo, è trasversale agli schieramenti. Da questo punto di vista non parlerei nemmeno di centro-sinistra e centro-destra ma piuttosto di una casta politica di impuniti e di impunibili per la quale delinquere contro la legge fondamentale (la Costituzione, ndr) del proprio stato è cosa di tutti i giorni.
E Il fronte pacifista?
La guerra afghana è percepita come lontana e il fronte pacifista, di fatto, non esiste più da qualche anno ormai, da quando quelle forze politiche (il centro-sinistra, ndr) che avevano fatto finta di essere solidali col movimento per la pace, appena arrivate al governo, hanno aumentato il numero di militari in Afghanistan. Proprio come il premio Nobel per la pace Obama ha mandato altri 30.000 militari. Un gioco nel quale sono cadute anche sigle del «pacifismo» che ritengono che la guerra sia brutta quando la fanno gli avversari politici, ma accettabile quando a condurla sono gli amici.
Chi sono I taleban, emblema del terrorismo e della negazione del diritti umani?
Sono una delle componenti della società afghana, certo più rappresentativa dei presidenti imposti (Karzai, nrd).
All’interno del movimento ci sono estremisti con tendenze «psicopatiche», soprattutto per quanto riguarda la questione femminile, e persone ragionevoli.
Anche la questione femminile è utilizzata per vendere la guerra all’opinione pubblica. A qualcuno è mai venuto in mente di bombardare l’Arabia Saudita, dove una donna non può scoprirsi il naso per soffiarselo se ha il raffreddore? Sarebbe davvero divertente chiedere al nostri parlamentari di dire tutto ciò che sanno sui taleban. Risponderebbero due/tre stereotipi, perché non sanno nulla del paese che stanno contribuendo a bombardare.

Michelangelo Cocco

Primo Marzo 2010: Anche in Alessandria i Migranti Rivendicano Diritti

Dall’incrocio e dall’unione di realtà oltremodo simili nelle loro peculiari differenze, nasce anche ad Alessandria l’idea che il prossimo primo marzo debba essere “un giorno senza di noi”.
Nelle numerose e partecipate assemblee pubbliche che si sono tenute negli ultimi due mesi, abbiamo deciso che fosse necessario caricare il primo marzo 2010 di un valore aggiunto e non scontato, affinché potesse trascendere quel significato di semplice sciopero degli stranieri che gli è stato attribuito. Il primo marzo è per noi un momento di passaggio e non la destinazione del nostro percorso: sono mesi ormai che insieme, migranti e antirazzisti, stiamo concretizzando dal basso e in autonomia la nostra idea di società all’interno del Laboratorio Sociale di Via Piave, per poterla poi riflettere in ogni luogo di questa città. Giorno dopo giorno, ci sembra sempre più evidente che il contributo della popolazione migrante alla crescita, non solo economica, del nostro Paese è tanto fondamentale quanto non riconosciuto. È altrettanto palese, infatti, che in questa Italia narcotizzata dal populismo verde padano e istigata all’odio feroce delle diversità, questo dato di fatto sia mantenuto strumentalmente invisibile. Per questo motivo noi, migranti e antirazzisti alessandrini, riteniamo utile attraversare la data del primo marzo trasformandola nel momento in cui simbolicamente dare forma a ciò che forma non ha, in cui rendere evidente ciò che si ha interesse a nascondere. Per 24 ore ci asterremo da ogni attività produttiva e di consumo, oltrepassando quella che è la classica accezione di sciopero, per dimostrare che l’economia del nostro Paese, privata dell’apporto di migranti e antirazzisti, sarebbe già al collasso. Ma non solo. Verso, per e oltre il “giorno senza di noi” sono state lanciate molteplici iniziative. Per tutta questa settimana verranno portate avanti diverse mobilitazioni per il diritto alla casa dagli attivisti e dalle famiglie della Rete Sociale per la Casa, che hanno deciso di unirsi alla nostra protesta come noi abbiamo abbracciato la loro. Sabato 27 febbraio alle 22 presso il Laboratorio Sociale è stato fissato un momento di socialità e condivisione organizzato dalla comunità senegalese dell’alessandrino, come ultimo passaggio comunitario verso il primo marzo. Lunedì 1 marzo alle 9 in piazzetta della Lega le lotte del movimento studentesco per una scuola meticcia troveranno il loro apice, quando gli studenti libereranno le nostre scuole e le nostre strade dal razzismo e dalla xenofobia. Sempre nella giornata di lunedì, le attività e i progetti del Laboratorio Sociale si interromperanno per 24 ore, nella piena condivisione dell’interpretazione data alla giornata. Tutto questo andrà a riversarsi in quel percorso collettivo che ci condurrà al momento di maggior impatto simbolico del primo marzo, dal quale ripartiremo nel nostro cammino. Alle 17 invaderemo tutti quanti insieme il cuore della città, piazzetta della Lega, con un presidio che darà volto e voce a ciascuno di noi, a ciascuno di quei fantasmi cui la burocrazia e lo Stato italiano vorrebbero negare anche i più imprescindibili dei diritti. Un presidio con cui, senza paura e forti della nostra consapevolezza, costringeremo Alessandria a guardarci ed ascoltarci mentre ci accingiamo a riprenderci il nostro diritto ad un’esistenza libera e dignitosa. Perché “la tranquillità è importante, ma la libertà è tutto”. E noi sentiamo il dovere di dare tutto per difenderla.
Comitato Primo Marzo 2010 – Alessandria