Esposto Querela Per Inquinamento Urbano

OMICIDIO COLPOSO PLURIMO: 7.000 MORTI ALL’ANNO.
QUANTI AD ALESSANDRIA.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) avverte che l’inquinamento da polveri fini nell’ambiente urbano è responsabile ogni anno di circa 100.000 morti e 725.000 anni di vita persi. L’Italia è tra i paesi europei in cui si registra la maggior percentuale di popolazione urbana esposta ad elevate concentrazioni di sostanze inquinanti: oltre il 905% di polveri sottili e più del 50% di biossido di azoto che portano a oltre 6.000 ricoveri per problemi cardiovascolari e respiratori e circa 65.000 casi di bronchite acuta e attacchi di asma concentrati in modo particolare tra i giovani. Alessandria è ai primi posti nella sciagurata classifica. Il traffico veicolare è l’imputato principale.

A gennaio 2010, dopo numerosi aggiornamenti all’esposto, abbiamo perciò inviato la seguente lettera alla Procura della Repubblica di Alessandria.“In questi ultimi anni, per la prima volta da trent’anni, Medicina democratica non ha espresso un giudizio negativo sulla Procura di Alessandria ma dà atto che, pur a ranghi ridotti, è intervenuta su importanti reati ambientali. Però non ha ancora avuto seguito, come è avvenuto in altre parti d’Italia, l’esposto querela che abbiamo presentato con gli Amicidellebici affinché si proceda contro reati di omissioni di atti di ufficio per i mancati provvedimenti previsti dalle leggi per la qualità dell’aria che hanno provocato malattie e morti fra i cittadini.
L’aria è sempre più malata: anche il 2009 si è chiuso con livelli di inquinamento che superano le soglie d’allarme nazionali ed europee e con la salute degli alessandrini seriamente insidiata dallo smog. Soprattutto il traffico urbano è responsabile delle polveri sottili, PM10, micro particelle che si insinuano nei polmoni e nei tessuti umani intossicandoli: la legge, assai permissiva peraltro, consente che la soglia d’allarme media giornaliera, 50 microgrammi per metro cubo, venga superato al massimo 35 volte all’anno. Ebbene, ad Alessandria siamo a 105 volte. Per non parlare dell’ozono che provoca irritazioni del sistema respiratorio, riduzione della funzione polmonare, asma e altre patologie. L’indice, anche questo permissivo, indicato dalla direttiva europea, è di 120 microgrammi per metro cubo non più di 25 giorni all’anno. Ebbene, ad Alessandria siamo a tre volte tanto, 73 giorni, al secondo posto in classifica fra le città italiane.
Di fronte a questi dati, le responsabilità degli amministratori pubblici, presenti e passati, è secondo noi evidente e accertabile. Le zone a traffico limitato (ZTL) sono ridicole, una truffa alla salute per ottenere addirittura finanziamenti. L’attuale sindaco di Alessandria, grazie anche ad Arpa e Asl, si arrampica sui vetri per scaricare le responsabilità. Incolpa lo spargimento di sale antigelo (anche d’estate?). Incolpa essere Milano l’inquinatore della pianura padana e di Alessandria (piazza della Libertà e Valmadonna hanno gli stessi PM10?). Incolpa la Solvay. Incolpa il riscaldamento (anche d’estate?). Incolpa tutti meno che il traffico, siccome i miopi commercianti non vogliono isole pedonali.
Il nostro esposto alla Procura era alto 90 pagine. La invitiamo ulteriormente a verificare i dati epidemiologici, soprattutto riferiti a bambini e anziani . Verifichi che, nei giorni successivi ai picchi di inquinamento, i decessi per crisi respiratorie e disturbi cardiaci aumentano anche più del 3 per cento, come pure cresce il numero dei ricoveri. Consideri i passi avanti degli studi e delle ricerche sulle nanoparticelle, che l’Arpa non misura perché più piccole ma più micidiali delle polveri sottili PM10: penetrano negli alveoli polmonari, hanno effetti sulla coagulazione del sangue, provocano ischemie e ictus, sono cancerogene”.

Riteniamo un servizio utile a quanti nella propria città vogliano ripetere la nostra iniziativa, mettere a disposizione il testo del nostro esposto querela.

Il Piano di Emergenza Esterno della Solvay Solexis

In merito all’incidente da noi denunciato del 20 gennaio alla Solvay di Spinetta Marengo, prendiamo atto delle circostanziate precisazioni del direttore dell’ARPA, Alberto Maffiotti, circa i lacci e laccioli normativi che impediscono all’ARPA di entrare dentro lo stabilimento e neppure nelle dirette vicinanze (zona rossa) per i controlli delle emergenze in corso, e che consentono all’azienda la esclusiva discrezionalità di dichiarare o lo “stato di attenzione” o lo “stato di preallarme” o lo “stato di allarme esterno”. Solo in caso di “stato di allarme”, che consente anche al Prefetto di far scattare l’eventuale “stato di emergenza alla popolazione”, infatti l’ARPA e l’ASL ecc. possono intervenire -a cessato allarme- nella “zona rossa” per rilevare i danni ambientali e sanitari. Solo in questo caso e comunque a posteriori, cioè quando i buoi (la salute) sono già scappati dalla stalla.
Ne prendiamo atto ma denunciamo all’opinione pubblica che tale anomalia è contraria alla tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini, e perciò chiediamo che sia radicalmente modificato il “Piano di emergenza esterno” redatto dalla Prefettura di Alessandria. Riteniamo che ARPA, ASL, Comune, Provincia, Regione, sindacati debbano associarsi a questa richiesta.

Dimissioni del Presidente e del Progetto Cromo dell’Amag


I reati ambientali, nonché di corruzione e peculato, che la Procura di Alessandria contesta al presidente dell’AMAG, Lorenzo Repetto, sono scaturiti dalle perquisizioni effettuate tramite i carabinieri del NOE durante le indagini sullo scandalo cromo esavalente della Solvay a Spinetta Marengo.
Repetto era stato oggetto di pubbliche contestazioni da parte di Medicina democratica in occasione del “piano Amag Fraschetta” che egli aveva presentato in linea, come si vede, con le sue competenze professionali e non. E’ auspicabile che con le sue dimissioni da presidente AMAG anche il finto progetto di bonifica si infogni. Su questo, che avevamo definito “business privato con soldi pubblici”, avevamo scritto ai giornali: a Repetto, presidente dell’AMAG, contestiamo il riproposto progetto di megadepuratore che dovrebbe “lavare” le acque inquinate del polo chimico spinettese. Si tratta di una ipotesi tecnicamente inefficace e costosa. Per l’impossibilità di captare completamente la massa d’acqua, il fiume che scorre sotto la Fraschetta. E per l’incapacità di eliminare non solo il cromo esavalente ma l’altra ventina di sostanze tossiche e cancerogene. Sarebbe come aver proposto di lavare il fiume Bormida dagli scarichi dell’Acna di Cengio! I veleni vanno invece eliminati a monte e non a valle. L’area di Spinetta Marengo va bonificata all’origine, i veleni vanno tolti dal suolo altrimenti per centinaia di anni continueranno incontrollabili a scendere e inquinare le falde. Ancor peggio dell’Ecolibarna di Serravalle Scrivia. A maggior ragione perché Repetto dichiara di realizzarlo in tutto o in massima parte con i soldi pubblici, il progetto del megadepuratore è ovviamente caldeggiato dalla Solvay altrimenti costretta a sopportare -come sosterrà Medicina democratica quale parte civile al processo- l’onerosità della bonifica integrale del sito. Piacerà anche a tutti gli inquinatori della Fraschetta che si sentiranno ancor più esentati dal contenere e purificare gli scarichi.


Il gravissimo inquinamento del suolo e delle acque nella avvelenatissima (anche nell’aria) zona Fraschetta di Alessandria è tutt’altro che affrontato e risolto dal piano AMAG benedetto tanto dal Comune che dalla Provincia. Si tratta di un piano faraonico, dal finanziamento incerto, per un costo già sottostimato a 52 milioni di euro ma, come sempre nelle grandi opere, destinato a lievitare negli anni, senza contare poi gli enormi oneri di gestione e di smaltimento. Un business che, invece di eliminare gli inquinanti all’origine e a totale carico dell’inquinatore, li scarica all’esterno a spese della collettività inquinata. Una spesa iperbolica che lascia i veleni dove sono sepolti, non li asporta dal terreno sotto la Solvay di Spinetta Marengo per la bonifica,ma cerca di raccoglierli quando sono già penetrati nelle falde acquifere. Però gli 11 pozzi spurgo, cosiddetta “barriera”, non riusciranno mai a “succhiare” l’intera falda, ad intercettare ed eliminare totalmente i veleni di cromo e solventi clorurati. Mai nei 20 anni previsti, previsione quanto mai ottimistica visto che, non avendo mai fatto capillari carotaggi, neppure sanno la quantità vera di veleni sotterrati sotto lo stabilimento. Con questo piano, ammesso che verrà mai alla luce e nei 18 mesi previsti, la Solvay potrà continuare a inquinare per altre decine di anni, anzi all’infinito, e la riduzione del danno sarà scaricata sulle casse pubbliche, finanziata da comune, provincia, regione, governo, sempre che si trovino i fondi, e con un “contributo” simbolico dell’azienda inquinatrice previsto al massimo per un decimo dei costi. Un business privato, uno spreco di denaro pubblico. Che dovrebbe invece essere utilizzato per una vera e completa indagine epidemiologica che renda finalmente giustizia e risarcisca le centinaia, forse più, di vittime dell’inquinamento della Fraschetta, dove non c’è famiglia che non sia stata colpita da tumori. Perciò, piuttosto che ai politici, ci affidiamo alla Magistratura, nel processo dove Medicina democratica sarà parte civile, per imporre secondo giustizia alla Solvay inquinatrice l’onere della bonifica e il risarcimento dei danni fisici e materiali agli inquinati.

Marcia per la Pace

Medicina democratica aderisce alla
Marcia per la pace Perugia-Assisi
16 maggio 2010

C’è troppa violenza in giro! Nel mondo, in TV, contro gli immigrati, gli “altri”, i diversi, contro le donne e contro i bambini, nelle nostre città, nei rapporti tra le persone, nel mondo del lavoro, nella politica, nell’informazione, nel rapporto che abbiamo con la natura, gli animali, l’ambiente che ci circonda: la violenza sembra non conoscere limiti e confini. C’è troppa violenza e c’è troppa indifferenza. Che è la forma più alta di violenza. In nome della nostra “pace”, troppo spesso siamo pronti a condonare la violenza sugli altri. E davanti al loro dolore chiudiamo cuore, occhi e orecchi. Il prezzo di tanto cinismo è altissimo. E lo paghiamo tutti, indistintamente. Una società chiusa e insensibile non ha futuro.
E’ tempo di reagire! Non possiamo permettere che violenze, egoismo, razzismo, mafie, censure, paure e guerre di ogni genere abbiano il sopravvento! Ci può essere una vita e un’Italia migliore! Ci può essere un mondo migliore! Domenica 16 maggio, partecipa anche tu alla Marcia per la pace Perugia-Assisi.

“Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve esser vietata dalla legge. Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve esser vietato dalla legge.” Articolo 20 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ratificato dall’Italia nel 1977).

Dobbiamo ri-mettere al centro della nostra vita quei valori condivisi, scolpiti nella nostra bella Costituzione e nel Diritto internazionale dei diritti umani, che soli possono aiutarci a superare positivamente questa profonda crisi e accrescere la qualità civile della nostra società. Abbiamo bisogno di un’altra cultura. Dobbiamo sostituire l’io con il noi, la disoccupazione con il lavoro, l’esclusione con l’accoglienza, lo sfruttamento con la giustizia sociale, l’egoismo con la responsabilità, l’individualismo con l’apertura agli altri, l’intolleranza con il dialogo, il razzismo con il rispetto dei diritti umani, il cinismo con la solidarietà, la competizione selvaggia con la cooperazione, il consumismo con nuovi stili di vita, la distruzione della natura con la sua protezione, l’illegalità con il rispetto delle regole democratiche, la violenza con la nonviolenza, i pregiudizi con la ricerca della verità, l’orrore con la bellezza, i “miei interessi” con il bene comune, la paura con la speranza. Dobbiamo riscoprire il significato autentico di questi valori, approfondirne la conoscenza, rigenerarli in un grande progetto educativo, permettergli di sprigionare tutta l’energia positiva che contengono. Dobbiamo esigere che ad ogni valore, oggi ribadito anche nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, corrispondano atti politici concreti e coerenti a partire dalle nostre città fino all’Europa e all’Onu. Per quanto possa apparire difficile, cambiare è possibile! E, in ogni caso, è indispensabile.

Non possiamo disinteressarci del mondo che ci circonda. Più ce ne disinteressiamo, più ci isoliamo, più saremo colpiti dai suoi drammi e meno riusciremo a cogliere le opportunità che ci offre. Ci sono grandi problemi che non rispettano i confini nazionali e che si aggravano di giorno in giorno. Se continueremo ad essere miopi ed egoisti ci distruggeranno. Siamo ormai parte di una comunità globale. Lottare contro la povertà nel mondo, farla finita con le tante guerre, fermare il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente, promuovere tutti i diritti umani per tutti, ridurre le disuguaglianze, garantire pari opportunità, costruire un’economia sociale di giustizia, costruire l’Europa dei cittadini, rafforzare e democratizzare l’Onu ci conviene! Più di quanto riusciamo ad immaginare. Per questo è urgente che chi gestisce le nostre istituzioni e i nostri soldi, dai Comuni all’Unione Europea, ponga questi programmi al centro del proprio impegno quotidiano. Per questo dobbiamo darci una politica nuova e una nuova agenda politica fondata sui diritti umani.

Stiamo vivendo cambiamenti difficili e profondi, destinati a durare nel tempo. Dobbiamo decidere in quale società vogliamo vivere. Non ci sono abbastanza soldati, né muri abbastanza alti per difenderci dalla sciagurata illusione di poterci salvare da soli. Se davvero desideriamo la pace, per noi e per i nostri figli, non possiamo negarla agli altri. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo imparare a riconoscere e gustare la pluralità umana nella dimensione dell’uguaglianza e della giustizia, della legalità e del rispetto dei diritti umani e della terra madre. Ciascuno faccia i conti con le proprie responsabilità.

Il 16 maggio, vieni anche tu! Rinnoviamo il nostro impegno civile lungo la strada della pace e della nonviolenza. Una società migliore costruirà un mondo migliore.

Per adesioni, comunicazioni e informazioni:
Tavola della pace, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani
Tavola della Pace, via della viola 1 (06122) Perugia – Tel. 075/5736890
– fax 075/5739337 – email:
segreteria@perlapace.it
http://www.perlapace.it/

No TAV

Una folta delegazione di alessandrini il 23 gennaio 2010 a Susa ha partecipato alla marcia dei 40.000 contro i progetti TAV.
Riproduciamo una sintesi delle ragioni tecniche, economiche e ambientali della nostra lotta contro il TAV Terzo valico ligure piemontese:


1. Utilità
Nessuno studio ha provato la necessità di una nuova linea fra Liguria e Valle Padana. La linee attuali sono già cinque utilizzate al 30% della loro reale capacità e la Voltri-Alessandria è praticamente deserta.
2. Previsioni Traffico
Le previsioni di traffico dei progettisti finora si sono rivelate errate. Si basano sul concetto della crescita infinita. La linea attuale, secondo le stime doveva essere satura già dal 1998, la cosa non è affatto avvenuta, infatti i calcoli erano volutamente sbagliati. La crescita continua non esiste ed il trasporto di merci voluminose diminuisce costantemente, diminuendo di conseguenza le necessità di trasporto. Per arrivare al recupero del 15% delle spese sostenute, tutte a carico dello Stato e quindi di noi tutti, si dovrebbero movimentare almeno 4 milioni di teu all’anno. Le cinque linee atrtuali, senza alcun intervento possono trasportare almeno 2.400.000 e con migliorie addirittura 5 milioni.
I dati del 2009 indicano il traffico genovese di poco più di 1.530.000 container, con un calo del 13,2% rispetto all’anno precedente. Anche se, per assurdo, si potesse trasferire tutto il traffico merci autostradale (ben il 90%) sulla ferrovia attuale si arriverebbe ad un utilizzo delle ferrovie attuali di circa il 65% della sua capacità.
Va detto, però, che attualmente buona parte delle merci (il 40%) da Genova si dirige verso ovest e verso est lungo il Tirreno (e quindi nulla hanno a che fare con il “TerzoValico”) e che solo il 10% dei container viene caricato sui treni. Quindi l’esigenza di trasporto attuale è ridicola: 91.860 teu, a fronte di una disponibilità immediata di 2.400.000 teu.
3. Pendolari
I dati dicono che nel nostro paese il 95% dei pendolari ferroviari utilizzano i treni su percorsi brevi, ma per questo genere di trasporto viene investita una percentuale piccolissima degli investimenti (elettrificazione totale, doppi binari, linee parallele, locomotori nuovi, carrozze confortevoli e pulite, maggiore densità, orari rispettati, stazioni efficienti e non abbandonate o trasformate in supermercati) Tutti i finanziamenti vengono invece concentrati verso l’Alta Velocità che ha pochi passeggeri e subisce la forte concorrenza dell’aereo. Inoltre la linea in questione sarebbe mista, con costi enormi di manutenzione.

4. Merci e FlussiLa quantità di merci trasportate è in diminuzione generale. In particolare la concorrenza tra ferro e gomma vede la seconda prevalere anche in forza delle politiche di sostegno statale con gli incentivi all’autotrasporto.
5. Costi
Il costo a preventivo dei 54 chilometri del “Terzo Valico” è di 102 milioni di euro al km. il che vuol dire 3, 4 volte in più rispetto ai costi medi francesi (vedi articoli 24 ore del 13 gennaio corrente). Inoltre i costi a preventivo aumentano in genere di 2, 3 volte a fine lavori. Va ricordato che i 5 miliardi e mezzo di euro ora previsti non verranno coperti neanche per un cent. dai privati ai quali è stata affidata, senza alcuna gara di appalto, la progettazione-realizzazione e verifica dei lavori. Una colossale truffa completamente a carico del cittadino italiano per i prossimi trent’anni. Inoltre non è affatto vero che l’Europa stanzierà un contributo per il “Terzo Valico”.
6. Progetti e lavori in corso
Finora si sono realizzati e regolarmente cestinati 3 progetti, costo complessivo 330 milion euro, compresi i famosi e chiacchieratissimi fori pilota del 1997 (bloccati dai carabinieri con l’accusa di truffa aggravata e con procedimenti giudiziari verso notabili, industriali, faccendieri e onorevoli, finiti tutti in prescrizione). Eppure, a distanza di ben 17 anni dall’avvio della vicenda, non esiste ancora il progetto esecutivo
7. Tempi
Ammesso che si potesse mai realizzare tale linea, viste le esigue risorse finanziarie, ci vorrebbero almeno 20 anni di cantieri. Durante questi anni i costi aumenterebbero, l’opposizione crescerebbe con la constatazione sempre più evidente dell’inutilità dell’opera e degli enormi danni ambientali, del tipo inaridimento delle falde, scomparsa dei ruscelli appenninici, traffico pesante in aree ora ancora vivibili, ecc. Non sono stati finora valutati l’aspetto logistico ed i costi sociali di queste eventuali scelte, allo stesso modo non è stato fatto un rapporto costi benefici per la nuova linea.
8. TAV e affari
Le FS sono uno dei più grandi centri di distribuzione di appalti a livello nazionale. Non deve
stupire quindi se la Corte dei Conti ha già più volte criticato le modalità della suddivisone dei lavori, i loro eccessivi costi ed il debito generazionale che questi debiti creano nei confronti dei nostri figli, i quali si troveranno a pagare senza poter utilizzare i servizi a causa del deperimento strutturale che interverrà nel frattempo.
Se dividiamo la cifra di 5 miliardi e mezzo di euro per il numero delle famiglie italiane, otteniamo che per ogni famiglia vi sarà una tassa di 275 euro, ai quali vanno aggiunti i costi di gestione annuale (85% di passivo, dichiarato dagli stessi amministratori delle ferrovie). Il tutto a vantaggio degli attuali 1600 utenti che fanno l’intero percorso Genova- Milano e viceversa e, soprattutto, delle soliti arciinoti capi di imprese e del loro codazzo di banche, associazioni industriali, sindacati, politici, mass media e dei tanti viscidi quaqquaraquà pronti a servire i potenti di turno.
9. Rischio di infiltrazione mafiosa
Non è possibile ignorare l’attenzione morbosa della criminalità e mafie sulle grandi opere proprio in funzione della legislazione italiana sugli appalti. Il costruttore privato attinge cioè risorse pubbliche senza dover rendere conto dei costi, anzi avendo tutto l’interesse e le possibilità di far si che i costi aumentino in corso d’opera. Insieme alla scarsa possibilità di controllo della spesa, questa situazione è l’humus ideale per le mafie.
10. Opere similiC’è un’opera realizzata in tunnel paragonabile al tunnel della Torino-Lyon o del Terzo Valico. Si tratta del tunnel sotto la Manica, “l’Eurotunnel”. Il disastro finanziario è facilmente riscontrabile, tanto che 700.000 francesi investitori privati hanno perso tutto il loro investimento. Lo stato francese ha poi rifinanziato varie volte per evitare il fallimento e la messa in liquidazione delle società che gestiscono l’opera. Da noi sarà ancora peggio perché i profitti della costruzione sono garantiti ai privati e i forti passivi della gestione saranno tutti a carico dello Stato.
Antonello Brunetti

Processo Eternit

Il processo Eternit (nel quale Medicina democratica si è costituita parte civile) riprende lunedì 25 gennaio, con le argomentazioni della difesa per lo svizzero Stephan Schmidheiny ed il belga Jean Louis Marie Ghislaine de Cartier de Marchienne. Oltre tremila i morti dei quattro stabilimenti italiani – Casale Monferrato (AL), Cavagnolo (TO), Bagnoli (NA) e Rubiera (RE) – e fra i cittadini: solo a Casale Monferrato, città di 35 mila abitanti, ogni famiglia ha almeno un morto ed uno malato di asbestosi, o tumore della pleura.

Oggi vi dite: Sinistra Ecologia Libertà. Ieri: da che parte stavate

Le argomentazioni di “Sinistra Ecologia Libertà” sono in parte condivisibili. Provengono da persone informate dei fatti, perchè Marchegiani era presidente dell’ASL, Bertolo segretario generale della CGIL e Penna segretario generale Camera del lavoro e assessore provinciale all’ambiente.
Peccato che quando erano titolari di quegli importanti incarichi…non intervennero malgrado gli strumenti a loro disposizione. Anzi ….

Solvay Solexis: L’ennesimo incidente

Ieri pomeriggio alla Solvay Solexis di Spinetta Marengo pare si sia verificato l’ennesimo incidente.
Alle ore 13 al reparto Tecnoflon, con l’ausilio del vapore, il personale addetto ha messo in pressione un Bombolone di CTFE (Chlorotrifluoroethylene).
Il CTFE è un gas inodore, incolore, infiammabile e instabile che viene utilizzato nella produzione di Fluoro Elastomeri e come prodotto intermedio di pesticidi.
Sembra che l’apparecchiatura abbia superato la pressione di sicurezza facendo così intervenire le valvole di sfiato all’aria.
Questo automatismo è previsto proprio per evitare l’esplosione del bombolone stesso.
Pare che il personale Tecnoflon, vittima dell’improvviso evento, senza l’ausilio di maschere abbia tentato invano di intervenire.
Si sono dovute attendere parecchie ore prima che la situazione si ristabilisse con un imponente rilascio in atmosfera dell’inquinante.
A qualcuno risulta che sia stata data notizia dell’incidente dagli enti preposti o che sia stata avvisata la popolazione?
Le centraline di rivelamento dell’Arpa avranno individuato l’inquinante?
Se la risposta è no, ci chiediamo se sia lecito pensare che l’apparecchiatura utilizzata e la sua dislocazione rendano inattendibili i risultati dei controlli ambientali effettuati dagli enti competenti.

Perseverare è Diabolico

CERTIQUALITY è un Organismo al servizio delle imprese accreditato per la certificazione dei sistemi di gestione aziendale per la qualità, l’ambiente, la sicurezza e nella certificazione di prodotto.

CERTIQUALITY opera inoltre nella verifica della sicurezza alimentare, dei sistemi informativi, e nella formazione.

CERTIQUALITY è stato fondato nel 1989 da FEDERCHIMICA e ASSOLOMBARDA

CERTIQUALITY il 30 Gennaio 2008 certifica che la Solvay Solexis di Spinetta Marengo “HA ATTUATO E MANTENUTO UN SISTEMA DI GESTIONE AMBIENTE CHE E’ CONFORME ALLA NORMA”.

A Maggio dello stesso anno scoppia lo scandalo del Cromo Esavalente.

FEDERCHIMICA fa parte di CONFINDUSTRIA.

Il 10 Ottobre 2008 il direttore della Solvay Solexis (Stefano Bigini) riceve un avviso di garanzia in seguito al procedimento penale aperto dalla Procura Repubblica di Alessandria in merito all’inquinamento da cromo esavalente delle falde.

Il 30 Settembre 2009 CONFINDUSTRIA nomina STEFANO BIGINI Vice Presidente “con delega all’EDUCATION “.
Il 31 Ottobre 2009 ,a un mese dalla nomina di Confindustria e al termine delle indagini della Procura, il sig. Bigini compare nella rosa dei 38 indagati che dovranno presentarsi davanti alla Corte d’Assise per rispondere di avvelenamento doloso delle acque di falda (superficiali e profonde) e di omessa bonifica.

I Processi in cui Medicina Democratica è impegnata come parte civile

Medicina democratica è impegnata in una serie di processi penali importanti e significativi per chiedere giustizia per i morti e i malati derivanti da esposizioni lavorative e ambientali a sostanze tossiche e cancerogene o per infortuni mortali sul lavoro o per casi di malasanità
Il senso delle nostre partecipazioni ai processi non è solo quello (e non è poco) di chiedere giustizia, ma è anche quello di affermare la soggettività delle associazioni e dei movimenti nel rivendicare un riconoscimento delle tesi che da quando esistono hanno elaborato e praticato. Medicina democratica, quando si presenta parte civile, e assiste lavoratori e cittadini costituitisi parti civili, documenta con pesanti dossier i fatti criminosi e le lotte sostenute. Chiunque sia venuto meno alle leggi o a quanto acquisito sul piano scientifico, ha provocato un danno non solo ai diretti interessati e ai loro famigliari, ma anche alla stessa associazione che non ha realizzato gli obiettivi statutari e che pertanto è giusto che venga risarcita. Un risarcimento che deve essere fissato dal giudice e mai ottenuto per trattativa privata.
Ed ancora di più sono i contenuti, oggetto di giudizio, che spingono l’associazione a darsi compiti più vasti. Gli infortuni mortali sul lavoro, le malattie professionali, le lesioni, le truffe, i ladrocini, i danni ambientali consistenti che finalmente alcuni Pubblici Ministeri riconoscono come omicidi e come disastri dolosi, richiamano alla necessità della prevenzione, quindi di praticare e migliorare la legislazione, di rendere più stringenti le norme repressive, non ultimo di creare o ricreare le condizioni per cui i lavoratori, gli operatori sanitari, i cittadini interessati non deleghino la tutela della loro salute e del loro ambiente.

I processi in corso sono i seguenti:
Palermo: contro FINCANTIERI per amianto (prossimo a sentenza);
a Torino: contro ThyssenKrupp, per infortuni mortali sul lavoro;
a Torino contro ETERNIT per morti e malati da amianto;
a Verbania contro Montefibre 2° processo per amianto
(si è chiuso a Torino il primo processo per amianto in Appello con esito favorevole ed ora si è in attesa della Cassazione);
a Padova per amianto contro la Marina Militare;
a Venezia si è chiuso con esisto favorevole il processo contro FINCANTIERI per amianto e si è in attesa del processo d’Appello;
a Cittadella (PD) contro ANSELMI di Camposanpiero per due morti per infortunio sul lavoro;
a Milano contro Clinica Santa Rita per truffa (DRG) e lesioni gravissime.
Inoltre anche se per motivi di forze a disposizione non si è potuto costituirci parte civile nei processi contro la FINCANTIERI di Monfalcone, i consulenti esperti di MD sono in essi impegnati.

AMIANTO: Le complicità Sindacali e Politiche

Medicina democratica è parte civile nei processi per amianto: a Palermo contro Fincantieri, a Torino contro Eternit, a Verbania contro Montefibre, a Roma contro Montefibre, a Padova contro Marina Militare, a Venezia contro Fincantieri.
Medicina democratica è stata tra i primi a denunciare la pericolosità dell’amianto, a rivendicarne l’eliminazione e a chiedere -scontrandosi con il sindacato- la chiusura dell’Eternit di Casale Monferrato (Alessandria). In questo articolo su “Territorio e Provincia” degli anni ’80, che ripubblichiamo, si stigmatizzava proprio “l’atteggiamento subalterno delle forze politiche e sindacali al ricatto occupazionale, che aveva impedito ogni iniziativa per bloccare la produzione di morte”. Medicina democratica ammoniva: “Quando si trascura la battaglia per l’ambiente, si finisce sempre per perdere anche l’occupazione insieme alla salute”. In particolare la polemica era rivolta contro i sindacalisti che, ancora nel 1988, osavano affermare (Il Piccolo) che “ le cosiddette morti da amianto sono una partita scandalistica, uno sputare nel piatto dove fino a ieri si è mangiato”. Si parlava dell’autocritica di Bruno Pesce, allora segretario della Camera del Lavoro di Casale, ecc.

L’AMIANTO E LA SUA BANDA ASSASSINAArticolo pubblicato nelle pagine autogestite dai movimenti ambientalisti, su “Territorio e Provincia” edito dall’amministrazione provinciale di Alessandria.

Valle Bormida pulita: Da Cengio a Spinetta


L’ ACNA DI CENGIO ERA FABBRICA DI ARMI CHIMICHE: OCCORE RIVEDERE LA BONIFICA E IL DANNO AMBIENTALE
Una fabbrica di armi chimiche proibite, perché disumane, dalle convenzioni internazionali: semplicemente questa l’ essenza prima dell’ ACNA.

Ecco l’ ultima, per ora, verità come emerge anche dal libro “Veleni di stato” di Gianluca de Feo, BUR Rizzoli, che ha esaminato documenti dei Servizi Segreti inglesi, contenuti nei National Archives, desecretati dopo la fine della guerra fredda, che si riferiscono al periodo che va dagli anni ’20 alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel testo sono descritte le strutture, le attività sperimentali e quelle dirette in campo del servizio chimico militare centrale, che aveva come basi primarie ovviamente le fabbriche di armi chimiche. Tra questi stabilimenti “alcuni nomi che fanno correre un brivido lungo la schiena solo a pronunciarli. Una su tutte, l’ ACNA di Cengio, che è un luogo simbolo dell’ inquinamento del nostro paese anche se pochi sono a conoscenza della quantità di gas bellici confezionati nei suoi capannoni”.
Tutti gli stabilimenti dell’ ACNA sono volti nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale e durante la stessa, alla produzione di armi chimiche: Cesano Maderno:”distilla iprite e fumogeni”; Rho:”produce iprite in una grande fabbrica; Cengio:”polo dell’ acido cloro solforico, fondamentale per tutti gli agressivi più feroci: le foto aeree lo confermano. C’è un deposito. Produzione 50-60 mila tonnellate l’ anno . . Il dossier finale dell’ intelligence britannica ritiene che dal1940 in poi si occupasse solo di forniture militari.”
Dunque ecco il chiaro obiettivo del salvataggio e rilancio dell’ ACNA operato da Mussolini in persona, della alleanza industriale con l’ IG Farben finanziatrice di Hitler e produttrice del gas per lo sterminio nei campi di concentramento.
Già si sapeva che l’ ACNA era stata la maggiore produttrice di esplosivi per la prima guerra mondiale, però la differenza è che, al di là dei giudizi morali, le armi chimiche sono proibite e ovviamente sono molto più pericolose per la salute di chi li produce e di chi ne subisce l’ inquinamento.
Tutto finito con la seconda guerra mondiale?
Pare proprio di no, come emerge da un esame del materiale contenuto nel Centro di Documentazione “Patrizio Fadda” di Monesiglio.
Su una rivista locale, “Liguria Val Bormida e Dintorni”, numero 1 del 2002, pag. 10, in un’ intervista ad un pensionato ACNA viene detto:”Durante la guerra del Vietnam, poi, lo stabilimento produceva defoglianti”.
Evidentemente l’ esercito americano commissionava i defoglianti, il famoso agente orange a base di diossina, a multinazionali della chimica nazionali, che incassavano lautissimi compensi, ma delegavano la produzione a fabbriche estere dove l’ ambiente sociale, volontariamente o per costrizione, ne rendeva possibile la produzione.
Se questo è vero quindi la diossina non era un sottoprodotto ma si fabbricava volontariamente, come è stato ipotizzato per il reattore di Seveso, e le vigne dei contadini di Gorzegno sono gemellate ai campi di riso dei contadini del Vietnam nella distruzione da inquinamento.
Anche questo evento chiave del ‘900 si collega in definitiva alla vicenda dell’ ACNA.
Ma non è finita, di nuovo dal libro di Di Feo: “I brevetti dei nostri gas hanno contribuito ai massacri dei curdi e alle stragi tra iracheni e iraniani.. All’ inizio degli anni Novanta un dossier … del Simon Wiesenthal Center .. segnala come Eni, Montedison .. abbiano partecipato ai programmi per consegnare ai tre stati canaglia più famosi le chiavi dell’ arsenale chimico. L’ Iraq di Saddam Hussein, la Libia di Muhammar Gheddafi, l’ Iran degli ayatollah.”
Per inciso, Montedison, ENI, e il loro matrimonio fra maschi “ENIMONT” che infatti è durato solo un paio d’ anni, facendo comunque in tempo a diventare il fulcro di Tangentopoli e del cambio di Repubblica, sono i proprietari dell’ ACNA da almeno 50 anni e ancora oggi.
Alla luce di queste verità si fanno ancora più inquietanti alcune domande sulla morte del proprietario ACNA Raul Gardini e del proprietario ACNA Gabriele Cagliari.
Perché informative riservate all’ epoca della morte dei due evocano trame internazionali intrecciate con i traffici di equipaggiamenti speciali verso i paesi arabi?
Perché fra centinaia di imprenditori e dirigenti arrestati o comunque coinvolti in Tangentopoli proprio i 2 padroni della chimica sono morti suicidi, almeno a livello ufficiale?
Se lo Stato e i padroni della chimica erano congiuntamente coinvolti in affari irrivelabili negli anni ’90 così come negli anni ’30 e ’40, era fattibile che una delle 2 parti imprigionasse il socio in affari, qualsiasi ne sia la motivazione, senza che questo potesse utilizzare a proprio vantaggio i segreti di cui era a conoscenza? Esistono entità che possono commettere un omicidio che paia un suicidio anche all’ interno di una prigione?
Lasciamo agli interessati la lettura del citato libro, che in generale contiene una rilettura importante di tante vicende storiche, di come si è evitato il degenerare della seconda guerra mondiale in guerra chimica, o per rimanere alla provincia di Cuneo, quella posta immediatamente a valle dell’ ACNA di Cengio, di come la strage nazista di Boves del settembre 1943, la prima dopo l’ 8 settembre, sia una conseguenza della presenza massiccia delle SS in zona, in missione per sequestrare le armi chimiche presenti in un deposito situato nella frazione di Madonna dei Boschi (54.094 munizioni tossiche).
Tornando alla vicenda dell’ ACNA di Cengio e della valle Bormida, appaiono ora senza più alcuna rilevanza alcune sue interpretazioni simboliche, come quella del conflitto tra posti di lavoro (lo sono forse quelli per attività proibite?) e ambiente, tra diversi modelli di sviluppo (l’ obiettivo delle armi chimiche non è propriamente lo sviluppo economico), della guerra tra poveri: storielle utili per fare scorrere fiumi di parole e di inchiostro e per nascondere la verità: è stata una guerra pura e semplice per salvare sé stessi e il proprio ambiente di vita da una produzione estremamente pericolosa e disumana per il diritto internazionale.
Dal punto di vista più immediatamente operativo, appare ora indispensabile rivedere tutto il progetto di bonifica, incaricando i tecnici responsabili del progetto, di studiare attentamente i files dei National Archives inglesi, e di sottoporre la revisione del progetto di discarica a valutazione di impatto ambientale come preciso obbligo e come richiesto anche dall’ Unione Europea.
Di conseguenza, con questi nuovi elementi rafforzativi, la nostra Associazione ribadirà queste richieste all’ Unione Europea, e anche alle Regioni e altri Enti competenti, con il fermo invito ad attendere la conclusione dell’ obbligatorio iter della valutazione di impatto ambientale, a cui chiediamo fortemente di partecipare, prima di utilizzare una qualsiasi parte del sito nel suo complesso per altre attività, in quanto la procedura di valutazione, che dovrà essere svolta nel pieno rispetto delle disposizioni di Legge, che con il termine della gestione Commissariale diventano pienamente operative, potrebbe portare alla necessità di allontanare i rifiuti per la non conformità del sito alle necessarie garanzie di sicurezza, o a uno spostamento dei rifiuti all’ interno del sito in zona più sicura.
Sarà inoltre da evitare l’ acquisizione dalla controparte privata del sito, con la conseguenza che le Regioni Liguria e Piemonte (quindi noi) si troverebbero a essere proprietari, gestori e responsabili di una discarica di scorie di armi chimiche con tutte le relative conseguenze legali ed economiche.
Infine, anche la cifra dei 250 milioni di euro quantificata per il risarcimento del danno ambientale andrà rivista al rialzo.
Ilvo Barbiero
Presidente dell’ Associazione Culturale Valbormida

E’ uscito in numero 188 della Rivista

E’ uscito il numero 188 della rivista Medicina democratica. Una copia euro 8,50.
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Dossier: No a qualsiasi opzioni nucleare (contributi di L. Mara, L. Balza, F. Varese, M. Schneider, A. Froggatt).
Acerra: l’inceneritore di Pulcinella di F. Ortolani.
Porto Marghera: no ad altri impianti inquinanti di F. Rigosi e L. Mazzolin.
Vado Ligure: fermiamo il potenziamento della centrale a carbone di A. Briuglia.
Inceneritori: informazione mistificata di P. Gentilini.
Rubrica scuola e società: Attila di R. Ermini.
Poesia di F. Brugnaro.
Brescia: ancora inquinamento da diossine di M. Ruzzenenti.

Rosignano Solvay: Un altro Disastro Ambientale

La spiaggia bianca di Rosignano Solvay è una zona che si estende per circa mezzo chilometro e in cui vige il divieto di balneazione.

Il Fosso Bianco, artefice di questo improbabile paesaggio, è un rivo artificiale per mezzo del quale la Solvay scarica le sue acque reflue in mare.


Le schiume e gli scarichi di materiali calcarei non sono che l’aspetto più appariscente. Il mercurio,l’elemento tossico che caratterizza il caso Rosignano, è ancora quasi tutto nei sedimenti marini, e ritorna in circolo con le mareggiate, i pesci e il calore solare.
Studi del CNR di Livorno ne hanno evidenziato la presenza in mare,nelle sabbie carbonatiche, fino a 6 km dalla costa
.
Pertanto il divieto di balneazione che si estende solo per mezzo chilometro risulta insufficiente.
Il mercurio proviene dagli impianti Solvay come componente della Vecchia tecnologia dell’elettrolisi con celle a mercurio per la produzione di cloro.
La Commissione europea per la protezione del nord-est Atlantico (OSPAR) ha disposto, ormai da anni, la chiusura degli impianti cloro-soda con celle a mercurio in Europa entro il 2010.
A detta dell’azienda il 5 maggio 2007,nell’ambito del Progetto Leonardo (in onore di Leonardo Da Vinci), è stata definitivamente fermata la sala celle a mercurio ed è entrata in funzione la nuova sala celle “a membrana”. Sempre secondo Solvay il Progetto porterà alla progressiva eliminazione del mercurio dai processi produttivi dell’Elettrolisi di Rosignano.
Il mercurio si accumula nella catena alimentare ed arriva all’uomo prevalentemente sotto forma di Metilmercurio; gli organi bersaglio sono il rene ed il sistema nervoso centrale, ma colpisce anche altri organi. Le intossicazioni acute da mercurio possono provocare lesioni polmonari, nefrite, stomatite ulcerosa, ecc. L’intossicazione cronica può portare ad alterazioni della personalità, irritabilità, Insonnia, tremore, ansietà, alterazione della PAROLA. Nelle donne in gravidanza può generare alterazioni del feto che si traducono in figli affetti da una malattia simile alla paralisi cerebrale, compromissioni uditive e visive e aberrazioni cromosomiche.
I dati ufficiali riportano che a Rosignano dal 1939 al 1976 siano state scaricate a mare 14 tonnellate all’anno di mercurio. Pare che dal 1976 in poi la quantità scaricata sia scesa a 600kg all’anno. Ricercatori del CNR di Pisa hanno approssimativamente calcolato che sul fondo del mare lungo questo tratto di costa vi siano accumulate poco meno di 400 tonnellate di mercurio.

Notare come il colore del mare sia innaturale in prossimità della fabbrica.

La Solvay di Rosignano è stata soggetta a una procedura, durata ben 11 anni, che ha messo sotto osservazione gli impianti Cloro, Etilene e Acqua Ossigenata al termine della quale l’azienda stessa è stata classificata ad “alto rischio d’incidente rilevante” (ai sensi del DPR 175/88) solo per l’impianto Cloro.
Nella storia di Rosignano si contano numerose fughe di cloro, la AUSL locale ne conta 10 avvenute tra il 1973 e il 1990, i sindacati ne ricordano una in più, mentre gli abitanti circa il doppio. Il 13 Agosto 1987 la fuoriuscita di 40kg di cloro determinò una situazione ad alto rischio per la popolazione, che per fortuna venne scongiurata dal forte vento di quella giornata che disperse il gas.

La Solvay preleva l’acqua dai Fiumi Cecina e Fine, con gravi conseguenze sulla riserva idrica della zona, che si vede costretta a razionare l’acqua. Preleva infatti circa 41 milioni di metri cubi l’anno, pari alla quantità utilizzata da tutta la provincia di Livorno (turisti compresi).

I continui prelievi di salgemma, da parte dell’azienda, espongono gli abitanti di Saline al pericolo che si possa verificare un episodio analogo a quello accaduto a Belvedere di Spinello (Calabria) nel 1984.
Qui gli eccessivi prelievi, in un cantiere minerario, provocarono un disastroso collasso con la conseguente espulsione catastrofica di almeno 1.500.000 m3 di salamoia con gravi ripercussioni per l’ambiente e per l’agricoltura.
I timori si rafforzano, dal momento che a Saline è situata una industria chimica, Altair Chimica, di dimensioni medio piccole, ma caratterizzata da impianti ad elevata pericolosità che rendono il sito particolarmente sensibile.

Pare che la politica di Solvay rispetto a questo problema sia stata piuttosto spregiudicata. Per non fornire punti di riferimento certi ed elementi tangibili delle conseguenze del fenomeno, l’azienda ha provveduto all’abbattimento di tutte le costruzioni all’interno delle concessioni. E’ così che sono andati perduti molti antichi poderi delle campagne del Volterrano. L’azienda tende a rilevare, pagandoli cifre cospicue, i fabbricati, che hanno subito le lesioni più gravi, fuori e dentro le concessioni, in modo tale da occultare le conseguenze più evidenti del dissesto e cercando di dividere il fronte dei cittadini che protestano.
I risultati delle indagini geofisiche e geognostiche condotte dall’azienda all’interno delle concessioni, non sono mai stati resi pubblici per improbabili ragioni di concorrenza industriale. Lo sfruttamento delle proprie concessioni gli è assicurato in perpetuo dallo Stato Italiano e dunque non esiste rischio di concorrenza. Tale documentazione potrebbe invece mettere in evidenza gli effetti nel sottosuolo della coltivazione col sistema a pozzi multipli ed essere eventualmente di aiuto per prevenire possibili situazioni di rischio dentro e fuori le concessioni minerarie. La sicurezza passa, però, in secondo piano di fronte alle nobili ragioni del Mercato, anche quando sono palesemente inconsistenti e pretestuose.
Infine pare che la rete pubblica di livellazione che esegue il monitoraggio della subsidenza sia sotto la responsabilità di un eminente professore del C.N.R., il quale risulterebbe al tempo stesso il principale consulente tecnico di Solvay nella zona.

Il rischio ambientale appare, quindi, nel complesso elevato, nonostante le autorità sanitarie e della protezione ambientale della zona tendano a minimizzare: i tecnici ARPAT hanno archiviato molte morie di pesci avvenute in questo tratto di mare con la formula grottesca di “morti per cause naturali”.
La fabbrica ha sempre goduto del sostegno di categorie teoricamente indipendenti, come gli organi di stampa , i media e i politici locali, attenti a non far mai accelerare un processo di dismissione che facesse precipitare le trattative favorevoli al colosso belga.
Come spesso avviene per le industrie chimiche anche nel caso degli impianti Solvay di Rosignano la contaminazione ambientale sembra essere lo scotto da pagare in cambio dei posti di lavoro.

Ambiente Italia: Nucleare


Ieri è andata in onda su RAI 3 la trasmissione “Ambiente Italia” dedicata al Nucleare. La puntata è stata trasmessa in collegamento dal Municipio di Trino.
Presenti alla trasmissione Lino Balza e Tino Balduzzi impegnati nella battaglia contro la Sogin e le decisioni prese dal Governo riguardo la discarica Nucleare di Bosco Marengo.
Potete vedere la puntata in streaming cliccando qui