Spinetta Blocco del Traffico ma non dell’Inquinamento

Riceviamo da un abitante di Spinetta Marengo e volentieri pubblichiamo.

Il Sindaco per motivi di prevenzione degli inquinamenti e tutela della salute, sospende la circolazione veicolare nell’area centrale interna agli spalti e nelle vie di competenza comunale dei sobborghi alessandrini compresa quindi anche l’area di Spinetta Marengo.
Come mai il nostro Sindaco non ha mai adottato alcuna misura di prevenzione per gli inquinamenti prodotti dalla Solvay Solexis?

Un inquinamento, per intensità e per natura ben più grave, dato
dallo scarico dei reflui nel fiume Bormida e dalle continue e spesso visibili emissioni in atmosfera.

La Solvay dichiara di scaricare nel fiume una tonnellata di PFOA all’anno.
In Bormida e Tanaro è stata trovata una quantità di PFOA fino a 1.500 volte superiore a quella riscontrata negli altri fiumi europei.
Recentemente dei ricercatori della University of Exeter, in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, hanno affermato che il Pfoa ovvero l’acido perfluorottanico depositandosi in alte concentrazioni nel nostro organismo attraverso ingestione o respirazione, è implicato nei cambiamenti dei livelli di ormoni tiroidei nel sangue provocando cosi problemi e malattie alla nostra ghiandola endocrina.
Il Pfoa raddoppia il rischio di malattie tiroidee nelle donne poiché soggetti già notoriamente più a rischio.

L’emissioni in atmosfera della Solvay sono costituite genericamente da gas di fluoroderivati (ACIDO FLUORIDRICO, TETRAFLUOROETILENE, PERFLUOROPROPENE, PFIB, PFOA ecc).
Nei migliori dei casi queste emissioni sono rappresentate dal vapore utilizzato nelle linee a bassa e a alta pressione o che deriva dalle attività della centrale elettrica interna allo stabilimento.
Questo vapore viene ottenuto dall’acqua di falda contaminata dal Cromo esavalente e da altri 20 diversi inquinati.

Un Crimine di Guerra

Chi ha detto «sì» è complice delle stragi di civili

Il Senato ha approvato, con l’astensione dell’Italia dei valori e dei radicali Marco Perduca e Donatella Poretti e nessun voto contrario, il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, tra cui quella in Afghanistan, per la quale il ministro della difesa La Russa aveva annunciato l’invio di altri 1.000 soldati italiani. Il decreto sulle missioni ora passa alla Camera, dove dovrà essere convertito in legge entro l’8 marzo.

Gino strada guarda alla guerra in Afghanistan con gli occhi dei civili che ne stanno subendo le conseguenze. Per il fondatore di «Emergency» – la ong italiana in prima linea con il suo ospedale di Lashkargah, a pochi chilometri da Marjah dove infuriano i combattimenti tra truppe Usa e taleban – il rifinanziamento «automatico», senza dibattito, della missione che il Parlamento assicura alla Nato è come un crimine di guerra.
Il governo olandese è caduto sull’Afghanistan, francesi e tedeschi non vogliono essere coinvolti ulteriormente nella guerra. Berlusconi invece risponde signorsì.
I governi italiani, questo come il precedente di centro-sinistra, hanno come denominatore comune il servilismo nei confronti degli Stati Uniti. Ma questo non deve farci dimenticare che partecipare all’occupazione militare dell’ Afghanistan rappresenta un crimine (in quanto si contribuisce alle stragi di civili) e una violazione della nostra Costituzione. Non a caso ho definito «delinquenti politici» tutti i parlamentari che votano a favore del rifinanziamento della missione militare. Se soltanto volessero vedere le vittime dell’offensiva di questi giorni, potrebbero andare sul sito di Peacereporter (it.peacereporter.net): lì troverebbero i volti e le storie dei civili colpiti.
Otto anni dopo l’Invasione angloamericana, con l’operazione «Moshtarak» va in scena l’ennesima offensiva anti-taleban. Perché è così difficile batterli?
Ad occupare il paese ci ha provato l’Armata rossa è ancora prima gli inglesi (tre guerre, tutte e tre perse). Agli afghani non piace essere occupati dagli stranieri. Perciò fino a quando ci sarà occupazione militare, ci sarà guerra.
E il corridoio umanitario che Emergency ha chiesto per favorire la salvezza del civili di Marjah e Nad Ali?
È paradossale che, guidate dal Nobel per la pace Barack Obama, le forze armate statunitensi che stanno conducendo questa offensiva si rivelino criminali di guerra. Infatti – con una palese violazione delle convenzioni internazionali – non permettono ai civili di lasciare le aree sotto bombardamento e impediscono ai feriti, in maggioranza donne e bambini, di essere curati.
Questi comandanti militari dovrebbero essere portati davanti alla Corte penale internazionale.
Il comandante Usa McChrystal aveva promesso di ridurre al minimo le vittime civili. I massacri non sono controproducenti per gli Usa?
I militari hanno sempre detto questo, in tutte le guerre. Dopo la bomba su Hiroshima si disse: come il mondo ha potuto vedere, è stata colpita un’installazione militare.
Perché Il centro-sinistra non si oppone a una guerra di questo tipo, nonostante le notizie delle stragi?
Il servilismo nei confronti di Washington, come dicevamo, è trasversale agli schieramenti. Da questo punto di vista non parlerei nemmeno di centro-sinistra e centro-destra ma piuttosto di una casta politica di impuniti e di impunibili per la quale delinquere contro la legge fondamentale (la Costituzione, ndr) del proprio stato è cosa di tutti i giorni.
E Il fronte pacifista?
La guerra afghana è percepita come lontana e il fronte pacifista, di fatto, non esiste più da qualche anno ormai, da quando quelle forze politiche (il centro-sinistra, ndr) che avevano fatto finta di essere solidali col movimento per la pace, appena arrivate al governo, hanno aumentato il numero di militari in Afghanistan. Proprio come il premio Nobel per la pace Obama ha mandato altri 30.000 militari. Un gioco nel quale sono cadute anche sigle del «pacifismo» che ritengono che la guerra sia brutta quando la fanno gli avversari politici, ma accettabile quando a condurla sono gli amici.
Chi sono I taleban, emblema del terrorismo e della negazione del diritti umani?
Sono una delle componenti della società afghana, certo più rappresentativa dei presidenti imposti (Karzai, nrd).
All’interno del movimento ci sono estremisti con tendenze «psicopatiche», soprattutto per quanto riguarda la questione femminile, e persone ragionevoli.
Anche la questione femminile è utilizzata per vendere la guerra all’opinione pubblica. A qualcuno è mai venuto in mente di bombardare l’Arabia Saudita, dove una donna non può scoprirsi il naso per soffiarselo se ha il raffreddore? Sarebbe davvero divertente chiedere al nostri parlamentari di dire tutto ciò che sanno sui taleban. Risponderebbero due/tre stereotipi, perché non sanno nulla del paese che stanno contribuendo a bombardare.

Michelangelo Cocco

Primo Marzo 2010: Anche in Alessandria i Migranti Rivendicano Diritti

Dall’incrocio e dall’unione di realtà oltremodo simili nelle loro peculiari differenze, nasce anche ad Alessandria l’idea che il prossimo primo marzo debba essere “un giorno senza di noi”.
Nelle numerose e partecipate assemblee pubbliche che si sono tenute negli ultimi due mesi, abbiamo deciso che fosse necessario caricare il primo marzo 2010 di un valore aggiunto e non scontato, affinché potesse trascendere quel significato di semplice sciopero degli stranieri che gli è stato attribuito. Il primo marzo è per noi un momento di passaggio e non la destinazione del nostro percorso: sono mesi ormai che insieme, migranti e antirazzisti, stiamo concretizzando dal basso e in autonomia la nostra idea di società all’interno del Laboratorio Sociale di Via Piave, per poterla poi riflettere in ogni luogo di questa città. Giorno dopo giorno, ci sembra sempre più evidente che il contributo della popolazione migrante alla crescita, non solo economica, del nostro Paese è tanto fondamentale quanto non riconosciuto. È altrettanto palese, infatti, che in questa Italia narcotizzata dal populismo verde padano e istigata all’odio feroce delle diversità, questo dato di fatto sia mantenuto strumentalmente invisibile. Per questo motivo noi, migranti e antirazzisti alessandrini, riteniamo utile attraversare la data del primo marzo trasformandola nel momento in cui simbolicamente dare forma a ciò che forma non ha, in cui rendere evidente ciò che si ha interesse a nascondere. Per 24 ore ci asterremo da ogni attività produttiva e di consumo, oltrepassando quella che è la classica accezione di sciopero, per dimostrare che l’economia del nostro Paese, privata dell’apporto di migranti e antirazzisti, sarebbe già al collasso. Ma non solo. Verso, per e oltre il “giorno senza di noi” sono state lanciate molteplici iniziative. Per tutta questa settimana verranno portate avanti diverse mobilitazioni per il diritto alla casa dagli attivisti e dalle famiglie della Rete Sociale per la Casa, che hanno deciso di unirsi alla nostra protesta come noi abbiamo abbracciato la loro. Sabato 27 febbraio alle 22 presso il Laboratorio Sociale è stato fissato un momento di socialità e condivisione organizzato dalla comunità senegalese dell’alessandrino, come ultimo passaggio comunitario verso il primo marzo. Lunedì 1 marzo alle 9 in piazzetta della Lega le lotte del movimento studentesco per una scuola meticcia troveranno il loro apice, quando gli studenti libereranno le nostre scuole e le nostre strade dal razzismo e dalla xenofobia. Sempre nella giornata di lunedì, le attività e i progetti del Laboratorio Sociale si interromperanno per 24 ore, nella piena condivisione dell’interpretazione data alla giornata. Tutto questo andrà a riversarsi in quel percorso collettivo che ci condurrà al momento di maggior impatto simbolico del primo marzo, dal quale ripartiremo nel nostro cammino. Alle 17 invaderemo tutti quanti insieme il cuore della città, piazzetta della Lega, con un presidio che darà volto e voce a ciascuno di noi, a ciascuno di quei fantasmi cui la burocrazia e lo Stato italiano vorrebbero negare anche i più imprescindibili dei diritti. Un presidio con cui, senza paura e forti della nostra consapevolezza, costringeremo Alessandria a guardarci ed ascoltarci mentre ci accingiamo a riprenderci il nostro diritto ad un’esistenza libera e dignitosa. Perché “la tranquillità è importante, ma la libertà è tutto”. E noi sentiamo il dovere di dare tutto per difenderla.
Comitato Primo Marzo 2010 – Alessandria

Lettera Inviata ai 200 Sindaci Alessandrini

Egr. sig. Sindaco
e, per Suo tramite, egr. sigg. Consiglieri
Vi alleghiamo l’ordine del giorno approvato il 19 febbraio 2010 dal Consiglio della Comunità Montana Valli Curone, Grue e Ossona, Val Borbera e Valle Spinti.
Nell’auspicio che approviate delibere di modifica degli Statuti comunali, dichiarando l’acqua ‘bene comune e diritto umano universale ’ ed il servizio idrico come ‘privo di rilevanza economica’, e sottraendosi in questo modo alla incostituzionale normativa nazionale.
ORDINE DEL GIORNO
Riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica
Premesso che
• la gestione del servizio idrico integrato in Italia e attualmente regolata dall’ art. 23 bis della legge n. 133/2008;
• la norma in questione già nella sua primitiva formulazione contemplava, in via ordinaria, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a imprenditori o società mediante il ricorso a gara, facendo largo forzatamente all’ingresso di privati;
• il recente art. 15 del Decreto Legge 25/09/2009 n. 135, “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, convertito nella legge 20/11/2009 n. 166 – che ha modificato l’art. 23 bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 – muove passi ancor più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici prevedendo l’affidamento della gestione dei servizi pubblici a rilevanza
economica a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o, in alternativa, a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40% e la cessazione degli affidamenti “in house” a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni (in essere alla data del 22 agosto 2008) alla data del 31 dicembre 2011;
ritenuto che
• l’acqua rappresenta fonte di vita insostituibile per gli ecosistemi, dalla cui disponibilità dipende il futuro degli esseri viventi;
• l’acqua costituisce un bene comune dell’umanità, un bene comune universale, un bene comune pubblico, quindi indisponibile, che appartiene a tutti;
• il diritto all’acqua e un diritto inalienabile: l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti;
• l’accesso all’acqua deve essere garantito a tutti come un servizio pubblico;
• già alla luce dell’attuale nuovo quadro legislativo, e sempre più in prospettiva, se non affrontato secondo principi di equità, giustizia e rispetto per l’ambiente, l’accesso all’acqua rappresenta una vera emergenza democratica;
• la privatizzazione dell’acqua è un epilogo da scongiurare perché espropria l’acqua potabile dal controllo degli Enti locali e dei cittadini e consegna il bene comune ” acqua” al mercato, con tutte le
ripercussioni sociali che questa può generare, in specie nelle zone di montagna;
• le istituzioni hanno la libertà e l’autonomia di scegliere se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito a altro Ente (pubblico, privato), in piena legittimità e
coerenza con le vigenti direttive europee sui servizi pubblici locali;
• il Consiglio Provinciale di Alessandria il 20 dicembre 2004, ha approvato, con il voto favorevole della maggioranza e l’astensione dell’opposizione, l’Ordine del giorno sui “Riconoscimento dell’Acqua come Bene Comune e Patrimonio dell’Umanità” e l’accesso all’acqua potabile come “Diritto fondamentale Universale, degno di protezione giuridica”;
• la Comunità Montana Valli Curone Grue Ossona ha a suo tempo attraverso una mozione approvata dal Consiglio in data 23 aprile il proprio appoggio alla legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico;
Tutto ciò premesso e considerato,
il Consiglio della Comunità Montana Valli Curone, Grue e Ossona, Val Borbera e Valle Spinti
DICHIARA L’ACQUA
• un bene comune ed insostituibile per la vita di ogni vivente;
• un diritto inviolabile, universale, inalienabile ed indivisibile dell’uomo, che si può annoverare fra quelli di riferimento previsti dall’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana;
DICHIARA
il Servizio Idrico Integrato un servizio pubblico privo di rilevanza economica in quanto servizio pubblico per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini;
IMPEGNA
la Giunta affinché tale riconoscimento sia riportato nell’ambito dello Statuto della nuova Comunità cosi come hanno fatto e stanno facendo numerosi Enti locali italiani ed affinché il presente documento sia trasmesso all’ATO 6 Alessandrino e a tutti i Sindaci della Comunità Montana.

ADESSO BASTA. Sull’Acqua Decidiamo Noi!

Il 6 marzo, prima assemblea nazionale dei Comuni
Sabato 20 marzo, manifestazione nazionale
Da aprile, grande campagna di raccolta firme
per la promozione di tre referendum abrogativi.
Ad Alessandria è questione morale: clicca qui

Se il Governo Berlusconi pensava, con l’approvazione dell’art.15-decreto Ronchi, di chiudere i giochi sulla privatizzazione dell’acqua, consegnando questo bene comune agli appetiti dei mercati e delle grandi multinazionali, si è sbagliato di grosso.

L’approvazione di quella legge, avvenuta fra l’indignazione generale, ha costituito un gravissimo attacco alle mobilitazioni e alle proposte messe in campo dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che, accanto alle resistenze in tutti i territori del Paese, ha consegnato da due anni una legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, corredata da oltre 400.000 firme. Di cui oltre 4.000 da noi raccolte ad Alessandria.
Se quella legge giace colpevolmente nei cassetti delle commissioni parlamentari, le lotte per la ripubblicizzazione dell’acqua si sono ulteriormente estese in tutti i territori: sono ormai oltre cento i Comuni che hanno approvato delibere di modifica degli Statuti comunali, dichiarando l’acqua ‘bene comune e diritto umano universale ’ ed il servizio idrico come ‘privo di rilevanza economica’, e sottraendosi in questo modo alla incostituzionale normativa nazionale.
Comuni che hanno nel frattempo costituito il ‘Coordinamento nazionale degli enti locali per l’acqua pubblica’ e che, il prossimo 6 marzo, terranno a Roma la loro prima assemblea nazionale.
Sabato 20 marzo un grande manifestazione nazionale attraverserà le strade e le piazze di Roma per ribadire il NO alla privatizzazione dell’acqua, per riaffermare che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale e per chiedere l’immediata approvazione della nostra legge d’iniziativa popolare, che chiede la ripubblicizzazione dell’acqua e la sua gestione partecipativa.
Abbiamo sempre considerato l’acqua come un paradigma di molti beni comuni naturali e sociali da sottrarre ai privati e ai grandi capitali finanziari.
In questi anni e in moltissimi territori sono nate decine di altre resistenze in difesa dei beni comuni.
Significative mobilitazioni popolari, capaci di proposte alternative nel segno della democrazia condivisa, stanno tenacemente contrastando la politica delle “grandi opere” devastatrici dei territori, una gestione dei rifiuti legata al business dell’incenerimento, un modello energetico dissipatorio e autoritario, basato su impianti nocivi ed ora anche sul nucleare.
La manifestazione del 20 marzo, oltre ad essere un importante ed unificante momento di lotta, può mettere al centro con intelligenza e determinazione la questione della democrazia partecipativa, ovvero l’inalienabile diritto di tutte/i a decidere e a partecipare alla gestione dell’acqua e dei beni comuni, del territorio e dell’energia, della salute e del benessere sociale.
Sullo stop alle politiche di privatizzazione e sulla necessità di una forte, radicata e diffusa campagna nazionale, un vastissimo fronte in queste settimane si è aggregato al Forum italiano dei movimenti per l’acqua : dalle associazioni dei consumatori alle associazioni ambientaliste, dal mondo cattolico e religioso al popolo viola, dai movimenti sociali al mondo sindacale, alle forze politiche.
Tutte e tutti insieme abbiamo deciso di lanciare a partire dal prossimo mese di aprile, una grande campagna di raccolta firme per la promozione di tre referendum abrogativi.
Tre SI per la ripubblicizzazione dell’acqua, tre SI per dire basta ai profitti su un bene essenziale.
Uno strumento per dire una volta per tutte : “Adesso basta. Sull’acqua decidiamo noi!”
Cliccando qui, puoi verificare come viene gestita l’acqua pubblica in provincia di Alessandria: tramite gli atti del Convegno scoprirai che “questione acqua” è anche “questione morale” .

Continua il Processo per i Sei ex Dirigenti Solvay

Gli impianti Solvay di Ferrara, costruiti all’inizio degli anni cinquanta, hanno prodotto PVC fino al 1998.
La Produzione avveniva grazie alla lavorazione di un gas altamente cancerogeno, il CVM.
Un tema di cui si è parlato poco, sia sulla stampa locale, sia in ambito politico.
Nel 1985 l’allora assessore alla Sanità del Comune di Ferrara, Giancarlo Crociani, pubblicò un dossier dal titolo“Ambiente e tumori”.

Nel documento venivano avanzati interrogativi riguardo il più basso indice di vecchiaia, nella media comunale, della circoscrizione Barco – Pontelagoscuro e l’elevatissima mortalità per tumori.Nel 2007, Legambiente invitava a Ferrara l’allora pm Felice Casson, che si occupò del caso di Porto Marghera, per parlare del suo ultimo libro, “La fabbrica dei veleni”.
Casson oggi è senatore del Partito Democratico.
Il suo disegno di legge sulle “Norme a tutela dei lavoratori esposti ed ex – esposti al cloruro vinile monomero (CVM) e polivinilcloruro (PVC)” non è ancora stato preso in esame dal 13 maggio 2008, giorno in cui è stato presentato alla Commissione Lavoro del Senato. Casson si è sempre battuto, prima come magistrato e poi come parlamentare, per l’adozione di regole di sicurezza negli impianti chimici e per il risarcimento dei danni fisici ai loro lavoratori.
il 19 febbraio 2009 il tribunale di Ferrara al termine di un’istruttoria durata 7 anni ha rinviato a giudizio sei ex dirigenti Solvay (Claude Yves Marcel Loutrel, August Arthur Gosselin, Cyryll Van Lierde, Gerard Michael Davis, William Arthur Barnes e Pierre Vigneron).
Nell’inchiesta, per le morti tra gli esposti al CVM e l’inquinamento di acqua e terreni, è emerso che fin dagli anni ’60 l’azienda sapeva della tossicità del CVM.
A detta dei Magistrati se la multinazionale avesse provveduto subito a dotare gli operai di maschere e di maggiori protezioni, avrebbe sicuramente salvaguardato la loro salute dagli effetti dannosi già noti, prevenendo anche i più gravi e irreversibili effetti successivamente scoperti, cioè malattie gravi e tumori. Sempre secondo la magistratura, i miglioramenti impiantistici introdotti dopo il ’74-’75 sono stati consapevolmente tardivi, rimasero figure molto esposte come i pulitori manuali delle autoclavi.
È inoltre emerso che nel 1986 un’ispezione dell’Asl avrebbe rivelato gravi carenze sulle forniture di maschere in caso di fughe di CVM e insufficienti cautele adottate durante le operazioni di manutenzione.La sfilata dei testimoni davanti ai carabinieri del Nucleo operativo di Ferrara ha ricostruito, almeno in parte, la storia della lavorazione del CVM e dell’inquinamento prodotto dalla Solvay.
I verbali delle testimonianze degli ex addetti Solvay hanno fornito riscontri su come si lavorava nei reparti a rischio, prima e dopo il 1974, descrivendo episodi a volte illuminanti sulla divaricazione tra teoria e pratica quotidiana.
Nel dicembre 2009 il processo è entrato nel vivo della fase dibattimentale.
Il tribunale di Ferrara si trova a valutare la correlazione tra l’epatocarcinoma e l’esposizione alle polveri di cloruro vinile monomero (CVM).Sono stati ammessi come parte civile oltre ad alcuni ex lavoratori malati anche Legambiente, il Comune e la Provincia di Ferrara, l’Inail e i sindacati dei chimici di Cgil-Cisl-Uil ma solo in relazione al capo d’imputazione di omissione di misure di sicurezza.
In questa fase del processo è emerso che nella seconda metà degli anni ’80, per tre anni, si registrarono oltre 450 perdite di CVM. Vale a dire all’incirca una ogni due giorni.
La possibilità di una sentenza di condanna nei confronti della Solvay costituirebbe un precedente in Italia, dove il gruppo industriale belga è ancora ben radicato e ha guai giudiziali in tutti tribunali in cui hanno sede i suoi stabilimenti.L’8 febbraio 2010 nell’aula B del tribunale di Ferrara si è svolta l’udienza dedicata ai consulenti dei pm secondo i quali esiste una elevata probabilità di correlazione tra esposizione al CVM e l’insorgenza della malattia.
Il 22 febbraio il processo proseguirà con gli esami degli esperti, chiamati dai pm, l’epidemiologa Maria Pirastu e Pietro Comba.

Qui di seguito riportiamo alcuni aneddoti emersi dalle testimonianze degli ex lavoratori Solvay.
PESCI SFORTUNATI.
Oggi vicino alla portineria non si vede più niente, tutto coperto da un parcheggio per i camion. I lavoratori più anziani, però, si ricordano bene che lì, in faccia alla recinzione che dà su via Marconi, c’erano due fontane alimentate dai pozzi artesiani che pescavano dalla falda al di sotto dello stabilimento. Nelle due fontane sguazzavano un bel po’ di pesci, e negli uffici non erano pochi gli appassionati di acquari che si preoccupavano di loro. Fino ad una brutta mattina, alla fine degli anni ’70, quando i primi operai in turno hanno visto galleggiare i pesci in superficie: tutti morti, una strage. I testimoni hanno raccontato cosa successe dopo. La Solvay fece chiudere subito i due pozzi, e cercò di recuperare le pompe che li alimentavano. Non vi riuscì, perché le giunture erano “mangiate” e i pezzi dispersi in acqua. Cosa era successo? I risultati di laboratorio non si conobbero mai, ma immediato è il collegamento con l’attuale inquinamento della falda da clorometani.
ANDARE A MANICHE.
Dicevano così e tutti i manutentori sapevano cosa significava. Qualcuno si dava malato, altri si rifiutavano. Voleva dire infilarsi nel posto peggiore della fabbrica, il disseccatore del PVC, dove c’erano centinaia di filtri a maniche sospesi a cinque o sei metri di altezza. Ogni tanto se ne inceppava qualcuno, e bisognava cercarlo palpando i filtri uno ad uno, camminando sospesi su una passerella, in mezzo ad una nuvola di polvere sottile come borotalco, che s’infilava ovunque. Gli uomini uscivano bianchi dalla testa ai piedi, sputando polvere per giorni. Pagava doppio, la Solvay, ogni minuto passato lì dentro, ma non esiste prezzo per un lavoro del genere.
LE PIOGGE BIANCHE.
Le autoclavi da 25 metri cubi sono pentoloni giganti. Lì dentro il CVM veniva trasformato in minuscoli granuli di PVC, ma quando qualcosa andava storto il capoturno doveva gettarci dell’inibitore, per interrompere la reazione. Capitava che il capoturno ritardasse fino all’ultimo l’operazione, per non perdere tutto il carico, e così succedeva l’incidente. Per impedire una esplosione catastrofica, il materiale veniva spruzzato fuori attraverso un condotto di emergenza (prima che l’azienda si decidesse a recuperare il costoso semilavorato) e innaffiava di minuscole goccioline le prime case del Barco. Su quel villaggio sono finite per anni le polveri uscite dalle maniche dell’impianto di essiccazione, e qualche operaio ricorda che i bambini delle scuole del Barco venivano a riportare in portineria i sacchetti pieni di polvere bianca, raccolti nei cortili delle scuole e delle case. Dopotutto, era roba della Solvay.

Non Votate i Partiti che Sostengono TAV, Inceneritori, Acqua Privatizzata, Depositi Nucleari

Non votate i partiti che sostengono Bresso e Cota alle regionali.
Un giovane in prognosi riservata: ematoma al cervello. Presa a calci da quattro poliziotti, una donna dovrà essere operata. Decine di feriti. La polizia, guidata da uno dei responsabili del massacro alla Diaz di Genova, carica selvaggiamente i cittadini della Val di Susa contrari al Tav. Proteste da tutta Italia. Invece i candidati presidente alla regione Piemonte si schierano contro i manifestanti “violenti”.

Confermati i Danni alla Salute degli OGM

Per impedire gli OGM, organismi geneticamente modificati, Medicina democratica raccolse molte centinaia di firme ad Alessandria. Ora, nel sito del Corriere della Sera on line, è presente un sondaggio per verificare chi è favorevole o contrario agli OGM.

Di seguito riportiamo il link a tale sito in modo tale da contribuire a dare ai promotori del sondaggio un voto in linea con la nostra posizione, per una immediata moratoria internazionale sugli OGM, per gli incommensurabili ed irreversibili effetti per la salute, l’ambiente e la tradizione agroalimentare italiana, a causa della contaminazione dei territori agricoli e delle catene alimentari.
Siete favorevoli all’introduzione anche in Italia degli Ogm (organismi geneticamente modificati) in agricoltura?

Confermati i danni alla salute degli OGM.Gli OGM tornano a far discutere, questa volta per una serie di proposte che, se attuate, comporteranno una loro diffusione su larga scala anche in Italia, roccaforte delle produzioni di eccellenza e delle tipicità locali.


In sede di Conferenza Stato Regioni, che era prevista per il 28 gennaio a Roma, avrebbero dovuto essere discusse le linee guida per la coesistenza tra le colture tradizionali e quelle geneticamente modificate. Il provvedimento era all’esame, in adempimento di un’indicazione dell’Unione Europea.
Tuttavia, pochi giorni fa le Regioni hanno messo uno stop al documento. Tramite il Comitato Tecnico Permanente in materia di agricoltura hanno chiesto che, prima di procedere all’analisi degli indirizzi sulla coesistenza, venga avviata una grande consultazione con i rappresentanti del mondo agricolo italiano, dei produttori biologici, degli ambientalisti e dei consumatori.
Secondo Coldiretti il ritiro temporaneo della decisione consente un approfondimento sul piano scientifico. Il fine è quello di escludere ogni rischio di contaminazione per le produzioni di alta qualità, di cui l’Italia vanta la leadership in Europa.
Le amministrazioni locali sono, in linea generale, contrarie. Si sono espressi negativamente 41 Province, 2.446 Comuni e 16 Regioni.La coesistenza con le colture non OGM è, praticamente, inattuabile per via della contaminazione genetica. Inoltre l’ Italia deve investire proprio sul prodotto locale.
In questo quadro l’introduzione di “genomi Frankenstein” – allo stato attuale si tratta di organismi vegetali ottenuti in laboratorio con tecniche tutt’altro che fini – è completamente fuori luogo.
Un esempio importante è quello del mais : i sostenitori di questo tipo di pratiche affermano che il vantaggio in agricoltura è di tipo economico ed ecologico, principalmente perché la coltivazione degli OGM comporterebbe un minore utilizzo di diserbanti. I detrattori affermano invece che la resistenza all’erbicida (acquisita tramite l’inserzione di un gene batterico nel genoma del mais) determina un accumulo dello stesso nella pianta, con conseguenze tutt’altro che trascurabili per la salute umana; che la direzione di queste scelte è una linea retta verso una dipendenza economica da Monsanto – o dalle altre multinazionali detentrici del business – per l’acquisto delle sementi; che il risultato della dispersione di queste specie è l’enorme danno ecologico legato alla perdita di biodiversità.
Da un recente studio dell’ International Journal of Biological Sciences (http://www.biolsci.org/v05p0706.htm) è emersa la conferma che il mais Monsanto provoca danni agli organi dei mammiferi.
Ed è proprio uno studio di Monsanto del 2002 a confermare l’impatto negativo, su fegato e reni, in topi alimentati con alcune di queste varietà. Tale mais contiene dosi non trascurabili di erbicida Roundup®, che è tossico per l’uomo, e che può essere assorbito sia direttamente, tramite alimentazione, sia indirettamente dai prodotti di mangimistica.
Tre varietà brevettate – Mon 863, Mon 810, che produce un insetticida, e NK 603, che assorbe l’erbicida Roundup® – sono state approvate per il consumo dalle food safety authorities di Stati Uniti, Europa e di molti altri paesi.
Il tutto mentre si apprende che a breve l’agricoltura biologica negli Stati Uniti potrebbe essere bandita perché ritenuta non conforme alle norme di sicurezza e igiene imposte dal Governo. Nemmeno l’orto di Michelle Obama, la First Lady, è servito a dare il buon esempio.
Negli Usa il Governo si appresta.infatti, a discutere la legge HR 875, meglio conosciuta come Food Safety Modernization Act of 2009 con cui, se approvata, si metterà al bando l’agricoltura biologica, ritenuta insana. A essere banditi anche gli orti privati, quelli destinati all’autoconsumo. La legge è stata ideata con la presunta finalità di creare una nuova agenzia chiamata Food Safety Administration (FSA). Il suo unico scopo sarebbe quello di proteggere i cittadini dalla gestione pericolosa del cibo e di creare uno standard per la sicurezza alimentare fino a coprire la sicurezza dei prodotti alimentari importati (chissà se ne farà le spese il Made in Italy?). Si va, quindi, sempre più verso un generico “meccanismo di produzione di cibo”.
Negli Usa molte leggi sono spinte e in maniera del tutto trasparente da alcune lobby. In questo caso a volere questa regolamentazione la MONSANTO, CARGILL, ADM (Archer, Daniels e Midland) con altre 35 grandi imprese agroalimentari.
“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”, diceva Fabrizio De Andrè.
Prima di aprire le porte a questi esperimenti su larga scala – poiché di questo si tratta, non essendo ancora verificabili tutti gli effetti, sul lungo periodo, dell’introduzione degli OGM in ambiente – è necessario riconsiderare la reale utilità di determinate tecnologie, di efficacia tutt’ora discutibile e dibattuta, alla luce del panorama di eccellenze agroalimentari di cui l’Italia può, per ora, fregiarsi.

Nucleare Incivile

Sul decreto legislativo nucleare, un commento di Stefano Palmisano, avvocato di Medicina democratica Puglia.

“Strategia nucleare”, con tanto di “S” maiuscola: così i dottor Stranamore di Villa Certosa hanno definito, con tutta la consueta sobrietà, anche semantica, che connota questo esecutivo, “il documento programmatico del Governo con il quale sono delineati gli obiettivi strategici in materia nucleare”, come si legge all’art. 2, lett. “l”, dello “schema di decreto legislativo, recante la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare [….] ai sensi dell’art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99”
La Strategia in questione, a prescindere dalle peculiarità degli Strateghi con i rialzi nelle scarpe, le chiome semoventi ed i talami ex-sovietici sovraffollati, ha il grande pregio, tra i tanti, di metter in vivida luce, una volta per tutte, quale macroscopico “equivoco” (per così dire) terminologico si celi sotto la locuzione “nucleare civile” in presunta contrapposizione a quella di “nucleare militare”.
È già la citata legge delega dell’anno scorso, nell’art. 25, c. 2, a chiarire, alla lettera a), ossia al suo primo principio e criterio direttivo, l’aria democratica che tira nella gestione da parte di questo governo della “materia nucleare”: vi si prevede, infatti, la “possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione.”
Laddove qualcuno avesse avuto ancora dubbi sull’esatta gerarchia dei poteri decisionali quando c’è di mezzo sua maestà l’atomo, la lett. f) serve a fare definitivamente chiarezza sul punto, giacché si afferma la necessità della “determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall’art. 120 della Costituzione.”
Anzitutto, c’è da evidenziare l’enigmatico riferimento ad una norma costituzionale, l’art. 120, per l’appunto, che legittima l’intervento sostitutivo del Governo nei confronti di “organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni” solo “nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”.
In quale dei casi evocati dalla previsione costituzionale su citata dovrebbe ricondursi la decisione di istallare una centrale nucleare per legittimare il potere sostitutivo del Governo?
A tacere del fatto che il medesimo art. 120 si chiude con un’invocazione (che, alla luce dei testi normativi che si stanno esaminando in questo scritto, suscita grande tenerezza) a che “i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.”
In ogni caso, l’elemento chiarificatore della su citata gerarchia di poteri decisionali che si rinviene nella normativa di delega dello scorso anno è dato dal fatto che in tutto l’articolo 25 non v’è alcuna previsione in ordine alla “mera” determinazione delle modalità di raggiungimento delle intese con i diversi enti coinvolti, né, men che meno, in ordine alla rilevanza, se non vincolatività, di quelle intese nei confronti del Governo.
In pratica, l’unica disposizione che la maggioranza parlamentare ha pensato bene di introdurre nel provvedimento di delega all’esecutivo sulla questione, discretamente vitale in uno Stato democratico e, ancor più, solennemente “federale”, del rapporto tra il potere centrale e quello degli enti locali in una materia non proprio minore come quella nucleare, ha avuto come unica finalità quella di “determinare le modalità” con cui il primo può “sostituire”, ossia scavalcare, i secondi.
E cotanto Governo, essendo stato “delegato” dai suoi onorevoli mandanti in tale munifica guisa, ovviamente non ha tradito le aspettative.
All’art. 11, in materia di “certificazione dei siti”, dello schema di decreto legislativo su citato, infatti, si legge, al c. 5, che “il Ministro dello sviluppo economico [….] sottopone ciascuno dei siti certificati all’intesa della Regione interessata, che si esprime previa acquisizione del parere del comune interessato.”
Dalla lettura di questa norma, sembrerebbe poco chiaro in quali forme si acquisisca quest’ ultimo parere, ossia quello delle popolazioni direttamente destinatarie del gentile omaggio di una centrale nucleare sul loro territorio, ma soprattutto quale valore reale esso abbia rispetto alla decisione finale sul “sito”.
Ancora una volta, la norma immediatamente successiva, quella del comma 6, fuga ogni dubbio: “Ove [….] non si pervenga ancora alla definizione dell’intesa [….], si provvede all’intesa (sic!) con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata.”
In pratica, un’ “intesa” per decreto.
Ma, in compenso, con il presidente della Regione interessata che “partecipa”, con un ruolo, se ne desume, della stessa pregnanza politica di quello dell’appendiabiti della stanza governativa, al Consiglio dei ministri nel quale si scrive il decreto del Presidente della Repubblica che “provvede all’intesa”.
Son soddisfazioni!
Naturalmente, stante una tale democraticità e partecipatività di tutto il procedimento, il comma 7 statuisce che, “l’intesa ovvero il decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 6 operano anche in deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni interessate da ciascuna possibile localizzazione.”
Altro mirabile esempio dell’idea, e soprattutto della pratica, di questo governo di “federalismo”.
Ancora, all’art. 13, (“Autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari e per la certificazione dell’operatore”), c. 10, si prevede una “conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 con l’Agenzia, i Ministeri concertanti, la Regione e gli enti locali interessati e con tutti gli altri soggetti e le amministrazioni coinvolti”.
Anche in tal caso, però, si tratta di una “trattativa” non proprio libera e sovrana per gli enti seduti al tavolo.
Specie per gli enti locali.
Infatti, la norma che segue a ruota, quella del comma 11, sgombra anche qui il campo da ogni equivoco: “Qualora in sede di conferenza di servizi di cui al comma precedente, non venga raggiunta la necessaria intesa con un ente locale coinvolto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, assegna all’ente interessato un congruo termine per esprimere l’intesa; decorso inutilmente tale termine, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri cui partecipa il Presidente della Regione interessata all’intesa, è adottato [….] decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sostitutivo dell’intesa.”
Repetita iuvant.
In conclusione, da questo ordito legislativo si ricava l’ennesima conferma che in ambito energetico oggi ci si trova ormai di fronte a due prospettive sostanzialmente incompatibili tra loro: o una produzione finalmente pulita, diffusa e democratica di energia da fonti rinnovabili, necessariamente accompagnata da un consumo sobrio ed efficiente; o una produzione certamente inquinante e potenzialmente devastante da fonti fossili e nucleari, in cui i pannelli fotovoltaici servono al massimo per decorare i tetti delle centrali atomiche.
Una produzione, in quest’ultimo caso, ancora rigidamente concentrata in poche mani e accentrata, per legge, nei suoi processi decisionali.
Con quelle stesse mani che da queste produzioni arraffano profitti principeschi ed espellono le relative scorie, non necessariamente balsamiche per l’ambiente e la salute pubblica, sui territori sedi di quelle attività.
Un gustoso quadretto finale che a questi territori, al nostro territorio, non è propriamente sconosciuto.

Il 2010 è stato Proclamato dall’ONU “Anno Internazionale della Biodiversità”

Corredati da copiosa documentazione scientifica internazionale, Medicina democratica ha presentato esposti alla Procura della Repubblica di Alessandria per l’inquinamento da PFOA (acido perfluorottanico) in falda e nei fiumi Bormida, Tanaro e Po.
Il PFOA è tossico e cancerogeno (tiroide), se respirato o bevuto o mangiato col pesce (soprattutto fritto). Lo stanno mettendo al bando in tutto il mondo. In Italia, è scaricato dalla Solvay di Spinetta Marengo in Bormida e, tramite l’affluente Tanaro, nel Po. Il CNR ha riscontrato valori enormi di PFOA nei fiumi alessandrini, fino a 1500 ng/l. E perfino 200 ng/l alla foce del Po. In tutti gli altri fiumi italiani ed europei le concentrazioni non superano mai 1-20 ng/l. Non è biodegradabile nell’ambiente, dunque è bioaccumulabile nei tessuti animali e umani. Abbiamo chiesto che sia impedito l’approvvigionamento idrico, che sia vietata la pesca, che sia sospesa la donazione sangue dei lavoratori Solvay, oltre naturalmente che sia eliminato lo scarico in aria e in acqua.
Evidenzieremo tale questione nazionale all’incontro organizzato dal Parco Fluviale del Po e dell’Orba.

Il Cancrovalorizzatore nè qui nè altrove/Paul Connett ad Alessandria

Gli elettori stiano attenti a chi andranno a votare per le regionali, a chi sostiene TAV, acqua privatizzata, depositi nucleari, inceneritori.

Uno tra i tanti punti di massiccio dissenso degli ambientalisti alessandrini nei confronti di Provincia, Regione e Comuni, a cominciare da quello di Alessandria, è riferito all’inceneritore-cancrovalorizzatore da loro concordato ai confini tra l’astigiano e l’alessandrino, e cosiddetto “termovalorizzatore del Piemonte sud orientale”. In totale alternativa allo stesso, qui e altrove, come Rete ambientalista alessandrina abbiamo tenuto decine di assemblee in provincia raccogliendo migliaia di firme su un documento presentato -inutilmente- all’Amministrazione provinciale.
Medicina democratica infatti sostiene la strategia “rifiuti zero”: risparmio, recupero, riuso, raccolta differenziata, riciclaggio. Di grande interesse proponiamo al riguardo, con traduzione simultanea in italiano, il video della conferenza ad Alessandria di Paul Connett, professore di chimica all’Università di New York, uno dei massimi esperti mondiali in materia.

Indagini Epidemiologiche per la Fraschetta/Tumori alla Michelin.


Continua l’inchiesta sulla Michelin di Spinetta Marengo (AL). Le accuse sono di lesioni e omicidio colposo per malattia professionale. I dirigenti indagati sono Giancarlo Borella, Bartolomeo Berello, Giuliano Gallo, Giovanni Alberti, Emilio Toso. L’inchiesta è stata aperta su segnalazione di Inail e Asl relativamente a cinque dipendenti. L’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura di Alessandria ha evidenziato che, dal 1972 al 2007, su 3.000 dipendenti ben 284 sono morti per tumore. Addirittura disaggregando qualche dato, ad esempio esaminando i dati Istat (vedi il dossier di Medicina democratica) sulle “cause di morte 1970-90 Michelin di Alessandria”, è clamoroso notare che sul totale di 112 decessi Michelin ben 53 sono dovuti a tumori: 47,4%, mentre la percentuale in Piemonte è 31,5%. Secondo l’ASL 20, relativamente al periodo ’92-’97, i decessi per tumori sul totale decessi sale per Michelin al 50%. Un lavoratore su due.
Sindacati, Medicina democratica, Comitati della Fraschetta, 5.000 cittadini erano ricorsi alla Magistratura: leggi il dossier.

Indagini Epidemiologiche per la Fraschetta/Confronto con il Prof. Fletcher sul PFOA

Commentiamo le dichiarazioni del professor Tony Fletcher (La Stampa, 11 febbraio) in merito al PFOA, acido perfluorottanico, sostanza utilizzata, scaricata in acqua e aria dalla Solvay di Spinetta Marengo. Come è noto, Medicina democratica ha, per prima, sollevato la questione eco sanitaria con alcuni ricorsi

(Alessandrini, Berto, Ferrarazzo, lavoratori poi licenziati) alla Procura della Repubblica di Alessandria relativi alla presenza di PFOA tanto nel sangue dei lavoratori quanto nelle acque dei fiumi Bormida, Tanaro e Po, nonché delle falde superficiali e forse non solo. Nella copiosa documentazione del ricorso, si fa proprio riferimento agli studi americani citati da Fletcher, professore alla London School of Hygiene end Tropical Medicine. Lo scienziato, definito uno dei tre maggiori epidemiologi mondiali, pur nella sua veste di consulente di parte (della Dupont, azienda produttrice di PFOA che ha già indennizzato per 101,5 milioni di dollari) ci conferma il drammatico allarme su un prodotto accertato da anni negli animali come cancerogeno, mutageno e teratogeno, ma si dichiara attendista per quanto riguarda analoghi effetti sugli esseri umani: “Fra circa 18 mesi concluderemo gli studi”. Medicina democratica ritiene invece, in base agli studi internazionali, che se il prodotto perfluorurato è cancerogeno per gli animali non può non esserlo per gli umani, come dimostrano le metodologie comunemente utilizzate nella ricerca medica e farmaceutica. Tanto più che il principio di precauzione impone di sospendere un prodotto quando sospetto, senza attendere di conteggiare a posteriori i morti e gli ammalati. Perciò abbiamo chiesto che la Solvay interrompa immediatamente l’utilizzo del PFOA e il suo rilascio in aria e acqua. Siamo invece completamente d’accordo con il professor Fletcher, avendola invano già richiesta a Procura e Asl, sulla necessità di analisi del sangue di massa per il PFOA: come hanno fatto in USA per 70.000 persone. A questo proposito, preghiamo vivamente chi fosse interessato a contattarci in quanto siamo in grado di garantire la disponibilità di affidabili istituti italiani per le analisi ematiche del PFOA, precauzione sanitaria che raccomandiamo soprattutto ai lavoratori che in questi decenni hanno operato dentro lo stabilimento di Spinetta Marengo. Ciò anche in funzione della loro partecipazione all’imminente processo in qualità di parti civili. Infine, accogliamo la disponibilità del professor Fletcher a interessarsi di Spinetta Marengo per le indagini epidemiologiche, e lo invitiamo già ora al pubblico confronto che stiamo preparando.

Sì al Rilancio delle Ferrovie. No al TAV Terzo Valico.

Un centinaio i partecipanti a Sampierdarena al picchetto e al volantinaggio contro il TERZO VALICO voluto da affaristi, banchieri, e imprese (con annessi e connessi lacchè) che ne godranno gli utili a spese di tutti i cittadini. L’8 febbraio, con striscioni, bandiere No Tav e slogan hanno dichiarato le loro motivazioni dinanzi all’ingresso della imponente e costosa (tanto pagano i contribuenti!) struttura del convegno genovese. Il primo a misurarsi con la protesta è il ministro Altero Matteoli, in anticipo di mezz’ora sulla tabella
di marcia. Arriva la sua auto (contromano) e via alle grida: «Mafiosi, collusi, bastardi».Il sindaco Marta Vincenzi se la scampa: fatta passare dall’altra parte dai binari. Va peggio al presidente della Provincia Alessandro Repetto. I dimostranti gli si stringono intorno alla macchina. Breve tafferuglio. Via libera. E tale resta, garantita dallo sbarramento degli agenti, quando arrivano le macchine che portano a destinazione il ministro Claudio Scajola. L’auto blu di Burlando ha schiacciato un piede ad un carabiniere: di qui i titoli dei giornali e delle reti televisive sulla violenza degli ambientalisti che, mentre “aggrediscono presidente di Regione e presidente di Provincia, causano il ferimento di componenti delle forze di polizia”. Poco o niente sulle nostre motivazioni. Il presidente della Provincia di Alessandria Filippi e il suo assessore Graziano Moro hanno svicolato rifiutando di incontrare la delegazione alessandrina.

Per maggiori approfondimenti e alcune immagini potete collegarvi al sito: globalproject.info

Alessandria Contro la Nuova Opzione Nucleare e in Nome degli Altri ex Siti Italiani


Sarà una udienza decisiva quella dell’11 marzo 2010 davanti al Tar Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, per il nostro ricorso contro Ministero dello sviluppo economico, SOGIN Società Gestione Impianti Nucleari e ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale,
per l’annullamento, previa sospensione, del decreto ministeriale che, in alternativa al deposito nazionale ultrasicuro per millenni, autorizza contro legge a Bosco Marengo (Alessandria) la costruzione, già di per sé rischiosa per lavoratori e territorio, di un insicuro deposito di scorie nucleari da stoccarsi pericolosamente (attentati, terremoto, falde acquifere ecc.) almeno fino al 2020 secondo la Regione e secondo la Sogin per un periodo del tutto indeterminato. Senza ipocrisie: sarebbe un deposito definitivo. Dove tombare centinaia di fusti radioattivi vecchi e nuovi. In un sito assolutamente inidoneo neppure per uno stoccaggio temporaneo: sia per le condizioni antropiche del territorio (densità popolazione) sia per le caratteristiche geomorfologiche del terreno (sismico, con falde), come dimostrerebbero agevolmente le (omesse) indagini geotecniche e il (mancato) assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale – VIA.

La pronuncia del Tar diventerà un precedente con enorme valenza per tutto il territorio nazionale. Se a noi favorevole, ad essa si potranno appellare tutti i siti italiani che hanno ereditato i rifiuti nucleari delle centrali dismesse. Soprattutto la sentenza del Tar metterà in discussione l’intera strategia nucleare del Governo, come affermato dallo stesso. Siamo consapevoli che si tratta di lotta impari, una formica contro l’elefante, o Davide contro Golia.

Il ricorso al Tar Piemonte era stato presentato nell’aprile 2009, tramite l’avvocato Mattia Crucioli, da parte di Medicina democratica, Comitati, Legambiente, Pronatura e tre consiglieri regionali (Deambrogio, Comella, Moriconi), poi sostenuto da una entusiasmante sottoscrizione popolare [vai a cliccare per controllare l’elenco dei sottoscrittori], con l’aiuto di Beppe Grillo, senza alcuna partecipazione dei Comuni; anzi, avendo attivamente contro il Comune di Bosco Marengo, la Provincia di Alessandria e la Regione Piemonte. Addirittura il Governo ha mandato in campo l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la volgare intimidazione che se viene accolto il nostro ricorso… gli utenti dovranno sopportare maggiori costi.

Contro il ricorso la Sogin, cioè il Governo, si era opposta con una infinità di pretesti e cavilli in tutte le sedi, ma subendo ben due sentenze del Tar e una del Consiglio di Stato. Il tentativo della Sogin, con uno stuolo di avvocati famosi e super pagati, era di scippare, di spostare la sede processuale da Torino a Roma, sede ritenuta vicina alla propria sfera di influenza, e comunque di rinviare in continuazione la sentenza definitiva. Né va sottovalutato il tentativo di “prenderci per fame” così dilatando i costi del procedimento, disegno rintuzzato dalla eccezionale sottoscrizione popolare. Tale strategia, malgrado le ipotesi di reato presentate nell’esposto di Medicina democratica alla Procura della Repubblica di Alessandria, ha però consentito alla Sogin di avviare i lavori di smantellamento dell’impianto nucleare di Bosco Marengo, di trattamento-condizionamento-stoccaggio di materiali radioattivi, con sversamento degli stessi nell’ambiente sia sotto forma di effluenti liquidi (l’esondabile rio Lovassina) sia di effluenti aeriformi, con gravissimo pericolo per il territorio circostante e per l’incolumità della salute pubblica delle generazioni presenti e future. Lavori illegittimi, senza VIA e addirittura privi delle prescritte preventive approvazioni ISPRA, iniziati perfino tramite un contratto di appalto precedente la contestata autorizzazione ministeriale; dunque lavori carenti in sicurezza nucleare e protezione sanitaria. Lavori che -abbiamo chiesto- siano immediatamente sospesi: l’impianto di Bosco deve essere mantenuto in “custodia protettiva passiva”, alla quale per legge è obbligata la Sogin, in sicurezza come è avvenuto finora, in attesa dell’individuazione dell’idoneo deposito nazionale previsto dalla legge dove confluire le scorie di Alessandria e degli alti impianti italiani, cioè con il rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica, prato verde, senza deposito.

In definitiva, mentre il Parlamento approvava il rilancio governativo del nucleare in Italia, l’obbiettivo nazionale tanto del ricorso al Tar che dell’esposto alla Procura era triplice: affermare in nome di tutti gli ex siti nucleari l’illegalità dello smantellamento degli impianti per trasformarli in depositi definiti “temporanei” “a tempo indeterminato”, cioè definitivi, nonché rivendicare invece la realizzazione -prevista dalla legge- di un deposito nazionale ultrasicuro per millenni, e infine affermare inequivocabilmente l’assurdità di proporre nuove centrali nucleari senza aver neppure risolto l’eredità delle vecchie.

A 22 anni dal vittorioso referendum popolare del 1987 che ha imposto, in Italia la chiusura delle centrali nucleari, Medicina democratica ripropone il suo storico No a qualsiasi opzione nucleare con il dossier sul numero 186 della Rivista: contributi di Luigi Mara, Lino Balza, Fabrizio Varese, Mycle Scheideir e Antony Froggatt.

l’elenco completo dei sottoscrittori ai ricorsi Tar del Piemonte e Consiglio di Stato:

A.F.A.
Addesso Antonio
Agliardi Mariangela
ALDO BADALONI
ALEMAGNA FABIO
Alessandrini Sonny
Amato Antonio
ANTONELLINI MASSIMO
ANTONELLINI SILVIO
Arena Fabio
Armano Giulio
Ass. LibLab – Valassina
Aurora Fulvio
BADOCCHI STEFANO
Baleani Luciano
Baleani Stefano
BARACCA ANGELO
BARBARA VERRI
Barberis Giorgio
Bardi Maurizio
Barile Anna Maria
BARRA PAOLO
Bartoli Francesco
Bartolomei Daniela
Baruffaldi Marina
Basso Patrizia
Belardi Graziano
Bellotti Bruna
Benedetti Maria Bianca
BENEDETTI MARIA BIANCA
Beppe Grillo
Berrino Maddalena
Berto Valentina
BERTOLOTTI GIORGIO
BIANCHI GIANLUCA
Bionda Andrea
Boato Michele – Ecoistituto Veneto
BOCCACCIO ANDREA
Boccazzi Monica
Bocchio L.
BONOTTO MARCO
Borsari Marilena
Bottazzi Gabriele Jonah
BOTTAZZI GABRIELE JONAH
Bottiroli Danilo Giacinto
Briola Enrico
Buccino Marco
Budini Giulio
Bugarda Gianluigi
BUONASORTE MAURO
Burattin Flavio
C. Consulting Srl
CALANCA DANIEL
Calcaterra Gabriele
Caldiroli Marco
Caneva Sabrina
Cannizzaro Gioacchino
Cannizzaro Gioacchino
Capra Renata
CARBONE GIAMPIERO
Carbone Giampiero e Mario
CARDIN CATERINA
CASAGNI SERGIO. CASAGNI S. CENNI C. TRAB
Casagrande Franco
CASARI LELIO
Cassua Giulia
Catoni Stefania
Cattaneo Giovanna
Cerizza Ivan
Cimurri Caterina
Cioffi Giuseppina
Cipani Annalisa
CLAUDIO DANESI
COLOMBO ALESSANDRO
Comitato Civico Rivalta Vivibile
Comitato Civico Rivalta Vivibile
Comitato Fraschetta
CORBETTA MARIA
Coro’ Marcella
CORTI LUCIA
COTOGNI ROBERTO
CRISPINO PAOLA
CUB Alessandria
Dagnino Nicoleta
Dalolio Andrea
De Ambrogio Alberto
DE BELLIS DONATELLO
De Giorgi Raffaele
DE GRAZIA GIANFRANCO
De Laurenzis Cosimo
Debbia Stefano
Del Sarto Alessio
Dell Aiera Emanuela
Dellarole Carlo
Di Carluccio Luigi
Di Stefano Gaia
Di Tucci Assunta
DIENI FRANCESCO
DIODATI MARCO
DOLCINO ELIS ABETTA
Donati Angela
Fabbri Fabiana
Fassola Raffaella
Fava Maurizio
Favaron Luca
FERNANDA GUARDUCCI
Ferretti Carla
Ferri Sergio
Ferro Enrico Giovanni
Fiabane Luca
Fierro Paolo
FISSORE FEDERICO
Flanagan Stephen
Fontana Chiara
Forti Lia Chiara, Giorgio – Messi
Fortuna Christian Giuseppe
Forum Ambientalista
Galleani Gloriano
Gallo Ciro
GANDOLFI CECILIA
Gasparini Elvira
GATTEI.COM DI GATTEI ALESSIO
Gatti Alfonso
Gavagni Cristian
GERARDI STEFANO
Germano Federico
Ghio Enrica
GIOVANNI VASSALLO
Giraudi Francesco
Gola Giacomo

Greppi Edoardo
GRILLO GIUSEPPE PIERO
GRULLA GIANPIERO
Gruppo Consiliare Ecologisti Uniti a Sinistra
Gruppo Consiliare Rifondazione Comunista
Gruppo Consiliare Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo
GUIDETTI SABRINA
Hellmann Alessandro
HUTTER BRIGITTA
Iadanza Paola
Iudicone Giovanni
IVAN ALESSI
LAMONACA VINCENZO
LANDONI CLAUDIA
Legambiente Circolo Ovadese
Livraga Giancarlo
MACCARI DANIELE
Macciò Enrica
Malatesta Giovanni
Mandarino Piero
Manfreo Carla
Manno Domenico
Mara Luigi
MARCO OLIVA RICORSO
Mauro Antonella
MAURO BORGOTTI
Mazzia Maurizio
MAZZOLI MASSIMO
Meaglia Piero
Medicina Democratica
Memore Luisa
MENCHI PAOLO
Meniconi Flavio
Mensi Nicoletta
Menta Anna Maria
Meola Marco
MERCURIU ANDREANA
Minetto Gianluca
Monti Adriana
Montobbio Giovanni
MORELLI MARCO
MUNEROTTO FEDERICO
Muriti Michele
MUSSO NICOLA
Naggi Giovanni
NAVONI AMALIA
Niccoli Giovanni
Niccoli Pietro
Oddone Angelo
Oddone Lorenzo
OLIVETTI MATTIA
OLIVETTI MATTIA
OLIVIERI ERICH SIMON
PACI FEDERICO
Pampaluna Emilio
Panizza Pietro e Mantelli Lorenza
Paolicchi Monica
Paravidino Marta
PASERO CLAUDIO
Patrizia Gentilini
Patrone Dario
Pavanelli Lina
PENURIA RUSSO STEFANO
Perotti Marcella Luisa Maria
Petrarca Francesco
Pezzotta Giovanni
PEZZOTTA GIOVANNI
Piacentino Francesco
Piccinin Liliana
Pier Luigi Cavalchini (Pro Natura Alessandria)
PIGATTO PABLITO
Pirolo Claudio
PISCOPO GIUSEPPE
Poggio Pierpaolo
Poliandri Gianfranco
Prina Teresio
Pro Natura Piemonte
Progetto Ambiente
Raffaghello Lisa
Raggi Giuseppe
RAMORINO DONAT
Rampi Paola
Repetti Angelo
Rifondazione Comunista-Federazione
Rimossi Franco
Rimossi Luigi
Rocchetti Patrizia
Romagnano Luciano Aristide, Scotto
Romagnano Luciano e Scotto
RONCHI NICOLA
ROSANI GABRIELE GIANLUCA
ROSSI CLAUDIO
Sabbadini Raffaele
Sanna Giuseppe
SANNA SALVATORE
SANREMO SOSTENIBILE
Santandrea Bruno
Sanvittore Rita
SARLI DORIANA
Sartori Bruna
SATTA ANNAMARIA
Savioli Stefano
Sbalc* Rosa
SBRIGATA SILVIO ALESSANDRO
SCIACCA PIETRO
Scomparin Francesco
Semino Benedetto
Sessi Mario
Sessi Mario
SILVIO VITAGLIANO
SOLAZZO PAOLO
SOMMARIVA PAOLO GIORGIO
Sommaruga Laura
Spazzini Carlo
Stasi Gino
Stefania Fusero
STOP MOTO DI EGIDI MATTIA
Taffetani Luca
TAGLIENTO ROBERTO
Talpo Marcello
Tamai Lucia
TAMBURINO MARIA LUISA
TARONI MARIA TERESA
TEMPESTI LORENZO
TESTASECCA FABRIZIO
Tondelli Pierpaolo
TONTI FABIO
Tufo Raffaela
Valerio Federico
Vallero Sabrina
Valsecchi Laura
Variale Gennaro
Veltre Eliana
Vergagni Francesco
Vessali Jian
Vinella Fabio
ZACCARDO DONALD
ZANINI LAURA
Zanni Paolo
Zavatta Musolino Desi
ZILIANI DONATELLA
Zocchi Renato
Zucca Gian Domenico
Zucca Giandomenico
ZUCCONI LUCA

L’importo dei versamenti sul Conto Corrente Postale è pari a € 7.755,00.
L’importo dei versamenti sul Conto Corrente Bancario è pari a € 22.815,00.

Black Out: Accesso Vietato ai Dati Ambientali della Solvay

Nel 2008 è scoppiato lo scandalo dell’inquinamento del polo chimico di Spinetta Marengo (AL): grazie all’azione della Magistratura i dati di inquinamento del suolo e dell’acqua (e presto anche quelli dell’aria) hanno finalmente finito di essere nascosti nei cassetti. Però da oltre un anno Comune, Provincia, Regione, Arpa, Asl, Amag ecc. non hanno più fornito alla popolazione i successivi dati ambientali, tanto meno quelli sanitari, e neppure è stato fatto nulla per la bonifica del sito dal cromo esavalente e da altre decine di veleni. I cittadini, di nuovo, non sanno da mesi cosa stanno respirando, bevendo, mangiando.
Abbiamo così fatto formale richiesta di avere e divulgare copia di questi dati. L’Arpa “rifiuta l’accesso alle informazioni ambientali richieste in quanto gli atti in oggetto sono sottoposti a sequestro da parte della Procura della Repubblica di Alessandria”. Restiamo perplessi. Non obiettiamo per gli accertamenti ordinati dalla Procura: senz’altro sono secretati per legge in relazione al processo penale che si sta per aprire. Ci chiediamo però se tutti, proprio tutti, i dati sono stati ordinati dalla Procura. Ci chiediamo, cioè, se Arpa e Asl non abbiano fatto controlli non ordinati dalla Procura, di propria iniziativa, fossero solo di routine: anche questi sono secretati? Ci chiediamo se Comune, Provincia e Regione non abbiano ordinato di propria iniziativa controlli ad Arpa e Asl, e se non l’hanno fatto: perché? E se l’hanno fatto: perché non li rendono pubblici?
Addirittura nulla si sa degli incidenti da noi denunciati.
A questo proposito, l’Arpa ci ha replicato di non avere il permesso di fare controlli dentro o nelle vicinanze dello stabilimento. Abbiamo allora sollecitato Comune, Provincia, Regione, Arpa, Asl, a chiedere con noi la modifica del Piano di emergenza esterno, quello che serve a salvare la vita a migliaia di persone.
In conclusione: c’è un black out di informazioni sul polo chimico. Altro che Osservatorio ambientale della Fraschetta! Non è che dobbiamo chiedere direttamente alla Solvay i dati ambientali, certamente perfetti?

Le Responsabilità Penali del Sindaco

Era alto 90 pagine l’esposto querela che abbiamo presentato con gli Amicidellebici affinché si proceda contro reati di omissioni di atti di ufficio per i mancati provvedimenti, previsti dalle leggi per la qualità dell’aria, che hanno provocato malattie e morti fra i cittadini vittime dell’inquinamento urbano. Però l’esposto non ha ancora avuto seguito, come invece è avvenuto in altre parti d’Italia. Ancora nei giorni scorsi abbiamo invitato la Procura della Repubblica a verificare ulteriormente i dati epidemiologici, soprattutto riferiti a bambini e anziani. Verifichi -abbiamo scritto- che, nei giorni successivi ai picchi di inquinamento, i decessi per crisi respiratorie e disturbi cardiaci aumentano percentualmente, come pure cresce il numero dei ricoveri. Consideri i passi avanti degli studi e delle ricerche sulle nanoparticelle PM2.5 e PM1, che l’Arpa non misura perché più piccole ma più micidiali delle polveri sottili PM10: penetrano negli alveoli polmonari, hanno effetti sulla coagulazione del sangue, provocano ischemie e ictus, sono cancerogene.
L’ottimo servizio su La Stampa del 4 febbraio con l’elaborazione dei dati rilevati dagli esperti dell’ARPA ha confermato statisticamente le nostre preoccupazioni e sollecitazioni: l’inquinamento atmosferico è concausa dei decessi. 231 morti per colpa dello smog. Una strage.
L’aria di Alessandria è sempre più malata, abbiamo scritto, anche il 2009 si è chiuso con livelli di inquinamento che superano le soglie d’allarme nazionali ed europee e con la salute degli alessandrini seriamente insidiata dallo smog. Soprattutto il traffico urbano è responsabile delle polveri sottili, PM (Particulate Matter), micro particelle che si insinuano nei polmoni e nei tessuti umani intossicandoli: la legge, assai permissiva peraltro, consente per le PM10 che la soglia d’allarme media giornaliera, 50 microgrammi per metro cubo, venga superata al massimo 35 volte all’anno (dovevano essere 7 dal primo gennaio). Ebbene, ad Alessandria siamo a 105 volte. Già a gennaio 2010 siamo per 24 volte fuorilegge. Per non parlare dell’ozono che provoca irritazioni del sistema respiratorio, riduzione della funzione polmonare, asma e altre patologie. L’indice, anche questo permissivo, indicato dalla direttiva europea, è di 120 microgrammi per metro cubo non più di 25 giorni all’anno. Ebbene, ad Alessandria siamo a tre volte tanto, 73 giorni, al secondo posto in classifica fra le città italiane.
Di fronte a questi dati, le responsabilità degli amministratori pubblici, presenti e passati, è secondo noi evidente e accertabile. Le zone a traffico limitato (ZTL) sono ridicole, una truffa alla salute per ottenere addirittura finanziamenti. L’attuale sindaco di Alessandria, grazie anche ad Arpa e Asl, si arrampica sui vetri per scaricare le responsabilità. Incolpa lo spargimento di sale antigelo (anche d’estate?). Incolpa essere Milano l’inquinatore della pianura padana e di Alessandria (piazza della Libertà e Valmadonna hanno gli stessi PM10?). Incolpa la Solvay. Incolpa il riscaldamento (anche d’estate?). Incolpa tutti meno che il traffico, siccome i miopi commercianti non vogliono isole pedonali.

Processo Thyssenkrupp

Proseguono a Torino le udienze per l’eccidio del 6 dicembre 2007 alla Thyssenkrupp, processo al quale Medicina democratica si è costituita parte civile. Nella recente udienza il pm Raffaele Guariniello ha messo sotto accusa, nell’ambito del secondo filone di inchiesta, cinque ispettori dello Spresal per “soppressione di atti”; si tratta di: Gianni Buratti, il medico che dirigeva il servizio, ora in pensione; Carmelo Baeli, ingegnere; Ugo Moratti, Francesco Novello e Antonio Barone, ispettori. Lo Spresal è il servizio della Asl che si occupa di sicurezza sul lavoro: questi “signori” sono sotto accusa per aver consegnato alla Procura soltanto una parte dei verbali di ispezione che erano stati loro richiesti; non solo, ma l’altra nuova accusa è quella di “falso”, per aver volutamente omesso di segnalare delle manchevolezze aziendali, in un caso in concorso con Cosimo Cafueri, il responsabile sicurezza dell’azienda ora a giudizio nel processo principale. Si apprende, inoltre, che la Guardia di Finanza ha pedinato e fotografato alcuni funzionari Thyssenkrupp che si incontravano con gli operai, nei locali pubblici, alla vigilia delle loro deposizioni; da questo deriva che le posizioni di taluni testimoni – ultimo in ordine di comparizione Andrea Cortazzi, vicedirettore dello stabilimento torinese – si aggravano, dovendo rispondere di “falsa testimonianza” per aiutare i padroni assassini.

Fermiamo la Legge sulla Caccia

Il Senato ha approvato il 28 gennaio scorso l’articolo 38 della legge Comunitaria che consente alle Regioni di autorizzare la caccia al di fuori dei periodi fissati dalla 157 (1 settembre – 31 gennaio). Quindi caccia tutto l’anno.!!Questo è accaduto nonostante un appello al Presidente del Consiglio sottoscritta da oltre 100 associazioni di ogni tipologia e nonostante un sitting di protesta davanti al Senato il 28 gennaio.
Il provvedimento ristabilisce i termini 1 settembre – 31 gennaio solo per i mammiferi (esclusi gli ungulati), quindi in definitiva solo per volpe, coniglio selvatico e lepre. Invece gli uccelli sarà possibile cacciarli anche in altri periodi, previo parere dell’ISPRA (non vincolante). E sappiamo bene come viene considerato dalle Regioni in moltissimi casi (tipo per le preaperture) il parere dell’ISPRA.
Ora la legge passa all’esame della Camera, dove dovremo dare battaglia. E’ fondamentale mantenere alta l’attenzione su quanto accaduto perchè molto probabilmente alla Camera la legge verrà esaminata a marzo e quindi si rischia che per quella data tutto finisca nel dimenticatoio.

Di seguito trovate alcune azioni che si possono fare per contribuire alla causa:
1) APPELLO LIPU: lo trovate online sul sito www.lipu.it/. Firmatelo, divulgatelo, mandatelo a tutti, fatelo circolare;
2) Il sito Repubblica.it ha lanciato un APPELLO contro caccia selvaggia per SALVARE I MIGRATORI alla pagina: www.repubblica.it/cronaca/2010/01/29/news/no_alla_caccia_selvaggia_mandate_foto_e_testimonianze-2115981/
Chiedono di mandare FOTO E TESTIMONIANZE per aiutare la campagna.
IL TESTO DICE: “INQUADRATE GLI ANIMALI CHE VI PIACE VEDERE IN CAMPAGNA, NEI BOSCHI, IN MONTAGNA, CON LA MACCHINA FOTOGRAFICA INVECE CHE CON LA DOPPIETTA E MANDATECI LE FOTO. LE PUBBLICHEREMO PER FAR VEDERE QUAL E’ IL RAPPORTO CHE GLI ITALIANI VOGLIONO CON LA NATURA
MANDIAMO TUTTO QUELLO CHE ABBIAMO! (e subito, naturalmente…….)
3) USATE LA RETE: diffondete l’appello attraverso le vostre mailing-list, siti, rubriche di posta elettronica, forum, blog, social network.
4) ADESIONE ASSOCIAZIONI: se fate parte di una associazione locale, non solo animaliste o ambientaliste, tutte (culturali, scientifiche, sociali) chiedete loro di aderire all’appello. L’adesione può essere inviata a oasi.bosconegri@lipu.it indicando bene il nome dell’associazione e il comune dove ha sede. Sarà rigirato alla LIPU Nazionale che lo aggiungerà alle altre adesioni. Il coordinamento delle associazioni crescerà sempre più e sarà un grande megafono per le varie azioni che studieremo, virtuali (rete, mailing ecc.) e reali.

Rappresaglie Ambientali: Il Lupo Cambia il Pelo

Sonny Alessandrini, Daniele Ferrarazzo e Valentina Berto avevano presentato, contro la Solvay di Spinetta Marengo, esposti alla Procura della Repubblica di Alessandria, rispettivamente in data 28 febbraio, 14 luglio, 30 luglio 2008 e 20 febbraio 2009

A fine Febbraio 2009 sono stati licenziati. Gli esposti riguardano la salute dei lavoratori e dei cittadini. Fanno parte dei documenti con cui Medicina democratica si presenterà parte civile al processo penale del polo chimico alessandrino.
Nello stesso stabilimento, che allora si chiamava Montefluos (gruppo Montedison), nel 1991, come testimonia l’articolo del Manifesto qui sotto, il “Sorvegliato Speciale” Lino Balza era vittima delle medesime rappresaglie.

clicca sull’immagine per ingrandire